Diretto da Pierluigi Montalbano

Ogni giorno un nuovo articolo divulgativo, a fondo pagina i 10 più visitati e la liberatoria per testi e immagini.

Directed by Pierluigi Montalbano
Every day a new article at the bottom of the 10 most visited and disclaimer for text and graphics.
History Archaeology Art Literature Events

Storia Archeologia Arte Letteratura Eventi

Associazione Culturale Honebu

Translate - Traduzione - Select Language

giovedì 10 marzo 2016

Archeologia. La Sardegna nell’età del Ferro: la cultura

Archeologia. La Sardegna nell’età del Ferro: la cultura
di Davide Schirru

(tratto dalla tesi di laurea triennale in Beni Culturali: "Civiltà nuragica e mondo mediterraneo nell'età del Ferro: contesti, materiali, problematiche", Università di Cagliari, 2011)




Si offre un quadro generale dell’età del ferro in Sardegna basato sulle più recenti sintesi offerte sull'argomento, peraltro spesso molto discusse (Ugas 2009). 
La prima facies è individuabile sulla base delle serie ceramiche rivenute nel villaggio del nuraghe Genna Maria di Villanovaforru, e viene articolata in due ulteriori sottofasi. Questa è comunemente denominata Geometrico, in parte per alcuni tratti dei materiali che la caratterizzano, ma soprattutto per assonanza con la contemporanea produzione vascolare greca che ha poi dato il nome a varie manifestazioni culturali del Mediterraneo. L’arco cronologico in considerazione va dal 900-850 a.C. al 725 a.C. La prima fase vede la comparsa di forme quali le tipiche brocchette askoidi, anfore con anse a gomito rovescio, dolii con anse ad X e fiasche a due anelli. La decorazione è composta da motivi simbolici a rilievo o a impressione. La seconda fase è distinguibile per via della decorazione di
tipo geometrico, eseguita a stecca o stampigliata, che tende a invadere tutta la superficie di forme già attestate nella fase precedente e di forme proprie più specificamente di questa fase, come l’anfora piriforme a falso beccuccio. Se almeno nella prima di queste sottofasi descritte il repertorio vascolare lascia intravedere, seppure nel cambiamento, alcuni punti di contatto con le produzioni dell’ultima età del bronzo, le testimonianze forniteci dai resti architettonici evidenziano più marcati motivi di discontinuità. L’elemento più evidente sembra essere il cambiamento delle scelte insediative e abitative, che non vede più l’erezione delle c.d. “regge nuragiche” ma prova invece la defunzionalizzazione da scopi militari o difensivi che sarebbe potuta essere propria di queste nell’età del bronzo. Assistiamo alla nascita di villaggi che si dispongono tra le fortezze e i loro antemurali, nonché all’esterno di questi. Le abitazioni non sono più semplicemente circolari e monocellulari, ma sono caratterizzate da una corte centrale attorno alla quale si dispongono una serie di vani nei quali si sono potute riconoscere le tracce di diverse attività. Nel complesso sembra che la civiltà nuragica viva una fase pre o protourbana: compaiono pozzi ad uso civile e canalette per lo scolo dell’acqua, ambienti con vasca e forno adiacente verosimilmente ad uso termale. Gli edifici che più fanno pensare ad un incipiente processo di urbanizzazione sono innanzitutto le grandi rotonde per le riunioni, dotate di grande sedile a giro e nelle quali si sono ritrovati oggetti come i modellini di nuraghe, di grande valenza simbolica; di più dubbia interpretazione sono invece i già citati vani ad uso “termale” e le c.d. “palestre”, peraltro così chiamate in riferimento alle fonti greche di cui si avrà modo di parlare. Gli edifici e le aree templari si presentano in qualche modo in continuità con l’età del bronzo, ma i preesistenti edifici vengono spesso ristrutturati oppure circondati da una serie di altre strutture che vanno a comporre dei veri e propri villaggi-santuario (Serra Orrios di Dorgali, Su Romanzesu di Bitti), ai quali è comunemente attribuita una funzione comune alle varie comunità sparse sul territorio. Più specifici dell’età del Ferro sono i cosiddetti templi a megaron, in antis o a doppio antis. Gli altari-torre infine, uno dei quali è stato rinvenuto nel nuraghe Su Mulinu di Villanovafranca, danno ulteriore prova del cambiamento di destinazione che questi edifici dovettero subire nel corso dell’età del Ferro. Sembrano invece un vero e proprio enigma le modalità di sepoltura che furono adottata nel corso dell’età del ferro: la documentazione a questo proposito è così esigua da impedire qualsiasi generalizzazione, ma allo stesso tempo estremamente significativa. I siti interessati sono quelli di Antas-Fluminimaggiore, Monti Prama-Cabras e Is Aruttas-Cabras. Le sepolture sono individuali e a fossa: in linea generale, sembra che siano appartenute a individui di alto rango data la loro composizione in qualche modo monumentale e talora per il loro corredo. Le sepolture sono infatti generalmente coperte da una lastra, sopra la quale possono trovare sistemazione cippi-nuraghe o statue (Monti Prama), cippi litici (Antas) o ancora dei crescenti litici. Uno stacco così netto rispetto alle sepolture collettive proprie dell’età del bronzo (tombe dei giganti) e il carattere del tutto abnorme di questi ritrovamenti pone una serie di interrogativi per i quali si fatica anche solo ad abbozzare una spiegazione. La toreutica riveste un ruolo centrale nelle diverse correnti di pensiero quanto alla collocazione cronologica da dare ai suoi prodotti, che si presentano in numero e in qualità eccezionale. Diciamo per ora che la tendenza più diffusa è quella di considerare il boom della bronzistica come proprio dell’età del ferro, con al limite un’origine da collocarsi nella cesura tra età del ferro ed età del bronzo. Per quanto attiene i bronzi figurati si è soliti dividerne la produzione in varie categorie stilistiche, che però non sono da tutti ritenute adatte a stabilirne anche solo approssimativamente una cronologia. Meno dubbi persistono invece sulla loro funzione, generalmente vista come quella di ex-voto, dato che questo tipo di manufatti è prevalentemente rinvenuto in aree santuariali. Un’importante indicazione per una loro possibile datazione viene dai contesti delle tombe villanoviane, qualora non si volessero interpretare come oggetti già “antichi” per quell’epoca. Al centro del dibattito è poi la collocazione da dare ai numerosi ripostigli di varia natura contenenti lingotti o frammenti di lingotti di rame e, più raramente, di piombo: questi possono essere principalmente del tipo oxhide a pelle di bue o a panella. Ancora, potrebbe trattarsi di materiale tesaurizzato appartenente a epoche più remote? Questi stessi ripostigli hanno offerto la gran parte degli attrezzi impiegati nelle attività metallurgica, che denunciano una grande familiarità col mondo cipriota. Sono presenti inoltre spade di differenti fogge, funzionali e “da parata”, i tipici pugnali a elsa gammata, varie tipologie di ascia, nonché calderoni e tripodi anch’essi di chiara ascendenza cipriota. La seconda fase normalmente individuata è quella Orientalizzante, all’incirca compresa tra il 730 e il 600 a.C., nella quale si conferma in buona parte la rete di contatti già avviati nella fase precedente, ma pare in una posizione sempre più passiva nei confronti dell’Etruria e del mondo fenicio. Il repertorio vascolare è caratterizzato dal decoro a falsa cordicella e dalla continuità delle forme, eccetto per la scomparsa del vaso piriforme. Le navicelle continuano ad essere esportate in Etruria anche in nuove fogge, e continua altresì un’ipotetica frequentazione dell’emporio di Huelva attestata già dal geometrico. La ceramica etrusca e quella greco-euboica si diffondono nell’isola, come si può evincere dagli esempi di Sulky e di Sant’Imbenia-Alghero. Nella fase media ed evoluta dell’orientalizzante la documentazione a nostra disposizione si dirada, e le aree adibite ad uso abitativo indagate sono estremamente scarse e mostrerebbero una tendenziale regressione delle tecniche costruttive, probabilmente sotto la spinta all’inurbamento data dal contatto con l’avanzante mondo fenicio. L’ultima fase dell’età del ferro in Sardegna è stata genericamente definita, sempre per analogia col restante mondo mediterraneo, periodo Arcaico. Se possibile, la documentazione si fa ancora più scarsa e le popolazioni locali sembrano essere in qualche modo travolte dalla novità degli influssi provenienti dalla Ionia e in un secondo momento dalle spinte egemoniche di Cartagine: l’ultimo segno di vitalità sembrerebbe il perdurare delle esportazioni di navicelle sull’altra sponda del Tirreno, nonché nel santuario di Era Lacinia a Crotone.

Fonte: http://dissarchive.archaeologicaltraces.org/DA0015.pdf

Nessun commento:

Posta un commento