Diretto da Pierluigi Montalbano

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lunedì 31 agosto 2020

Il paradigma di Wagner sulla lingua sarda deve essere rovesciato come una clessidra. Articolo di Bartolomeo Porcheddu

 Il paradigma di Wagner sulla lingua sarda deve essere rovesciato come una clessidra.

Articolo di Bartolomeo Porcheddu



«Da che punto guardi il mondo, tutto dipende» è il testo di una strofa della canzone “Depende” scritta da Jarabe de Palo e tradotta in italiano da Jovanotti con “Dipende”. Il punto di osservazione è molto importante perché, come dice Zucchero Fornacciari, solo la Marchesa che cammina sugli specchi può dire “vedo nero”, guardando quasi in perpendicolare l’immagine riflessa sotto la sua gonna. Un altro interlocutore posizionato di fronte a lei non è in grado di vedere altrettanto, poiché punta lo specchio da un’altra angolatura o prospettiva.

Allo stesso modo, se rovescio una clessidra riempita di sabbia, sono i granelli che io vedo in quel momento sopra il cono inferiore che vanno per primi a depositarsi alla base dell’oggetto capovolto. Quando Max Leopold Wagner giunse in Sardegna dalla Germania per studiare la lingua sarda, non tenne conto che egli, in quel momento, rappresentava un paese ricco e noi Sardi uno povero, perché la

martedì 25 agosto 2020

Archeologia: La corda dell’arco di Otzi è il più antico equipaggiamento da caccia del Neolitico. Nota stampa ufficiale del Museo Archeologico di Bolzano

 Archeologia: La corda dell’arco di Otzi è il più antico equipaggiamento da caccia del Neolitico.

Nota stampa ufficiale del Museo Archeologico di Bolzano

 

BOLZANO: Comunicato diramato dal Museo Archeologico dell’Alto Adige.

Scienziati svizzeri sono convinti di aver identificato la corda dell’arco di Ötzi. Sebbene l’Uomo venuto dal ghiaccio stesse ancora lavorando al manufatto, portava con sé nella faretra un cordino ritorto di fibre animali (e non vegetali), elastico e molto resistente alle sollecitazioni, e pertanto estremamente adatto ad essere utilizzato come corda per l’arco. Nell’ambito di un ampio progetto di ricerca del Fondo nazionale svizzero per la ricerca scientifica (FNS) è stato possibile analizzare per la prima volta archi e frecce neolitici, focalizzandosi sui materiali, e confrontarli con l’equipaggiamento di Ötzi. Per il Museo Archeologico dell’Alto Adige il risultato dell’indagine ha significato un ulteriore record: il cordino di

giovedì 20 agosto 2020

Archeologia della Sardegna. Il Santuario Tofet. Articolo di Piero Bartoloni.

Archeologia della Sardegna.  Il Santuario Tofet.

Articolo di Piero Bartoloni

 

Fonte: LA SARDEGNA FENICIA E PUNICA

Corpora delle antichità della Sardegna, Storia e materiali

A cura di Michele Guirguis

L’ipotetico sacrificio dei fanciulli che, secondo alcuni antichi scrittori e studiosi moderni, veniva perpetrato in Fenicia e in alcuni casi nel regno dell’antica Israele, cioè in questa particolare regione di biblica memoria, è stato desunto da un testo dello storico greco Diodoro Siculo (XX, 14, 4-5) che evocava il terribile rituale del presunto olocausto dei primogeniti che si sarebbe dovuto svolgere nel tofet di Cartagine. Lo storico greco, che scriveva la sua opera attorno al 50 a.C., tra l’altro narrava le vicende della Sicilia antica e, al fine di suscitare lo stupore dei lettori, talvolta inseriva fatti inusitati e memorabili non sempre fondati sulla realtà storica. Inoltre, il nostro autore si dilungava sulle vicende di Cartagine, nello specifico periodo storico dell’incursione in terra africana effettuata da Agatocle, tiranno di Siracusa, nel 310 a.C., con cui pose la stessa Cartagine sotto assedio. Secondo Diodoro Siculo, la popolazione della metropoli punica era sotto assedio, angustiata dalla guerra e dalla pestilenza. I cittadini di Cartagine attribuirono dunque le loro  traversie agli scarsi ossequi tributati nel

martedì 18 agosto 2020

Archeologia. I Sardi e le misure auree, una conoscenza che precede di ben 500 anni quella dei greci. Articolo di Marcello Onnis.

 Archeologia. I Sardi e le misure auree, una conoscenza che precede di ben 500 anni quella dei greci.

Articolo di Marcello Onnis.

Può capitare che una passeggiata archeologica, fatta con Amici, ci riservi delle fantastiche sorprese.

Durante una passeggiata archeologica in compagnia di Amici al Pozzo Sacro di Santa Cristina a Paulilatino, nell'effettuare delle foto ricordo, l'occhio, attraverso il mirino della mia inseparabile Canon 1000D, vede ciò che normalmente non percepisce.

Mentre, dal fondo della scalinata del pozzo, inquadro gli Amici in controluce per una foto ricordo, grazie alla griglia del mirino, percepisco la forma e la proporzione del trapezio generato dalla luce

domenica 16 agosto 2020

Archeologia. Postilla su “Il suono degli scudi oblunghi dei guerrieri-sacerdoti di Mont’e Prama”. Articolo (postilla) di Giovanni Ugas

 Archeologia. Postilla su “Il suono degli scudi oblunghi dei guerrieri-sacerdoti di Mont’e Prama”

Articolo (postilla) di Giovanni Ugas

 

In merito all'articolo "Il suono degli scudi oblunghi dei guerrieri-sacerdoti di Mont’e Prama" pubblicato su questo quotidiano Honebu in data 29.07.2020 al link http://pierluigimontalbano.blogspot.com/2020/07/archeologia-della-sardegna-il-suono.html il professore Giovanni Ugas scrive queste ulteriori considerazioni:

L’identità dei guerrieri con lo scudo oblungo

Spesso la ricerca dell’identità dei portatori di scudo oblungo sulla testa proposti dall’arte scultorea

nuragica è stata condizionata dalla problematica individuazione dell’oggetto tenuto nella mano

guantata. Ora, questo oggetto è un elemento importante, ma non decisivo, per definire l’identità di

questi personaggi perché, come gli oggetti tenuti nelle mani dalle immagini degli offerenti, può

indicare un’azione contingente legata al rituale e non la loro funzione o ruolo. Maggiori garanzie

per l’identificazione dei personaggi offrono i capi d’abbigliamento e le armi; non a caso il bronzetto

di Vulci con scudo oblungo al fianco è stato identificato da G. Lilliu, come un sacerdote militare per

giovedì 13 agosto 2020

Archeologia. La civetta: l’iconografia svela un profondo significato simbolico legato al mondo dei defunti. Riflessioni di Giorgia Soncin

Archeologia. La civetta: l’iconografia svela un profondo significato simbolico legato al mondo dei defunti

Riflessioni di Giorgia Soncin 


Atena, la dea greca della sapienza, viene spesso rappresentata con una civetta appollaiata su una spalla, manifestazione simbolica della saggezza. Presso gli Egizi rappresentava la notte e l’oscurità, gli Aztechi l’associavano al dio dell’oltretomba, per i Romani simboleggiava la morte. René Guénon afferma che "la civetta è il simbolo della conoscenza razionale perché essendo un uccello notturno è legato alla luce riflessa, quella lunare, in opposizione alla conoscenza intuitiva, percezione della luce diretta solare, simbolicamente rappresentata dall’aquila". Il nome stesso annuncia la storia e la simbologia, infatti, nei manuali salta all'occhio il suo nome scientifico: Athene noctua, rapace notturno della famiglia degli Strigidae. Viene naturale collegare queste parole direttamente alla divinità greca Atena e alla parola strega, di origine latina. Con i suoi grandi occhi, la civetta è legata alla preveggenza, all'illuminazione e alla conoscenza legata alla dea Atena/ Minerva, portatrice di

venerdì 7 agosto 2020

Libri. Francesca Poretti: Ifigenia, l'innocente sfortunata. Può un dio sottoporre un personaggio mitologico a durissime prove? Recensione di Felice Di Maro

Libri. Francesca Poretti: Ifigenia, l'innocente sfortunata.

Può un dio sottoporre un personaggio mitologico a durissime prove? 

Recensione di Felice Di Maro

Scorpione Editrice 2020, pp. 119 con illustrazioni.


Può un dio sottoporre un personaggio non divino certo, ma mitologico, a durissime prove? L’interrogativo è d’obbligo perché la figura di Ifigenia in qualche modo è tra i miti greci un’eccezione perché subisce sì, una sorte che certamente è tra le più tragiche, ma come la raccontano scrittori dell’epoca antica come Euripide che c’è stata una lotta che ha portato avanti e che non si è fermata mai.

La storia di una donna? Certo ma teniamo conto che nonostante che i processi culturali oggi siano sempre più raffinati perché utilizzano nuove tecniche di comunicazione, e principalmente mi riferisco a quelli che continuamente rilanciano nuove frontiere di ricerca sulla storia dell’umanità, proprio la mitologia classica che umilmente si ripresenta sempre e ogni volta offre occasioni di riflessioni, oggi,

mercoledì 5 agosto 2020

Sardegna. Scoperta la città mai trovata di Tibula. Articolo di Bartolomeo Porcheddu

Sardegna. Scoperta la città mai trovata di Tibula.

Articolo di Bartolomeo Porcheddu 


«Ma bella più di tutte è l’isola non trovata, quella che il Re di Spagna s’ebbe da suo cugino il Re di Portogallo, con firma suggellata e bulla del Pontefice, in gotico latino» canta Francesco Guccini nella sua “Isola non trovata”.

Tra le altre città non trovate, in Sardegna una in particolare ha fatto impazzire gli storici e gli archeologi per la sua misteriosa scomparsa. Si tratta della città di Tibula, situata nei pressi dell’importante crocevia di strade che percorrevano la Sardegna settentrionale. A Tibula, nonostante non si sapesse dove era situati, sono state dedicate

lunedì 3 agosto 2020

Il significato semantico di un quadro di Derain. Articolo di Alberto Zei

Il significato  semantico  di un  quadro di Derain

Articolo di Alberto Zei


Approfondimento dal punto di vista semantico dell’articolo su Derain, precedentemente pubblicato sul questo quotidiano (cliccare qui per aprirlo), con analisi delle motivazioni dell’autore del  quadro incompiuto raffigurante  Delano Roosevelt.

 “Le belve”

Sono stati pubblicati alcuni articoli con i  relativi commenti sul ritrovamento di un quadro del pittore francese André Derain,  uno dei caposcuola della tecnica delle “fauves”  ossia delle “belve”, così come sono stati tacciati pittori di questo stile nato alla fine del XIX  secolo,  per la violenza cromatica dei colori usati in modo quasi casuale, sia nei ritratti delle persone che nei paesaggi delle loro opere. André Derain era stato uno dei promotori di questa tendenza artistica insieme ai colleghi Matisse, Vincent  van Gogh, Henri Manguin, Maurice de Vlaminck, Charles Camoin ed altri ancora.

Questi pittori,  attraverso una sorta di protesta nei confronti della  società adagiata sul vecchio stile, intesero  esprimere con la loro intolleranza alla quiete, un incitamento al cambiamento: cambiamento di

domenica 2 agosto 2020

Archeologia della Sardegna. L’architettura funeraria dell’Età del Bronzo: le Tombe di Giganti. Articolo di Pierluigi Montalbano

Archeologia della Sardegna. L’architettura funeraria dell’Età del Bronzo: le Tombe di Giganti.

Articolo di Pierluigi Montalbano


L’importanza cultuale delle Tombe di Giganti, luoghi nei quali si esprimeva una religiosità legata al culto dei defunti deposti fra le braccia della Madre Terra, è evidente per tutta l’Età del Bronzo in tutti gli angoli della Sardegna. Sono monumenti funerari realizzati in pietra nel corso del II Millennio a.C. e utilizzati come sepolture collettive che differiscono profondamente dalle Domus de Janas utilizzate in precedenza.  Come i nuraghi, queste particolari costruzioni megalitiche non hanno nulla di simile nell’Europa continentale. Presenti in tutta l’isola, questi sepolcri presentano una pianta rettangolare con abside posteriore, e sono edificati sovrapponendo grandi blocchi di pietra. La camera funeraria può superare i 20 metri di lunghezza e 2 di altezza, ed era completamente ricoperta da un tumulo di terra. Differentemente dal corpo funerario, che arriva ad anticipare i primi nuraghi a corridoio del XVIII a.C., la parte frontale della struttura, la facciata, è realizzata all’inizio dell’epoca delle torri nuragiche, intorno al XV a.C.. Essa ha davanti a sé un temenos a esedra, ossia uno spiazzo a semicerchio realizzato con pietre di varia dimensione conficcate a scalare nel terreno partendo dalla imponente lastra centrale, la stele d’ingresso, alta a volte sino a 4 metri d’altezza e sotto la quale si apriva un piccolo portello.