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sabato 11 luglio 2015

Il lago di Bolsena e il tempio di Northia

Il lago di Bolsena e il tempio di Northia
di Luigi Catena

Il lago di Bolsena è un antico luogo sacro già dalla civiltà Rinaldoniana (età del Rame), avviata dalle genti che vivevano intorno alle sue sponde. Nel mondo antico Greco e Italico, le sorgenti erano ritenute sacre, e l'acqua pura di sorgente era considerata la più indicata per abluzioni e rituali da svolgere nei templi. Anche nel mondo cristiano il battesimo è un rito legato all'acqua. Nel mondo etrusco, c’è un interessante documento del ricercatore G. Feo sugli etruschi e la loro religione, dal quale si evince il significato del nome romanizzato NORTHIA, divinità venerata in altre parti d'italia, ad esempio Vicenza, Firenze, Roma, Sutri, Anzio, Ostia, Norcia, Anguillara, lago di Bracciano, Bolsena e altri. Proprio a Bolsena nel tempio di Northia veniva percosso, ogni anno, il famoso chiodo per segnare il tempo, usanza testimoniataci da un passo di Cincio in Livio (vii, 3) di conficcare ogni anno sulla parete del suo tempio un chiodo, che serviva a contare gli anni e stava a significare in certo modo il rapido ed inevitabile termine del destino. L'usanza passò poi anche a Roma, dove, alle idi di settembre, la sacra cerimonia veniva compiuta dal praetor maximus nel tempio di Giove Capitolino. Anche Orazio parla dei clavi trabales (Carm., i, 35, 17 ss.) che fanno parte degli attributi della Necessitas che precede la Fortuna.


Northia era venerata già in tempi molto antichi, nel lago di Bolsena. Ciò si evince da scritta trovata su un blocco di tufo delle mura etrusche di Bolsena "Urzi", in un filare di mura classificate dallo scopritore, l'archeologo R. Block, e classificate al V sec. a.c., quindi abbiamo il lago (acqua), il nome della divinità e il suo significato, il tempio e tutti i rituali legati. Ancora oggi abbiamo tracce, ad esempio il rituale della barabbata legato alla fertilità della terra, dei suoi prodotti e dell'acqua, rituale che viene festeggiato a Marta il 14 maggio di ogni anno. Questa cerimonia religiosa, come sostengono alcuni antropologi italiani e stranieri, ricorda riti pagani con caratteristiche evocative dei rituali legati alla madre terra, alla fertilità, ai suoi prodotti, al culto dell'acqua e al sole. Inoltre, per arricchire i dati, aggiungo un breve cenno sulle famose “aiole” di Bolsena, la testimonianza più significativa della speciale opera di sacralizzazione del lago e delle sue rive, avvenuta già in età pre-estrusca. Le “aiole” furono scoperte da Alessandro Fioravanti, geologo, archeologo, ingegnere ed inventore delle prime tecniche di ricognizione archeologica subacquea negli Anni Cinquanta. 
Si tratta di quattro enormi tumuli, eretti sulle rive del lago, prima che il livello delle acque si sollevasse  di vari metri sommergendoli intorno al X secolo a.C. Questi tumuli furono eretti sopra fonti di acque termali, sull’antica riva, davanti al grande specchio lacustre. Sono imponenti monumenti sacri (il più grande, il Gran Carro, è lungo 80 m, largo 60 m, alto 5 m) aventi funzione di marcatori territoriali, quindi attestano un rito di fondazione di età pre-etrusca. Da allora, il lago fu ritenuto sacro in epoca etrusca e fino al medioevo cristiano, quando fu chiamato “lago di Santa Cristina”. E’ interessante questo testo di G. Feo pubblicato sulla rivista "archeologia nuragica":
"Quando diversi ricercatori giungono a una medesima proposta, in seguito a differenti percorsi di ricerca, diventa forte la possibilità che quella proposta abbia colto nel segno”. È questo il caso di un’importante radice etimologica etrusca, UR, tradotta in modo identico da diversi autori, ciascuno seguendo una propria personale via di decifrazione.
Il primo è il linguista ed etruscologo Zacharie Mayani, il cui lavoro è stato contestato per alcune sue erronee interpretazioni (ma chi non sbaglia?), mentre non sono state accolte le sue tante e positive decifrazioni di molti testi etruschi.
In un suo libro (The Etruscan begin to speak, 1961, pag. 227), Mayani spiega come sia giunto, grazie alla comparazione con l’antico “illirico”, a stabilire che il radicale etrusco UR abbia significato di “acqua”. A tale proposito l’autore cita il caso della dea etrusca Uthur, a Roma chiamata Giuturna, dea delle fonti e delle acque.
A medesimi risultati è giunto l’insigne filologo Giovanni Semerano che, nel suo libro “Il popolo che sconfisse la morte”, alla voce “Orcia” (pag. 85) scrive che l’etrusco URCH ha il significato di “acqua”. Semerano, per le sue decifrazioni utilizzava particolarmente la comparazione con l’accadico, il sumero e le lingue semitiche.
Un valente linguista sardo, Massimo Pittau, è giunto ad analoghe conclusioni pubblicando un testo dal significativo titolo: “etruschi, urina, uri, vri – svizzero e sardo Uri – basco UR”.
Pittau mette in risalto alcuni nessi filologici ed etimologici tra diverse lingue – etrusco, basco, sardo, svizzero – così da scrivere: “Di questa quadruplice convergenza linguistica a me sembra che l’unica spiegazione sia questa: la base UR, “acqua”, è ascrivibile al sostrato linguistico mediterraneo…”
A quanto sostenuto dagli studiosi fin qui citati, posso infine aggiungere il nome dell’etrusca dea della “fortuna”, venerata al Fanum Voltumnae di Volsinii e chiamata in età etrusca-romana Northia; alla dea risaliva la bolsanese gens Nursina (vedi La dea di Bolsena, ed Effigi, 2014).
Il nome Northia deve derivare da un termine più antico, in quanto nella scrittura etrusca non è presente la vocale O. La parola originaria sarebbe quindi URTHIA, presente nelle varianti Ursia e Urcla, da cui le città etrusche di Norcia, Norchia, Vitorchiano e il fiume Orcia (come già evidenziato da Semerano). La dea della Fortuna, nel mondo etrusco e romano (e non solo) ebbe, quale suo elemento primario, l’acqua. La dea fu raffigurata anche come sirena bicaudata e i suoi simboli furono il timone e la vela, strumenti con i quali poteva salvare i naviganti dai pericoli dei “fortunali", le insidiose tempeste del mare.


Nelle immagini: L’isola bisentina nel lago di Bolsena e un bronzetto votivo della Dea Northia con la cornucopia, il timone e il simbolo lunare. 

1 commento:

  1. Ma qualcuno ha mai preso in considerazione la lingua odierna albanese?
    Sapete che in albanese UJ vuol dire acqua?
    E Northia e una specie di auguri/ o malaugurio ( insomma del destino). In albanese si dice : NGORDHIA UN PER TY” “ auguro a me stesso he io muoia per te” oppure “ Ngordhsh” “ Che tu muoia, che il destino nero ti prenda” e poi URZI è facilmente traducibile in Acqua -Ur/Uj. Zi- Nera

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