domenica 5 luglio 2015
Ritrovato il busto di Minerva dove approdò Enea
Ritrovato
il busto di Minerva dove approdò Enea
di
Nazareno Dinoi
CASTRO (LECCE) –
La conferma che la «rocca con il tempio di Minerva» raccontata da Virgilio
nell’Eneide, dove approdò Enea in fuga da Troia, fosse l’attuale Castro, era
nascosta sotto tre metri di terra in pieno centro storico della piccola
località del basso Salento: è il busto di una statua di donna, dal raffinato
drappeggio, di proporzioni doppie rispetto a quelle naturali. Secondo gli
archeologi che l’hanno scoperta e che oggi la sveleranno al mondo, l’opera di
pregevole fattura da datarsi con quasi certezza al III° secolo a.C (ma potrebbe
essere ancora più antica di almeno un altro secolo), raffigurerebbe proprio la
dea Minerva a cui era dedicato l’antico tempio. Una scoperta eccezionale, per
gli autori del ritrovamento, che spazzerebbe ogni dubbio circa l’esatta
dislocazione dell’approdo dell’eroe condottiero.
Il busto è stato
localizzato a tre metri esatti dal piano di partenza degli scavi. La struttura
basale è ricavata in blocchi monolitici di pietra leccese lunghi anche un paio
di metri. Quello portato alla luce sinora è mancante della testa e della parte
inferiore del corpo ma gli archeologi sono convinti che nascosti nei paraggi ci
siano i pezzi mancanti. Ieri, ad esempio, è stato recuperato un braccio e la
falange di un dito di una mano. Le dimensioni intere della figura, compreso il
piedistallo, dovrebbero sfiorare i quattro metri. La statua era adagiata su un
lato quasi come una vera e propria deposizione. Questo ha fatto avanzare agli
studiosi la suggestiva ipotesi secondo cui l’interramento non sia stato
casuale, ma fatto allo scopo di conservare tracce della divinità dopo la
demolizione del vecchio edificio templare dove era esposta e venerata.
Per il suo stile
scultoreo si pensa che possa essere un’opera prodotta da raffinate scuole
tarantine che operavano in tutto il Salento Messapico. Ipotesi questa
supportata anche dal ritrovamento nei mesi scorsi dei pezzi del basamento o
della balaustra di protezione della statua che presentano un motivo floreale a
traforo che oggi si potrebbe confondere con il barocco leccese. Per i suoi
autori, la scoperta chiude un’antica querelle durata per secoli sull’esatta
localizzazione del tempio virgiliano che fa da sfondo all’epica del troiano
Enea. Altra località che si contende lo stesso merito storico è Porto Badisco.
Gli scavi che
occupano un’area comunale espropriata dieci anni fa a privati, portano la firma
dell’archeologo responsabile Amedeo Galati, impegnato sul sito da quasi sei
anni, assistito dai topografi Fabrizio Ghio e Alessandro Rizzo. La direzione scientifica
è invece del professore Francesco D’Andria dell’Università del Salento mentre
la sorveglianza per conto della soprintendenza di Taranto è della dottoressa
Laura Masiello. La campagna di scavi è finanziata da fondi della Comunità
europea e del Comune di Castro.
L’eccezionale
reperto di cui nel 2009, sempre a Castro, fu ritrovato un modello bronzeo dalle
fattezze identiche, sarà custodito nel museo archeologico di Castro nel
castello aragonese in corso di ristrutturazione per l’allargamento e il rinnovo
degli spazi di esposizione. Nel museo saranno esposti tutti i reperti
recuperati dai primi scavi della Grotta Romanelli ed anche pezzi dell’arte
vascolare e degli strumenti dell’età del Bronzo ritrovati nella Grotta
Zinzulusa e nel villaggio della Palombara.
Fonte: www.lavocedimanduria.it
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento