Le cinque scoperte
archeologiche più importanti che ci ha regalato il 2015
di Nadia Vitali
Il 2015 è stato un anno
terribile per l’archeologia. Impotenti e sconvolti, tutti abbiamo assistito
alle distruzioni sistematiche di tesori inestimabili, testimonianze di antiche
civiltà contro le quali nulla aveva potuto l’usura del tempo; fino a quando non
è intervenuta la furia distruttrice della stupidità che questa volta si chiama
ISIS.
Abbiamo visto l’idiozia
distruggere le statue e i bassorilievi (alcuni risalivano ad oltre 3000 anni
fa) nel museo di Mossul e le mura di Ninive, in Iraq. Poco tempo dopo, un altro
sito archeologico assiro, nel nord dell’Iraq, veniva completamente raso al
suolo: lo scorso aprile è stato proprio il sedicente stato islamico a
diffondere il video della distruzione di Nimrud.
Poi la ferita più grande,
d’estate, con la distruzione di Palmira, in Siria, la sposa del deserto: quello
che non hanno potuto le esplosioni con le quali i templi sono saltati in
aria, lo hanno fatto i saccheggi, con i reperti che – c’è da scommetterci –
sono finiti immediatamente sul mercato nero. Le vestigia del magnifico passato
del Medio Oriente sono morte così, assieme all’ultraottantenne Khaled al Assad,
l’archeologo che per oltre quarant’anni è stato direttore del sito archeologico
della città di Palmira: ucciso da un gruppo di jihadisti per non aver voluto
rivelare dove si trovavano alcune antiche opere d’arte, il corpo decapitato
esposto al
pubblico.
D’altronde è la barbarie della
guerra, la stessa che brucia i libri; non è la prima volta che accade, anche se
non è vietato sognare che sia l’ultima. Troppo facile pescare qualche episodio
del passato, anche recente e anche europeo, per ricordarci che la guerra non
rispetta gli esseri umani, figuriamoci la cultura e le culture.
A dispetto di questa mesta
premessa iniziale, comunque, l’annus horribilis ci ha regalato anche qualche
sorpresa, a conferma del fatto che c’è ancora molto da conoscere ed esplorare
non soltanto nello spazio e nel futuro ma anche nel nostro passato, tra le
rughe della vecchia Terra. Ecco alcune tra le scoperte più interessanti del
2015 e, probabilmente, del tutto inattese.
Un ominide che non conoscevamo
Anche se gli studi su Homo
Naledi sono soltanto all’inizio, non c’è dubbio sul fatto che il primo posto lo
meriti lui: questa specie sconosciuta appartenente al genere Homo promette di
obbligarci a ridisegnare l’albero genealogico dei nostri “antenati”. I suoi
resti, consistenti in oltre 1.500 frammenti attribuibili ad una quindicina di
individui di età varie, sono stati ritrovati in un ambiente a circa 90 metri di
profondità, dall’accesso decisamente proibitivo, in un sito archeologico
sudafricano. Per il momento, gli scienziati che hanno rinvenuto i resti hanno
spiegato che l’Homo naledi doveva presentare un insolito mix di caratteristiche
tra il moderno e il primitivo: ma saranno necessarie ulteriori indagini per
stabilire l’età precisa dei reperti.
La civiltà perduta
dell’Honduras
Cosa c’è di più affascinante
di scoprire una specie di ominide sconosciuta? Sicuramente scoprire una civiltà
sconosciuta! Esattamente come è accaduto agli archeologi americani che, nel
cuore della foresta equatoriale honduregna, hanno individuato i resti di una
città perduta riconducibile a delle genti di cui non esiste traccia nella
storia. D’altronde, la magia dell’archeologia sta proprio nel riuscire a dar
voce a fatti e persone che non hanno lasciato testimonianze scritte di sé.
Prima grazie alla tecnologia
per il telerilevamento LiDAR, poi con ricognizioni sul posto, sta tornando alla
luce una città fiorita verosimilmente tra il 1000 e il 1400 d. C. e
successivamente abbandonata per ragioni ignote, nascosta dalla vegetazione più
lussureggiante per oltre 600 anni, in un’area dove probabilmente nessun uomo ha
più messo piede da allora. Tra i manufatti più interessanti sono stati
ritrovati seggi cerimoniali in pietra, coppe con decorazioni zoomorfe e un
“giaguaro mannaro”, una figura combinante le fattezze umane con quelle animali,
probabilmente il segnale di culti religiosi riconducibili all’ambito dello
sciamanesimo.
Ancora segreti tra le Piramidi
Un universo che non smetterà
mai di stupirci è quello dell’Antico Egitto: quest’anno ci siamo resi conto che
di misteri da svelare ce ne sono ancora tantissimi, anche nei siti che maggiormente
ci sembrava di conoscere. Tra le piramidi di Giza, ad esempio, una scansione
termica ha recentemente rivelato un’anomalia nella piramide di Cheope: potrebbe
trattarsi di una stanza che fino ad oggi era sfuggita agli archeologi.
Qualcosa di analogo è accaduto
anche con la tomba di Tutankhamon, il faraone egiziano morto giovane e il cui
sepolcro si salvò miracolosamente da furti e razzie fino a quando fu scoperto
praticamente intatto nel 1922. Qui la scansione radar ha rivelato la
possibilità che, al di là del muro settentrionale, siano nascoste due camere:
questa possibilità si aggira intorno al 90%. Sul loro contenuto si può soltanto
fantasticare: potrebbero esserci camere con sepolture intatte ancora ricche di
tesori (magari della regina Nefertiti) così come semplicissimi depositi,
magazzini o corridoi. Il mistero è ancora ben lontano dall’essere risolto.
Il sacro Graal dei relitti
Riemerso dopo oltre 300 anni
dalle acque del Mar dei Caraibi, al largo della penisola colombiana di Barù, il
galeone spagnolo San José era il sogno proibito di tutti i cacciatori di
tesori. Con il suo carico di smeraldi, ametiste, diamanti, argento e milioni di
pesos d’oro, andato a fondo nel 1708 durante uno scontro con gli inglesi,
avrebbe fatto gola a chiunque. Si parla di un valore che si aggira attorno alla
decina di miliardi di dollari, tant’è che Spagna, Colombia e Stati Uniti
sembrano avere idee a dir poco discordi sulla possibile collocazione ed
esposizione dei reperti ripescati. Intanto la fortuna è già quella di averlo
riportato alla luce.
Ma la Grecia è sempre la
Grecia…
Concludiamo giungendo nella
patria dell’archeologia, la terra che maggiormente ha fatto sognare gli
archeologi, soprattutto in altre epoche, pari merito con il nostro Paese,
naturalmente. La Grecia quest’anno ha restituito un tesoro praticamente
intatto, rinvenuto nella tomba di un uomo (un guerriero?) vissuto durante l’età
del Bronzo e sepolto a Pilo, nel Peloponneso.
Una collana unica, lunga circa 80 centimetri interamente in oro, parte del
corredo del guerriero (foto di Jennifer Stephens). Un corredo sbalorditivo
fatto di armi, gioielli, sigilli, vasellame, pettini in avorio: tutte le
ricchezze che quest’uomo sconosciuto volle con sé per il suo viaggio
nell’aldilà e che il tempo e le circostanze hanno deciso di restituire, per
consentirci di conoscere un altro pezzo di meraviglia del passato.
http://www.blueplanetheart.it/
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