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domenica 24 agosto 2014
In Italia, nella costa ligure, l’ultimo rifugio dei Neanderthal?
La
Liguria è stata uno degli ultimi rifugi degli uomini di
Neanderthal. La ricerca internazionale anticipata dalla rivista Nature,
in cui si ipotizza con maggiore precisione la scomparsa definitiva di questi
uomini per lasciare il campo agli homini sapiens, cioè gli uomini moderni, a
40.000 anni fa. E proprio a questo periodo, secondo le ricerche che tuttora si
fanno nella Grotta dei Balzi Rossi, vicino a Ventimiglia, risalirebbero i
reperti.
«Quello
che emerge – spiega Elisabetta Starnini, direttrice del
Museo nazionale preistorico dei Balzi Rossi – è
che le due specie hanno convissuto per qualche migliaio di anni. Ancora non è
chiaro quanto abbiano interagito né se, come suggeriscono alcune ricerche,
fossero interfertili e abbiano messo al mondo degli ibridi».
Quello
che si cerca di fissare con le ultime ricerche è proprio il momento del
“passaggio del testimone” tra le due specie: i Neanderthal si sono estinti
lasciando campo libero a quelli che scientificamente si definiscono “uomini
anatomicamente moderni” o “proto
– aurignaziani”.
«Dalle
aree archeologiche del Riparo
Bombrini e del Riparo Mochi sono arrivati dei campioni che
sono entrati nella ricerca di Nature, ad opera di ricercatori di due equipe
internazionali, in cui lavora anche Fabio
Negrino dell’Università di Genova – continua Starnini – noi
conserviamo stratigrafie che conservano elementi che dimostrano la
frequentazione, negli stessi luoghi, di entrambe le specie».
Allo
studio, proprio in questi giorni, un dente ritrovato nel sito archeologico
dell’imperiese. «Stiamo cercando di capire se appartiene a uno degli ultimi
neanderthaliani o a uno
dei primi aurignaziani», spiega Starnini, che aggiunge come sia
difficile compiere ricerche in assenza di scheletri completi, finora mai
trovati.
In
Portogallo, a Lagar Velho «è stato trovato lo scheletro di un bambino e secondo
alcuni potrebbe appartenere a un ibrido, perché
ha tratti neanderthaliani non del tutto sviluppati. Ma
potrebbe invece trattarsi semplicemente del fatto che, proprio perché bambino,
fosse ancora in fase di sviluppo». Quello che è certo, conclude Starnini, è che
la Liguria (non solo i Balzi Rossi ma anche, per esempio, le grotte di Toirano
nel savonese e altri siti ancora) è una delle aree più interessanti per questo
tipo di ricerche.
Ricordiamo
che l’uomo di Neanderthal si è estinto gradualmente
dal continente europeo, a macchia di leopardo, dando così la
possibilità di incontri ravvicinati con gli uomini moderni che avevano già
fatto la loro comparsa in diverse zone, come nel sud Italia.
A rivelarlo è la datazione ultra precisa dei reperti
archeologici raccolti in 40 siti sparsi dalla Russia fino alla Spagna. Lo
studio, pubblicato su Nature, è stato condotto dagli archeologi
dell’università di Oxford guidati da Tom Higham, in collaborazione con diversi
ricercatori delle università di Genova, Trento, Ferrara e Siena.
Secondo la nuova ricostruzione, l’uomo moderno e il Neanderthal
sono stati scomodi vicini di casa per periodi di tempo che variano da
regione a regione, fino ad un massimo di quasi 5.400 anni nel sud dell’Europa:
un tempo più che sufficiente per dare vita a scambi di tipo culturale e
genetico. L’estremo rifugio degli
ultimi Neanderthal prima dell’estinzione sarebbe stata la Francia circa 40.000 anni fa, mentre non ci
sono prove che confermino la presenza di superstiti oltre questa epoca nella
penisola iberica.
Per riscrivere questa pagina della preistoria, i ricercatori
hanno accuratamente selezionato reperti (ossa e manufatti) provenienti da 40
siti sparsi tra le sponde dell’Atlantico fino a quelle del mar Nero. Per quanto
riguarda l’Italia, in particolare, sono stati studiati reperti provenienti
dalla Grotta del Cavallo e dal Riparo l’Oscurusciuto in Puglia, dal Riparo Bombrini in Liguria,
dalla Grotta di Fumane in Veneto e da Castelcivita in Campania. I reperti sono
stati sottoposti a una innovativa tecnica di datazione ad altissima precisione,
messa a punto nei laboratori di Oxford, basata sulla spettrometria di massa con
acceleratore.
Fonte:
Il Secolo XIX
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