Monte Prama: il regno dei Giganti resta incustodito
di
Claudio Zoccheddu
Quando cala la notte, oltre
alla luce scompare anche quel senso di grandezza che si avverte quando si
guarda la collina dei giganti di pietra, la casa delle statue che raccontano il
passato glorioso della Sardegna.
L’importanza dei tempi andati
non si percepisce quando il buio avvolge le colline del Sinis e la casa dei
guerrieri diventa una tavola nera su cui chiunque può imprimere il suo segno. I
controlli ci sono, bisogna dirlo, ma sono sporadici e comunque molto lontani da
quello che ci si aspetterebbe per un sito che custodisce, ormai lo dicono anche
gli esperti, il ritrovamento archeologico più importante degli ultimi 50 anni.
Nella notte tra ieri e
avantieri, quando vento, pioggia e grandine erano le uniche presenze iscritte all’albo
dei visitatori del sito, lo scavo era deserto. E buio. Le condizioni ideali per
un blitz dei temutissimi tombaroli con il vizietto del nuragico. Presenze ormai
sbiadite, quelli veri battevano il Sinis e seminavano danni quando i giganti
erano appena ritornati alla luce, che comunque avevano giustificato alcune
misure tampone adottate dopo che due tombe erano state violate durante la fase
di scavo. Probabile che si trattasse di principianti alla ricerca di un
improbabile colpaccio più che di un tombarolo esperto. Comunque, è stato
lo spunto per una gara di
solidarietà nata per proteggere il sonno dei giganti. Il primo a entrare in
azione era stato Mauro Pili. Il deputato aveva affittato due torri faro per
illuminare il sito. La luce, però, era durata solo qualche giorno e poi era
stata spenta. Subito dopo era partita la fuga in avanti di uno dei responsabili
dello scavo che aveva pagato di tasca due notti di lavoro di una guardia
giurata. Un’idea rimasta in piedi anche nei giorni successivi, quando però la
paga era arrivata dall’Università di Sassari. Qualche tempo dopo, nel periodo natalizio,
era stata la volta dei camper e delle roulottes di Nurnet che avevano
assicurato la copertura fino alla notte del 6 gennaio. Da allora più
nessuno ha presidiato Monte Prama, se non le parole di chi ha annunciato un
allaccio elettrico (mai realizzato), un sistema di videosorveglianza (di cui si
sono perse le tracce) e un impianto di telecamere termiche, promesso di recente
ma ancora ipotetico.
Avantieri notte si sono
affacciati i carabinieri della stazione di Cabras, circa venti minuti dopo la
mezzanotte, ma il sito è rimasto deserto per gran parte della notte.
Anche la recinzione, che in
ogni caso copre solo uno dei quattro lati che racchiudono lo scavo, ha stupito
i pochi che hanno avuto l’idea di trascorrere una notte di tempesta a ridosso
degli scavi. Una parte della rete di plastica arancione, quella svolge il ruolo
del cancello, è stata abbattuta dal vento e lo scavo dava l’impressione di
essere aperto, oltre che abbandonato. Varcare la soglia, e avventurarsi verso
l’area di scavo, era un gioco talmente facile che non valeva nemmeno la pena di
essere giocato.
Gli unici elementi di disturbo
erano quelli forniti dalla natura, efficaci e low-cost ma decisamente
imprevedibili. Pioggia e vento hanno sferzato Monte Prama per tutta la notte
mentre il freddo contribuiva a proteggere il sito consigliando una nottata
davanti al caminetto piuttosto che nei pressi di un sito archeologico
dall’aspetto trasandato e poco rassicurante. Un sito che è stato il teatro di
tante parole ma di pochissimi fatti. I giganti sono ormai un simbolo della
Sardegna e sembra quasi impossibili che quelle statue e quei modelli di nuraghe
arrivino da un cantiere dove anche la luce di una lampadina elettrica sembra
solo un sogno di una notte di mezzo inverno.
Fonte: La Nuova Sardegna
Immagine sopra di Sardegnalive.net
Immagine sotto di Meana Sardo Archeologica
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