Dov'erano
le Colonne d'Ercole? E già che ci siamo…dov'era Atlantide?
di
Alberto Majrani
In un
precedente intervento http://pierluigimontalbano.blogspot.it/2014/05/iliade-e-odissea-omero-racconto-delle.html
abbiamo visto come i racconti omerici e la stessa mitologia classica assumano
un significato molto più logico e coerente una volta che si sposta la loro
origine nelle terre nordiche, da dove proveniva l'ambra che ritroviamo in molti
siti archeologici mediterranei. Passiamo ora a localizzare le Colonne d’Ercole,
un altro degli enigmi che già appassionavano gli antichi: in effetti la
tradizionale ubicazione nei pressi dello stretto di Gibilterra è, come al
solito, una mera ipotesi senza alcun sicuro elemento di prova. Le Colonne
d’Ercole dovevano affacciarsi sull’Oceano ed essere l’ultimo limite del mondo
conosciuto, ma dopo Gibilterra la costa spagnola e quella africana continuano
per parecchi chilometri, e inoltre non ci sono nemmeno delle formazioni
naturali che possano ricordare delle vere e proprie colonne, se non un
ripidissimo pinnacolo di roccia. Quindi i geografi antichi dovettero piazzarle
lì perché non sapevano dove altrimenti collocarle. Sulla possibile reale
collocazione delle mitiche Colonne d'Ercole si è detto e scritto di tutto negli
ultimi tempi, anche sulle … colonne di questo blog; mi sembra ora di dire la
mia.
Ma
andiamo ad esaminare chi era questo eroe fortissimo, dai Romani chiamato Ercole
(Hercules), e dai Greci Eracle. Era figlio del dio Giove e di una mortale,
Alcmena, e fu divinizzato dopo la morte. Il suo culto, con vari nomi, era
diffuso nell’antichità in tutta Europa. Alcuni storici antichi riportano che
siano esistiti due (o forse addirittura tre) personaggi simili, con lo stesso
nome, di epoche diverse.
Senza
stare ad elencare tutte le sue famose 12 fatiche, possiamo notare come alcune
di esse abbiano una decisa collocazione nordica: il gigantesco cinghiale di
Erimanto affonda nella neve fresca; i buoi di Gerione ricordano la saga danese
dei buoi di Gefione; i pomi delle Esperidi crescono nelle terre iperboree, cioè
l’estremo nord. Inoltre, per raccoglierli, Ercole si fa aiutare da Atlante, il gigante
che regge la volta stellata: ma il firmamento apparentemente gira intorno al
polo nord celeste, quindi dove poteva stare Atlante per fare da perno e
reggerlo, se non in prossimità del polo nord terrestre?
Infine,
la vicenda della cerva di Cerinea, una cerva dalle corna d’oro, che stava
aggiogata al carro della dea Artemide (Diana), e che fugge anch’essa fino alle
terre iperboree prima di essere catturata da Ercole. Ora, l’unico cervide in
cui la femmina abbia le corna è la renna, l’unico cervide che può essere
aggiogato a un carro è ancora la renna (Babbo Natale insegna…), e infine il
cervide tipico dell’estremo nord, dove compie lunghe migrazioni, è sempre lei,
la renna! E le renne non vivono in Grecia, ed è certo che mai vi hanno vissuto
nel passato, visto che non si sono mai trovati resti fossili e che la loro
caratteristiche fisiologiche non sono adatte all’ambiente greco. Eppure c’è un
bronzetto miceneo dell’VIII secolo avanti Cristo che rappresenta una cerva che
allatta un piccolo, quindi indubbiamente una femmina, con un bel paio di corna…
certo è una raffigurazione stilizzata e non assomiglia a una vera renna, ma può
darsi benissimo che l’ignoto artista si sia basato sui racconti dei genitori o
dei nonni senza averne mai vista realmente una.
Delle
altre otto fatiche non si può dare con certezza una collocazione geografica,
anche se spesso sono ambientate in territori ricchi d’acqua, quali fiumi e
paludi, come del resto anche molti altri miti “greci”: i nomi dei luoghi, come
al solito, possono essere frutto di una trasposizione. I miti nascono da
avvenimenti reali poi trasfigurati dalle interpretazioni e dai continui
passaparola successivi: il difficile è riuscire a risalire alle vicende e alle
collocazioni originarie. A questo proposito, si può notare come la Selva
Ercinia, cioè la selva di Ercole, corrispondesse alla foresta che ricopriva la
Germania, e inoltre che il culto di Ercole, chiamato anche Ogmio (o Ogmios, o
Ogma, o Ogham), era diffusissimo in tutto il Nord Europa, isole britanniche
comprese, fin dalla più remota antichità. Quindi se Ercole era una divinità
nordica, si capisce perché la collocazione delle Colonne d’Ercole nel
Mediterraneo generi tanti dubbi... semplicemente, non erano nel Mediterraneo!
E allora
dove potevano essere queste colonne gigantesche, situate all’estremo limite del
mondo conosciuto, prima del pauroso salto nell’Oceano, il “fiume Oceano” che
ricorda la corrente del Golfo? Felice Vinci, l'autore di "Omero nel
Baltico", pensa che potessero corrispondere alle isole Fär Oer, mentre io
ritengo che la localizzazione ideale sia la costa nord dell’Irlanda, dove sorge
una straordinaria formazione naturale, oggi nota come il “Selciato del
Gigante”, costituita proprio da decine di migliaia di enormi colonne di basalto!
Quindi non solo due misere colonne, come
vengono spesso rappresentate, ma circa quarantamila!
Secondo
le leggende irlandesi, le colonne furono edificate dal gigante Fionn Mac
Cumhaill (pronunciato Fin Mec Cul), un nome che presenta una strana assonanza
con Hercules. In realtà, tale meraviglia naturale risale a un'eruzione
vulcanica verificatasi circa 60 milioni di anni fa, ben prima che l'uomo
facesse la sua comparsa sulla faccia della terra.
E infine,
non è che quei banchi di sabbia poco profondi che si trovano al largo delle
Isole Britanniche siano proprio i resti di una certa isola affondata
nell’Oceano al di là delle Colonne d’Ercole che in tanti stanno cercando? Tra il 4000 e il 3000 a.C. c’è stato un picco
di freddo che ha interrotto il lungo optimum climatico postglaciale. Per
effetto di questa piccola era glaciale, il livello del mare è rimasto più basso
per circa un millennio, portando allo scoperto una vasto territorio, che i
geologi chiamano Doggerland, ma poi questo territorio è stata nuovamente
ricoperta dall’Oceano. Qualcosa di analogo è avvenuto nel periodo tra il 2000 e
il 1500 avanti Cristo. Premesso che (sto scherzando, è chiaro!) finché non si
troverà uno zerbino con su scritto “Benvenuti in Atlantide” qualsiasi luogo per
la localizzazione della mitica isola perduta è buono, magari sarà il caso di
fare un giretto in sommergibile da quelle parti…
Si
potrebbe obbiettare che, secondo il racconto tramandato da Platone, Atlantide
sarebbe però scomparsa in modo improvviso, magari a causa di un catastrofico tsunami,
un’onda gigantesca di maremoto, come quelli che nel 2006 hanno portato morte e devastazione sulle coste
dell’Oceano Indiano e nel 2011 in Giappone. Ebbene, se guardiamo verso nord, ad
un migliaio di chilometri dalle coste irlandesi, troviamo l’Islanda, isola di
ghiacciai e vulcani attivi. Nel 1996,
l’eruzione di un vulcano, situato sotto l'enorme ghiacciaio del Vatnajökull, ha sciolto circa 3 chilometri cubi di
ghiaccio creando un enorme lago che, a distanza di un mese, ha fatto crollare
una parte del ghiacciaio stesso. Una spaventosa massa di acqua, ghiaccio e fango si è riversata a
valle sommergendo una vasta regione, fortunatamente pressoché disabitata,
distruggendo tutto quello che incontrava sul suo cammino. Non è difficile
immaginare che qualcosa di simile, su scala ancora maggiore se verificatosi
durante un periodo freddo, con la calotta glaciale ancora più spessa, possa
aver provocato l’ondata gigantesca in grado di distruggere la civiltà atlantidea. Le grandi nubi di cenere potrebbero avere
portato modifiche al clima e insoliti fenomeni ottici nell’atmosfera,
interpretabili come conseguenza dell’ira divina. Qualcosa di molto simile
all’evento di Santorini, per cui i due avvenimenti potrebbero aver finito con
il fondersi e… confondersi nell’immaginario dei popoli primitivi. Il fatto
stesso che il dio del mare, Poseidone, è detto Enosictono, cioè “scuotiterra”
fa sospettare che già gli antichi avessero correttamente messo in relazione i
maremoti con i terremoti. Recentemente, uno studio geologico condotto
dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia ha scoperto che qualcosa di
analogo si verificò nel Mediterraneo circa 8000 anni fa, quando una gigantesca
frana sull’Etna, di ben 35 km³, causò l’inondazione distruttiva di diversi
villaggi neolitici fino sulle coste mediorientali. Nel 6200 a.C. una frana di
un'enorme massa di ghiaccio sulle coste della Norvegia, conosciuta come
Storegga Slide, provocò un catastrofico tsunami che devastò l'isola che
emergeva in quel periodo al centro del Doggerland, ed ebbe un impatto enorme
sulle popolazioni mesolitiche. In effetti, Platone parla di una catastrofe
verificatasi 9000 anni prima di Solone, il che corrisponderebbe all’incirca con
la fine dell’ultima era glaciale, però non esistono tracce di una civiltà
evoluta, simile a quella da lui descritta, a quell’epoca. Certo, si può sempre
sostenere che anche quello di Platone sia solo un racconto fantastico, creato
appositamente per scopi didattici, e che non abbia nessuna attinenza con la
realtà. Ma come ho già detto, molto spesso i miti nascono da eventi reali o da
fenomeni naturali, di cui si perde il senso quando vengono trasportati al di
fuori del loro originario contesto temporale e geografico. Si tratta di capire
fino a che punto il racconto di Platone, che è il primo nella storia che parli
esplicitamente di Atlantide, anche se molti miti simili si ritrovano un po’
ovunque, possa essere preso alla lettera. Altre frane di dimensioni colossali
sono avvenute nelle regioni nordiche, a causa del rapido innalzamento di tutto
il territorio, avvenuto con lo scioglimento della pesante coltre glaciale. Le
ripide scogliere norvegesi sono il risultato di quello che i geologi chiamano
sollevamento glacioeustatico; da esse si sono staccati pesantissimi blocchi di
roccia, in grado di provocare ondate distruttive. Se ha ragione Vinci ad
identificare la Scheria con la Norvegia, si potrebbe ipotizzare che il “gran
monte”, con cui il vendicativo Poseidone copre la terra dei Feaci, sia il
ricordo di una di queste disastrose frane.
E’ anche
possibile che il maremoto sia stato causato dalla caduta nell’oceano di un
grosso meteorite o di una cometa, ma che potrebbe non aver lasciato tracce
geologiche visibili. Un evento di cui sarebbe rimasta testimonianza nel mito di
Fetonte , il figlio di Elio, dio del Sole, che precipitò nel fiume Eridano per
aver guidato maldestramente il carro
solare del padre troppo vicino alla Terra; le ninfe piangevano lacrime d’ambra,
a conferma di una molto più logica collocazione nordica del mito: il termine
Eridano indicava anticamente un fiume europeo (non si è mai capito se il Rodano
o il Reno, o qualcun altro) e poi ha designato il Po, con il solito meccanismo
di designare luoghi diversi con nomi simili. Nel febbraio 2013, la caduta in
Russia di un meteorite di una decina di metri di diametro ha fornito uno
spettacolare ed inquietante esempio di quale avrebbe potuto essere l’effetto di
un simile avvenimento. Il bolide incandescente ha attraversato l'atmosfera alla
velocità di 54.000 km/h, circa 44 volte la velocità del suono, lasciando una
scia di fumo lunga centinaia di chilometri, e si è disintegrato sopra la città
di Čeljabinsk con una esplosione paragonabile a quella di una bomba atomica, mandandone in frantumi tutti i
vetri, ferendo migliaia di persone e danneggiando sei città della regione, per
poi concludere la sua corsa in un lago ghiacciato. (video https://www.youtube.com/watch?v=dpmXyJrs7iU
)
Di
sicuro, anche se si parla di Atlantide come di un “continente” perduto, non può
essere scomparsa in pochi giorni un’isola con le dimensioni di un intero
continente, senza che se ne trovino tracce evidenti; e inoltre non possiamo
fare della fantageologia condensando in un tempo così breve dei processi
geologici che richiederebbero comunque centinaia di milioni di anni! E’
possibile, invece, che sia esistita una civiltà marinara che viveva sulle zone costiere o su una
piccola isola, che sia stata in gran parte spazzata via da un evento catastrofico,
e che alcuni suoi rappresentanti siano sopravvissuti, magari in altri luoghi,
trasmettendo ai loro discendenti in forma di mito il ricordo dei bei tempi
passati. I resti di questa civiltà potrebbero essere costituiti dal vasto
insediamento neolitico presente nelle isole Orcadi, che per la sua importanza è
stato inserito dall’UNESCO tra i patrimoni dell’umanità. Di certo, in nessun
luogo del mondo ci sono tracce di un’antica civiltà tecnologicamente avanzata
paragonabile alla nostra attuale; anche se qualche scultura o graffito dal significato
ambiguo ha scatenato l’immaginazione di
molti appassionati di misteri, gli
archeologi non hanno mai trovato degli oggetti che fossero più “moderni” degli
archeologi stessi. Purtroppo in una tomba antica non è mai stato rinvenuto né
un barattolo di plastica, né una racchetta di fibra di carbonio, né tantomeno
una spada laser! Nessuno, nei tempi andati fino ai giorni nostri, ha mai
trovato qualche oggetto o qualche strano materiale che non fosse stato già
inventato: se qualcuno trovasse qualcosa di assolutamente nuovo diventerebbe
immediatamente famosissimo e ricchissimo!
Ritornando
al tema dei basalti colonnari, vale la pena di dare un’occhiata ad un altro
luogo molto caratteristico: l’isola scozzese di Staffa, nelle Ebridi. In essa
si apre una grotta (Fingal’s cave, grotta di Fingal, altro nome del medesimo
Fionn) in cui la risacca produce una specie di ululato molto suggestivo, tanto
da avere ispirato anche il musicista Felix Mendelssohn per un suo poema
sinfonico https://www.youtube.com/watch?v=zcogD-hHEYs
, e in tempi più recenti, anche il gruppo dei Pink Floyd per un brano
psichedelico, mai però pubblicato nei dischi ufficiali, e ripreso in parte
nella lunga suite intitolata Echoes https://www.youtube.com/watch?v=Y9BQhmIShrg
. Ma quello che è più degno di nota è il
confronto tra il suo aspetto e la descrizione che Omero fa del mostro di
Scilla:
Là
dentro Scilla vive, orrendamente latrando:
la
voce è come quella di cagna neonata,
ma essa è mostro pauroso, nessuno
potrebbe
aver gioia a vederla, nemmeno un dio, se l'incontra.
I piedi son dodici, tutti invisibili:
e sei colli ha, lunghissimi: e su ciascuno una testa
da fare spavento; in bocca su tre
file i denti,
fitti e serrati, pieni di nera morte.
Per metà nella grotta profonda è nascosta,
ma spinge le teste fuori dal baratro orribile,
e lì
pesca, e lo scoglio intorno intorno frugando
delfini e cani di mare e a volte anche
mostri più grandi
afferra, di quelli che a mille nutre
l'urlante Anfitrìte. (Od. XII, 85-97)
Singolare
poi che più a sud, al largo della Cornovaglia, si trovi l’arcipelago delle
isole Scilly…
Penso che le Colonne d'Ercole siano un limite mentale e non geografico, una barriera delle conoscenze geografiche che veniva spostata più in là ad ogni navigazione di esplorazione. Platone, colui che scrisse delle Colonne d'Ercole, visse per 8 anni in Sicilia pertanto dubito fortemente che se fossero esistite materialmente in un luogo si sarebbe lasciato sfuggire l'occasione per descriverle minuziosamente. Per quanto riguarda Atlantide sono convinto che sia una favola raccontata magistralmente da Platone che si avvalse di tutta quella tradizione orale marinaresca appresa nei porti e negli approdi mediterranei. Verosimilmente riportò nero su bianco una serie di vicende e luoghi realmente esistiti, concentrando tutte le caratteristiche in un'isola immaginaria che doveva essere presa come riferimento ideale per l'organizzazione politica e sociale di una comunità. Auspicava che gli amministratori greci adottassero quelle idee per creare un "paradiso terrestre" nel quale vivere e prosperare, ma non fu creduto e seguito dai suoi contemporanei. In poche parole si tratta di un'utopia valida ancora oggi, una società organizzata al meglio e governata da saggi che provvedono alla equa distribuzione della ricchezza verso gli abitanti.
RispondiEliminaFrau dice una cosa giusta (una), cioè che la localizzazione delle Colonne d'Ercole è tutt'altro che sicura. Per il resto, perdonate la battuta, l'unica cosa che la sua teoria ha in comune con Atlantide è che... fa acqua da tutte le parti! Di certo la vicenda della civiltà scomparsa in seguito ad una inondazione è presente in tutti i miti del mondo, quindi è molto probabile che "qualcosa" sia successo in tempi molto antichi.
RispondiEliminaHo il piacere di comunicarvi che anche questo articolo è contenuto nel mio nuovo libro intitolato "L'ASTUTO OMERO - Ulisse, Nessuno, Filottete e il geniale inganno dell'Odissea" che risolve TUTTI (o quasi) i problemi della questione omerica e molti altri misteri sull'origine delle mitologie. Non ci credete? Potete richiedere l'ebook completo con 200 immagini e IL TESTO RADDOPPIATO RISPETTO ALLA PRIMA EDIZIONE. Costa solo euro 3,14... Per riceverlo basta inviare una mail ad alberto.majrani@tiscali.it . Grazie.
RispondiEliminauna piccola correzione: il bronzetto con la renna dell'ottavo secolo è più precisamente di epoca geometrica, non micenea, mea culpa, scusate.
RispondiEliminaMolto più precisamente quindi ahahah. A parte ciò, sottoscrivo in toto, anche in quanto fortunato e convinto possessore dell' Astuto Omero
RispondiEliminaHo il piacere di comunicarvi che nel 2020 L'ASTUTO OMERO diventerà un libro in carne ed ossa, pardon, in carta e inchiostro, che potete prenotare a prezzo scontatissimo qui https://astutoomero.blogspot.com/2017/07/neomecenatismo.html
RispondiEliminaIo dico che è l'unica di buon senso
RispondiElimina