sabato 7 novembre 2015
Una miniera di relitti nel mar Egeo: Al largo delle isole Fourni gli archeologi hanno scoperto i resti di 22 navi antiche
Una miniera di relitti nel mar
Egeo: Al
largo delle isole Fourni gli archeologi hanno scoperto i resti di 22 navi
antiche
di Nick Romeo - fotografie
di V. Mentogianis
Ben 22 relitti individuati in
un'area di meno di 50 chilometri quadrati sul fondo dell'Egeo, intorno al
piccolo arcipelago di Fourni, in sole due settimane: la sensazionale scoperta
compiuta nel settembre scorso di recente da un team di archeologi greci e
americani sta fornendo nuovi e interessanti dettagli sulle rotte commerciali e
sulle tecniche di costruzione navale nell’antico Mediterraneo. A guidare gli
studiosi sono state le indicazioni di pescatori e subacquei locali. I relitti
coprono un arco di tempo vastissimo: il più antico risale al periodo arcaico
(700 - 480 a.C.), mentre il più recente è del Cinquecento. Sono state
individuate anche alcune navi del periodo classico ed ellenistico, tuttavia la
maggior parte delle imbarcazioni - 12 su 22 - appartengono al periodo tardo
antico romano (IV - VII secolo d.C.). “Ci troviamo in un’area archeologica
incredibilmente ricca”, dice George Koutsouflakis, direttore degli scavi e
archeologo del Dipartimento greco per l’archeologia subacquea. Una scoperta di
questo tipo è un evento eccezionale ed estremamente raro, ma i ricercatori sono
comunque certi che troveranno altri
relitti, visto che finora hanno indagato
poco più del 5% delle coste dell’arcipelago. I resti individuati appartenevano
a imbarcazioni commerciali, che navigavano sulle rotte che collegavano
l’Anatolia, l’isola di Samo, il Mar Nero, Rodi, Cipro e l’Egitto. I resti
lignei non si sono conservati ma il loro carico, costituito principalmente da
anfore, si è preservato. Studiandone la forma e le dimensioni gli archeologi
sono in grado di stabilire il luogo e l’epoca di produzione. Inoltre, le
analisi sui residui organici permettono di individuarne il contenuto. Studiandone la forma e le dimensioni gli
archeologi sono in grado di stabilire il luogo e l’epoca di produzione.
Inoltre, le analisi sui residui organici permettono di individuarne il
contenuto. “Basandoci sulle
conoscenze attuali sappiamo che, in genere, questo tipo di anfore venivano
usate per trasportare tre tipi di prodotti: vino, olio e salsa di pesce”,
spiega Jeffrey Royal, co-direttore degli scavi e ricercatore della RPM Nautical
Foundation. Nei contenitori più piccoli venivano invece conservati prodotti di
lusso, come profumi e unguenti, marmellate, miele, nocciole, mandorle e altri
frutti. Gli equipaggi del periodo
classico erano composti da 10 - 15 marinai, mentre in epoca tardo antica,
grazie ad alcuni progressi tecnologici - come l'adozione della vela latina, di
forma triangolare - l’equipaggio poteva essere composto anche da soli 5 - 7
uomini. Le piccole imbarcazioni commerciali, a differenza delle grandi triremi
da guerra, navigavano grazie alle vele e non alle file di rematori. A quanto
pare, alcuni dei relitti scoperti sui fondali dell’arcipelago greco affondarono
a causa di tempeste improvvise. I forti venti avrebbero spinto le navi contro le
formazioni rocciose delle acque basse. Peter Campbell, dell’Università di
Southampton, spiega che “le navi venivano ancorate nei pressi delle scogliere
per difenderle dai venti di nord est, ma questo le rendeva molto vulnerabili ai
venti meridionali che le spingevano verso gli scogli.” All’epoca
le probabilità di sopravvivenza dei marinai erano molto scarse; secondo
Campbell, infatti, “solo da quattro imbarcazioni i marinai avrebbero potuto
raggiungere a nuoto le spiagge più vicine. Gli altri naufragi sono avvenuti
invece davanti a scogliere a picco sul mare: non c’era alcuna possibilità di
sopravvivere in quei punti durante una tempesta”. Anche se l'analisi dei
materiali è appena iniziata, il dato più evidente è la particolare abbondanza
di imbarcazioni romane. Quest’apparente impennata nei traffici commerciali
potrebbe essere legata all’ascesa di Costantinopoli e dell’Impero Bizantino a
partire dal IV secolo d.C. Gli studiosi sperano che lo studio dei materiali
possa aiutare a comprendere meglio la rete commerciale di quel periodo e in
particolare i legami con le nuove strutture politiche che andavano a definirsi
nel Mediterraneo orientale. L’arcipelago
di Fourni era già conosciuto dai trafficanti di beni archeologici. I pescatori
avevano notato dei movimenti sospetti, ed in effetti gli archeologi hanno
trovato le tracce di scavi illegali. La localizzazione precisa dei 22 siti di
naufragio consentirà, quindi, alle autorità greche una sorveglianza più
efficace. Gli archeologi coinvolti nelle ricerche sperano, inoltre, che tutte
le conoscenze che deriveranno da queste ricerche contribuiscano ad accrescere
il legame tra le popolazioni locali e i loro beni storici. “Una popolazione
coinvolta ed informata è la miglior forma di promozione e tutela possibile”,
afferma Campbell.
Fonte: http://www.nationalgeographic.it/popoli-culture/2015/11/05/foto/una_miniera_di_relitti_nel_mar_egeo-2835117/2/#media
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
E di navi Sarde ,...nulla ????!!!???!!! E non parlo di barchette , naturalmente .
RispondiEliminaI sardi conoscevano le baie e non naufragavano. Forse qualche barca sarda si troverà nel Mediterraneo Orientale :-D
RispondiElimina