Il lago di Bolsena e il tempio di Northia
di Luigi Catena
Il lago di Bolsena è un
antico luogo sacro già dalla civiltà Rinaldoniana (età del Rame), avviata dalle genti che
vivevano intorno alle sue sponde. Nel mondo antico Greco e Italico, le sorgenti
erano ritenute sacre, e l'acqua pura di sorgente era considerata la più
indicata per abluzioni e rituali da svolgere nei templi. Anche nel mondo cristiano il
battesimo è un rito legato all'acqua. Nel mondo etrusco, c’è un interessante
documento del ricercatore G. Feo sugli etruschi e la loro religione, dal quale
si evince il significato del nome romanizzato NORTHIA, divinità venerata in
altre parti d'italia, ad esempio Vicenza, Firenze, Roma, Sutri, Anzio, Ostia,
Norcia, Anguillara, lago di Bracciano, Bolsena e altri. Proprio a Bolsena nel
tempio di Northia veniva percosso, ogni anno, il famoso chiodo per segnare il
tempo, usanza testimoniataci da un passo di Cincio in Livio (vii, 3) di conficcare ogni anno sulla parete del suo tempio un
chiodo, che serviva a contare gli anni e stava a significare in certo modo il
rapido ed inevitabile termine del destino. L'usanza passò poi anche a Roma,
dove, alle idi di settembre, la sacra cerimonia veniva compiuta dal
praetor maximus nel
tempio di Giove Capitolino. Anche Orazio parla dei
clavi trabales (Carm.,
i,
35, 17 ss.) che fanno parte degli attributi della Necessitas che precede la
Fortuna.
Northia era venerata già in tempi molto antichi,
nel lago di Bolsena. Ciò si evince da scritta trovata su un blocco di tufo
delle mura etrusche di Bolsena "Urzi", in un filare di mura classificate
dallo scopritore, l'archeologo R. Block, e classificate al V sec. a.c., quindi abbiamo il lago
(acqua), il nome della divinità e il suo significato, il tempio e tutti i
rituali legati. Ancora oggi abbiamo tracce, ad esempio il rituale della
barabbata legato alla fertilità della terra, dei suoi prodotti e dell'acqua,
rituale che viene festeggiato a Marta il 14 maggio di ogni anno. Questa cerimonia religiosa, come sostengono alcuni antropologi italiani e stranieri, ricorda riti pagani con
caratteristiche evocative dei rituali legati alla madre terra, alla fertilità, ai
suoi prodotti, al culto dell'acqua e al sole. Inoltre, per arricchire i dati, aggiungo un breve cenno sulle famose “aiole” di
Bolsena, la testimonianza più significativa della speciale opera di sacralizzazione
del lago e delle sue rive, avvenuta già in età pre-estrusca. Le
“aiole” furono scoperte da Alessandro Fioravanti, geologo, archeologo,
ingegnere ed inventore delle prime tecniche di ricognizione archeologica
subacquea negli Anni Cinquanta.
Si tratta di quattro enormi
tumuli, eretti sulle rive del lago, prima che il livello delle acque si
sollevasse di vari metri sommergendoli intorno
al X secolo a.C. Questi tumuli furono eretti sopra fonti di acque termali,
sull’antica riva, davanti al grande specchio lacustre. Sono imponenti monumenti
sacri (il più grande, il Gran Carro, è lungo 80 m, largo 60 m, alto 5 m) aventi
funzione di marcatori territoriali, quindi attestano un rito di fondazione di
età pre-etrusca. Da allora, il lago fu ritenuto sacro in epoca etrusca e fino al
medioevo cristiano, quando fu chiamato “lago di Santa Cristina”. E’
interessante questo testo di G. Feo pubblicato sulla rivista "archeologia
nuragica":
"Quando diversi ricercatori giungono a una
medesima proposta, in seguito a differenti percorsi di ricerca, diventa forte
la possibilità che quella proposta abbia colto nel segno”. È questo il caso di
un’importante radice etimologica etrusca, UR, tradotta in modo identico da
diversi autori, ciascuno seguendo una propria personale via di decifrazione.
Il primo è il linguista ed etruscologo Zacharie
Mayani, il cui lavoro è stato contestato per alcune sue erronee interpretazioni
(ma chi non sbaglia?), mentre non sono state accolte le sue tante e positive
decifrazioni di molti testi etruschi.
In un suo libro (The Etruscan begin to speak,
1961, pag. 227), Mayani spiega come sia giunto, grazie alla comparazione con
l’antico “illirico”, a stabilire che il radicale etrusco UR abbia significato
di “acqua”. A tale proposito l’autore cita il caso della dea etrusca Uthur, a
Roma chiamata Giuturna, dea delle fonti e delle acque.
A medesimi risultati è giunto l’insigne filologo
Giovanni Semerano che, nel suo libro “Il popolo che sconfisse la morte”, alla
voce “Orcia” (pag. 85) scrive che l’etrusco URCH ha il significato di “acqua”.
Semerano, per le sue decifrazioni utilizzava particolarmente la comparazione
con l’accadico, il sumero e le lingue semitiche.
Un valente linguista sardo, Massimo Pittau, è
giunto ad analoghe conclusioni pubblicando un testo dal significativo titolo:
“etruschi, urina, uri, vri – svizzero e sardo Uri – basco UR”.
Pittau mette in risalto alcuni nessi filologici
ed etimologici tra diverse lingue – etrusco, basco, sardo, svizzero – così da
scrivere: “Di questa quadruplice convergenza linguistica a me sembra che
l’unica spiegazione sia questa: la base UR, “acqua”, è ascrivibile al sostrato
linguistico mediterraneo…”
A quanto sostenuto dagli studiosi fin qui
citati, posso infine aggiungere il nome dell’etrusca dea della “fortuna”,
venerata al Fanum Voltumnae di Volsinii e chiamata in età etrusca-romana
Northia; alla dea risaliva la bolsanese gens Nursina (vedi La dea di Bolsena,
ed Effigi, 2014).
Il nome Northia deve derivare da un termine più
antico, in quanto nella scrittura etrusca non è presente la vocale O. La parola
originaria sarebbe quindi URTHIA, presente nelle varianti Ursia e Urcla, da cui
le città etrusche di Norcia, Norchia, Vitorchiano e il fiume Orcia (come già
evidenziato da Semerano). La dea della Fortuna, nel mondo etrusco e romano (e
non solo) ebbe, quale suo elemento primario, l’acqua. La dea fu raffigurata
anche come sirena bicaudata e i suoi simboli furono il timone e la vela,
strumenti con i quali poteva salvare i naviganti dai pericoli dei
“fortunali", le insidiose tempeste del mare.
Nelle immagini: L’isola
bisentina nel lago di Bolsena e un bronzetto votivo della Dea Northia con la
cornucopia, il timone e il simbolo lunare.
Ma qualcuno ha mai preso in considerazione la lingua odierna albanese?
RispondiEliminaSapete che in albanese UJ vuol dire acqua?
E Northia e una specie di auguri/ o malaugurio ( insomma del destino). In albanese si dice : NGORDHIA UN PER TY” “ auguro a me stesso he io muoia per te” oppure “ Ngordhsh” “ Che tu muoia, che il destino nero ti prenda” e poi URZI è facilmente traducibile in Acqua -Ur/Uj. Zi- Nera