“Non erano mai state trovate tracce di sangue, anche quando furono aperte alcune arterie, per cui si era sempre pensato che il sangue non si fosse conservato o che forse Ötzi ne avesse persa una grande quantità dalla ferita provocata dalla freccia”, spiega Albert Zink, direttore dell’Istituto per le mummie e l’Iceman di Bolzano.
I ricercatori hanno analizzato la ferita sulla schiena di Ötzi e la ferita da taglio sulla mano destra con
Precedenti ricerche avevano suggerito la presenza di sangue su alcuni strumenti preistorici, ma, come spiega Zink, “non c’è mai stata certezza visto che anche altre strutture hanno una forma molto simile alle cellule sanguigne umane, come pollini o batteri”.
Per confermare quindi che si trattasse di cellule umane i ricercatori hanno utilizzato un’altra tecnologia che illumina i campioni con una luce laser; poi attraverso l’analisi dello spettro della luce dispersa dai campioni si può identificare la composizione molecolare delle sostanze. “Abbiamo ottenuto i tipici valori che danno il sangue e l’emoglobina. Questa è l’evidenza più antica di globuli rossi”.
Oltre ai globuli rossi, le nanotecnologie usate dai ricercatori, hanno rivelato tracce di fibrina, una proteina che regola la coagulazione del sangue, suggerendo così l’ipotesi di una morte rapida. “La fibrina si forma immediatamente sulle ferite appena aperte, nel giro di pochi minuti, ma scompare altrettanto velocemente”, spiega Zink. “La presenza di fibrina sulla ferita da freccia conferma che Ötzi è morto subito dopo essere stato colpito dalla freccia e non nei giorni o nelle ore successive come alcuni sostengono. Questo ormai non più sostenibile”.
In futuro, la nuova tecnica usata in questo studio potrebbe rivelarsi utile anche nelle moderne indagini per omicidio. Le cellule sanguigne antiche sono più elastiche di quelle fresche e questa differenza potrebbe aiutare gli scienziati del crimine, spiega Zink. “Una volta che il sangue si è seccato, con le tecniche forensi attuali non riesce più a determinare con certezza l’età delle macchie di sangue: non si può dire se ha un giorno, una settimana o un mese. Ma con questa nuova tecnica riuscendo a registrare piccole differenze nella elasticità delle cellule forse si potrebbe determinare l’età delle macchie”.
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