Addio agli etruschi: prevista la cancellazione della Soprintendenza
Che fine faranno affreschi come questo nella foto, con nobili e musici che suonano e danzano allietando le giornate delle comunità etrusche di 3000 anni fa?
La spending review cancellerà 75 anni di storia, scavi e ricerche. Questo è previsto dalla nuova organizzazione del Ministero ai Beni culturali. La
Soprintendenza per i Beni archeologici dell'Etruria Meridionale, istituita nel
1939 in considerazione dello straordinario patrimonio del territorio dove per 1000 anni fiorì la civiltà etrusca, potrebbe presto sparire.
Lo prevede la riforma del Mibact, voluta dal ministro Dario Franceschini e ora
in attesa del via libera del Consiglio dei Ministri, che potrebbe arrivare il 29 agosto.
Una decisione che ha scatenato una rivolta, non
solo del mondo accademico. La soprintendenza sarà accorpata a
quella per i Beni archeologici del Lazio, in un'unica istituzione, senza tenere
in considerazione la specificità del territorio e dei siti che oggi tutela e
valorizza: un patrimonio archeologico diffuso fra 90 Comuni della
provincia di Roma e di Viterbo, con punte di diamante riconosciute in tutto il
mondo, iniziando dalle necropoli di Cerveteri e di Tarquinia, iscritte nella
lista dell'Unesco come siti patrimonio dell'Umanità.
Ma anche un sistema integrato di una decina di
musei, che proprio da quei siti archeologici e dagli quegli scavi trae linfa.
Coordinato dalla prestigiosa sede del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia,
riconosciuto come il più importante al mondo per le antichità etrusche e uno
dei primi musei istituiti in Italia, che da qualche anno si estende anche
nella splendida Villa Poniatowski, realizzata nell'Ottocento dal Valadier e
acquistata dallo Stato nel 1989.
Intanto è partita una petizione, sostenuta e portata avanti dalle maggiori personalità
dell’etruscologia italiana e non solo, che conta ad oggi più di
quattrocentocinquanta firme. Il testo sottolinea l’unicità di reperti presenti
nell’area quali, ad esempio, quelli rinvenuti nelle necropoli di Tarquinia,
Vulci, Veio, Cerveteri, per non parlare dei reperti mobili quali il “Sarcofago
degli Sposi”, conservato al Museo di Villa Giulia. “L’accorpamento in un’unica
Soprintendenza con quella del Lazio meridionale, di fatto un
appiattimento, ne ridurrebbe la capacità operativa e la spinta al
rinnovamento”; sarebbe inoltre un “regresso” a una situazione di inizi ‘900,
che annullerebbe importanti riforme e istituzioni.
Ecco l’intervista a MarioTorelli apparsa su
Repubblica:
Sono fra i non pochi archeologi che hanno solo notizie
vaghe del progetto di legge di riordino delle soprintendenze studiato dal
ministro Franceschini. Leggiamo sui giornali che ci sarà un accorpamento delle
tre specialità su base regionale: dovranno sparire moltissime creature della
riforma Bottai (1939) e delle parcellizzazioni degli anni Sessanta. Ed è
proprio questa la soprintendenza dove ho avuto la fortuna di iniziare la mia
carriera mezzo secolo fa. In sé scelte di questo genere non sono a priori né
buone né cattive: diceva Bianchi Bandinelli che è il professore che fa la
cattedra e non la cattedra che fa il professore. Ora, poiché non è pensabile
che la nuova riforma affidi a non specialisti la vita di istituzioni museali
antiche e consolidate, come il Museo di Villa Giulia, nato subito dopo l'Unità
assieme al Museo nazionale romano, per mostrare al mondo il volto del nuovo
stato italiano, capace di prevalere sui grandi Musei vaticani, occorrerà vedere
di quale grado di autonomia disporranno quanti saranno preposti alla
conservazione e alla valorizzazione del museo, e quale organismo sarà in grado
di assicurare l'alto livello specialistico richiesto dagli interventi
sull'immenso patrimonio etrusco, finora affidato alla soprintendenza per i Beni
archeologici dell'Etruria meridionale.
Questo è ciò che preoccupa persone come me, che
agli etruschi hanno dedicato una parte non secondaria della propria vita
scientifica, esattamente come sono preoccupati anche gli storici dell'arte per
i destini di gioielli unici, come ad esempio la Galleria Borghese, e più in
generale, per i destini della conoscenza e della difesa di opere d'arte mobile,
di cui l'Italia è ancora depositaria, malgrado i saccheggi e l'incuria di
governanti che da sempre avrebbero dovuto provvedere alla salvaguardia dei
nostri tesori artistici e non lo
hanno fatto. Ci dica il ministro Franceschini, lasciando per un momento da
parte manager e bookshop, che cosa ha in mente per l'architettura di dettaglio
dei futuri organismi di tutela, che tutto il mondo ci ha invidiato, e speriamo,
dovrebbe continuare a invidiarci.
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