giovedì 23 luglio 2015
Archeologia. L'artigianato prezioso in età fenicia
Archeologia. L'artigianato prezioso in età fenicia
di Pierluigi Montalbano
In età fenicia, l’economia si basava sul commercio, sull’intermediazione
e sull’artigianato sfarzoso di metalli e avorio, quest’ultimo ricavato da zanne
di elefante e denti d’ippopotamo, animali africani. L’avorio, lavorato anche in
Siria, era ritenuto più pregiato dell’oro ed era impreziosito ulteriormente
dalla lavorazione. Nelle aree vicine non vi erano ricchi sovrani in grado di
acquisire questi manufatti, per cui la grande produzione di avori è concentrata
in zone diverse da quelle di produzione. I principali luoghi di rinvenimento
sono le grandi corti assire, in particolare Nimrud, dove i prodotti erano
acquisiti come tributi. Anche Sammaria in Israele è luogo di rinvenimenti. Si
tratta sempre di manufatti decontestualizzati, ritrovati lontani dai luoghi di
produzione, pertanto il loro studio può essere fatto solo su base stilistica e
iconografica. Le principali scuole artigianali sono tre: nord-siriana, ben
attestata dal X all’VIII a.C.; sud-siriana (con tecniche miste); fenicia,
influenzata dalla tradizione egizia. Gli avori presentano spesso la faccia a
vista rivestita in oro e il principale utilizzo riguarda due tipologie di
manufatti: mobili cerimoniali (troni e letti) con placchette in avorio
incastonate nella struttura lignea, e oggetti prestigiosi per la cura della
persona (pissidi, manici di specchio, scatolette per il trucco). I manufatti di
tradizione nord-siriana sono i più antichi, e tendono all’esasperazione della
plasticità e alla decorazione dettagliata. Questa scuola non lasciava
spazi vuoti, intagliando tutto e dando plasticità e fisicità ai personaggi, con
cura dei dettagli e bassorilievo: animali
muscolosi, sfingi che guardano dritto verso l’osservatore, vesti degli uomini
impreziosite da lamine in oro e pettorali con raffinate miniature
calligrafiche. Applicazioni auree e riempimenti degli spazi non hanno
simmetrie. Il gusto volumetrico, realizzato con rilievi, e le muscolature in
evidenza non appartengono alla scuola fenicia. Inoltre, nelle sfingi
nord-siriane il volto mostra la parte anteriore, mentre in quelle di scuola
fenicia orientale la vista è laterale.
La seconda tradizione, quella sud-siriana, ha Damasco come centro di
maggiore produzione. Situata a est del Libano, è una città commerciale
strategica, lungo la via di comunicazione fra oriente e occidente.
Gli avori sono frutto di tradizioni che s’incontrano: faraoni egizi
contro grifoni siriani, animali possenti con lo sguardo distaccato, oppure
sfingi con ali slanciate inquadrate con difficoltà all’interno del bordo del
manufatto, a dimostrazione di una scarsa padronanza di quel tipo di prospettiva.
Se
fosse nord siriana, sarebbe a tutto tondo, muscolosa, lavorata in basso
rilievo. Spesso, per rinforzare la struttura quando gli intagli la
indeboliscono, è necessario inserire palmette e altri elementi decorativi. In altri avori abbiamo decorazioni vegetali con palme sovrapposte, di
tradizione cananeo-cipriota, associate a fiori di loto.
Gli avori della terza tradizione, quella fenicia, sono caratterizzati
da una placchetta a bassorilievo con lavorazione a giorno, nata per decorare i
mobili di pregio. I legni non si sono conservati ma sappiamo del loro utilizzo
perché alla base e alla sommità delle placchette vi sono delle linguette per il
fissaggio ai mobili. I temi di tradizione siriana sono orientali mentre quelli
fenici sono ripresi da quella egiziana, eccetto alcuni di gusto
siro-palestinese. Lo stile egizio si nota dall’allungamento e dall’eleganza
delle figure rappresentate: i muscoli sono solo accennati e gli animali sono
slanciati, al contrario delle figure siriane che sono tozze e muscolose. Le
sfingi guardano davanti, quasi a mostrare un distacco con l’osservatore. Anche
la tecnica è diversa: gli avori siriani prediligono il rilievo sullo sfondo,
quelli fenici preferiscono la lavorazione a giorno e l’eliminazione dello
sfondo, che indebolisce la struttura e ha bisogno di elementi decorativi (fiori
di loto o altro) che la rinforzano. Un’altra tecnica degli artigiani fenici è
il cloisonnè: si lasciano spazi vuoti fra i bordi a rilievo (alveoli) e
all’interno si incastrano vetri policromi o pietre preziose. L’iconografia
egizia negli avori si nota dalla presenza di vari elementi: la corona rossa
dell’Alto Egitto e bianca del Basso Egitto, il klaft, il pettorale, il
grembiule, i paesaggi nilotici con elementi vegetali, sfingi con corpo da leone
e volto con attributi faraonici. Il grifone, invece, è ripreso dalla tradizione
orientale ed è rappresentato in stile egiziano, allungato, elegante, con corpo
da leone e testa da uccello predatore. Anche l’albero della vita, di tradizione
medio-orientale, è trattato con un linguaggio elegante e slanciato ma a volte è
rappresentato con iconografie egiziane (cartigli e corone) trattate con il
cloisonnè.
In Libano i committenti non potevano permettersi botteghe per la
produzione di questi manufatti e ordinavano avori d’importazione arricchiti con
lo stile locale. In occidente mancano le grandi corti palaziali, la classe
committente delle elìte, per cui i manufatti in avorio sono rari. Sono
sostituiti da lavori in osso (Monte Sirai), meno raffinato ma più reperibile.
Il livello stilistico è inferiore e la lavorazione è più semplice perché ci sono minori
disponibilità economiche. Questi manufatti in osso sono prevalentemente pettini
e manici di specchio.
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