lunedì 7 marzo 2016
Archeologia. I Popoli del mare
Archeologia. I Popoli del mare
di Francesco Ignazio de Magistris
(Tratto dalla tesi di laurea triennale: "Il ruolo dei mercenari Shardana nella guerra del Tardo Bronzo", Università di Firenze, 1.7.2013)
Nel
corso di pochi anni, nella prima metà del XII secolo a.C., cade una coltre di
nebbia che rende difficile ai nostri occhi sapere qualcosa sulla Grecia,
l’Anatolia e l’intero Levante. Di quel mondo illuminato alla nostra
comprensione dai documenti di Ugarit, Hattusha e Akhenaten, non vediamo più
niente. Nello stesso arco di tempo, mentre l’impero Hittita abbandona la sua
capitale indifendibile e L’Egitto si chiude in sé stesso, preda di una nuova,
profondissima, crisi interna, tutte le floride città del levante semplicemente
smettono di esistere, abbattute dall’invasione di un “nemico” esterno: i
“popoli del mare”, una “coalizione” di popolazioni dedite al saccheggio. Non in uno stato solo ma in gran parte del
mondo civilizzato la storia pare interrompersi, e tutto questo grosso modo allo
stesso momento in un’area abbastanza grande, probabilmente a seguito di un
attacco esterno. In ambiente accademico si è spesso discusso sulla possibilità
che un’invasione, per quanto disastrosa, abbia potuto causare il totale
annichilimento del mondo civilizzato. Pochi, infatti, sembrano tenere in considerazione
come i fattori “interni” ed “esterni” del disastro del XII secolo a.C. siano
profondamente interconnessi: “Invaders were more likely to succeed when their
target was already economically and politically/militarily weakened by its own
and regional or system wide crisis”.
Ma a
prescindere dal fatto che questi “Popoli del Mare” abbiano avuto un ruolo più o
meno determinante nello sviluppo della crisi, c’è da dire che nessuna di questi
popolazioni, nel 1200 a.C., era una novità per il mondo levantino. Se si
accetta poi l’identificazione universalmente condivisa fra
gli Ekwesh delle
fonti egiziane e gli Ahhiyawa di quelle hittite, la menzione più antica di un
movimento invasore o comunque portato a razzie, da parte di uno dei “Popoli del
mare” sarebbe l’hittita “editto di Madduwattas”, databile circa al 1440 a.C., documento
in cui il re hittita lamenta il saccheggio e il rapimento di donne di Cipro da
parte degli Ahhiyawa. Già negli annali di Tudhaliya I/II infatti, il primo
termine della lista è “[ ]ugga”. Se la prima lettera fosse da intendere come
una L, allora avremmo una probabile prima citazione dei Lukka già duecento anni
prima della catastrofe. Anche in epoca amarniana, troviamo non pochi accenni ad
alcune di queste popolazioni: il faraone Akhenaten si era lamentato col re di
Alaysha dei raid compiuti dai pirati Lukka sulle sue coste, arrivando ad
accusare i ciprioti di proteggerli, e il re di Cipro gli aveva risposto dicendo
di essere di essere stato colpito lui stesso dagli stessi attacchi. Sappiamo
però che, in realtà, gli attacchi di pirati Lukka sulle coste di Cipro erano
una costante. In altre lettere, poi, il re di Biblo Rib-Addi raccontava di come
un mercenario Shardana al suo servizio avesse cercato di ucciderlo, e di come
uno dei suoi sia stato ucciso. E su alcune tavolette trovate ad Ugarit si
riporta una lettera indirizzata da un innominato re hittita ad Ammurapi nella
quale si parla di un riscatto che Ugarit avrebbe pagato per la liberazione di
un certo Lunandusu, preso prigioniero dai “Sikala che vivono nelle navi”. E non
è sorprendente che i documenti hittiti presentino spesso i pirati Lukka, dato
che le fonti egiziane li indicano come alleati agli hittiti durante la
battaglia di Qadesh, assieme ai Teresh e gli Ekwesh. Sappiamo poi di raid
compiuti da pirati Shardana durante il regno di Ramses II, e il fatto che nella
stele di Tanis di loro si dica che “nessuno aveva saputo combattere fin da sempre”
rafforza l’idea che fossero conosciuti come pirati. Sotto Merneptah il Delta
egiziano fu fatto oggetto di altri attacchi: “Il misero capo libico Meryw, figlio di Ded, è sceso nel paese di
Tehenw con i battaglioni di Shardana, Shekelesh, Ekwesh, Lukka, Teresh, i
migliori di ogni guerriero e di ogni corridore nel suo paese”. Va rilevato
che, mentre al tempo di Akhenaten venivano nominati solamente i Lukka, e al
tempo di Ramses II solamente gli Shardana, all’epoca di Merneptah questo testo
menziona per la prima ed ultima volta una vera e propria unione di popoli, e
ciò avviene poco prima del “disastro” del XII secolo a.C. Ad Ugarit,
all’interno di un forno per tavolette, sono state trovate delle lettere
indirizzate all’ultimo re della città, Hammurabi. Non si tratta di originali,
ma di traduzioni operate dalla cancelleria regale e cotte al forno. In un primo
momento si è pensato –sarebbe stato indubbiamente un dettaglio affascinante-
che fossero state lasciate a cuocere, nella convinzione di estrarle a cottura
terminata, nello stesso forno in cui furono trovate tremila anni dopo, perché
nessuno era mai andato ad estrarle. Il fatto che numerosi documenti fossero
però spezzati, e i cocci sparsi anche a diversi metri di distanza dal forno, fa
oggi pensare che le tavolette siano cadute da un piano superiore in cui erano
state conservate. Una di queste, traduzione in ugaritico di una lettera
diplomatica, comincia con “ˁm špš
kll midm šlm”: “con Il Sole,
tutto va bene”. “Il Sole” è il re Hittita, siamo quindi di fronte ad una
lettera mandata da un “Grande Re” al suo vassallo. La situazione è quella di
una guerra, ed il re Hittita comanda al suo vassallo di inviargli ogni uomo
possibile. Evidentemente Hammurabi deve aver obbedito, perché in una lettera al
re di Cipro scrive:
"behold, the enemy's ships came (here); my
cities (?) were burned, and they did evil things in my country. Does not my
father know that all my troops and chariots (?) are in the Hittite country, and
all my ships are in the land of Lycia?... Thus, the country is abandoned to
itself. May my father know it: the seven ships of the enemy that came here
inflicted much damage upon us."
Da altre lettere, si deduce che la flotta, inviata
ad ovest a chiudere il passaggio dall’Egeo al Mediterraneo, sia stata
quantomeno aggirata, e che l’esercito unito di Ugarit e Hatti sia stato
sconfitto. Di sicuro, si è ritirato, lasciando che il nemico prendesse prima
Lawasanda in Cilicia e poi che distruggesse tutto quello che stava dietro ai
monti Amanos. Ewir-Sharruma, era re di Mukish, una città appena a nord di
Ugarit, inviò infatti una lettera ad una “Signora” (adty), forse la regina madre di Ugarit, scrivendo :
(27) w. hn. ibm. šsq ly and,
behold, the enemies oppress me,
(28) p. l. ašt. Atty
but I shall not leave my wife (and)
(29) nˁry. th. I pn. ib my children.. before the enemy
I nemici erano ormai alle porte di Ugarit. Non
sappiamo se gli abitanti siano stati uccisi o se siano scappati, ma, di sicuro,
la città fu presa, i palazzi più importanti dati alle fiamme e gli altri
abbandonati al proprio destino. Al contrario di altre città, che furono
ri-popolate dagli invasori, Ugarit cadde in rovina. Nello stesso periodo, la
città di Hattusa veniva abbandonata dalla popolazione e dalla corte, lasciando
in città solo una guarnigione a vigilare su quella che era stata la capitale dell’impero.
Più o meno in
contemporanea l’insediamento di Mileto in Caria è incendiato, in Cilicia cadono
Mersin e Tarso. Le città della zona interna della Siria furono anch’esse
danneggiate: risalendo il corso dell’Oronte nel 1200 si sarebbero trovate Alalakh,
Hamath, Qatna e Qadesh, Tutte e quattro furono saccheggiate e date alle fiamme.
Anche Sidone fu distrutta, mentre i suoi abitanti fuggivano a Tiro.
Tell-abu-hawwa, un vasto sito nella costa palestinese, pure, ed in questo caso
è possibile attribuire una presenza certa di greci in questi luoghi –gli Ekwesh
di Merneptah- dato che sono stati trovati vasi del tardo elladico C. L’identità di questi “nemici”, appare ormai
chiaro, è quella degli stessi “Popoli del Mare” che attaccarono successivamente
anche l’Egitto. Infatti secondo il racconto di Ramses III questi popoli
avrebbero provato ad invadere anche l’Egitto, che si sarebbe però salvato in
battaglia. Dal controllo incrociato delle fonti egiziane (le iscrizioni di Medinet Habu e il papiro
Harris) si possono rilevare i nomi di 9 popoli: Lukka, Denyen, Shardana,
Peleset, Tursha, Shekelesh, Meshwesh, Tjeker Weshesh. La loro provenienza è
quantomeno controversa: i due testi di Ramses III parlano di una vittoria del
faraone in difesa del paese contro popolazioni che avevano cospirato “nelle loro isole”. Per molto tempo si è
quindi cercato di identificare questi popoli con gli abitanti di qualche isola,
individuandole solitamente fra quelle nel mar Egeo. Ma il testo egiziano non
dice “isole” (e secondo alcuni egittologi l’egiziano non aveva nemmeno la
parola, o il concetto, di “isola”) ma userebbe quindi il termine “rww”, solitamente tradotto con “isole”,
ma che, essendo spesso usata per indicare la costa continentale, dovrebbe
indicare invece la vicinanza al mare. Sulla base di questa nuova lettura alcune
teorie li indicano ora come barbari invasori provenienti da qualche luogo a
nord o a sud dell’Anatolia, altre – la maggior parte- puntavano il dito
sull’area egea. Per questo motivo cercare la provenienza dell’insieme dei
popoli può rivelarsi più complicato che non cercare la provenienza dei popoli
uno per uno. I Lukka sono molto comunemente identificati coi Lici, anche se non
sono poche le discussioni accademiche sul dove collocarli con precisione.
Alcuni studiosi sono arrivati a sostenere che vi fosse una originaria “patria
dei Lukka” nella zona centro-meridionale dell’Anatolia, dalla quale si
sarebbero mossi verso stati con una vera organizzazione politica, più a sud e
più ad ovest, fino a stabilirsi in quella che, in epoca classica, sarebbe stata
definita “Licia”. Forse per questo motivo, Omero nomina due Licia: una a
nord-est della Troade, ed una più lontana, probabilmente in Caria. Data la
frequenza dei loro attacchi verso Alaysha, e data la loro presenza a Qadesh al
fianco di Muwatalli. Si dovesse sceglierne una sola, la seconda opzione sarebbe
assai più probabile che non la prima. I Meshwesh, secondo professor Wainwright, sarebbero in realtà il nuovo nome
con cui venivano individuati i Tehenu –una popolazione con cui gli egiziani si
erano scontrati fin dall’antico regno- nel periodo Ramesside, mentre altri
studiosi, come ad esempio Drews, li hanno identificati come gli abitanti
dell’area di Tunisi, dove in epoca storica Erodoto locava una popolazione
berbera chiamandola Maxyes. Gli Ekwesh compaiono per la prima volta al fianco
dei libici, presso i quali formano il contingente maggiore. Sono solitamente
identificati con gli Ahhiyawa/Achei, e quindi provenienti da Millawanda/Mileto,
una colonia achea delle fonti Hittite. Suggestivo, da questo punto di vista, il
fatto che nell’Odissea (XIV, 246) Ulisse dica che gli achei avevano fatto una
spedizione contro l’Egitto ed erano stati sconfitti. Contrasta, con
quest’identificazione con gli achei, il fatto che Merneptah, nelle iscrizioni
per la vittoria a Karnak e Athribis, dica di aver ucciso numerosi Ekwesh, e di
aver tagliato le mani ai cadaveri per poterle contare. Il fatto che
solitamente, ai popoli non circoncisi non erano rimossi gli arti superiori, ma
i genitali, ci dice con buona probabilità che gli Ekwesh avessero adottato una
pratica del tutto estranea al mondo indeuropeo ma comunissima in ambito
semitico ed egiziano. I Teresh sono stati avvicinati ai Taruisha delle fonti
Hittite, e ai tyrsenoi del mondo greco, dai quali proverrebbero gli Etruschi.
Sarebbero, quindi provenienti dalla Lidia, così come gli Shekelesh. Così come
gli Shekelesh sono mostrati come barbuti, e fin dai tempi di Champollion sono
stati identificati, in coppia, come Etruschi e Sicelioti, anche se prove per un
arrivo etrusco in Italia già a quest’epoca non sono mai state prodotte. I
Peleset sono unanimemente considerati essere i filistei della bibbia, e che si
sarebbero stabiliti in Palestina a seguito della catastrofe del 1200. È
interessante notare come, di loro, non si dica mai che siano popoli “del mare”,
uno dei motivi che ha fatto sì che li si ritenesse provenienti dalla Cilicia
occidentale, dove, con ogni probabilità, erano già stabiliti attorno al 1500
a.C. Di sicuro, comunque, erano indeuropei, e Yassur-Landau, seguendo la
definizione già fatta propria da Singer e Niemer, li identifica invece con i
Pelasgi dell’Egeo. Dalla Cilicia orientale proverrebbero invece i Tjekker, che
sarebbero poi i Teucri delle fonti greche.I Denyen sono solitamente ricollegati
ai Danai ma secondo Wainwright sarebbero, anche loro, provenienti dalla
Cilicia, e ciò li avvicinerebbe a Teucri e Filistei. Infine, gli Shardana, che
come mercenari sono conosciuti fin dai tempi di Amenothep III, all’inizio del
periodo Amarniano, hanno un’origine misteriosa. I caratteristici elmi cornuti
non sono di ambito egeo, mentre nella tradizione levantina sono conosciutissimi.
Nella documentazione Hittita non esistono (e nonostante questo, si è pensato
provenissero dalla piana di Sardi, in Asia Minore), e, benché alcune raffigurazioni
da Pisaskion e dal vaso dei guerrieri di Micene mostrino dei guerrieri con il
loro caratteristico elmo cornuto, e benché fossero circoncisi come i semiti,
spesso si è cercato di ricondurli alla civiltà Nuragica e a quella delle Torri
della Corsica. Di sicuro la Sardegna era già conosciuta nel Vicino Oriente, non
si sa se in maniera diretta o indiretta, come produttrice di rame. Nell’isola
sono stati trovati, infatti, numerosi pani di rame e ceramiche micenee tarde,
che proverrebbero da Cipro, isola con cui la Sardegna, ancora in tempi storici
aveva non poche relazioni. La presenza di una somiglianza fra gli Shardana
delle immagini Egiziane e alcuni reperti rinvenuti nelle due isole -le statue
bronzee in Sardegna, che però appaiono solo dal IX secolo, e alcuni menhir
ritrovati in Corsica - e il fatto che una stele (sempre del IX secolo)
ritrovata a Nora, un porto nuragico e fenicio in provincia di Cagliari, chiami
l’isola “Be-Shardan” ha senza dubbio
rinforzato l’ipotesi di una connessione fra questo popolo e l’isola in mezzo al
mediterraneo. Si discute ancora però sul se l’avvento di questa popolazione sia
avvenuto prima o dopo il 1200, ovvero se gli Shardana egiziani provenissero
dalla Sardegna o se vi siano arrivati in un secondo momento.
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Fonte: Il ruolo dei mercenari Shardana nella guerra del
Tardo Bronzo, academia.edu
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L'analisi di De Magistris, almeno quella qui proposta, mi pare parziale. E pure cautamente orientata. A oriente. Se ne deduce che se gli shardana provenivano dalla Sardegna nuragica allora erano l'unico popolo d'occidente fra i Popoli del Mare. Cosa che probabilmente appare ancora stravagante vista da Oxford. Nonostante che le statue stele corse a cui si accenna siano parecchio più antiche dei bronzetti nuragici, che del resto, non a caso sono qualificati come bronzetti nuragici e non, che so, bronzetti shardana o bronzetti peleset. Nonostante il fatto che a Occidente, nelle Baleari, sull'isola di Minorca(anticamente chiamata Nure) e su quella di Maiorca, si sviluppi, quasi dal nulla, nella stessa epoca, la civiltà talaiotica, la cui architettura ha caratteristiche molto similari a quelle della civiltà nuragica. Nonostante il fatto che anche in Corsica si sviluppi nello stesso arco temporale la civiltà torreana, in un territorio chiamato sì Sartene, ma anche in questo caso con caratteristiche molto, molto vicine a quelle sarde nuragiche. Nonostante la coeva presenza nuragica, di evidente valore strategico, a Lipari, nelle Eolie, e niente poco di meno che a Creta (Kommos)e Cipro (Pyla-kokkinokremos). Presenza chiaramente nuragica, non atlantidea o che altro. (Questo senza aprire il capitolo bulgaro, che pure andrebbe indagato.) Il quadro credo sia già abbastanza delineato per comprendere l'ampiezza e la portata dell'irradiazione nuragica nell'epoca presa in esame. Anche semplicemente considerando il solo mero dato archeologico. Incontrovertibile al di là di qualsiasi interpretazione.
RispondiEliminaIthoccor
Ne parla estesamente il libro 1177 a. C. Il collasso della civiltà di Eric H. Cline. Devo dire che non risolve la questione dell'origine dei sea peoples. Personalmente concordo in parte con Ithocor che non menziona gli abitanti delle coste spagnole e portoghesi anch'esse con strutture assimilabili ai nuraghe.
EliminaDonato Pulacchini
Oltrettutto in Sardegna mi pare sia pressoché assente qualsiasi indizio, non dico prova, ma indizio, dell'invasione di uno o più popoli orientali nell'isola. Neppure di una colonizzazione alla spicciolata, come pare fu quella fenicia. Proprio niente di niente. La tesi che vorrebbe gli shardana insediarsi bellamente nella Sardegna nuragica, come niente fosse, può avere attualmente maggior forza, maggior sostegno tra accademici e archeologici, ma è destinata a soccombere. Perché è proprio l'archeologia a non supportarla minimamente. Resta una terza via, a quanto pare davvero molto minoritaria, credo sostenuta da un unico archeologo al mondo, dal cognome germanico ma oristanese, che gli shardana e la Sardegna non abbiano proprio nulla a che vedere. Che sia tutta un colossale abbaglio questa coincidenza di nomi, abbigliamento, armamento. Ovvero: dalla perfetta solitudine al meticciato, così, d'amblée.
RispondiEliminaIl dibattito è aperto, e mentre illustri studiosi sostengono che gli Shardana, i temibili guerrieri dal cuore ribelle che nessuno riuscì a vincere, giunsero in Sardegna e la occuparono a seguito delle guerre del 1200 a.C., altri, altrettanto illustri, propongono che la Sardegna nuragica, con i suoi 7500 nuraghi a controllo capillare del territorio, ricchi di metalli come argento e rame, inseriti nelle rotte commerciali mediterranee, forti di un'organizzazione capace di gestire le coste e l'interno (infatti nessun segno di guerre violente è mai stato trovato), non possono essere estranei alle vicende dei Popoli del Mare (sempre tenendo a mente che quella coalizione era arricchita da guerrieri africani, greci e anatolici. A mio avviso i sardi parteciparono attivamente a quella coalizione, ed erano presenti nell'isola ben prima che iniziassero gli sconvolgimenti del XIII e XII a.C.
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