venerdì 20 novembre 2015
Giotto, il pittore che rinnovò l’arte italiana
Giotto, il pittore che rinnovò l’arte italiana
di Pierluigi Montalbano
Come Dante, suo contemporaneo, è ritenuto il padre della lingua
italiana, così Giotto influenzò non solo le scuole pittoriche del Trecento, ma
anche gli artisti del Rinascimento. La leggenda più nota fiorita intorno a
Giotto di Bondone, nato nel Mugello nel 1267, è quella che narra di quando Cimabue
vide il giovane pastore Giotto mentre ritraeva su una roccia una pecorella del
suo gregge. Lo introdusse nella sua bottega e divenne suo maestro,
accompagnandolo a Roma per mostrargli i cicli pittorici antichi e paleocristiani
e le opere dei più importanti
pittori romani della fine del Duecento. Dal 1296,
Giotto iniziò l'opera destinata a dargli fama eterna: gli affreschi della
basilica superiore di Assisi con le “Storie di San Francesco: 28 riquadri, che
descrivono la vita del santo dalla
giovinezza alla morte, alternando gli episodi ufficiali a quelli della leggenda
popolare. Gli ultimi affreschi furono terminati dai suoi collaboratori, perché
Giotto fu chiamato dal papa a lavorare a Roma per il giubileo del 1300. Per capire
la portata rivoluzionaria di Giotto, si può partire da quello che di lui scrive
con entusiasmo Cennino Cennini, pittore e scrittore d'arte vissuto nel
Quattrocento: "Giotto mutò l'arte del dipingere di greco in latino, e
ridusse al moderno". Giotto abbandona le immagini fisse e gli ori dell’arte
bizantina, dedicandosi alla realtà e alla natura, costruendo lo spazio del
racconto pittorico in maniera illusionistica e tridimensionale, con una precisa
prospettiva delle architetture, come si osserva nel “Presepe di Greccio” del ciclo di Assisi, dove i personaggi
si inseriscono con equilibrio nell'ambiente che li circonda. Le figure sono concrete,
reali, come si vede dalle pieghe morbide e naturali degli abiti sotto cui si percepiscono
i corpi. Quando Cennini scrive che Giotto "ridusse al moderno la pittura”
intende dire che il pittore riesce a trovare un contatto con la società
contemporanea, con i suoi usi e costumi. Nell’opera “Omaggio dell’uomo semplice”,
un personaggio stende ai piedi di Francesco il suo mantello. La scena si svolge
lungo una strada reale di Assisi, tra il Palazzo comunale e il Tempio di
Minerva, inoltre, la presenza di borghesi dell'epoca che commentano il fatto
favoriva l'identificazione dello spettatore nella storia, annullando le
distanze tra la pittura e il mondo reale. Nella “Rinuncia degli averi”, è rappresentata
l'ira di Bernardone, padre di Francesco, quando il figlio gli comunica la
rinuncia agli agi e sceglie la povertà. Si riconosce la piazza del Vescovado di
Assisi. Dopo aver soggiornato a Roma, Giotto va a Padova per realizzare tra il
1303 e il 1305 la cappella privata di Enrico degli Scrovegni, figlio di un
usuraio di Padova, inserito in un girone dell’Inferno di Dante, che eresse l'oratorio
religioso per espiare i peccati familiari. Giotto affresca le pareti con “Storie
della Vergine”, Storie di Cristo”, “Vizi e Virtù” nel basamento e uno straordinario “Giudizio
Finale” in controfacciata, dove compare anche il ritratto dello Scrovegni. La
naturalezza e la ricerca espressiva dei protagonisti, la ricchezza dei colori, la
capacità di costruzione architettonica e prospettica dello spazio mostrano la
piena maturità dell’artista. L’amorevole abbraccio della Madonna al figlio nel “Compianto
su Cristo morto” e gli sguardi tra Gesù e Giuda in “Cattura di Cristo” nel
momento del tradimento, mostrano un realismo di livelli altissimi. La maestria
di Giotto si nota anche nei “Coretti”, due piccole cappelle vuote dipinte sulla
parete, con finestrelle da cui si vede il cielo, un capolavoro di prospettiva che
anticipa la pittura rinascimentale. Giotto si cimentò anche con i soggetti
tradizionali della pittura del Duecento, ad esempio nel “Crocifisso” realizzato per la Chiesa fiorentina di
Santa Maria Novella, supera quei legami ancora esistenti tra Cimabue e la
pittura bizantina, realizzando un'immagine realistica. Anche nella “Vergine con
Bambino in trono”, oggi agli Uffizi, pur attenendosi all'immagine tradizionale,
tralascia l'atteggiamento distaccato e la stilizzazione lineare e conferisce solidità
di forme alla Vergine e al Bambino e un senso di umana partecipazione alle
vicende del mondo. Oltre ad Assisi, Roma, Padova e Firenze, fu attivo a Rimini
nei primissimi anni del Trecento favorendo la nascita di una scuola pittorica. All'apice
della sua fama Giotto fu conteso dai grandi committenti del suo tempo, a Napoli
da Roberto d'Angiò e a Milano presso Azzone Visconti per affrescarne il
palazzo. L'ultima opera è del 1334, quando fu capomastro per la Repubblica
fiorentina per realizzare il celebre campanile del Duomo, di cui gettò le
fondamenta e diresse personalmente i lavori fino al primo ordine dei rilievi.
Morì a Firenze nel 1337.
Nell'immagine: La Cappella degli scrovegni
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