saggi limitati in estensione seguendo la quadrettatura disposta preventivamente sul terreno, sino ad esaurire tutta l’area interessata dalla discarica delle statue e dalla necropoli. Di ogni saggio veniva effettuata la documentazione fotografica e grafica, disegnando la superficie in cui apparivano i pezzi lavorati, quotandoli e numerandoli; successivamente si procedeva all’asportazione e si ripetevano le operazioni sul livello sottostante. In questo modo era, in ogni momento, possibile recuperare graficamente a posteriori la situazione originaria. I primi saggi furono tesi ad individuare l’estensione della discarica delle statue, che si vide limitata ad Est sopra i lastroni, ad Ovest sino a circa due metri dalle lastre, a Sud sino all’allineamento di lastroni, a Nord sino al precedente scavo di Alessandro Bedini. Lo scavo mise in luce la seguente situazione. Una depressione del terreno grosso modo perpendicolare al pendio del colle era stata regolarizzata in antico per la stesura di una strada, pavimentata con terra giallastra compatta e pietre di piccole dimensioni, che correva a fianco di un’area già da tempo destinata a necropoli di tombe a pozzetto poco profondo e di forma sostanzialmente conica. L’assetto della strada è coevo alla monumentalizzazione dell’area, che fu realizzata effettuando un taglio artificiale sul lato orientale della depressione, per disporvi una nuova fila di trenta tombe a pozzetto, stavolta più profonde e di profilo diverso, ricoperte da lastroni in arenaria gessosa, affondati nel terreno rosso sterile e rincalzati da un allineamento di lastrine verticali. Il lato occidentale della strada era invece delimitato da pietre di grandi dimensioni. Alla fase della strada e delle tombe si riferisce la realizzazione e messa in opera, sul sito della necropoli, della statuaria (arcieri, guerrieri con spada e scudo, “pugilatori che si coprono la testa con lo scudo” – in realtà verosimilmente individui impegnati in giochi sacri) e dei numerosi modelli di nuraghe, sia singoli che complessi. Nella discarica si trovavano anche betili, di diverso materiale litico, forse trasportati da qualche vicina tomba di giganti al momento della realizzazione del complesso. I frammenti scultorei sono stati trovati accumulati, come detto, assieme anche a pietre brute, in una informe discarica esattamente sopra le tombe e poco più ad Ovest; la discarica è avvenuta in epoca sicuramente non anteriore allo scorcio del IV sec. a.C., come indica con certezza un ampio frammento di anfora punica rinvenuta sotto un torso di statua. Le tombe a pozzetto contenevano ognuna un inumato deposto in posizione accosciata, sul cui capo, spesso, era poggiata un lastrina in pietra. I defunti, riconosciuti come maschi e femmine, dall’età post-puberale in poi, erano deposti tutti senza corredo, salvo che nel caso della tomba 25 (numerazione a partire da Sud, punto di inizio delle tombe). In questa furono trovati i resti di una collana in elementi bronzei molto mal conservati ed un sigillo scaraboide in steatite invetriata, la cui decorazione incisa trova uno stretto e convincente confronto con un oggetto simile rinvenuto a Tiro in uno strato di VIII sec. a.C. Siamo di fronte al prosieguo di utilizzo di una necropoli dell’età del Ferro, che ricevette un assetto monumentale con la creazione di una strada e la realizzazione di un filare di tombe coperte da lastroni contrassegnate dalle grandi statue in arenaria gessosa chiara, allusive ai valori del gruppo familiare aristocratico ivi sepolto: valore militare (arciere, guerriero) e religioso (figura del pugilatore, gesto di offerta alla divinità che contrassegna gli arcieri, modelli di nuraghe, ben noti in contesti politico-sacrali in ambito nuragico). I betili, poi, riconnettono i defunti ai mitici antenati sepolti nelle più antiche tombe dei giganti, raffermando ed ostentando il messaggio del loro diritto al potere sul territorio. L’ideologia palesata dal complesso tombe-statuaria, supportata anche dalla datazione dello scaraboide, rientra con precisione nel contesto del periodo orientalizzante antico (720-680 a.C.), durante il quale giungono nel Mediterraneo occidentale dal Vicino Oriente stimoli e suggestioni, quale quello della grande statuaria funeraria-onoraria, che nelle statue di Mont’e Prama trova una delle sue più importanti e significative attestazioni.
lunedì 13 luglio 2015
Gli scavi a Monte Prama dal 1977 al 1979
Gli scavi a Monte
Prama dal 1977 al 1979
di Carlo Tronchetti
(Tratto da: La Pietra e gli Eroi: Le sculture restaurate di Mont’e Prama – 2011)
Nell’anno 1977 l’Ispettore Onorario Giuseppe Pau recuperò un
torso ed altri pezzi di statue. Quindi il Soprintendente Prof. Ferruccio
Barreca ed il Prof. Giovanni Lilliu dell’Università cagliaritana decisero di
intraprendere uno scavo di verifica, affidato per l’Università alla Prof.ssa
Maria Luisa Ferrarese Ceruti e per la Soprintendenza allo scrivente, effettuato
con i modestissimi fondi a disposizione per gli interventi di urgenza, durante
le prime tre settimane di un piovoso dicembre. I due settori di scavo aperti
portarono al recupero di numerosi pezzi scolpiti in arenaria gessosa ed
all’individuazione di un allineamento di grandi lastre quadrate, su cui
giacevano i frammenti lavorati. Il finanziamento per lo scavo dell’area fu
assegnato per l’anno 1979. La ricerca fu affidata interamente allo scrivente,
con la collaborazione dell’Assistente di Scavo Gino Saba, di due archeologi
appena entrati nell’Amministrazione, Emerenziana Usai e Paolo Bernardini, e del
giovane laureando Raimondo Zucca. Lo scavo si protrasse dal 2 luglio sino
all’11 di ottobre, con un intervallo di 20 giorni in agosto. La scarsità dei
fondi e ragioni di opportunità riguardanti la sicurezza impedirono di procedere
come auspicato e metodologicamente più corretto, cioè con la completa messa in
luce di tutta la discarica delle statue e degli altri resti scultorei, per poi
pazientemente smontarla. Decisi allora di procedere per
saggi limitati in estensione seguendo la quadrettatura disposta preventivamente sul terreno, sino ad esaurire tutta l’area interessata dalla discarica delle statue e dalla necropoli. Di ogni saggio veniva effettuata la documentazione fotografica e grafica, disegnando la superficie in cui apparivano i pezzi lavorati, quotandoli e numerandoli; successivamente si procedeva all’asportazione e si ripetevano le operazioni sul livello sottostante. In questo modo era, in ogni momento, possibile recuperare graficamente a posteriori la situazione originaria. I primi saggi furono tesi ad individuare l’estensione della discarica delle statue, che si vide limitata ad Est sopra i lastroni, ad Ovest sino a circa due metri dalle lastre, a Sud sino all’allineamento di lastroni, a Nord sino al precedente scavo di Alessandro Bedini. Lo scavo mise in luce la seguente situazione. Una depressione del terreno grosso modo perpendicolare al pendio del colle era stata regolarizzata in antico per la stesura di una strada, pavimentata con terra giallastra compatta e pietre di piccole dimensioni, che correva a fianco di un’area già da tempo destinata a necropoli di tombe a pozzetto poco profondo e di forma sostanzialmente conica. L’assetto della strada è coevo alla monumentalizzazione dell’area, che fu realizzata effettuando un taglio artificiale sul lato orientale della depressione, per disporvi una nuova fila di trenta tombe a pozzetto, stavolta più profonde e di profilo diverso, ricoperte da lastroni in arenaria gessosa, affondati nel terreno rosso sterile e rincalzati da un allineamento di lastrine verticali. Il lato occidentale della strada era invece delimitato da pietre di grandi dimensioni. Alla fase della strada e delle tombe si riferisce la realizzazione e messa in opera, sul sito della necropoli, della statuaria (arcieri, guerrieri con spada e scudo, “pugilatori che si coprono la testa con lo scudo” – in realtà verosimilmente individui impegnati in giochi sacri) e dei numerosi modelli di nuraghe, sia singoli che complessi. Nella discarica si trovavano anche betili, di diverso materiale litico, forse trasportati da qualche vicina tomba di giganti al momento della realizzazione del complesso. I frammenti scultorei sono stati trovati accumulati, come detto, assieme anche a pietre brute, in una informe discarica esattamente sopra le tombe e poco più ad Ovest; la discarica è avvenuta in epoca sicuramente non anteriore allo scorcio del IV sec. a.C., come indica con certezza un ampio frammento di anfora punica rinvenuta sotto un torso di statua. Le tombe a pozzetto contenevano ognuna un inumato deposto in posizione accosciata, sul cui capo, spesso, era poggiata un lastrina in pietra. I defunti, riconosciuti come maschi e femmine, dall’età post-puberale in poi, erano deposti tutti senza corredo, salvo che nel caso della tomba 25 (numerazione a partire da Sud, punto di inizio delle tombe). In questa furono trovati i resti di una collana in elementi bronzei molto mal conservati ed un sigillo scaraboide in steatite invetriata, la cui decorazione incisa trova uno stretto e convincente confronto con un oggetto simile rinvenuto a Tiro in uno strato di VIII sec. a.C. Siamo di fronte al prosieguo di utilizzo di una necropoli dell’età del Ferro, che ricevette un assetto monumentale con la creazione di una strada e la realizzazione di un filare di tombe coperte da lastroni contrassegnate dalle grandi statue in arenaria gessosa chiara, allusive ai valori del gruppo familiare aristocratico ivi sepolto: valore militare (arciere, guerriero) e religioso (figura del pugilatore, gesto di offerta alla divinità che contrassegna gli arcieri, modelli di nuraghe, ben noti in contesti politico-sacrali in ambito nuragico). I betili, poi, riconnettono i defunti ai mitici antenati sepolti nelle più antiche tombe dei giganti, raffermando ed ostentando il messaggio del loro diritto al potere sul territorio. L’ideologia palesata dal complesso tombe-statuaria, supportata anche dalla datazione dello scaraboide, rientra con precisione nel contesto del periodo orientalizzante antico (720-680 a.C.), durante il quale giungono nel Mediterraneo occidentale dal Vicino Oriente stimoli e suggestioni, quale quello della grande statuaria funeraria-onoraria, che nelle statue di Mont’e Prama trova una delle sue più importanti e significative attestazioni.
saggi limitati in estensione seguendo la quadrettatura disposta preventivamente sul terreno, sino ad esaurire tutta l’area interessata dalla discarica delle statue e dalla necropoli. Di ogni saggio veniva effettuata la documentazione fotografica e grafica, disegnando la superficie in cui apparivano i pezzi lavorati, quotandoli e numerandoli; successivamente si procedeva all’asportazione e si ripetevano le operazioni sul livello sottostante. In questo modo era, in ogni momento, possibile recuperare graficamente a posteriori la situazione originaria. I primi saggi furono tesi ad individuare l’estensione della discarica delle statue, che si vide limitata ad Est sopra i lastroni, ad Ovest sino a circa due metri dalle lastre, a Sud sino all’allineamento di lastroni, a Nord sino al precedente scavo di Alessandro Bedini. Lo scavo mise in luce la seguente situazione. Una depressione del terreno grosso modo perpendicolare al pendio del colle era stata regolarizzata in antico per la stesura di una strada, pavimentata con terra giallastra compatta e pietre di piccole dimensioni, che correva a fianco di un’area già da tempo destinata a necropoli di tombe a pozzetto poco profondo e di forma sostanzialmente conica. L’assetto della strada è coevo alla monumentalizzazione dell’area, che fu realizzata effettuando un taglio artificiale sul lato orientale della depressione, per disporvi una nuova fila di trenta tombe a pozzetto, stavolta più profonde e di profilo diverso, ricoperte da lastroni in arenaria gessosa, affondati nel terreno rosso sterile e rincalzati da un allineamento di lastrine verticali. Il lato occidentale della strada era invece delimitato da pietre di grandi dimensioni. Alla fase della strada e delle tombe si riferisce la realizzazione e messa in opera, sul sito della necropoli, della statuaria (arcieri, guerrieri con spada e scudo, “pugilatori che si coprono la testa con lo scudo” – in realtà verosimilmente individui impegnati in giochi sacri) e dei numerosi modelli di nuraghe, sia singoli che complessi. Nella discarica si trovavano anche betili, di diverso materiale litico, forse trasportati da qualche vicina tomba di giganti al momento della realizzazione del complesso. I frammenti scultorei sono stati trovati accumulati, come detto, assieme anche a pietre brute, in una informe discarica esattamente sopra le tombe e poco più ad Ovest; la discarica è avvenuta in epoca sicuramente non anteriore allo scorcio del IV sec. a.C., come indica con certezza un ampio frammento di anfora punica rinvenuta sotto un torso di statua. Le tombe a pozzetto contenevano ognuna un inumato deposto in posizione accosciata, sul cui capo, spesso, era poggiata un lastrina in pietra. I defunti, riconosciuti come maschi e femmine, dall’età post-puberale in poi, erano deposti tutti senza corredo, salvo che nel caso della tomba 25 (numerazione a partire da Sud, punto di inizio delle tombe). In questa furono trovati i resti di una collana in elementi bronzei molto mal conservati ed un sigillo scaraboide in steatite invetriata, la cui decorazione incisa trova uno stretto e convincente confronto con un oggetto simile rinvenuto a Tiro in uno strato di VIII sec. a.C. Siamo di fronte al prosieguo di utilizzo di una necropoli dell’età del Ferro, che ricevette un assetto monumentale con la creazione di una strada e la realizzazione di un filare di tombe coperte da lastroni contrassegnate dalle grandi statue in arenaria gessosa chiara, allusive ai valori del gruppo familiare aristocratico ivi sepolto: valore militare (arciere, guerriero) e religioso (figura del pugilatore, gesto di offerta alla divinità che contrassegna gli arcieri, modelli di nuraghe, ben noti in contesti politico-sacrali in ambito nuragico). I betili, poi, riconnettono i defunti ai mitici antenati sepolti nelle più antiche tombe dei giganti, raffermando ed ostentando il messaggio del loro diritto al potere sul territorio. L’ideologia palesata dal complesso tombe-statuaria, supportata anche dalla datazione dello scaraboide, rientra con precisione nel contesto del periodo orientalizzante antico (720-680 a.C.), durante il quale giungono nel Mediterraneo occidentale dal Vicino Oriente stimoli e suggestioni, quale quello della grande statuaria funeraria-onoraria, che nelle statue di Mont’e Prama trova una delle sue più importanti e significative attestazioni.
Fonte: http://www.sardegnadigitallibrary.it/documenti/17_27_20140521121030.pdf
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Caro Pierluigi,
RispondiEliminal'oggetto della foto non viene da Monte Prama (Cabras) ma da Serra is Araus (San Vero Milis). è un modello di nuraghe proveniente dal villaggio nuragico presente presso le domu de janas neolitiche.
https://www.academia.edu/9981388/USAI_A._2012_San_Vero_Milis._Un_modello_di_nuraghe_da_Serra_e_is_Araus_in_CAMPUS_F._LEONELLI_V._a_cura_di_Simbolo_di_un_simbolo._I_modelli_di_nuraghe_Ittireddu_pp._264-265
Alfonso Stiglitz
Grazie Alfonso.
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