Sardegna. Scoperta la città mai trovata di Tibula.
Articolo di Bartolomeo Porcheddu
«Ma bella più di tutte
è l’isola non trovata, quella che il Re di Spagna s’ebbe da suo cugino il Re di
Portogallo, con firma suggellata e bulla del Pontefice, in gotico latino» canta
Francesco Guccini nella sua “Isola non trovata”.
Tra le altre città non trovate, in Sardegna una in particolare ha fatto impazzire gli storici e gli archeologi per la sua misteriosa scomparsa. Si tratta della città di Tibula, situata nei pressi dell’importante crocevia di strade che percorrevano la Sardegna settentrionale. A Tibula, nonostante non si sapesse dove era situati, sono state dedicate
vie e anche alberghi.Nell'Itinerarium Provinciarum Antonini, dalla Sardegna
Nord-Occidentale a quella Nord-Orientale fino a Caralis, sono segnate lungo le
coste le città di Turris (Porto Torres), Portus
Tibulas (Valledoria), Turublo Minore (Isola Rossa), Elefantaria (Taras =
Vignola), Lungone (Santa Teresa di Gallura), Ulbia (Olbia), Portus Luguidonis
(Posada), Fano Carisi (Dorgali), Sulcis (Tortolì), Sarcapos (Villaputzu) e
Caralis (Cagliari).
Le città
dell'interno seguono nell'Itinerario la strada Ulbia → Caralis e sono: Caput
Tirsi (Benetutti), Sorabile (Sorradile), Biora e Caralis. Mentre l'altra
strada interna parte sempre da Tibula
e giunge a Caralis passando per Forum Traiani e Othoca (Santa Giusta).
Nella
“Geografia” di Tolomeo la città di Tibula
compare lungo la strada interna del Logudoro, ma con un collegamento diretto
verso il mare, dove era situato il porto di Erycinum, ugualmente rimasto senza
una sicura indicazione, collegato via terra all’omonima città di Erycinum,
distante dal mare.
In questo contesto geografico occorre tenere in considerazione il
corso del fiume Coghinas, il secondo in Sardegna per portata d’Acqua, supportato
da un vasto entroterra fertile, sia in prossimità della foce, sia ai piedi
delle montagne di Bonorva da cui nasce. Inoltre, il fiume trasporta alla foce
l’acqua calda sulfurea delle terme di Casteldoria, benefica per gli uomini e
per la natura.
Una delle popolazioni che fin dall'antichità si stanziò su questi
territori fu quella dei Bàlari, che abitò lungo la costa settentrionale
dell'Isola in corrispondenza dei porti compresi tra Castelsardo e Badesi e
verso l’interno estendendo il proprio raggio d'azione all’attuale Anglona fino
a Perfugas, Chiaramonti e Tula.
I porti più importanti furono quelli di Valledoria e Castelsardo, quest’ultimo
ricavato in una ansa presso la foce del fiume Frigiano, rivalutato nel Medioevo
quando la città divenne sede della diocesi di Ampurias, città attestata in
antichità nei pressi del fiume Coghinas.
In questo
caso, la piana del Coghinas e di Valledoria, su cui la famiglia genovese dei
Doria aveva costruito nel Medioevo la propria fortuna in Sardegna, possedeva il
suo porto chiamato di Tybula o di Erycinum nella foce del Coghinas con le
omonime città nell’entroterra.
Il sostantivo
Erycinum si riferisce sia al "riccio", sia allo strumento bellico,
sempre appuntito come il riccio, dello "spuntone di metallo" che
ricopre il rostro della nave. Eruchina potrebbe essere quindi la “piccola” Erula
e, pertanto, “CodaEruchina” la sua città portuale, quale è oggi la
cittadina di Codaruina (Valledoria). Dalla cittadina di Erula si apre infatti
un ampio dominio visuale sul porto e sul restante territorio.
Quindi
Erula corrisponde alla posizione indicata da Tolomeo per Eruchina. Da Erula,
la strada che collega il mare all’interno, quindi il porto di Tibula alla città
di Tibula, giunge fino a Tula
seguendo proprio il corso del
Coghinas. La cittadina di Tula, nell’Itinerarium Antonini Augusti è chiamata
infatti Tu[bu]la ed è posta, come è ancora oggi, in posizione strategica a
controllo di importanti crocevia stradali.
Il problema principale per cui questa città sia diventata fantasma
è puramente linguistico. Come accaduto per altri toponimi scritti in greco
antico, in tempi moderni la Y greca è stata letta e trascritta come una I
anziché come una U. Per cui, da un originario Tybula, si è
passati ad un moderno Tibula, mandando nel dimenticatoio l'originario Tubula.
Se a questo si aggiunge il fatto che la consonante /b/
intervocalica nel logudorese parlato non si pronuncia perché viene sincopata
quando si trova in posizione intervocalica, risolvendo quindi in Tu[bu]la,
si chiarisce subito l'arcano consegnando il toponimo citato da Tolomeo e da
altri storici e geografi antichi all'odierno centro di Tula.
In sintesi,
allora come oggi, dalla città di Tula si percorreva anticamente l’odierna
strada per Erula che, seguendo il corso del Coghinas, scendeva verso il mare
incontrando la città portuale di Codaruina e il porto di Tybula, posto nei
pressi della foce del fiume Coghinas, dove oggi sorge la chiesetta di San
Pietro a Mare.
“Atlas”,
Atlante, nella scrittura greco antica fa parte della I declinazione dei nomi
maschili che hanno il nominativo sigmatico, quindi la terminazione in -s.
Per cui senza tale desinenza e con la sincope della vocale /u/ che i Greci non nominavano se era
interposta tra una consonante sorda /t/
e una liquida /l/ la voce diventa
At[u]la, ovverosia A-Tula o Atula, che in sardo significa Solco, quello
ritenuto “Sacro” dagli uomini che hanno dato origine alla civiltà contadina.
«Ma bella più di tutte è la città di Tula non trovata» avrebbe cantato Guccini se solo avesse saputo che il suo nome primordiale è evidenziato nel complesso megalitico di “Sa Mandra Manna” (Il Grande Recinto sacro), in agro di Tula, dove sono rappresentate in un’architrave le formazioni stellari, Pleiadi comprese, con a capo Pleione ed Atlante (Atulante).
Salve, il Coghinas non nasce presso Buddusò?
RispondiEliminaE quindi Tibula chi l'avrebbe scoperta, mi sono perso il link dello studio a riguardo? Non si trovano le città perdute né con le vocali ne con le consonanti. Serve studio e ricerca prima di scrivere una cosa del genere.
RispondiEliminaIn archeologia non esistono certezze ma soltanto ipotesi. Queste mi sembrano ipotesi campate in aria.
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