mercoledì 9 marzo 2016
I Nuraghi. Complessi fortificati della Sardegna nella protostoria; di Alessandro Vanzetti – Giandaniele Castangia – Anna Depalmas – Nicola Ialongo – Valentina Leonelli – Mauro Perra – Alessandro Usai
I Nuraghi. Complessi fortificati della Sardegna nella protostoria
di Alessandro Vanzetti – Giandaniele Castangia – Anna
Depalmas – Nicola Ialongo – Valentina Leonelli – Mauro Perra – Alessandro Usai
Lo studio dei nuraghi ha rappresentato, dagli albori
dell’archeologia della Sardegna, un punto di interesse centrale, quasi
pervasivo; per quanto siano cambiate le prospettive del loro studio, da una
visione bellicista a prospettive polisemantiche e declinate attraverso il tempo
, è innegabile che siano strutture definite da potenti mura di pietra.
Le letture sviluppate fino agli anni 1960, e anche oltre, si
basavano su una cronologia che poneva i nuraghi di tipo complesso in epoca
decisamente tarda, e in parte storica, associandoli alle conflittualità tra
indigeni e Fenici, e quindi Punici, «dal 1000 circa al 500 a.C.» . Gli studi
degli ultimi 30 anni hanno portato invece a una definitiva ridefinizione
cronologica verso l’alto delle architetture nuragiche, e a un inserimento nuovo
del mondo nuragico nel Mediterraneo dell’età del bronzo , dove questo appare
una forza in stretta interazione con le fondamentali dinamiche di scambio e
trasformazione dell’intero bacino, e non un’area marginale, in prospettiva di
dipendenza dalle
Hochkulturen dell’Egeo e del Mediterraneo orientale. L’analisi
dei reperti archeologici associati e la datazione puntuale delle fasi
costruttive dei nuraghi indicano che questi monumenti furono realizzati nel
corso dell’età del bronzo, e ad essa limitati come realizzazione
architettonica. Inoltre, nonostante minori divergenze di opinione, su cui
torneremo, gli autori ritengono che al Bronzo medio e recente sia circoscritta
la costruzione dei nuraghi, al più tardi – ma dubitativamente – con ulteriori
limitati sviluppi nel corso del Bronzo finale . L’acquisizione di un maggior
numero di dati circa le associazioni di reperti con le strutture nuragiche ha
permesso anche, già da tempo , di recuperare a una corretta collocazione
cronologica i diversi tipi di nuraghi non strettamente della forma canonica a
tholos, già immaginati come forme degenerative del fenomeno, collocandoli
invece in una fase precoce della monumentalizzazione del nuraghe,
tendenzialmente precedente allo sviluppo della forma a tholos; nel presente
contributo definiremo complessivamente tali strutture (in letteratura anche
note come proto-nuraghi, nuraghi a corridoio o anche pseudo-nuraghi) quali
“nuraghi di tipo arcaico”. L’accresciuta consapevolezza, liberata da letture
semplicisticamente evolutive o degenerative, ha portato anche a una
riconsiderazione globale delle funzioni e delle componenti ideologiche del
monumento-nuraghe stesso, che ha in particolare sottoposto a critica
l’interpretazione centrata sulla visione militare, ponendo in evidenza altri
aspetti dei monumenti, nel loro divenire durante le fasi di uso. Non mancarono
invero fin dall’archeologia delle origini studiosi scettici circa la funzione
militare, anche perché attratti da interpretazioni cultuali e/o funerarie,
rivelatesi illusorie; Alberto Ferrero della Marmora, il generale piemontese
primo studioso dei nuraghi, affermava nel 1840: «né resiste a un esame profondo
l’opinione che questi edifici possano essere considerati come fortezze». Un’utile
rassegna della questione è stata sviluppata da A. Depalmas. Un ulteriore
argomento che ha assunto estrema rilevanza nella discussione è il riconoscimento
della trasformazione funzionale subita da diversi nuraghi, in fasi successive
alla loro costruzione, tra cui:
a) la creazione di strutture interpretate in
senso politico comunitario, quali le “capanne delle riunioni”, che in diversi
casi si inseriscono nel tessuto del nuraghe, a volte rimpiazzandone strutture
dal carattere apparentemente difensivo o sovrapponendosi all’antemurale
(Palmavera);
b) la modifica di vani per lo svolgimento di pratiche ricollegate
al culto, evidente per alcuni nuraghi dal Bronzo finale o dal primo Ferro (a
seconda delle interpretazioni cronotipologiche), come a Su Mulinu - Villanovafranca,
Nurdole - Orani, San Pietro - Torpé e altri ancora; tale situazione viene
ricollegata alla parallela trasformazione del nuraghe in simbolo, riprodotto
come elemento scolpito a tutto tondo o come segno connotativo su oggetti
mobili, con una particolare ricorrenza in contesti cultuali o pubblici.
Tipologia delle mura nuragiche
Non è facile definire tipologicamente i nuraghi. Si tratta
di una vera e propria popolazione di migliaia di individui con specifiche
variazioni sul tema; alla loro variabilità si aggiunge il fatto che il grado di
conservazione e di visibilità ostacolano spesso la corretta lettura dei ruderi.
Nelle grandi linee resta valida la classificazione proposta da Lilliu fin dal
1962, che ha definito specifiche terminologie per le membrature architettoniche
(queste largamente derivate dall’architettura militare) e per le torri
agglutinate, nel caso dei nuraghi complessi. Quest’ultima terminologia si basa soprattutto
sulla sequenza edilizia (edificazione per addizioni progressive di torri e
parti) e sulla simmetria delle parti costruttive (poste frontalmente,
lateralmente, concentricamente, ecc.). I monumenti prevalenti sono quelli
considerati classici, a tholos: semplificando alquanto, si tratta di torri
troncoconiche contenenti almeno una camera circolare coperta a falsa cupola
(tholos), perlopiù con nicchie, con andito di accesso con soffitto tabulare o
pseudo-voltato mediante l’aggetto progressivo delle pareti, e una scala interna
allo spessore della muratura che nella maggior parte dei casi parte dall’andito
e sale a spirale fino alla sommità, dove si trovava un ballatoio sporgente
sostenuto da mensole; la torre può avere più piani, generalmente con tholoi
sovrapposte. Esiste però una casistica ben più vasta, e si può affermare che
quasi ciascun nuraghe presenti qualche variazione sul tema.
Nuraghi arcaici.
Come già accennato, i nuraghi senza tholos che si
individuavano vennero dapprima considerati come tardive deviazioni dalla norma
e definiti “pseudonuraghi”, cioè falsi nuraghi, mentre alcuni monumenti
ritenuti lontani prototipi dei nuraghi, venivano definiti “protonuraghi”. Con
lo sviluppo delle ricerche territoriali e stratigrafiche è divenuto invece
evidente che il nuraghe classico non è la forma originaria, ma al contrario la
forma standardizzata emersa per selezione da un complesso processo di
sperimentazione ingegneristica, inserito nel contesto mediterraneo di sviluppo
dell’architettura in pietra e della tholos. I tipi più antichi, che qui
definiamo “nuraghi arcaici”, si presentano generalmente non come torri alte e
slanciate, ma al contrario come piattaforme ampie e basse di contorno pressappoco
ellissoidale – ma a volte irregolare e articolato –, in cui emerge la mancanza
di coerenza tra planimetria generale e vani interni e la sproporzione tra la
notevole massa e i limitati spazi utili. Al loro interno si distinguono in
particolare:
a) nuraghi a corridoio, in cui l’elemento più rilevante è un lungo
corridoio al piano terreno, spesso con due ingressi contrapposti, dotato anche
di nicchie e di una scala interna;
b) nuraghi con camere embrionali a pianta
rettangolare, ovale o anche circolare, singole o multiple (anche definiti dei
tipi a camera naviforme, “di transizione” e a tholos embrionale), considerate
come esito dello sviluppo dell’originario corridoio e delle nicchie del piano
terreno (cfr. Crastu A - Soddì). Si danno anche casi apparentemente senza
camera interna, e con rampa esterna di accesso alla piattaforma – peraltro non
ben chiari come evidenza. Il numero dei nuraghi arcaici è stimato in poco più
di un migliaio, ovvero circa 1/7 del totale. La loro cronologia di inizio è
discussa; certamente venivano realizzati nel corso
del Bronzo Medio 2 sardo. Pur nella carenza di sicure e ripetute attestazioni
stratigrafiche, l’osservazione di sovrapposizioni e giustapposizioni di
strutture più recenti a strutture più antiche è di per sé un importante indizio
per riconoscere i tipi più arcaici: esistono casi, come i nuraghi Orgono di
Ghilarza e Erighighine di Aidomaggiore, in cui delle tholoi sono state
costruite al di sopra di nuraghi arcaici. I nuraghi arcaici spesso si addossano
alla roccia, sfruttandola; alcune strutture sfuggono a una classificazione come
forma arcaica o classica, e sfruttano soprattutto la roccia naturale, che
diventa l’elemento architettonico predominante (ad es. Luciferu o Su Nuracheddu
‘e Culipesau - Sedilo), anche con l’utilizzazione di vani ipogei, su
affioramenti granitici.
Nuraghi classici.
I nuraghi classici si costruirono almeno dalla fase finale
del Bronzo medio in poi (Bronzo medio 3). Si distinguono da quelli arcaici non
solo per la tholos, che in effetti è già attestata in precedenza con rari
esempi embrionali, ma piuttosto per la coerenza geometrica, cioè la
concentricità del profilo esterno della torre troncoconica, della camera
circolare e della scala a spirale. Le murature sono realizzate con massi di
varie dimensioni, in genere più grandi e irregolari alla base, più piccoli e
regolari nelle parti alte. Benché tecnicamente si tratti di muratura a secco,
le pietre sono allettate in una malta di argilla o fango con accurate zeppature
di pietre più piccole. L’applicazione della tholos su vasta scala consentì sia
la costruzione in serie di edifici a una sola torre, sia l’elaborazione quasi
modulare di monumenti complessi con più livelli sovrapposti, ciascuno voltato a
tholos, e con più torri, unite da corridoi con coperture pseudo-voltate
aggettanti. Strutture accessorie in legno dovevano in alcuni casi formare
ambienti sovrapposti all’interno di un’unica alta camera a tholos, mediante la
creazione di pavimenti/soppalchi lignei, poggiati su riseghe o travi inserite
in fori nelle pareti (ad es. Trochesia - Aidomaggiore, Oes Giave),
accessibili tramite la scala a spirale, o grazie a scale deperibili interne
alla camera. I nuraghi con una sola torre sono definiti semplici o “monotorre”,
e il loro schema planimetrico è già stato descritto: andito di accesso con
nicchia su di un lato e scala elicoidale nello spessore murario che si diparte
dall’altro, e camera circolare con pseudo-volta a tholos, con o senza nicchie.
In molti nuraghi la scala non parte dal piano di calpestio dell’andito (“scala
d’andito”) ma dalle pareti superiori della camera (“scala di camera”). I
nuraghi complessi presentano un corpo costituito da una pluralità di torri, con
la massima possibile varietà tipologica. L’aggiunta delle torri laterali
avviene attraverso un rifascio murario che oltre ad assolvere lo scopo di unire
i diversi corpi aggiunti assicura uniformità e compattezza. Generalmente una
torre principale, detta anche “mastio” secondo la terminologia militaresca,
spicca sulle altre e si distingue interamente nel profilo, per cui spesso essa
viene anche considerata come l’elemento originario del complesso, a cui il
resto della struttura sarebbe stato aggiunto per addossamento. In realtà in
molti casi appare probabile che l’insieme sia stato progettato unitariamente e
poi semplicemente realizzato per stadi successivi, ma anche in una sola fase:
infatti si conoscono rari casi in cui il nuraghe complesso è costruito con
murature unitarie (ad es. Torodda - Benetutti, Tigologoe - Nuoro, Su Nuraxi -
Sìsini, Diana - Quartu S. Elena). Con inevitabile schematizzazione, i nuraghi
complessi si distinguono nei seguenti gruppi:
a) binati: due torri indipendenti
e paritarie unite da una breve cortina;
b) ad addizione laterale: con una o due
torri secondarie aggiunte ai lati della torre principale, con ingressi
indipendenti;
c) ad addizione frontale: alla fronte della torre principale si
addossa il corpo secondario, che è costituito da un semplice cortile recinto da
mura, oppure da una, due o tre torri che isolano generalmente un cortile più o
meno ampio;
d) ad addizione concentrica, cioè col corpo secondario addossato
tutt’intorno alla torre principale, costituito da un bastione con tre, quattro
o cinque torri sporgenti dagli spigoli e pertanto definito bastione trilobato,
quadrilobato o pentalobato, che generalmente isola un cortile;
e) con addizioni
secondarie laterali o posteriori che danno luogo a strutture asimmetriche,
oppure all’ampliamento regolare di forme meno complesse in forme più complesse;
f) infine, edifici misti in cui si combinano parti di nuraghi arcaici e di
nuraghi classici.
Ogni gruppo comporta una notevole variabilità di soluzioni,
ed esistono rari edifici atipici sotto ogni punto di vista, soprattutto in
considerazione della morfologia dei luoghi dove sono installati, e della
complessità di soluzioni individuate, come ad esempio il grande nuraghe
Antigori di Sarroch: in altri ambienti geografico-culturali potrebbero essere
definiti come “cittadelle fortificate”. Nei nuraghi complessi sono da ricordare
le fessure o “feritoie” aperte nelle pareti delle camere delle torri laterali,
i profondi magazzini con sezione a bottiglia e infine i pozzi e le cisterne per
l’acqua, questi ultimi ricavati soprattutto dentro i cortili. Alcune regioni
della Sardegna sono caratterizzate dalla frequenza di nuraghi di modulo
ridotto, forse talvolta anche senza copertura a volta, spesso denominati
“nuraghi-capanne” o “torri-capanne” ma sempre riconosciuti come nuraghi dalla
toponomastica locale e sempre ben più massicci ed emergenti dei normali edifici
abitativi. A seconda delle varianti dialettali locali, essi sono denominati
Nuratolos, Nuracheddos, Nuraxeddus; questi termini possono essere adottati
anche in sede descrittiva, insieme all’espressione italiana “piccoli nuraghi”.
Inoltre in alcune regioni, come l’Oristanese, abbondano strutture che sembrano
nuraghi non completati o appena abbozzati, per lo più classici monotorre, ma
forse anche complessi. I pochi scavi effettuati all’interno delle camere dei
nuraghi non hanno messo in evidenza – per quanto riguarda la fase originale –
arredi particolari o altri elementi che consentano di connotare in modo
specifico la natura funzionale degli ambienti. È frequente l’individuazione di
macine e focolari – forse meglio bracieri o comunque zone di combustione –
nella camera centrale, e la presenza di ceramica d’uso per la preparazione
(tegami, olle), il consumo (scodelle, ciotole) e la conservazione dei cibi
(olle). Molto più differenziati sono i dati che emergono dai contesti in cui è
documentata una continuità d’uso o comunque la frequentazione nella fase finale
dell’età del bronzo o nell’età del ferro. A questi periodi sono anche da
riconnettere i ritrovamenti di armi, derrate, arredi sacri che indicano una
pluralità di funzioni documentata nelle fasi di reimpiego del nuraghe.
Ulteriori murazioni nuragiche.
Oltre ai nuraghi veri e propri, si distinguono altri due
ambiti di murazioni nuragiche, che nei casi più completi e regolari si
rinvengono in posizione concentrica rispetto ai primi. In primo luogo si ha
l’antemurale, cioè la cinta esterna che circonda il nuraghe. Per quanto sia
difficile a volte distinguere tra antemurali strutturati e muraglie perimetrali
vicine al nuraghe, ma meno caratterizzate (vd. infra), apparentemente solo i
nuraghi complessi ad addizione concentrica possono avere un vero e proprio
antemurale strutturato, che quindi costituisce una seconda cinta concentrica.
Gli antemurali sono composti da muri perlopiù rettilinei (ma non mancano casi
con tratti curvilinei, come a Domu ‘e s’Orku - Domusnovas, Miuddu - Birori) e
torri circolari ai vertici, da 4 (ad es. Lugherras - Paulilàtino) e più (ad es.
5 a Palmavera Alghero, 7 a Su Nuraxi - Barumini), fino a 10 (S’Urachi -
San Vero Milis). Le mura turrite dell’antemurale possono circondare l’intero
complesso, come nei casi più noti di Su Nuraxi Barumini, Arrubiu - Orroli,
Palmavera - Alghero e Genna Maria - Villanovaforru, ma talvolta le mura
dell’antemurale si addossano al bastione, abbracciandolo quindi solo in parte
(ad es. Su Mulinu - Villanovafranca, Domu ‘e s’Orku - Domusnovas) e a volte è
difficile comprendere se si sia di fronte ad antemurali parzialmente distrutti
o invece incompiuti, come al nuraghe Losa di Abbasanta. In riferimento a
nuraghi a corridoio, ma non solo, è possibile presumere che alcune cinte non
turrite o dal perimetro incompleto (ad es. nuraghe Caddaris), poste a breve
distanza dal nuraghe, abbiano la stessa funzione di delimitazione e protezione
del classico antemurale, pur essendo meno caratterizzate; resta comunque da
valutare se non possa trattarsi invece di mura‑ glie perimetrali
dell’insediamento, almeno in una sua fase di limitato sviluppo, eventualmente
in seguito superata dagli ampliamenti del villaggio (vd. infra). L’ingresso o
gli ingressi – quasi sempre non in asse con l’ingresso principale del bastione
– si aprono in genere accanto a torri circolari. Talvolta lo spazio tra
antemurale e bastione del nuraghe è suddiviso da setti murari (Palmavera -
Alghero, Arrubiu - Orroli), oppure è parzialmente o interamente occupato da
edifici di impianto successivo, come nel caso degli insediamenti sviluppatisi a
Su Nuraxi di Barumini o a Genna Maria di Villanovaforru nel Bronzo finale e
primo Ferro. In tali fasi sono diversi i casi in cui l’abitato si espande nello
spazio dell’antemurale, talvolta sovrapponendosi ai tratti murari andati in
rovina o forse appositamente abbattuti, invadendo il cortile e riutilizzando
nelle costruzioni materiale lapideo crollato dalle parti alte del nuraghe e
delle mura. Le torri in molti casi appaiono caratterizzate da un paramento
murario particolarmente robusto entro cui si aprono “feritoie” strombate verso
l’interno. A Su Nuraxi, le torri dell’antico antemurale hanno spessori di oltre
m 4 e dieci feritoie vi sono aperte al livello pavimentale; a Genna
Maria-Villanovaforru il muro dell’antemurale ha uno spessore di m 1,90 ca. che
arriva a m 2,10 in prossimità delle torri, misure di poco superiori a quelle
registrate a Su Nuraxi. Le murature appaiono in genere coerenti con quelle dei
nuraghi e dei bastioni che li rifasciano; nella torre C dell’Arrubiu - Orroli,
ma anche nelle torri dell’antemurale del Losa Abbasanta, una parte della
muratura è costituita da blocchi lavorati con la martellina, posti in
verticale. L’antemurale del nuraghe Alvu - Baunei conserva ancora in posto 11
mensole litiche del tipo di quelle messe in opera a coronamento dei nuraghi.
L’altezza di tale muro è di m 3,60 (di cui 1 m di roccia), ma si hanno esempi
di altezze notevolmente maggiori, intorno a m 7 e oltre; a Su Nuraxi di
Barumini l’altezza ipotizzata è m 10. L’antemurale è un elemento importante
nell’interpretazione militare e difensiva delle strutture nuragiche, organizzate
per linee concentriche, funzionali a creare ostacoli progressivi alle diverse
categorie di proiettili, nonché piattaforme sempre più elevate per l’impiego
delle armi da getto, interpretazione sviluppata pienamente da G. Lilliu. Al
tempo stesso, Lilliu riconosce casi di scarsa funzionalità difensiva: per
esempio, relativamente al nuraghe Palmavera egli considera l’eventualità che
l’antemurale serva piuttosto di schermo e di protezione della privacy del
bastione del nuraghe. A. Depalmas ha evidenziato numerose incongruenze per una
piena funzionalità difensiva. Il deposito della torre B dell’antemurale del
nuraghe Nuracraba (o Madonna del Rimedio) - Oristano, inquadrabile nel
Bronzo recente 1, viene citato in letteratura come riferimento cronologico per
la costruzione degli antemurali, ma in realtà non si può escludere che ne
esistano di più antichi. Infatti, le stratigrafie murarie o la concezione
unitaria del monumento sembrano indicare che la progettazione dell’antemurale
sia stata contemporanea con quella del nuraghe che racchiude. Una prima analisi
su un campione di 115 nuraghi da diverse zone dell’isola, rileva che solo il
20% degli edifici (23 strutture) ha un antemurale o una murazione ambigua tra
antemurale e muraglia perimetrale: tra questi, pressoché la totalità (20) sono
di tipo complesso. Inoltre, sull’altopiano di Abbasanta, su 406 nuraghi, solo
il 6,5% presenta un vero e proprio antemurale, o una murazione di aspetto
incerto tra antemurale e muraglia di perimetrazione: la categoria che risulta
più frequentemente associata a tale murazione è comunque quella dei nuraghi complessi, come già osservato. Complessivamente, su 26 monumenti, 11 sono nuraghi
complessi, 10 arcaici e 5 monotorre; come sottolineato, per queste ultime due categorie
la presenza di veri e propri antemurali (sistemi di tratti di mura e torri, che
racchiudono limitate porzioni di abitato) va sottoposta a verifica. Si
conoscono anche casi isolati in cui strutture complesse simili agli antemurali
sono prive del vero e proprio nuraghe centrale (Sa Ureci - Guspini, Nussiu -
Paulilatino), e, come osservato, esiste in letteratura una certa confusione (in
particolare nei casi di precaria conservazione e visibilità) tra gli antemurali
e le ulteriori muraglie, che si vanno ora a descrivere. La terza serie
concentrica di murazioni è costituita da vere e proprie muraglie perimetrali
che circondano non solo i nuraghi ma gli interi insediamenti. Esse sono
documentate soprattutto nell’alto Oristanese e nelle regioni adiacenti, ma non
nel Sinis. Un censimento è lontano dall’essere completo. Generalmente le
muraglie presentano spessori non inferiori a 2 m, hanno un andamento
planimetrico vario, spesso rotondeggiante o ellissoidale ma anche irregolare, e
sono del tutto o quasi sprovviste di torri. Le rare torrette circolari sporgono
esternamente dagli spigoli come negli antemurali (non più di due o tre: ad
esempio Losa - Abbasanta, Santa Barbara - Bauladu, Pidighi - Solarussa); ma in
rari casi sembrano invece sporgere verso l’in‑ terno dell’area insediativa (ad
es. S’Aspru - Aidomaggiore); a volte inoltre si addossano alla muraglia
(Pidighi - Solarussa). In qualche caso le torrette funzionano da vere e proprie
porte a vestibolo, e sono per di più provviste di feritoie (ad es. Losa -
Abbasanta). L’accesso è con‑ sentito anche da semplici aperture architravate
non distinte dal profilo della muraglia (ad es. Losa - Abbasanta, Costa -
Burgos). Si conoscono anche muraglie di contorno ellissoidale che racchiudono
insediamenti privi di nuraghe (Mura Passada - Paulilatino). È eccezionale il
caso di Crastu - Soddì, dove il nuraghe arcaico a camera naviforme resta fuori
della muraglia che racchiude l’abitato. L’estensione media degli abitati
nuragici appare generalmente compresa tra un terzo di ettaro e un ettaro e
mezzo, il che corrisponde a muraglie circolari o ellittiche lunghe da m 200 a
430 ca. È del tutto eccezionale l’estensione dell’insediamento del nuraghe
Losa, pari a 3,5 ha (corrispondente a 705 m di lunghezza della muraglia). Tuttavia
in qualche caso è accertata (S’Ena ‘e Tiana - Sennariolo) o ipotizzata (Mura ‘e
Prochilis - Bauladu) l’espansione dell’insediamento al di fuori della muraglia;
in ogni modo, i villaggi in cui è testimoniata una muraglia recintoria sono la
minoranza. Qualche muraglia associata con nuraghi arcaici potrebbe risalire
almeno alla fase più avanzata del Bronzo medio (Nuraghe Altòriu - Scano
Montiferro); la stretta analogia strutturale con le architetture di piena età
nuragica suggerisce però in molte situazioni un inquadramento nel Bronzo
recente. Infine, almeno a Pidighi - Solarussa e a Duos Nuraghes - Borore, le
relazioni stratigrafiche inducono a riportare almeno una parte delle muraglie
al Bronzo finale o primo Ferro.
Fine dell’edificazione dei nuraghi.
La società nuragica, senza mai subire una drastica
interruzione, tale da mutarne la continuità di sviluppo, va comunque incontro a
trasformazioni assai rilevanti, la principale delle quali è la cessazione della
realizzazione di nuovi nuraghi, a fronte di altre imprese architettoniche che
vedono uno sviluppo accentuato: villaggi, santuari. Questo fenomeno di
rinnovamento rappresenta una delle “fini” del mondo nuragico; un’altra fine,
assai più rilevante, sarà la trasformazione ideologica e sociale che farà
seguito all’esaurimento di numerosi insediamenti e santuari nuragici e della
cultura materiale nuragica e alla fondazione dei centri fenici; altre fini
ancora si avranno con l’impatto punico e poi romano, quando la spinta
propulsiva del mondo nuragico potrà dirsi davvero esaurita. Sulla cronologia
della prima drastica trasformazione esiste un accordo di massima tra gli
studiosi, per quanto ancora da precisare maggiormente: tra la fine del Bronzo
recente e gli inizi del Bronzo finale le nuove costruzioni di nuraghi appaiono
cessare. Di contro, ulteriori trasformazioni nella realizzazione del paesaggio
nuragico interessano a volte nuraghi esistenti, le muraglie, i villaggi, i
santuari; la datazione e il concatenamento con la fase di edificazione dei
nuraghi di queste imprese architettoniche risente del mancato accordo
attualmente esistente circa le cronologie del Bronzo finale e primo Ferro:
alcuni pongono agli inizi dell’età del ferro continentale (950 a.C. ca.) – o al
più a partire dalla fase terminale del Bronzo finale – un momento di
trasformazione fondamentale; altri non riconoscono tale momento come una
transizione marcata, bensì come un processo di trasformazione che si esplica su
tempi lunghi, dal Bronzo finale al primo Ferro; altri ancora lo anticipano
decisamente nel corso del Bronzo finale.
Iconografia e simbologia del nuraghe
In Sardegna lo sviluppo della rappresentazione in pietra e
in bronzo dei nuraghi coincide con questa cesura, ovvero con la nuova fase che
si concluderà con l’urbanizzazione, avviata nella piena età del ferro (dalla
metà dell’VIII sec. a.C.) dai Fenici; i modi e il grado del coinvolgimento
delle popolazioni sarde in tale processo sono parte del dibattito attuale, che
ha acquisito le prospettive interpretative post-coloniali. Come già ricordato,
dalla fase terminale del Bronzo recente o dagli inizi del Bronzo finale i
nuraghi subiscono interventi di ristrutturazione, ma non risulta che ne vengano
edificati di nuovi; i dati archeologici evidenziano nuove o rinnovate
destinazioni d’uso di alcuni ambienti, per l’immagazzinamento e conservazione
di derrate, per la tesaurizzazione, per le espressioni rituali. Nuove forme di
organizzazione sociale si riconoscono nel dilatarsi degli insediamenti, spesso
non connessi a un nuraghe, mentre i grandi complessi cultuali assumeranno
sempre più potere attrattivo. In tale prospettiva si inquadra il ruolo
comunicativo attribuito ai modelli di nuraghe. L’emblema-nuraghe risponde allo
scopo di disporre di un oggetto che sia rappresentativo del gruppo eminente e
riconoscibile dalla comunità, quale espressione dell’unità sociale e dell’autodeterminazione
della forza collettiva. Esistono riproduzioni in bronzo, in pietra, in
ceramica, che rappresentano il nuraghe in tutti i suoi elementi distintivi, ma
la torre nuragica stilizzata è riconoscibile anche sulla sommità dei bottoni in
bronzo, come albero maestro e come cassero delle navicelle in bronzo, nelle
decorazioni incise o a rilievo su particolari fogge di vasi in ceramica, come
coppe su piede e anfore con finto versatoio. Ai modelli di dimensioni ridotte
in ceramica, in pietra e in bronzo, che compaiono come offerte votive, forse
intese anche come doni per rafforzare i legami sociali, si affiancano i
modelli-simulacro in pietra che possono raggiungere dimensioni ragguardevoli e
possono anche essere costituiti da più parti assemblate. Ai modelli-simulacro
viene assegnata una posizione preminente su sostegni o cippi che ne enfatizzano
la monumentalità sia all’interno di un edificio, spesso in posizione centrale,
sia all’esterno in area riservata; per questo sono a volte definiti “altari”,
non è chiaro con quanta appropriatezza. I modelli-simulacro ricorrono in misura
maggiore nei complessi cultuali, in genere non direttamente in relazione con un
nuraghe: all’interno delle “rotonde”, ovvero di edifici di carattere templare
in opera isodoma, come a Giorrè di Florinas; all’interno delle sale circolari
internamente articolate con sedile-bancone (analoghe alle cd. “capanne delle
riunioni”, vd. infra), come quella di Punta Unossi di Florinas o con
sedile-bancone e nicchie, come quella di Sant’Anastasìa di Sardara; in templi
“a megaron”, come a Orconale di Norbello; in area riservata all’aperto come a
Serra Niedda di Sorso; come parte integrante della muratura di una vasca
cerimoniale, come a Sa Carcaredda e a S’Arcu ‘e is Forros di Villagrande
Strisàili. L’integrazione nella muratura che recinge una vasca sub-trapezoidale
della rappresentazione della torre nuragica, conclusa superiormente da un
bacino raccordato a un canale di deflusso, si rinviene nelle strutture
circolari del complesso cultuale di Su Monte di Sorradile e del complesso
cultuale-insediamentale di Monte Zara di Monastir, ma anche nel nuraghe Su
Mulinu di Villanovafranca, all’interno del vano e, riadattato a scopo cultuale.
Nei villaggi presso i nuraghi i modelli-simulacro sono posti al centro di
capanne di grandi dimensioni dette “delle riunioni”, come a Su Nuraxi di
Barumini e a Palmavera di Alghero. I nuraghi vengono preferibilmente
rappresentati monotorre o quadrilobati, con torre centrale e quattro torri
laterali. Nello straordinario complesso di Mont’e Prama di Cabras, in
associazione con le grandi statue di guerrieri e con una necropoli composta da
tombe individuali a pozzetto allineate, sono stati rinvenuti numerosissimi
frammenti di modelli di nuraghe realizzati con lo stesso tipo di calcare
fossilifero delle statue: è questo il contesto che ha restituito il più alto
numero di modelli, che presentano altresì caratteristiche formali peculiari. Il
restauro ha restituito almeno 16 esemplari di varie tipologie, monotorre,
quadrilobati e forse polilobati in calcare e un esemplare di quadrilobato di
grandi dimensioni in arenaria. La pregnanza del monumento ci consegna il
nuraghe come parte inscindibile dell’immaginario simbolico degli antichi Sardi.
Nella foto: Il Nuraghe Losa
Fonte:
Mura di legno, mura di terra, mura di pietra: fortificazioni
nel Mediterraneo antico - a cura di Gilda Bartoloni e Laura Maria Michetti.
Scienze dell’antichità 19-2013, Fascicoli 2/3 – Edizioni Qasar
– Università Sapienza di Roma dipartimento di scienze dell’antichità.
Estratto dagli atti del convegno internazionale Sapienza,
università di Roma, 7-9 Maggio 2012
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I nuraghi hanno spesso nomi bizzarri e divertenti, ma il Luciferu o Culipesau di Sedilo, ancora non l'avevo sentito. Mi sa che mi batte l'Erismanzanu di Esporlatu e il Trinta Battaglias di Lodine. A volte viene voglia di andarli a visitare solo per i nomi.
RispondiEliminaNon essendo io uno specialista a volte posso non comprendere qualche termine, ma posso documentarmi meglio altrimenti. Diventa invece più arduo comprendere quando a sfuggire è il senso di un concetto. Nel caso di questo articolo è il seguente: "In Sardegna lo sviluppo della rappresentazione in pietra e in bronzo dei nuraghi coincide con questa cesura, ovvero con la nuova fase che si concluderà con l’urbanizzazione, avviata nella piena età del ferro (dalla metà dell’VIII sec. a.C.) dai Fenici; i modi e il grado del coinvolgimento delle popolazioni sarde in tale processo sono parte del dibattito attuale, che ha acquisito le prospettive interpretative post-coloniali." Insomma... fino a "dibattito attuale" riesco ancora un po' a capire. E' dopo che mi perdo. Che significa "prospettive interpretative post-coloniali"? Lei signor Montalbano ne sa qualcosa? Potrebbe spiegare meglio anche per un non addetto ai lavori come me?
RispondiEliminaL'articolo in questione fornisce notevoli spunti di dibattito, anche serrato. Ad esempio proprio il passo citato da Carta Raspi meriterebbe intere pagine di riflessioni. Gli autori si riferiscono senz'altro al nuovo approccio metodologico utilizzato dai ricercatori: integrazione dei fenici e non colonizzazione militare. Fino a qualche anno fa era ancora in auge la proposta di colonizzazione che derivava da una visione viziata dalle grandi guerre del Novecento, quella del Taramelli e di Lilliu per intenderci. Oggi abbiamo nuove idee e una prospettiva legata più ai traffici commerciali reciproci. Gli studiosi tendono ora a vedere i nuragici come parte attiva dei flussi commerciali, e ciò porta a considerare la Sardegna dell'epoca come un luogo appetibile a chi, come i fenici, navigava per ripristinare quelle antiche rotte navali disintegrate dalle vicende del XII a.C., quando sparirono i grandi imperi e, con loro, i potenti sovrani che sovrintendevano agli scambi. Colonizzazione è un termine che dovrà essere superato perché porta a una deviazione della percezione dei fatti. Non ci fu, insomma, un'occupazione armata.
RispondiEliminaLa ringrazio della preziosa spiegazione, ora la cosa mi è più chiara, anche se avevo un po' intuito che di questo si trattasse. Insomma, c'è ancora cautela, ma sembra stia emergendo una differente visione storica di quel determinato periodo. Immagino comunque che ci sia ancora molto scavare, da osservare, da studiare e soprattutto da capire riguardo a quel fondamentale momento di passaggio della civiltà nuragica.
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