giovedì 19 novembre 2015
Il Rinascimento. I grandi maestri della pittura: Raffaello Sanzio
Il Rinascimento. I grandi maestri della pittura: Raffaello
Sanzio
di Pierluigi Montalbano
Nato nel 1483 a Urbino, una
delle corti più raffinate dell’Italia rinascimentale, si formò tra Perugia e
Firenze, a contatto con Leonardo e Michelangelo. Talento precoce, a venti anni
aveva già eseguito alcuni capolavori, e quando morì a 37 era considerato un
genio. Capace di conversare alla pari con principi e studiosi, e di usare
qualsiasi tecnica con lo stesso successo, creò opere di perfezione assoluta
secondo i canoni del tempo, rimasti validi ancora oggi. Suo padre, Giovanni
Santi, artista presso la corte di Federico da Montefeltro, morì nel 1494 e
Raffaello si spostò a
Perugia per collaborare con il celebre Perugino che
influenzò notevolmente le sue prime opere. Così la “Crocifissione” detta Mond,
se non ci fosse la firma dell’artista, si confonderebbe con un’opera del
Perugino, e la pala con lo “Sposalizio della Vergine”, anch’essa firmata e
datata 1504, ripete un’altra opera di analogo soggetto, sempre del maestro,
oggi conservata nel museo di Caen. A Perugia ottiene la protezione della
potentissima famiglia Baglioni, e a Urbino, negli stessi anni, lavora per Giovanna
Feltria, figlia di Federico da Montefeltro, signore di Urbino, e moglie di Giovanni della
Rovere, eseguendo tre deliziosi quadretti: San Giorgio e il drago, San
Michele e il drago e il Sogno del cavaliere. Il 1 ottobre
1504 Giovanna Feltria lo raccomanda al gonfaloniere di Firenze Pier Soderini,
pregandolo di trovargli incarichi pubblici importanti, così Raffaello lascia
l’Umbria per la Toscana. Nei primi anni a Firenze si trova a fare i conti con i
talenti locali, su tutti Leonardo e Michelangelo, e mentre i due più anziani
colleghi lavoravano per la Sala delle Udienze a Palazzo della Signoria,
Raffaello continuò a produrre per Perugia completando la Pala Ansidei e la Pala
Colonna.
A Firenze si specializzò nella produzione di quadri per le case di
ricchi signori fiorentini, raffiguranti per lo più Sacre famiglie o ritratti,
risultando maestro incontrastato, elaborando modelli, conservati oggi nei musei
di tutto il mondo. Nessuno meglio di lui riuscì a raffigurare la tenerezza,
l’amore e l’affetto che uniscono i membri della Sacra famiglia, tuttavia, non
raffigura un’ideale di bellezza perfetto: i suoi personaggi sono di
irresistibile fascino perché, al contrario di quelli di Leonardo o
Michelangelo, affiancano alla ricerca di perfezione la semplicità e la
naturalezza. Una delle ultime opere a Firenze è il “Trasporto del cristo morto”,
oggi nella Galleria Borghese di Roma, eseguita per Atalanta Baglioni, nobile
perugina, che volle dedicare il quadro alla memoria del giovane figlio
Grifonetto, assassinato da un cugino nel 1500. L’opera raffigura il Cristo
morto trasportato alla tomba con dolore e fatica da due portatori, mentre
intorno le Marie e Giuseppe d’Arimatea mostrano varie sfumature del dolore:
dalla tristezza alla disperazione. In questo dipinto abbandona lo stile dolce per
avvicinarsi alla potenza drammatica delle figure di Michelangelo. Fu un grande
ritrattista, capace di cambiare tono, arie e stile a seconda del personaggio
che deve rappresentare, cogliendo anche
gli aspetti tipici e interiori. Ad esempio, nei ritratti di due papi, Giulio II
e Leone X, e di Baldassarre Castiglione (oggi al Louvre), si notano l’aria
solenne, la ricchezza di dettagli preziosi e un taglio delle figure che mostra
le doti morali, in quel perfetto equilibrio di realtà e idealità. Quando,
invece, realizza figure femminili, Raffaello usa un registro diverso, molto
sensuale, ammiccante, talvolta ironico, come nel caso del celebre”Ritratto
della velata”, o in quello della sua bella amante, la Fornarina. Nel 1508 il
papa Giulio II, forse su consiglio del Bramante, chiamò Raffaello in Vaticano per
decorare i nuovi appartamenti del pontefice (le Stanze, gli arazzi per la
Cappella Sistina e le Logge). Nella prima Stanza (della segnatura) fece quattro
straordinari affreschi che convinsero papa Giulio II ad affidargli la
decorazione di tutte le Stanze e di conseguenza a licenziare illustri pittori
già al lavoro, tra cui il suo vecchio maestro, il Perugino. Nella prima stanza
esegue quattro capolavori. Il primo (La scuola di Atene) raffigura una grande
riunione di filosofi antichi in un monumentale edificio ispirato al
contemporaneo progetto di Bramante per la nuova basilica di S. Pietro. Il
secondo (La disputa del sacramento) raffigura una riunione di sommi sacerdoti e
filosofi della Chiesa in un paesaggio moderno, intenti a discutere dei misteri
della fede.
Poi rappresenta il “Parnaso”, una riunione di poeti, tra i quali
Dante e Virgilio, in compagnia del dio Apollo e delle Muse. Infine realizza le
tre virtù cardinali (forza, prudenza e temperanza). All’interno degli affreschi
il pittore inserì numerosi ritratti, tra i quali Michelangelo, il filosofo
Eraclito, Bramante, Euclide, oltre al suo autoritratto insieme al Giovanni
Battista Bazzi detto il Sodoma, che proprio Raffaello aveva sostituito. La
Stanza successiva (Eliodoro) vede un affresco centrale (la cacciata di Eliodoro
dal tempio) e tre dipinti che illustrano episodi in cui Dio è intervenuto
miracolosamente in aiuto della Chiesa e dei suoi fedeli: la Messa di Bolsena,
la Liberazione di San Pietro dal carcere e l’incontro di Attila con Leone
Magno. La terza sala fu realizzata durante il pontificato di Leone X,
successore di Giulio II, e, infatti, rappresenta tutti eventi storici che hanno
per protagonista un papa omonimo: la Battaglia di Ostia, vinta da Leone IV, La
Giustificazione di Leone III e l’Incoronazione di Carlo Magno per mano dello
stesso Leone III, infine l’Incendio di Borgo, miracolosamente estinto da Leone
IV. L’ultima Stanza, detta di Costantino, fu impostata da Raffaello, ma, dopo
la sua morte nel 1520, fu eseguita dall’allievo Giulio Romano.
Nelle immagini: L'incendio di borgo, la disputa del Sacramento e la scuola di Atene
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