giovedì 31 marzo 2016
Archeologia. La mitica città di Tartesso, di Pietro Bosch
Archeologia. La mitica città di Tartesso
di Pietro Bosch
Tartesso è il nome che i levantini prima e poi i Greci
(Tarshish, Ταρτησσός) applicarono ai luoghi dell'estremo Occidente da cui
provenivano i metalli. Se significasse soltanto "terra del metallo" e
se prima di localizzarsi nel sud della Spagna (Andalusia) fosse dato ad altre
regioni non è sicuro. E neppure è sicuro se i viaggi delle "navi di
Tarshish", che dal tempo di Salomone, insieme con le navi fenicie,
portavano merci esotiche (oro, avorio, pavoni) di Ofir, avevano come meta la Spagna
o se Ofir era il paese di Pwêne (Punt) nella Somalia, ed è altresì incerto se
Gades, l'estrema base navale dei Fenici, sia stata fondata nel 1100 a.C. come
pretende la vecchia tradizione della fondazione del
mercoledì 30 marzo 2016
Associazione Culturale Honebu. Due serate di cultura in programma: L'archeologia industriale con Sandro Mezzolani e "Fantasmi a Cagliari" con Pierluigi Serra e Nicola Dessì.
Associazione Culturale Honebu.
Due serate di cultura in programma nei prossimi giorni:
"Archeologia industriale", con Sandro Mezzolani e "Fantasmi a Cagliari", con Pierluigi Serra e Nicola Dessì
Buongiorno,
siamo lieti di invitarvi Venerdì 1 Aprile, alle ore 19, alla serata dedicata all'archeologia industriale. Interverrà Sandro Mezzolani sul tema: "Ferrovie, mulini idraulici e concerie”".
Con l'ausilio di immagini, l'esperto ci condurrà in un viaggio attraverso le opere architettoniche realizzate in passato per avviare e favorire attività industriali che generarono reddito e migliorarono le condizioni di vita delle comunità coinvolte nel sistema.
Martedì 5 Aprile, sempre alle ore 19 nella sala conferenze Honebu in Via Fratelli Bandiera 100, serata dedicata alla letteratura del mistero. L'archeologo Nicola Dessì presenterà il libro di Pierluigi Serra: "Fantasmi a Cagliari", autore presente.
Una piccola perla che, in maniera coinvolgente, guida il lettore attraverso le antiche vie cittadine che riprendono vita attraverso le storie tramandate di generazione in generazione e che hanno come tema comune i fantasmi. Alcuni di questi personaggi sono documentati da un punto di vista storico (es. il Marchese di Camarassa), altri meno (le suore viziose del Monastero di Santa Caterina) ma non per questo meno affascinanti. Storie che arricchiscono le tradizioni di Cagliari e la valorizzano. Esistono i tour "spettrali" in tutte le grandi città europee (Edimburgo, Praga, Londra, etc), Cagliari non è da meno. Un libro consigliato a chi
martedì 29 marzo 2016
Archeologia. L’invenzione del “sardo pellita” Biografia di una ricerca, di Alfonso Stiglitz
Archeologia. L’invenzione del
“sardo pellita” Biografia di una ricerca
di Alfonso Stiglitz
L’intervento analizza
l’utilizzo del termine “sardo pellita” in funzione dei modelli storici
utilizzati nelle varie epoche, per giungere alla proposta di un nuovo modello
di lettura. Nel Novecento il problema della romanizzazione viene inquadrato nel
quadro più ampio della resistenza al colonialismo, con Giovanni Lilliu precoce
nel proporre un modello resistenziale. Oggi emerge la necessità di un ulteriore
passo avanti reso possibile dalle riflessioni di Edward Said e dalla riscoperta
di Antonio Gramsci. L’utilizzo di alcune categorie gramsciane (egemonia, gruppi
sociali subalterni, trasformazione molecolare ecc.) sarà proposto come utile
strumentario dello storico dell’antichità.
Il titolo gioca sul duplice significato del termine
invenzione, quello attuale di “atto di concepire e ideare con l’immaginazione”
e quello etimologico di “ritrovamento”. È in questa ambiguità del termine che
si è persa, nel tempo, la possibilità di dare una risposta alla complessità e
fluidità delle identità della Sardegna antica. L’origine ideologica del termine
“sardo pellita”, coniato in età romana, ha trasformato quei gruppi sociali che
abitavano l’isola in entità astratte, metafisiche, impedendo il loro
ritrovamento concreto sul terreno attraverso indagini scientifiche. L’occhio
dello straniero La denominazione compare per la prima volta in Cicerone con un
senso negativo più che descrittivo: sordidissimae, vanissimae, levissimae genti
ac prope dicam pellitis testibus condonetur? Che l’uso fosse dichiaratamente
dispregiativo era manifesto, come sottolineato da Quintiliano: mastrucam, quod
est sardum irridens Cicero ex industria dixit . Più tardi, ma sempre nella
stessa ottica dell’osservatore colonialista esterno, Tito Livio utilizza la
denominazione per indicare qualcosa di più preciso, anche se non meno
dispregiativo, come sostituto di un etnico o, comunque, del nome, a lui ignoto,
di una comunità abitante in un qualche luogo al di fuori di Cornus: Hampsicora
tum forte profectus erat in Pellitos Sardos ad iuventutem armandam . Acutamente
Attilio Mastino ha posto in
lunedì 28 marzo 2016
Archeologia. La grande muraglia megalitica di Monte Baranta. Un sito che vive in Sardegna da 4500 anni.
Archeologia. La grande muraglia megalitica di Monte Baranta. Un sito che vive in Sardegna da 4500 anni.
Lasciata
Olmedo, sulla S.P. 19 in direzione di Alghero, al km. 1,100 si svolta a
sinistra e si prosegue per km. 1,300 seguendo i cartelli direzionali. Ingresso
segnalato. L’area su cui insiste il monumento, di circa 12 ettari, è stata
acquistata dal Comune di Olmedo con l’intento di promuovere la tutela, la
salvaguardia e la compiuta valorizzazione del complesso. Con i fondi della
l.r.37/98 sono stati realizzati i primi interventi finalizzati alla
ricostruzione dei sentieri di accesso in pietra locale e di manutenzione delle
copiose essenze arboree e arbustive che contornano la muraglia e il
recinto-torre (il sito era tradizionalmente una muraglia).
Il
Comune ha provveduto a ripristinare l’antico itinerario che, da un’ampia radura
posta al limitare di Padru Salari, conduce a Monte Baranta attraverso una
incantevole cornice di antichissime rocce e piante secolari che consente di
scrutare dall’alto la verde distesa della Nurra e lo splendido orizzonte della
Rada di Alghero.
Il
complesso megalitico di Monte Baranta, oggetto di studi e ricerche a partire
dagli anni ’50, costituisce uno dei più straordinari esempi di insediamenti
fortificati prenuragici, attribuibile all’età del Rame e più precisamente alla
cultura di "Monte Claro" (2500-2200 a.C.). Disposto su di un
altopiano trachitico a m 152 s.l.m., da cui si controlla un vastissimo
territorio, Monte Baranta è costituito da un insediamento prenuragico
caratterizzato e protetto da un recinto-torre, da una lunga e poderosa muraglia
che racchiude un gruppo di capanne rettangolari, separandole da un’area sacra
con
domenica 27 marzo 2016
Enciclopedia della Sardegna Nuragica (Ipazia books), di Massimo Pittau
Enciclopedia della Sardegna Nuragica (Ipazia books)
di Massimo Pittau
E' in lavorazione con un nuovo titolo: "Compendio della civiltà dei Sardi Nuragici".
sabato 26 marzo 2016
Micene, Tirinto e Schliemann
Micene,
Tirinto e Schliemann
dal
libro: Civiltà Sepolte, di C.W.Ceram – Einaudi
Nel 1876, all’età di 56 anni, Schliemann aveva affondato per la prima
volta il piccone nel suolo di Micene, nel 1878-79,
assistito da Virchow, scavò per la seconda
volta a Troia; nel 1880 scoprí a Orcomeno, la terza città che Omero
disegna con l’attributo di aurea, la ricca volta del tesoro di Minia;
nel 1882, con Dörpfeld, scavò per la terza volta nella Troade, e due anni dopo
a Tirinto. Le mura dell’acropoli di Tirinto furono messe a nudo; un violento incendio aveva
calcinato le pietre e cotto l’argilla che le
connetteva insieme, trasformandole in veri e propri mattoni; gli
archeologi credevano che queste mura fossero avanzi medievali e le guide
greche dichiaravano che a Tirinto non c’era niente di importante da visitare. Sulla
fede degli antichi scrittori, Schliemann cominciò a scavare e lo fece con
tanto impegno che distrusse una piantagione
di comino di un contadino di Cofinio e dovette pagare 2 franchi di
ammenda. A Tirinto sarebbe nato Eracle. Le mura erano ritenute dagli antichi una costruzione prodigiosa.
Pausania le paragonò alle
venerdì 25 marzo 2016
Archeologia. La cultura iberica di “El Argar” e le relazioni con la civiltà nuragica in Sardegna. Di Claudia Pau
Archeologia. La cultura iberica di “El Argar” e le relazioni con la civiltà nuragica in Sardegna.
di Claudia Pau
1. La cultura argarica
1. 1. Storia della ricerca archeologica
La cultura argarica, cominciò ad essere conosciuta nella bibliografia specializzata quando al finale del secolo scorso i fratelli Luis e Enrique Siret, due ingegneri belgi che lavoravano nella zona miniera de Herrerías (Almería), pubblicarono l’opera intitolata “Las primeras edades del metal en el Sudeste de España”; però fu con il lavoro del Prof. Tarradell negli anni Quaranta quando si cominciarono a fissare i limiti geografici della Cultura di El Argar. I maggiori contributi in campo archeologico appartengono agli anni Settanta: El Cerro de la Virgen de Orce (Granada) (Prof. Schüle, Universitá di Freiburg), El Cerro de la Encina Monacil (Prof. Arribas, Molina, Universitá di Granada), La Cuesta del Negro Purullena (Prof. Arribas, Molina, Universitá di Granada), La Bastida, Totana, (Università di Barcellona). Le informazioni sulla cultura di El Argar si rafforzeranno negli anni Ottanta, con la
di Claudia Pau
1. La cultura argarica
1. 1. Storia della ricerca archeologica
La cultura argarica, cominciò ad essere conosciuta nella bibliografia specializzata quando al finale del secolo scorso i fratelli Luis e Enrique Siret, due ingegneri belgi che lavoravano nella zona miniera de Herrerías (Almería), pubblicarono l’opera intitolata “Las primeras edades del metal en el Sudeste de España”; però fu con il lavoro del Prof. Tarradell negli anni Quaranta quando si cominciarono a fissare i limiti geografici della Cultura di El Argar. I maggiori contributi in campo archeologico appartengono agli anni Settanta: El Cerro de la Virgen de Orce (Granada) (Prof. Schüle, Universitá di Freiburg), El Cerro de la Encina Monacil (Prof. Arribas, Molina, Universitá di Granada), La Cuesta del Negro Purullena (Prof. Arribas, Molina, Universitá di Granada), La Bastida, Totana, (Università di Barcellona). Le informazioni sulla cultura di El Argar si rafforzeranno negli anni Ottanta, con la
giovedì 24 marzo 2016
Presentazione libro sulla storia dei Fenici. Sabato 26, ore 17.15 a Quartu Sant'Elena al Museo Etnografico.
Presentazione libro sulla storia dei Fenici. Sabato 26 Marzo, ore 17.15 a Quartu Sant'Elena, al Museo Etnografico in Via Eligio Porcu.
La serata, organizzata da Fulvia Cuboni e Marcello Barontini, dell'Associazione Culturale Terra Sarda, sarà ospitata nella sala conferenze del Museo Etnografico di Quartu Sant'Elena, in Via Eligio Porcu 271. Nel Museo sono esposti oltre 5 mila reperti della tradizione sarda tra cui abiti, oggetti di uso domestico, reliquiari e immagini sacre, attrezzi, documenti, tutti risalenti al periodo che va dal XVIII al XX secolo. Istituito nel 1998 e realizzato in ladiri, i parallelepipedi di fango mischiato con argilla e paglia, presenta un loggiato con il colonnato dorico e vari elementi decorativi. Lungo gli 8 percorsi espositivi, che testimoniano le fasi della vita della società agro-pastorale della Sardegna e della trasformazione dei prodotti, sono presenti anche un forno tradizionale, i giocattoli più usati nel mondo tradizionale sardo e un corredo di preziosi panieri.
Si svolgerà
Sabato 26 Marzo, alle ore 17.15, la presentazione dell'ultimo libro di
Pierluigi Montalbano: "Porti e approdi nel Mediterraneo antico. L'epoca
dei Fenici", Capone Editore, Marzo 2016, disponibile a Cagliari nella
Libreria Succa e in tutte le presentazioni in calendario.
La serata, organizzata da Fulvia Cuboni e Marcello Barontini, dell'Associazione Culturale Terra Sarda, sarà ospitata nella sala conferenze del Museo Etnografico di Quartu Sant'Elena, in Via Eligio Porcu 271. Nel Museo sono esposti oltre 5 mila reperti della tradizione sarda tra cui abiti, oggetti di uso domestico, reliquiari e immagini sacre, attrezzi, documenti, tutti risalenti al periodo che va dal XVIII al XX secolo. Istituito nel 1998 e realizzato in ladiri, i parallelepipedi di fango mischiato con argilla e paglia, presenta un loggiato con il colonnato dorico e vari elementi decorativi. Lungo gli 8 percorsi espositivi, che testimoniano le fasi della vita della società agro-pastorale della Sardegna e della trasformazione dei prodotti, sono presenti anche un forno tradizionale, i giocattoli più usati nel mondo tradizionale sardo e un corredo di preziosi panieri.
L'autore ci
accompagnerà, accompagnato da immagini, in un affascinante viaggio nella storia
che racconta le gesta di quel popolo di naviganti conosciuto con il nome di
Fenici. Dopo le vicende dei popoli del mare che causarono dal 1200 a.C. il
ridimensionamento dei grandi imperi del passato (egizi, turchi e greci), le
rotte non furono più appannaggio dei sovrani, e le imprese commerciali navali
passarono nelle mani di gruppi di imprenditori privati che allestirono flotte
in grado di far circolare beni, servizi e uomini in tutto il Mare Mediterraneo
e oltre. Ciprioti, cretesi, tiri,
gibliti, sidoni, filistei e altri, istituirono degli empori lungo le coste,
stipulando accordi con i locali per ottenere reciproci vantaggi e sviluppare un
fiorente mercato governato dalle élite che vennero a formarsi. Un "viaggio
nella storia" che racconta le gesta di quel popolo di naviganti conosciuto
con il nome di Fenici.
Link dell'evento: https://www.facebook.com/events/1615809245376264/
Al termine della
presentazione, gli organizzatori offriranno a tutti gli ospiti degustazioni di
vini e prodotti tipici. Inoltre, per tutta la durata della serata, sarà
possibile visitare gratuitamente il museo Etnografico.
mercoledì 23 marzo 2016
Torna in Italia tesoro di archeologia: carabinieri Tpc recuperano reperti per 9 milioni di Euro
Torna
in Italia tesoro di archeologia: carabinieri Tpc recuperano
reperti per 9 milioni di Euro
Sarcofagi etruschi e romani, statue, vasi, busti in marmo. E
soprattutto un gruppo di lastre dipinte assolutamente eccezionali, frutto della
grande spoliazione di un tempio etrusco di Cerveteri, il cui ritrovamento e
restauro getterà "nuova luce sulla pittura etrusca" e permetterà il
ritorno nei musei etruschi di una testimonianza senza eguali sulle decorazioni
dei templi di quel periodo. Stipato in 45 casse di legno, torna in Italia un
tesoro di reperti archeologici proveniente dalle razzie degli anni '70 e '80
nei siti dell'Etruria, ma anche di Sicilia, Puglia, Campania e Calabria e
valutato intorno ai 9 milioni di euro. Esportati illecitamente e acquistati dal
mercante inglese Robin Symes, nonché destinati alla vendita in Inghilterra,
Giappone e Usa, i reperti sono stati recuperati, anche grazie alla
collaborazione delle autorità svizzere, dai carabinieri Tpc nei caveau del
Porto Franco di Ginevra. "Il loro destino sarà di tornare nei loro
territori", dice il ministro Franceschini.
Fonte: ANSA
martedì 22 marzo 2016
Archeologia. Musei: scoperti soffitti dipinti all'archeologico di Palermo
Archeologia. Musei: scoperti soffitti dipinti all'archeologico
di Palermo
Alcuni soffitti lignei dipinti, uno risalente al Seicento, sono stati scoperti nel convento dei padri Filippini di Palermo che dal 1866 è sede del museo archeologico nazionale "Antonio Salinas". Il soffitto secentesco è stato scoperto nella sala di ricreazione al primo piano del complesso. Era coperto da un controsoffitto che ne ha occultato per secoli la presenza. Dalle pareti, che erano state coperte, sono venute alla luce anche nicchie dorate risalenti allo stesso periodo.
Altri soffitti lignei dipinti, ma di epoca successiva, sono stati ritrovati in altre sale del convento. Delle ultime scoperte fatte durante il restauro dell'edificio si parlerà mercoledì 23 marzo alle ore 17 nella sala conferenze del museo. Ciro D'Arpa del centro regionale di progettazione e restauro si occuperà del nucleo originario del complesso mentre Alessandra Carruba, storica dell'arte, presenterà una selezione di manufatti legati sia al periodo conventuale sia alla successiva trasformazione dell'edificio in museo. Per la prima volta saranno proiettate le immagini del soffitto secentesco ritrovato.
Fonte: ANSA
Archeologia. La più antica decapitazione del Nuovo Mondo
Archeologia. La più
antica decapitazione del Nuovo Mondo
di Danilo
Bernardo
Scoperti in Brasile i resti di
una testa tagliata più di 9 mila anni fa: non per vendetta ma dopo la morte,
come parte di un macabro e curioso rituale funebre. Chiamarlo
"cold case" è un eufemismo. Il teschio di un uomo decapitato
più di 9 mila anni fa rinvenuto in una grotta del Brasile potrebbe
rappresentare il più antico caso di decapitazione mai documentato nelle
Americhe. Il cranio appartenente a un uomo di mezza età è stato trovato a 55 cm
di profondità sotto alcune pietre calcaree, accompagnato da due mani anch'esse
amputate, che avvolgono la testa in un modo misterioso: una punta verso l'alto,
l'altra verso il basso. Il
reperto era venuto alla luce nel 2007 nel riparo roccioso di Lapa do Santo, a
100 km dall'Oceano Atlantico, in Brasile. Ora André Strauss e i colleghi del
Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology di Lipsia (Germania), autori
della
lunedì 21 marzo 2016
Archeologia. Fenici e Nuragici nel Golfo di Oristano, di Alfonso Stiglitz
Archeologia. Fenici e Nuragici nel Golfo di Oristano
di Alfonso Stiglitz
In attesa della relazione di Alfonso Stiglitz, programmata per venerdì 25 Marzo alle ore 19 nella sala conferenze Honebu, in Via Fratelli Bandiera 100, Cagliari-Pirri, la redazione del quotidiano on line ha deciso di proporre un articolo sull'argomento per introdurre l'evento di questa settimana.
L’esplorazione dei paesaggi di potere nella Sardegna antica, con particolare riferimento alle lunghe e complesse vicende del primo millennio a.C., non può prescindere dal continuo ridefinirsi di queste identità, nel momento in cui dai processi del contatto culturale ed economico, si passa all’insediamento stabile di identità diverse, derivanti dalla attività di strutture statali organizzate, siano esse quelle della monarchia tiria dello scorcio del II- inizi o I millennio a.C., della potenza cartaginese a parti-re dal VI secolo a.C. o del complesso e lungo potere di Roma. L’oggetto di questa ricerca è il formarsi di quella identità plurale che denominiamo sarda e la cui nascita affonda le proprie radici nell'incontro tra gli articolati mondi nuragico e fenicio. In questa sede, per motivi di spazio, illustrerò la ricerca che consiste nel riesame delle prove, dei reperti che sino a oggi sono stati portati a sostegno dei rapporti fra questi due mondi, per individuare le fasi e le modalità all’interno delle quali si configura la presenza dei Fenici in Sardegna. In particolare illustrerò alcuni esempi di rilettura di oggetti relativi alle fasi iniziali di questo processo, prodotti di pregio per ceti dominanti ed
di Alfonso Stiglitz
In attesa della relazione di Alfonso Stiglitz, programmata per venerdì 25 Marzo alle ore 19 nella sala conferenze Honebu, in Via Fratelli Bandiera 100, Cagliari-Pirri, la redazione del quotidiano on line ha deciso di proporre un articolo sull'argomento per introdurre l'evento di questa settimana.
L’esplorazione dei paesaggi di potere nella Sardegna antica, con particolare riferimento alle lunghe e complesse vicende del primo millennio a.C., non può prescindere dal continuo ridefinirsi di queste identità, nel momento in cui dai processi del contatto culturale ed economico, si passa all’insediamento stabile di identità diverse, derivanti dalla attività di strutture statali organizzate, siano esse quelle della monarchia tiria dello scorcio del II- inizi o I millennio a.C., della potenza cartaginese a parti-re dal VI secolo a.C. o del complesso e lungo potere di Roma. L’oggetto di questa ricerca è il formarsi di quella identità plurale che denominiamo sarda e la cui nascita affonda le proprie radici nell'incontro tra gli articolati mondi nuragico e fenicio. In questa sede, per motivi di spazio, illustrerò la ricerca che consiste nel riesame delle prove, dei reperti che sino a oggi sono stati portati a sostegno dei rapporti fra questi due mondi, per individuare le fasi e le modalità all’interno delle quali si configura la presenza dei Fenici in Sardegna. In particolare illustrerò alcuni esempi di rilettura di oggetti relativi alle fasi iniziali di questo processo, prodotti di pregio per ceti dominanti ed
domenica 20 marzo 2016
Archeologia. Svelato il mistero del triangolo delle Bermuda: non esiste!
Archeologia. Svelato il
mistero del triangolo delle Bermuda: non esiste!
di Juanne Pili
Enormi crateri sottomarini potrebbero essere la causa delle misteriose sparizioni. Lo studio in questione
si deve ad un team di ricercatori della Arctic University di Norvegia. La fonte
originale è un articolo del Sunday Times del 12 marzo scorso. Nella versione
italiana gli scienziati scandinavi spiegherebbero al giornale inglese che le
diverse giganti cavità nei fondali del Mare di Barents potrebbero spiegarsi con
enormi scoppi di gas, quindi questo fenomeno dovrebbe spiegare il mistero delle
scomparse avvenute nel famigerato Triangolo delle Bermuda, tra Porto Rico e la
Florida. Per la verità il Sunday Times presenta una versione diversa. Il
collegamento non viene attribuito direttamente agli scienziati. Ad ogni modo
difficilmente uno studio scientifico, condotto da tutt’altra parte, potrebbe
pretendere di dimostrare una tesi del genere. Del resto la
teoria delle bolle di gas (metano) provenienti dagli abissi circola già da
tempo; pensiamo alla tesi di Anatoli Nesterov, che
sabato 19 marzo 2016
Archeologia in Sardegna. Le maschere di bronzo, di Marcello Madau
Archeologia in Sardegna. Le maschere di bronzo
di Marcello Madau
XLIV Riunione Scientifica - La preistoria e la protostoria
della Sardegna.
Cagliari, Barumini, Sassari 23-28 novembre 2009
Sin dalla sua prima strutturazione, l’imponente corpus della
bronzistica figurata nuragica prodotto da Giovanni Lilliu negli anni Sessanta
(Lilliu 1966) fu, accanto ai percorsi conclusi nel riconoscimento delle
correnti stilistiche Uta, Abini e barbaricino mediterraneizzante, ricchissimo
di osservazioni e tracce che disseminavano di possibili sviluppi la ricerca.
Nei decenni successivi si sono aggiunte le osservazioni sul mondo figurato
nuragico sviluppate, oltre che dallo stesso Lilliu (1975-77; 1997), da Carlo Tronchetti,
segnatamente per la grande statuaria di Monti Prama (Tronchetti 2005), e Paolo
Bernardini (1985, 2000), i cui apporti innovativi nel metodo e
nell’inquadramento per scuole ed epoche hanno contribuito a spostare
l’orizzonte delle letture dal piano iconografico a quello iconologico (Panofsky
1962). Vorrei partire proprio da alcune osservazioni di Giovanni Lilliu
relative al trattamento plastico del volto in alcuni bronzetti nuragici per
affrontare il discorso sulla possibile presenza, in questa categoria e,
attraverso essa, nel mondo nuragico, del fenomeno del mascheramento, se siano
ravvisabili dinamiche di travestimento, dissimulazione, trasformazione e
interpretazione, eventualmente riconducibili a rituali definiti.
L’individuazione di tale possibilità crediamo possa contribuire alla
precisazione dei modi culturali delle ‘aristocrazie’ nuragiche e dei
venerdì 18 marzo 2016
Civiltà nuragica e mondo mediterraneo nell’Età del Ferro
Civiltà nuragica e
mondo mediterraneo nell’Età del Ferro
(tratto dalla tesi di laurea triennale in Beni Culturali: "Civiltà nuragica e mondo mediterraneo nell'età del Ferro: contesti, materiali, problematiche", Università di Cagliari, 2011)
L'analisi delle interrelazioni tra civiltà nuragica e altre civiltà del bacino Mediterraneo dovrebbe partire da un'adeguata contestualizzazione della prima all'interno di un quadro cronologico preciso, che ne possa mettere in risalto l'evoluzione dal punto di vista della cultura materiale e l'evoluzione culturale in senso lato. Una visione condivisa di questa evoluzione in realtà non esiste, per lasciare spazio a correnti di pensiero la cui distanza reciproca diventa in certi casi abissale. Nel momento in cui i diversi studiosi analizzando le evidenze archeologiche (le quali, dal canto loro, sono spesso scarse per alcuni aspetti dell'età in questione, o comunque di difficile interpretazione, come nel caso dei ripostigli), partono spesso da diversi presupposti e approcci, che finiscono col determinare dei risultati che difficilmente possono "dialogare" tra di loro. Il risultato è stato, dal punto di vista di questo lavoro, un tentativo di mettere a confronto punti di vista molto distanti sulle varie tematiche. Tuttavia questo tentativo ha avuto in alcuni casi come risultato una progressiva attenuazione degli elementi contrastanti. Il caso dell'importazione di materiali ciprioti in Sardegna (e, in un momento successivo, anche delle tecniche metallurgiche), è quello che più ci allontana dall'età del Ferro: in questione vi sono materiali, come i lingotti oxhide, i quali sono un prodotto tipico dell'età del Bronzo Recente; il suo arrivo in Sardegna nel corso di quest'epoca sembra fatto abbastanza sicuro, ma rimarrebbero da spiegare quali sono le relazioni che quest'arrivo ha con lo sviluppo della produzione bronzistica sarda, e in particolar modo di quella figurata (che, come si è visto, secondo alcuni studiosi prende largamente spunto da tecniche e modelli di origine cipriota). Il lasso di tempo che intercorre tra il momento dell'arrivo dei lingotti in Sardegna e la datazione dei bronzi fatta dai sostenitori della
giovedì 17 marzo 2016
Archeologia, clamorosa scoperta. Confermato: Ci sono due camere nascoste nella tomba di Tutankhamon! Articolo di Mattia Mancini
Archeologia, clamorosa scoperta. Confermato: Ci
sono due camere nascoste nella tomba di Tutankhamon!
di Mattia Mancini
Pochi minuti fa,
durante una conferenza stampa al Cairo, il ministro delle Antichità Mamdouh
El-Damaty ha reso noti i primi risultati preliminari delle scansioni effettuate
lo scorso novembre dal prof. Hirokatsu Watanabe nella tomba di Tutankhamon. L’esperto
giapponese (nella foto durante gli esami con il ministro e Reeves), dopo aver
elaborato i dati in questi mesi, è arrivato a conclusioni che, come previsto,
non sono definitive, ma che ormai non lasciano dubbi: dietro le pareti ovest e
nord della camera funeraria, ci sono altre due stanze. El-Damaty, molto più
cautamente del ministro del Turismo che aveva già annunciato tesori
nascosti, ha parlato di “grandi spazi vuoti” le cui dimensioni andranno
misurate con precisione con la prossima tornata di scansioni prevista
per il 2 aprile . La cosa più interessante, però, è che il georadar ha
evidenziato che entrambe le lacune sono occupate da alcune anomalie, forse
riconducibili a oggetti in materiale metallico (W e X nell’immagine in basso) e
organico (Y e Z). C’è quindi da aspettarsi ancora qualche novità dalla Valle
dei Re.
Fonte: https://djedmedu.wordpress.com
Fonte: https://djedmedu.wordpress.com
Archeologia. Trovate armi miniaturistiche in bronzo di 3000 anni fa
Archeologia. Trovate armi miniaturistiche in bronzo di 3000 anni fa
di Grazia
Terenzi
|
In un edificio
della regione di Adam, nell'odierno Sultanato dell'Oman,
è stato trovato un ripostiglio che custodiva pugnali ornamentali, asce, archi e
frecce, probabilmente un'offerta votiva al dio della guerra. Le armi sono,
infatti, di dimensioni ridotte, non adatte ad essere utilizzate sul campo di
battaglia e sono state datate ad un periodo compreso tra il 900 e il 600
a.C.
Alle armi in miniatura si aggiungono anche piccoli serpenti in bronzo e frammenti di incensieri, trovati tra le armi e associati anch'essi a pratiche religiose. La popolazione di quello che attualmente è
Alle armi in miniatura si aggiungono anche piccoli serpenti in bronzo e frammenti di incensieri, trovati tra le armi e associati anch'essi a pratiche religiose. La popolazione di quello che attualmente è
mercoledì 16 marzo 2016
AAA. Ironia cercasi: ascesa e declino delle scritte murarie, dai motti teneri e sarcastici sulle case di Pompei alle tristi imbrattature spray delle nostre periferie, di Gian Luigi Beccaria
AAA. Ironia cercasi: ascesa e declino delle scritte
murarie, dai motti teneri e sarcastici sulle case di
Pompei alle tristi imbrattature spray delle nostre periferie
di Gian Luigi Beccaria
I muri hanno
sempre parlato. Dai tempi della romana Pompei, colma di graffiti: pubblicità
elettorale (c’è un’iscrizione elettorale che compare sulla facciata della casa
di un certo Giulio Polibio che dice: «C. Iulium Polibium / aed(ilem) o(ro)
v(os) f(aciatis), panem fert», vi prego di eleggere Caio Giulio Polibio edile,
sa fare il pane), informazioni per i viandanti («Viator Pompeis pane gustas
Nuceriae bibes», gusta il pane a Pompei, vai a Nocera per il vino), divieti su
divieti («Otiosis locus / hic non est discede / morator», questo luogo non è
per gli oziosi, vattene bighellone; «Hospes ad hunc tumulum ni meias ossa
precantur / tecta hominis set si gratus homo es miser bibe da mi», passante,
non orinare presso questo tumulo chiedono le ossa sepolte di un uomo, ma se sei
una persona di buoni sentimenti, bevi (vino) e offrimene; «Cacator sic valeas /
ut tu hoc locum trasias», cacatore, possa tu stare così bene da passare oltre
questo luogo), un cumulo poi di epigrammi al modo di Marziale, di scritte
licenziose, ma anche gentili saluti epistolari («vellem essere gemma ora non
amplius una, / ut tibi signanti oscula pressa darem», dove lo scrivente
vorrebbe sostituirsi all’anello, sigillo che la donna porta alla bocca prima di
usarlo).
Come su di una
lavagna, si scriveva liberamente sui muri, rispettando spesso le regole della
metrica, e citando addirittura tra le righe, talvolta, Virgilio, Ennio, Ovidio,
Tibullo, Properzio. Graffitari semicolti. Citavo Pompei perché, anche se
l’abitudine di scrivere sui muri è antica, ora nelle nostre città è uno scempio
senza limiti di vie imbrattate. Non ne faccio una questione estetica, neppure
Renzo Piano pone il problema in questi termini, quando parla di «rammendi»
delle periferie. Non si
martedì 15 marzo 2016
Archeologia. Quali aristocrazie nella Sardegna dell’Età del Ferro? di Carlo Tronchetti
di Carlo Tronchetti
(Atti della XLIV riunione scientifica. La preistoria e la protostoria
della Sardegna. Cagliari, Barumini, Sassari 23-28 novembre 2009)
Giovanni Lilliu, nella sua ricostruzione della civiltà
nuragica pone, nell’età del Ferro, la “stagione delle aristocrazie” (Lilliu
1986). Questo concetto e questa definizione sono entrati nell’uso comune e sono
stati utilizzati da parte di un gran numero di studiosi del mondo nuragico,
senza mai mettere in discussione l’enunciato di partenza; pare opportuno,
adesso, rivedere la situazione oggettiva dell’isola in questo periodo, così
come ricostruibile dalla documentazione archeologica esistente, basata sul supporto
di ricerche metodologicamente più meditate e su analisi approfondite delle
manifestazioni aristocratiche in ambito mediterraneo, grazie a scoperte di
notevole peso. Il fenomeno delle aristocrazie mediterranee è stato
abbondantemente ed approfonditamente studiato (da ultimo Riva e Vella 2006),
sia in generale che soprattutto nelle sue manifestazioni particolari e locali.
È fuor di luogo in questa sede ripercorrere le vicende delle concezioni
aristocratiche dalla Grecia al lontano Occidente, che vedono una componente
fondamentale nel contatto con il Vicino Oriente, trasmissore di ideologie e di
oggetti di pregio, tramite i quali, unitamente a rituali di concezione locale,
queste ideologie si manifestavano. Sintetizzando e quindi anche banalizzando, possiamo
enucleare alcuni elementi abbastanza costanti, quali le sepolture principesche,
talvolta con il rituale omerico della
lunedì 14 marzo 2016
Archeologia, il premio Giovanni Lilliu a due studiosi delle Università sarde
Archeologia, il premio Giovanni Lilliu a due studiosi delle Università sarde
di Manuela Arca
Giacomo Paglietti e Giulia Sanciu sono i vincitori del premio "Giovanni Lilliu" indetto dal comune di Barumini e dalla Fondazione Sistema Cultura. A decretare i vincitori la giuria composta dai docenti universitari Attilio Mastino, Alberto Moravetti e Giuseppe Tanda. Giacomo Paglietti ha conseguito il dottorato di ricerca all’Università di Roma La Sapienza nel 2011 con una tesi sulle fasi di occupazione de Su Nuraxi. Specializzato in Archeologia a Cagliari, è stato borsista e assegnista di ricerca nel Dipartimento di Storia, Beni Culturali e Territorio di Cagliari. Autore di diverse pubblicazioni scientifiche sul complesso nuragico di Barumini e sulla Protostoria della Sardegna, svolge attività di ricerca come borsista nello stesso Ateneo cagliaritano.
Giulia Sanciu è stata, invece, premiata per la tesi di laurea magistrale che ha discusso all’Università di Sassari. Al centro del suo bel lavoro di ricerca l’arte rupestre della Sardegna preistorica.
Fonte: L'Unione Sarda
Archeologia. Sardegna, una delle culle del megalitismo. Conferenza da Honebu con Riccardo Cicilloni.
Sardegna, una delle culle del megalitismo. Conferenza da Honebu con Riccardo Cicilloni.
Venerdì 18
Marzo, alle 19, nella sala conferenze Honebu, in Via Fratelli Bandiera 100, si
svolgerà una serata dedicata al megalitismo in Sardegna. Relatore sarà il Prof.
Riccardo Cicilloni, docente di archeologia all’Università di Cagliari.
Il
megalitismo è una manifestazione dell’architettura preistorica caratterizzata
da monumenti eretti con blocchi di pietra sbozzati di grandi dimensioni. Iniziano
nel Neolitico e, in alcune aree, nell’Eneolitico, e proseguono in alcune
regioni nell’Età del Bronzo. I tipi principali che si possono distinguere sono:
dolmen; tombe a corridoio con camera sepolcrale, tombe a galleria, menhir e
cromlech, di questi ultimi è ancora discusso il significato. I cromlech
iniziano nel II Millennio a.C. e sono costituiti da pietre infitte nel suolo e
disposte a circolo. Sono talvolta collegati con allineamenti di pietre verticali
infisse nel suolo che sembrano costituire monumentali strade di accesso. A
volte i monumenti megalitici recano una decorazione con motivi rettilinei o
curvilinei (oculi), oppure con
sabato 12 marzo 2016
Archeologia. Paleoambiente e interazioni culturali nella Sardegna meridionale dell’età del Ferro di Alfonso Stiglitz
Paleoambiente e interazioni
culturali nella Sardegna meridionale dell’età del Ferro
di Alfonso Stiglitz
Agli inizi del primo millennio
a.C. la Sardegna è caratterizzata da processi di cambiamento politico,
economico e sociale. Questo è dovuto al notevole sviluppo della società
nuragica tra Bronzo finale (XII-X sec. a.C.) e primo Ferro (IX-VII sec. a.C.).
L’arrivo dei fenici provoca dei cambiamenti di notevole complessità che
andranno analizzati zona per zona. In questo lavoro viene analizzato il Golfo
di Cagliari, nella Sardegna meridionale, con particolare attenzione al
paleoambiente.
Nel I millennio a.C. la Sardegna
è una terra con forti dinamiche ambientali legate ai processi di cambiamento
politico, economico e sociale che deriva dal notevole sviluppo della società
nuragica tra bronzo finale (XII-X sec. a.C.) e primo Ferro (IX-VII sec. a.C.),
dalla complessità delle identità culturalmente differenti presenti nell’isola,
dall’impatto dell’insediamento stabile dei Fenici, dall’introduzione del
fenomeno urbano e dal conseguente rapporto dialettico città/campagna (Stiglitz,
1997). Qualità delle risorse nel golfo di Cagliari Il grande golfo di Cagliari
posto all’estremità meridionale della maggiore pianura sarda, il Campidano, è
diviso in due da una penisola alla base della quale, alla fine dell’VIII sec.
a.C, si insediano i Fenici fondando il centro di Karalì, in uno spazio marino
oggi impaludato. Le grandi trasformazioni avvenute successivamente attestano
che
venerdì 11 marzo 2016
Conferenza sulle torri medievali in Sardegna. Oggi da Honebu.
Conferenza sulle torri medievali in Sardegna. Oggi da Honebu.
Questa sera, Venerdì 11 Marzo, alle 19, nella sala conferenze Honebu, in Via Fratelli Bandiera 100, l'ing. Massimo Rassu presenterà una serata dedicata ai castelli medievali della Sardegna.
"In tutta l'Isola sono individuabili oltre 120 tra manieri e opere fortificate minori. La quasi totalità è assolutamente andata in rovina, dando la sensazione che la Sardegna fosse priva di fortezze medioevali. Gli scarsi avanzi visibili permettono a malapena d'immaginare, con molta inventiva, la loro compagine. Taluni, rari casi, hanno mantenuto nei secoli la quasi totalità delle loro forme primigenie consentendo il riutilizzo delle loro strutture in chiave moderna."
Ingresso libero fino a esaurimento posti. Apertura ore 18.45.
Questi gli edifici trattati:
Questa sera, Venerdì 11 Marzo, alle 19, nella sala conferenze Honebu, in Via Fratelli Bandiera 100, l'ing. Massimo Rassu presenterà una serata dedicata ai castelli medievali della Sardegna.
"In tutta l'Isola sono individuabili oltre 120 tra manieri e opere fortificate minori. La quasi totalità è assolutamente andata in rovina, dando la sensazione che la Sardegna fosse priva di fortezze medioevali. Gli scarsi avanzi visibili permettono a malapena d'immaginare, con molta inventiva, la loro compagine. Taluni, rari casi, hanno mantenuto nei secoli la quasi totalità delle loro forme primigenie consentendo il riutilizzo delle loro strutture in chiave moderna."
Ingresso libero fino a esaurimento posti. Apertura ore 18.45.
Questi gli edifici trattati:
Stato attuale del patrimonio fortificato sardo
1. Ales - Castello di
giovedì 10 marzo 2016
Archeologia. La Sardegna nell’età del Ferro: la cultura
Archeologia. La Sardegna nell’età del Ferro: la cultura
di Davide Schirru
(tratto dalla tesi di laurea triennale in Beni Culturali: "Civiltà nuragica e mondo mediterraneo nell'età del Ferro: contesti, materiali, problematiche", Università di Cagliari, 2011)
Si offre un quadro generale dell’età del ferro in
Sardegna basato sulle più recenti sintesi offerte sull'argomento, peraltro
spesso molto discusse (Ugas 2009).
La prima facies è individuabile sulla base delle serie ceramiche
rivenute nel villaggio del nuraghe Genna Maria di Villanovaforru, e viene
articolata in due ulteriori sottofasi. Questa è comunemente denominata
Geometrico, in parte per alcuni tratti dei materiali che la caratterizzano, ma
soprattutto per assonanza con la contemporanea produzione vascolare greca che
ha poi dato il nome a varie manifestazioni culturali del Mediterraneo. L’arco
cronologico in considerazione va dal 900-850 a.C. al 725 a.C. La prima fase
vede la comparsa di forme quali le tipiche brocchette askoidi, anfore con anse
a gomito rovescio, dolii con anse ad X e fiasche a due anelli. La decorazione è
composta da motivi simbolici a rilievo o a impressione. La seconda fase è
distinguibile per via della decorazione di
mercoledì 9 marzo 2016
I Nuraghi. Complessi fortificati della Sardegna nella protostoria; di Alessandro Vanzetti – Giandaniele Castangia – Anna Depalmas – Nicola Ialongo – Valentina Leonelli – Mauro Perra – Alessandro Usai
I Nuraghi. Complessi fortificati della Sardegna nella protostoria
di Alessandro Vanzetti – Giandaniele Castangia – Anna
Depalmas – Nicola Ialongo – Valentina Leonelli – Mauro Perra – Alessandro Usai
Lo studio dei nuraghi ha rappresentato, dagli albori
dell’archeologia della Sardegna, un punto di interesse centrale, quasi
pervasivo; per quanto siano cambiate le prospettive del loro studio, da una
visione bellicista a prospettive polisemantiche e declinate attraverso il tempo
, è innegabile che siano strutture definite da potenti mura di pietra.
Le letture sviluppate fino agli anni 1960, e anche oltre, si
basavano su una cronologia che poneva i nuraghi di tipo complesso in epoca
decisamente tarda, e in parte storica, associandoli alle conflittualità tra
indigeni e Fenici, e quindi Punici, «dal 1000 circa al 500 a.C.» . Gli studi
degli ultimi 30 anni hanno portato invece a una definitiva ridefinizione
cronologica verso l’alto delle architetture nuragiche, e a un inserimento nuovo
del mondo nuragico nel Mediterraneo dell’età del bronzo , dove questo appare
una forza in stretta interazione con le fondamentali dinamiche di scambio e
trasformazione dell’intero bacino, e non un’area marginale, in prospettiva di
dipendenza dalle
martedì 8 marzo 2016
Archeologia. Ugarit, l'antica città portuale della Siria che svolgeva il compito di crocevia fra le rotte commerciali fra Europa, Asia, Africa e Mare Mediterraneo.
Archeologia. Ugarit, l'antica città portuale della Siria che svolgeva il compito di crocevia fra le rotte commerciali fra Europa, Asia, Africa e Mare Mediterraneo.
di Francesco Ignazio de Magistris
(Tratto dalla tesi di laurea triennale: "Il ruolo dei mercenari Shardana nella guerra del Tardo Bronzo", Università di Firenze, 1.7.2013)
(Tratto dalla tesi di laurea triennale: "Il ruolo dei mercenari Shardana nella guerra del Tardo Bronzo", Università di Firenze, 1.7.2013)
Fra le
città Siriane del secondo millennio, certamente quella conosciuta meglio è la
città di Ugarit. Questo fiorente porto mercantile, infatti, al contrario di
altre città è stato scavato quasi completamente e il numero di tavolette
scritte in alfabeto cuneiforme trovate in edifici pubblici e privati è tale da
soddisfare la maggior parte delle aspettative degli studiosi. Ed anche la
maggior parte delle informazioni utili per lo sviluppo di questa tesi (comprese
le notizie politiche riguardanti la corona) provengono da tavolette degli
archivi di palazzo e da una biblioteca che stava fra i due santuari più
importanti della città. Quella di Ugarit è la storia di una città sottoposta a
interessi più grandi di lei e priva di una vera forza militare per decidere
autonomamente del proprio destino. Dei suoi inizi sappiamo poco. Di sicuro, la
città era già fiorente e in affari nel XVIII secolo a.C., ma, in mancanza di
notizie adeguate, fino agli inizi del XIV secolo ignoriamo anche i nomi dei
suoi re. Con le campagne della XVIII dinastia – e in primis quelle di Thutmosis
III- l’esercito egiziano si spinse tanto a nord da passare l’Eufrate,
costruendo poi delle fortificazioni su entrambe le rive del fiume Eleutero.
Nulla però fa pensare che l’esercito del faraone si sia spinto più a nord di
Ullaza. Se ne può dedurre, quindi, che Ugarit, negli anni delle conquiste
territoriali di Thutmosis III (1459-1426) e di Shaushtatar di Mitanni fosse una
città di frontiera stretta fra le potenze del momento. All’inizio del
lunedì 7 marzo 2016
Archeologia. I Popoli del mare
Archeologia. I Popoli del mare
di Francesco Ignazio de Magistris
(Tratto dalla tesi di laurea triennale: "Il ruolo dei mercenari Shardana nella guerra del Tardo Bronzo", Università di Firenze, 1.7.2013)
Nel
corso di pochi anni, nella prima metà del XII secolo a.C., cade una coltre di
nebbia che rende difficile ai nostri occhi sapere qualcosa sulla Grecia,
l’Anatolia e l’intero Levante. Di quel mondo illuminato alla nostra
comprensione dai documenti di Ugarit, Hattusha e Akhenaten, non vediamo più
niente. Nello stesso arco di tempo, mentre l’impero Hittita abbandona la sua
capitale indifendibile e L’Egitto si chiude in sé stesso, preda di una nuova,
profondissima, crisi interna, tutte le floride città del levante semplicemente
smettono di esistere, abbattute dall’invasione di un “nemico” esterno: i
“popoli del mare”, una “coalizione” di popolazioni dedite al saccheggio. Non in uno stato solo ma in gran parte del
mondo civilizzato la storia pare interrompersi, e tutto questo grosso modo allo
stesso momento in un’area abbastanza grande, probabilmente a seguito di un
attacco esterno. In ambiente accademico si è spesso discusso sulla possibilità
che un’invasione, per quanto disastrosa, abbia potuto causare il totale
annichilimento del mondo civilizzato. Pochi, infatti, sembrano tenere in considerazione
come i fattori “interni” ed “esterni” del disastro del XII secolo a.C. siano
profondamente interconnessi: “Invaders were more likely to succeed when their
target was already economically and politically/militarily weakened by its own
and regional or system wide crisis”.
Ma a
prescindere dal fatto che questi “Popoli del Mare” abbiano avuto un ruolo più o
meno determinante nello sviluppo della crisi, c’è da dire che nessuna di questi
popolazioni, nel 1200 a.C., era una novità per il mondo levantino. Se si
accetta poi l’identificazione universalmente condivisa fra
sabato 5 marzo 2016
Archeologia. Sabini, una delle tre tribù di Roma.
Sabini, una delle tre tribù di Roma.
di Giacomo Devoto
I Sabini sono
un antico popolo che viveva nell'Italia centrale, nel territorio compreso fra
Tevere, Nera, Aterno e Aniene. Comprendeva le città di Reate (Rieti), Nursia (Norcia), Amiternum (presso Aquila), Trebula Mutuesca (Monteleone Sabino), Eretum (a Nordest di Roma), Cures.
La tradizione unisce i Sabini
con le origini di Roma (ratto delle Sabine, guerra e conseguente accordo con
Tito Tazio, Numa Pompilio re di Roma di origine sabina, sabina una delle tre
tribù di Roma). Dopo un lungo intervallo in cui di Sabini non si parla più, riprendono
i contatti, stretti, nel sec. I della repubblica (episodio di Appio Claudio,
Liv., II, 16; di Appio Erdonio, Liv., III, 15; guerra conclusa nel 49, Liv.,
III, 61). La tradizione (Dionigi, II, 49) racconta che i Sabini sono degli
Umbri cacciati verso mezzogiorno. Secondo Catone, il più antico luogo d'origine
è Testrina, presso Amiterno, da cui si sono in un primo tempo allontanati verso
occidente, occupando Cutiliae e Reate. Come i Sabini dagli Umbri, altri rami si sono
staccati dai Sabini oltre a quelli immigrati in Roma. La tradizione racconta
(Strabone, V, 250) che dei Sabini, in seguito a una "primavera
sacra", si sono allontanati verso mezzogiorno sotto la guida di un toro,
dando così origine al popolo dei Sanniti. Della lingua sabina non conosciamo
direttamente nulla, non potendosi considerare sicuramente sabina un'iscrizione
dialettale trovata a Scoppito (Aquila). Manca quindi un criterio fondamentale
per
venerdì 4 marzo 2016
Untore blog. Guerra blogger-archeologi, 4 indagati. Commenti e vignette diffamanti, due blog chiusi in Sardegna.
Untore blog. Guerra
blogger-archeologi, 4 indagati. Commenti
e vignette diffamanti, due blog chiusi in Sardegna.
Utilizzavano due blog per
denigrare, offendere, insultare e diffamare, arrivando anche a interferire
nella vita privata, studiosi, archeologi, giornalisti, amministratori pubblici
ed esponenti del mondo politico. Mettevano in rete commenti pesanti e volgari,
allegando anche vignette offensive pur di danneggiare le vittime designate. Dei
veri e propri "cyber offenders" quelli individuati dalla Polizia
postale di Cagliari e Oristano.
Quattro persone, tra i 50 e i
60 anni, sono state denunciate per diffamazione, tra queste ci sono anche un
giornalista e due appassionati di archeologia nuragica, ma l'indagine potrebbe
presto arricchirsi di nuovi nomi. Venti, infatti, le querele già presentate,
diciotto le vittime accertate. Le indagini degli specialisti della Polpost sono
partite a seguito delle prime querele, circa due anni fa, in cui venivano
segnalati il blog "Untore blog", poi diventato
"Untore1blog-L'Eco dell'Untore", e le pubblicazioni offensive
indirizzate in particolare ad alcuni studiosi della Fondazione Nurnet.
I commenti e le pubblicazioni,
quasi giornaliere, erano completamente anonime, permettendo così agli autori di
diffamare e denigrare la professione degli studiosi e di molti degli iscritti
della Fondazione. Non solo. I blogger si sarebbero spostati anche alla sfera
familiare di alcune
giovedì 3 marzo 2016
Eccezionale ritrovamento archeologico a Roma: una casa del VI secolo a.C.
Eccezionale ritrovamento
archeologico a Roma: una casa del VI secolo a.C.
I
resti di una dimora arcaica del VI secolo a.C. sono stati rinvenuti sul colle
del Quirinale, a Roma, all’interno di Palazzo Canevari, l’ottocentesco Istituto
nazionale geologico, in largo di Santa Susanna. Si tratta di una scoperta
definita «straordinaria» perché investe una delle case più antiche mai
ritrovate nella capitale italiana, risalente all’epoca di Servio Tullio, e per
il generale buono stato di conservazione della struttura che inizialmente si
riteneva fosse stata una necropoli. Dopo il ritrovamento di un attiguo tempio,
nel 2013, due anni dopo, ecco l’emersione, sotto il livello del piano terra, di
alcuni muri perimetrali di questa arcaica dimora.
La
scoperta è stata illustrata dal Soprintendente ai beni archeologici di Roma
Francesco Prosperetti.
Secondo
gli archeologi la scoperta indicherebbe che Roma all’inizio del VI secolo non
si limitava alla zona dei fori ma era molto più grande. Probabilmente la casa
era una residenza per custodi collegata al vicino tempio rinvenuto nel 2013. La
casa e il tempio erano infatti sul vecchio profilo della collina del Quirinale. Ritrovare
testimonianze architettoniche così conservate, risalenti alla fase arcaica di
Roma, è molto raro. Va
anche ricordato che in prossimità di questo luogo in passato erano state fatte
altre importanti scoperte, tra cui la celebre statua dell’ermafrodito borghese.
Il
video del ritrovamento: http://it.euronews.com/2015/09/17/eccezionale-ritrovamento-di-una-casa-del-vi-secolo-ac-a-roma/
Fonte:
http://www.newhistorian.com/ancient-6th-century-home-found-under-roman-palazzo/4800/
mercoledì 2 marzo 2016
Mostre: “Campidoglio. Mito, memoria, archeologia”, da domani al 19 Giugno esposizione ai Capitolini
Mostre: “Campidoglio.
Mito, memoria, archeologia”, da domani al 19 Giugno esposizione ai Capitolini
Dalla veduta di Campo Vaccino
di Turner, visionaria e sublime, esposta per la prima volta a Roma grazie al
prestigioso prestito del Getty Museum, alle incisioni di Juvarra o Piranesi
fino alla documentazione delle trasformazioni urbanistiche compiute dalla
seconda metà dell'Ottocento, nonché le più recenti scoperte archeologiche, il mito
e la memoria del Campidoglio, cuore civile e religioso della città eterna,
rivivono in una mostra allestita da domani al 19 giugno ai Musei Capitolini. Di
particolare interesse anche tre plastici dell'area, da poco recuperati, e i
reperti riemersi negli scavi del 2008-'14, che aprono a nuove congetture sul
Tempio di Giove. Intitolata 'Campidoglio. Mito, memoria, archeologia',
l'importante esposizione è stata promossa da Roma Capitale-Soprintendenza
Capitolina ai Beni Culturali con l'organizzazione di Zetema, mentre la curatela
è di Alberto Danti e Claudio Parisi Presicce. Lo scopo è quello di
raccontare le trasformazioni del tessuto urbano del colle, partendo però dallo
sguardo irrazionale ed emotivo che per secoli ne ha accompagnato la percezione
da parte soprattutto di artisti e letterati europei, che avevano fatto di Roma
la capitale ideale del loro Grand Tour.
Ecco quindi
che il percorso espositivo prende le mosse proprio dal capolavoro di Turner,
'Modern Rome - Campo Vaccino', eseguito nel 1839, a dieci anni dal suo
martedì 1 marzo 2016
Archeologia. Porti e approdi nel Mediterraneo antico, quando i fenici solcavano i mari.
Archeologia. Porti e approdi nel Mediterraneo antico, quando i fenici solcavano i mari.
In questi giorni andrà in
distribuzione il nuovo lavoro di Pierluigi Montalbano, a cura di Capone Editore
Lecce, dedicato alla sistematica analisi delle tracce lasciate dalle genti che
3000 anni fa si muovevano nel Mare Mediterraneo. L'approfondimento si concentra
sui
rapporti fra le popolazioni locali, con i loro villaggi e attività, e i gruppi
di mercanti che intraprendono lunghe traversate marittime per approvvigionarsi
di metalli e altre merci. Alle decine di porti raggiunti dai Fenici in
tutti gli angoli del Mediterraneo, l’autore riserva ampio spazio e ne narra la
storia, informando il lettore su quanto è venuto alla luce nelle corso delle
campagne di scavo. Di molti siti, purtroppo, si conserva solo il ricordo, i
loro segreti sono sotto le tante costruzioni edificate in epoche successive.
Dal 1200 a.C. circa, le città
costiere della Siria e della Palestina, sottoposte in precedenza al regno degli
ittiti, stanziati in Turchia, e al regno d’Egitto, ebbero l’opportunità di
sviluppare lunghi periodi d’indipendenza e incrementarono in totale autonomia
sia il commercio sia la produzione artigianale.
In mancanza di miniere, la
principale risorsa naturale del Libano era costituita dalle enormi foreste di
cedri che ricoprivano le catene montuose e che fornivano legname pregiato.
Anche lo sfruttamento delle risorse del mare fu intenso, soprattutto la
conservazione del pescato sotto sale e la pesca dei molluschi (murici)
utilizzati per la tintura color porpora dei tessuti. A ciò si aggiunge lo
sfruttamento delle sabbie silicee per la produzione del vetro. Il rame di Cipro
e della Sardegna, il ferro di Cilicia, il bisso e la porpora delle città
siriane, l’avorio, l’incenso e le spezie africane, e gli animali esotici
dell’India, contribuirono ad arricchire le
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