lunedì 9 febbraio 2015
Archeologia. La storia del carro.
La
storia del carro
di M.
Zuffa, R. Peroni
1) Oriente
antico. Nella sua forma a quattro ruote piene, trainato da una
quadriglia di buoi prima, di equidi poi, ha origine nella cerchia delle civiltà
agricole del IV millennio a. C.
Le più antiche
rappresentazioni mostrano la contemporanea esistenza del tipo a due ruote e di
quello a quattro. Il più antico esempio è da considerarsi il modellino trovato
a Tepe Gaura, datato a circa il 3000 a.C.; si tratta di un c. a quattro ruote,
piene, con copertura a telone sorretta da armatura arcuata. Alla prima metà del
III millennio appartengono alcuni modellini trovati a Kish a due e a quattro
ruote, con la parete anteriore più alta rispetto a quelle laterali; contemporaneo
è un modellino di rame da Tell Agrab, rappresentante un c. a due ruote con
guidatore, il quale tiene per le briglie quattro equidi; da notare il
particolare delle ruote dentate, che compaiono anche nell'intaglio di un
sigillo cilindrico del periodo di Mesilim (2600 a.C.). Su un frammento della
cosiddetta "stele degli avvoltoi" si vede il re Eannatum di Lagash
(circa 2450 a.C.) stante su una piattaforma con intelaiatura a graticcio,
assieme ad un auriga con frecce.
Al periodo della
I dinastia di Ur (2500-2350 a.C.) risale il pannello istoriato a litotomia
delle tombe reali di Ur nella Mesopotamia meridionale: questo mostra ben cinque
carri da guerra a quattro ruote trainati ciascuno da quattro equidi e montati,
secondo il costume che sarà poi immortalato dai poemi omerici, da un
combattente e da un auriga. Le ruote, piene, sono formate da
due elementi
semi-circolari uniti da due spranghe verisimilmente metalliche; i mozzi
presentano una testata piuttosto ampia; la cassa sembra essere costruita da
elementi strutturali a piccole aste con un'alta sponda sul davanti e i fianchi
bassi. Non si comprende bene se le stanghette di struttura, variamente disposte
e incrociate, costituiscano da sole le sponde laterali e la fronte, oppure se
reggano paratie in legno o altra materia. La presenza di un’alta sponda
frontale, in funzione di corazza contro il lancio di armi nemiche e l'auriga
rappresentato solo nella parte che supera l'altezza delle fiancate potrebbero
indurre a questa seconda spiegazione, confermata anche dal fatto che durante
tutta l'antichità i carri da combattimento presentano la parte anteriore chiusa
e più elevata dei fianchi. Una tipologia analoga dovettero presentare due c.
delle stesse tombe reali di Ur di cui sono conservati importanti elementi della
decorazione, mentre un rilievo in pietra di egual provenienza, analogo ad uno
completo da Khafāgiah, documenta con notevole chiarezza un tipo di c. a due
ruote, pure con tiro a quattro. Questo presenta ruote analoghe a quelle già
descritte, cassa piccola con alta sponda anteriore fornita di mantegni, timone
con andamento ad angolo smussato, sul quale è un passante a due occhielli per
le briglie. Questo tipo, di origine assai antica, resta in vigore nei suoi
elementi fondamentali durante tutta l'antichità sia come c. da trasporto, sia,
soprattutto, come c. da guerra e nelle due varianti principali a sponde chiuse
e a semplici appoggi anteriori e laterali. Tali forme furono fissate dagli
Hittiti con lievi differenze, come ad esempio l'alleggerimento delle ruote
mediante i raggi.
Di leggerissima
struttura è un cocchio da corsa proveniente dall'Egitto (Museo Archeologico di
Firenze), la cui origine deve essere considerata anatolica; risale all'epoca
del Nuovo Regno ed è composto di ruote a quattro raggi, di stanga ricurva, di
una semplice maniglia sul davanti. Tipi analoghi figurano anche in coevi
rilievi egizî. Il mondo siro-fenicio e l'area egeo-cretese presentano carri da
guerra e da corsa analoghi. E così dicasi del mondo miceneo e arcaico ellenico
con la tendenza all'alleggerimento delle strutture.
Il c. da
trasporto è attestato su monumenti tardi, forse perché non aveva un ruolo nelle
rappresentazioni celebrative o nei rituali che offrono i più antichi documenti
di carri da guerra o da parata.
La più antica
rappresentazione è egizia: nel rilievo di Abido, con la battaglia di Qadesh
combattuta da Ramesses II contro gli Hittiti (1296 a.C.), accanto a carri da
guerra hittiti ed egizi di tipo identico, leggerissimo, appaiono carri a
quattro ruote con semplice piano di appoggio, con un grosso carico coperto da teli,
trainati da coppie di buoi, da asini e da cavalli: sono gli impedimenta dell'esercito
hittita.
L'arte assira
mostra alcune varietà di carri a due e a quattro ruote per il trasporto di
persone, attribuiti a popoli nemici: vi sono due tipi di carri tirati da una
coppia di buoi, uno da guerra, l'altro con ruote a dodici raggi e grosso cerchio,
che trasporta tre o quattro persone (vecchi e bambini) e un solo cavallo a lato
della stanga. I rilievi delle porte di bronzo di Balawāt, della seconda metà
del IX a.C., mostrano un c. a quattro ruote, con un grosso piano di carico che
regge una grande giara ed un personaggio, trainato da una lunga fila di
prigionieri di guerra identificabili con gli Urartei sconfitti da Salmanassar
III.
Al mondo
cipriota si riferiscono alcuni modelli destinati a usi rituali che ci
documentano l'esistenza dei seguenti tipi: 1) di un c. leggero a due ruote con
timone e cassa aperta sul davanti contenente una persona (terracotta dipinta
della Collez. Forrer); 2) di un c. analogo, ma aperto sul retro e coperto da un
velano che chiude a mezzo il davanti (terracotta da Mersinaki); 3) di un c. a
quattro ruote con largo piano (terracotta da Cipro).
Sempre in questo
ambito culturale sono da notare i cocchi raffigurati sul sarcofago di Amatunte,
aperti sul davanti come il primo descritto, ma più capaci. Altre rappresentazioni,
poi, documentano l'espansione verso occidente del consueto c. da combattimento
orientale (biga o quadriga).
Per quel che
concerne la decorazione del c. nelle civiltà orientali, non è sempre facile
raggiungere una ricostruzione esatta. Dalle strutture con scarsi ornati delle
culture presumeriche e del mondo siro-hittita, si giunge con la civiltà
assiro-babilonese a esemplari fastosamente decorati nelle varie parti, con
l'uso di lamine o bronzee o in metallo nobile sbalzato e cesellato che
rivestivano verosimilmente un'anima di legno. Tra i singoli elementi di
decorazione conservati, si possono citare il bel leone dei carri reali di Ur e
il passante per briglie con figura di onagro in bronzo fuso sopra i due anelli.
Altri passanti per briglie con figurazioni simili provengono da Tell Ahmar
(inizio II millennio a.C.) e da Boǧazköy. Ricchissimi sono pure gli ornati della cassa
nel c. rinvenuto nella celebre tomba di Tutankhamon.
2) Preistoria
occidentale. - I grandi movimenti di popoli, attraverso la pianura
euro-asiatica, e verso i climi temperati, che si verificarono per tutta
l'antichità costituirono un potente mezzo di diffusione del c. da trasporto,
specialmente a quattro ruote, di cui abbiamo una notevole documentazione
durante la tarda età del Bronzo e l'Età del Ferro, tanto in esemplari
autentici, quanto in riproduzioni ridotte, con intendimenti cultuali, ed in
rappresentazioni.
Le figurazioni
più certe, riferibili a carri trainati da buoi, appaiono in incisioni rupestri
della Svezia meridionale, dello scorcio del II millennio a.C. La diffusione di
tale perfezionato mezzo di trasporto segue le due consuete correnti culturali
del Mediterraneo e del bacino danubiano, con le immancabili contaminazioni che
si verificano nelle tipiche zone di incontro delle correnti stesse (Italia
settentrionale, Gallia, ecc.).
Le più antiche
rappresentazioni occidentali rivelano l'accennata dipendenza. Il tipo miceneo
di c. a due ruote (trainato da cavalli) raggiunge sicuramente le regioni più
settentrionali, come è testimoniato da un'incisione in una tomba di Kivik
(Scania). La diffusione del c. a quattro ruote ippotrainato appare
generalizzata in Europa nella tarda civiltà di Hallstatt e in quella di La
Tène; in tombe di capi si trovano resti di c. i quali probabilmente venivano
usati anche per il trasporto funebre, come mostra una scena effigiata su
un'urna hallstattiana di Oedemburg che richiama all'evidenza gli esemplari
orientali, ciprioti e greco-geometrici. Occorre peraltro giungere ai secoli
VI-V a.C. per incontrare esemplari di dimensioni normali e destinati all'uso effettivo.
Sono assai noti al riguardo i carri di Ohnenheim in Alsazia, di Dejbjerg in
Danimarca e della Camorta di Lazzago presso Como, esemplari solenni in legno
con rivestimenti metallici, costituiti da un piano rettangolare su quattro
ruote, ricchi balaustrini laterali e trono decorato, destinati evidentemente al
trasporto processionale di alte personalità sacerdotali.
Altri esemplari
del genere ci sono stati restituiti da tombe boeme della cultura di Bilany, di
transizione fra l'ultimo periodo hallstattiano e quello di La Tène e riferibili
etnicamente ai Celti dove sono fra l'altro notevoli i ricchi gioghi dei cavalli
decorati geometricamente. In questo stesso ambito compare il c. a due ruote con
cassa presumibilmente aperta sul davanti che già si vide a Cipro (esemplare di
Straškov) e che compare anche in un modellino fittile di Fonte Cucchiaia presso
Chiusi riferibile all'ultimo periodo villanoviano (secoli VII-VII a.C.).
3) Grecia.
Il mondo greco riceve la tipologia del c. leggero a due ruote dall'ambiente
hittita-siriaco e lo trasmette poi, con proprie modificazioni, al mondo italico
e a Roma.
Nella civiltà
minoica, oltre all'unico modello fittile di c. a quattro ruote da Palaikastro,
assegnabile al Medio Minoico, si trova un tipo di c. leggero da trasporto o da
corsa, con la cassa certamente in legno, fornito di due ruote, a quattro o a
sei raggi, e tirato da una coppia di animali, come testimoniano le
rappresentazioni dipinte sui lati brevi del sarcofago di Haghìa Triada e la figurazione
su un sigillo di Vaphiò.
Nella civiltà
micenea il tipo è usato soprattutto in guerra, ma anche in pace, quale semplice
mezzo di trasporto, come si ricava dall'affresco frammentario del palazzo di
Tirinto raffigurante la partenza di donne per la caccia. Poiché dopo il periodo
miceneo i Greci tralasciarono quasi del tutto di impiegare il c. in guerra, il
tipo di cocchio leggero servì loro per lo più come attrezzo agonistico negli
ippodromi. Numerosi gli esempî nella pittura vascolare (un cratere
tardo-corinzio, un dèinos attico a figure nere della metà
circa del VI a.C.). Una testimonianza di persistenza della primitiva tecnica
costruttiva delle ruote piene si ha su una stele attica frammentaria del V a.C.
Anche il c. a
quattro ruote è attestato nella civiltà greca ma il suo uso sembra limitato al
trasporto funebre: si vedano al riguardo il vaso del Dipylon nel Museo
Nazionale di Atene e il modellino fittile da Vari, datato al 6oo a. C., che
consta di una cassa a largo piano e di quattro ruote.
In età classica
l'uso del c. è limitato alle corse negli ippodromi, e solo raramente è
adoperato in guerra, ad esempio a Cirene alla fine del IV a.C. Rimangono
ovviamente in uso i c. da trasporto dei quali è difficile stabilire una
tipologia a causa della scarsezza di rappresentazioni figurate.
Durante
l'ellenismo il carro si appesantisce sino ad assumere le forme monumentali che
possiamo ricavare dalla rappresentazione del c. di Dario nel mosaico di
Alessandro o dalla descrizione del c. funebre sul quale furono trasportate ad
Alessandria le spoglie di Alessandro il Grande.
Le forme
elaborate del c. di parata ellenistico passano a Roma nei c. trionfali.
4) Etruria.
- La stessa corrente culturale che porta in Etruria il gusto
orientalizzante, introduce il classico cocchio da guerra su due ruote con cassa
chiusa sul davanti e manubri (biga, quadriga o triga).
I più antichi
esemplari sono quelli di Marsiliana di Albegna (Circolo della Perazzeta) della
Tomba Regolini-Galassi di Cerveteri, due provenienti dal podere di S. Cerbone a
Populonia e quello frammentario nel Metropolitan Museum di New York, con la
cassa generalmente parallelepipeda, e vari elementi di decorazione: protome
zoomorfa (leone o giovane montone) in capo al timone, lamine sbalzate e
applicazioni in bronzo fuso a figure od ornati (maschere gorgoniche o
sileniche, doppie spirali, palmette, serpente barbuto e altro) sulle fiancate
anteriore e laterali della cassa.
La biga è anche
attestata, in modo più o meno frammentario, nelle restanti culture del Ferro
dell'Italia centro-settentrionale (Fabriano, Bologna, Sesto Calende) e
nell'ambito italo-greco (Capua). Strettamente al mondo etrusco-italico si
riferiscono invece i due superbi carri di Monteleone di Spoleto, nel
Metropolitan Museum di New York e di Castel S. Mariano presso Perugia, nel
museo di Monaco di Baviera e nel Museo Arch. di Perugia, riferibili alla fase
ionico-etrusca della metà del VI a. C. Il primo, integro, è un c. da parata,
con cassa a base centinata, alta sponda anteriore e fiancate curvilinee, la cui
decorazione a splendidi sbalzi di gusto ionico soverchia gli stessi elementi
strutturali. I manubrî, infatti, assorbiti nel perimetro delle fiancate fanno
da cornice al campo istoriato. Il secondo pare un cocchio da parata, ma
potrebbe pure trattarsi di un leggero cocchio aperto sul davanti, non dissimile
da quello che ci appare sul lato minore di un bel sarcofago di Vulci del sec.
IV a due ruote, timone e giogo per due cavalli, piano quadrangolare a basse
sponde sagomate con sedile alto a cuscini su cui sta la coppia eroizzata,
mentre il cocchiere siede sulla parte anteriore del piano con le gambe
ciondoloni.
Bighe da corsa
più tarde e di tipo greco sono documentate su lastre templari fittili di Caere
e di Tuscania, su una tegola terminale del frontone di un tempio prenestino
(metà del VI a.C.) e su un'altra lastra fittile proveniente dall'Esquilino; ve
ne sono inoltre nella Tomba tarquiniese delle Bighe (scorcio del VI a.C.), in
quelle della Scimmia (circa 480 a.C.) e Casuccini del Colle (seconda metà del V
a.C.) a Chiusi.
Costituiscono
una variante le trighe, pure da corsa, espresse, tra l'altro, sui rilievi di
un'urna chiusina dell'inizio del V a.C. e sulle lastre fittili dei templi di
prima fase di Palestrina e di Velletri (350 a.C.).
Oltre alla biga,
la Tomba Regolini-Galassi ci ha conservato un c. a quattro ruote di proporzioni
ridotte, senza sterzo e senza timone, piano rettangolare e sponde laterali a
giorno in cui le lamine formano un interessante motivo a intreccio di linee
curve, sormontate, nei vertici di congiunzione, da palmette; dovette servire al
trasporto solenne del defunto alla sepoltura, e richiama il pilentum della
Camorta e il c. dei funerali sull'anfora del Dipylon.
5) Roma.
- La documentazione permette di ricostruire una discreta serie di tipi
di c. a traino animale, comune alla cultura della Roma repubblicana e
imperiale.
Accanto alla
biga usata a scopi esclusivi di parata o agonistici, acquistano notevole
diffusione veicoli da trasporto e da viaggio e contemporaneamente continuano i
c. di uso rituale. Tra i primi va menzionato il c. prima da guerra e poi da
parata (currus triumphalis) che ci appare, in molte rappresentazioni,
simile ad una biga greca, ma con la cassa semi-circolare piuttosto alta e
riccamente istoriata ed un tiro a quattro. Si vedano, ad esempio, il rilievo
del fornice dell'arco di Tito col trionfo dell'imperatore sui Giudei ed il
rilievo con Marco Aurelio trionfatore nel Palazzo dei Conservatori. La biga
marmorea del Vaticano sontuosamente decorata a rilievi fitomorfi e zoomorfi
nella cassa, nelle ruote e nel timone, nonché varie rappresentazioni tra cui la
litotomia già a Palazzo del Drago a Roma che forse rappresenta il console
Giunio Basso (IV d.C.) indicano che anche la semplice biga servì fino al tardo
Impero quale veicolo da parata.
Il c. da corsa,
che ripete fondamentalmente gli analoghi tipi greci ed etruschi, mostra
strutture leggerissime, ridotte agli elementi essenziali, con la sponda
anteriore a intreccio di bastoncelli piuttosto inclinata in avanti allo scopo
di permettere all'auriga di meglio proiettarsi verso i cavalli.
Tra i veicoli da
trasporto sono da ricordare anzitutto l'antichissimo plaustrum, a
due ruote piene, adatto ai grandi carichi (come il modellino di c. rustico in
bronzo da Bagnoregio, presso Bolsena, databile al IV a.C., conservato nel Museo
di Villa Giulia) e il carrus, a quattro ruote col treno anteriore a
sterzo, che pure ripete forme antiche. Tra i carri da viaggio, il carpentum,
di origine etrusca, ma assai alleggerito rispetto al prototipo, presenta due
ruote, baldacchino sulla cassa e tiro a due (moneta di Caligola; rilievo in
avorio di Magonza), la reda e la carruca, a
quattro ruote, si assomigliano, anche se destinate ad usi diversi: la prima era
scoperta e di foggia assai semplice, la seconda poteva anche essere riccamente
decorata (la carruca è rappresentata su un rilievo di Virunum,
nella chiesa di Maria Saal). Leggero e comodo, con le sue grandi ruote era il cisium,
quasi un calesse con tiro a due, di origine britannica.
La tensa e
il pilentum erano carri sacri: il primo, destinato a contenere
le exuviae deorum, era un veicolo a due ruote con cassone cubico,
costruito con materiali pregiati e con eleganti decorazioni; rilievi e medaglie
ci mostrano qualche esempio di decorazione; le facce del cassone erano
inquadrate da schemi architettonici e da cornici (moneta di Antonino Pio). Il pilentum fornito
di quattro ruote, ricche sponde ed ampio piano con trono, era originariamente
destinato al trasporto di persone e cose sacre. Esso appare come la continuazione
di un tipo protostorico che già si è considerato (Camorta, Ohnenheim,
Regolini-Galassi) con le modificazioni portate dai tempi. Un bell'esempio è il
modellino bronzeo che rappresenta Cibele in trono sul carro tirato da leoni,
nel Metropolitan Museum di New York. Allo stesso tipo può essere ricondotto il
veicolo che appare in un rilievo vaticano, ed anche la così detta Tensa
Capitolina potrebbe essere identificata per un pilentum di
foggia speciale. Notevolissimo in essa è il rivestimento in lamine di rame
sbalzato che reca una ininterrotta serie di figurazioni inquadrate da cornici
architettoniche in forma di fronti templari.
Particolarmente
felici sono stati i ritrovamenti di c. nell'odierna Bulgaria, dato l'uso tracio
di seppellire, in prossimità del tumulo, il c. con i cavalli. Mentre le parti
di cuoio e di legno sono andate perdute, soprattutto abbondanti sono stati i rinvenimenti
delle parti metalliche (250 pezzi di ferro e bronzo per un solo carro). Talora
si hanno così esemplari artistici del III-IV d.C. di notevole interesse.
Specialmente ben conservati i carri rinvenuti negli scavi recenti a Čičkovci
(Kustendil).
6) Età
barbarica. - Con l'impoverimento economico e la mutata organizzazione
sociale dei territorî ex imperiali, si verifica il rapido degradare della rete
stradale impiantata dai Romani e l'uso di mezzi di locomozione diversi da
quelli dell'età imperiale.
Infatti mentre
agli eleganti veicoli destinati al trasporto delle persone si sostituiscono il
semplice cavallo bardato, gli sgabelli a dorso d'asino o di mulo e le semplici
lettighe a braccia, si continuarono ad usare i c. solo per le più materiali
esigenze dell'agricoltura o del trasporto di grandi pesi. Il che portò al venir
meno di intendimenti di decorazione artistica e alla perdita di quasi tutte le
capacità tecniche acquisite in precedenza nella costruzione dei veicoli.
Fonte: www.treccani.it
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