La storia dei “Villanoviani-etruschi”
di Paolo Campidori
Come ho detto diverse
volte, secondo i miei studi bisogna distinguere fra Villanoviani ed Etruschi, e
già subito bisogna dire che c’è una continuazione fra le due etnie. E’ chiaro
che se si fa riferimento al passato remoto, noi dobbiamo tener conto di quel
trait-d’union fra Italia, mondo Greco, la Mesopotamia e l’Asia. Ma qui si parla
di un fenomeno di commercializzazione, di scambio di prodotti, di migrazione
che inizia almeno dal terzo millennio a.C. E’ chiaro, quindi, che nell’Italia
si formò una popolazione (etnia) autoctona che, molto più tardi, sarà chiamata Villanoviana
(da Villanova, presso Bologna). Io ho lavorato per più di due anni alla
Soprintendenza dei Beni Artistici di Bologna e negli anni Settanta ho visitato
vari musei cittadini, principalmente quello civico, dove ci sono collezioni importanti.
Proprio lì ho
avuto modo di studiare il periodo villanoviano, quello che poi sarà conosciuto
come Etrusco. (Gli Etruschi, tuttavia, si facevano chiamare Rasena). Verso la
fine del VII a.C., abbiamo informazioni più precise sugli Etruschi in quanto
inizia il “periodo storico”,quello cioè dove compare la scrittura (guarda caso
prendendo come campione l’alfabeto greco). La società in Toscana, nel Lazio
(Tuscia) nell’Umbria, ecc., in questo periodo si era già formata. Per fortuna
abbiamo ritrovato tante tracce di una popolazione antica che Romani, e non solo,
volevano cancellare dalla storia. Si trattava di una
società, quella Etrusca,
fondata sul latifondismo (simile al nostro Medioevo), in cui i Principi erano
padroni assoluti (e sono rimasti anche tutt’ora), e dettavano legge ai sudditi
(i servi della gleba). Era una società formata anche da artigiani, i quali, con
i millenni, avevano acquisito una esperienza, ad esempio nei metalli, molto avanzata.
Non
dimentichiamo le terrecotte, bellissime, i buccheri, la gioielleria, la
produzione di armi prima in ferro e poi in acciaio. Gli Etruschi, da quanto ci
rivelano le numerose epigrafi, erano forti in terra e nel mare. Possedevano una
flotta che intimoriva tutte le popolazioni che si affacciavano sul
Mediterraneo. Io non credo, come hanno affermato i Romani, che essi, così
potenti, così agiati (anche le città minori battevano moneta), tanto ricchi di
materie prime: olio, vino, frumento, legumi… avessero bisogno di depredare le
navi in transito. Gli etruschi (villanoviani) tuttavia, conobbero una cocente
sconfitta proprio dai loro primi interlocutori commerciali, i Greci. Essi,
erano anche più forti dei villanoviani-etruschi e avevano una flotta con
innovazioni tecniche da far paura a tutti!
Greci ed
Etruschi miravano all’espansionismo del territorio. Questi ultimi avevano già
formato colonie al Sud (Cuma), e miravano a espandersi ancora più giù, verso il
Sud d’Italia, la Magna Grecia. I greci, a loro volta, sempre per motivi
commerciali e di potere, volevano espandersi verso il Nord, compresa la Liguria
e Marsiglia, territori di ‘appannaggio’ commerciale etrusco. Proprio sul finire
del VI a.C., dopo altre scaramucce, gli etruschi e i greci si trovarono gli uni
di fronte al gli altri sui mari di Cuma (che era diventata colonia etrusca).
Come sappiamo bene dal proverbio, “fra i due litiganti il terzo gode”, e questo
terzo era Roma, che approfittò subito di questa débacle etrusca, per iniziare a
colonizzare le città etrusche, proprio da Veio, la più vicina a Roma e dalla
quale si sentiva minacciata.
Questa è la
storia dei “villanoviani-etruschi”, i quali, avendo perduto il predominio nei
mari, dovettero accontentarsi di commerciare via terra, costruendo nuove strade
e nuove città (sotto la direzione e la supervisione greca). Nacque così una
grande strada che da Pisa (non più ligure) arrivava al porto di Spina in soli
tre giorni di viaggio. Nacquero due città carovaniere: una presso Prato: Gonfienti
e l’altre sulla Porrettana, in Val di Misano, ora detta Marzabotto (oppure
Misa, ma questi non sono i nome della città antica). Poi, piano piano, il ceto
medio dei villanoviani-etruschi (artigiani, commercianti, ecc.) persero la
loro influenza, la loro potenza bellica e anche la loro dignità. I costumi,
specialmente quelli delle classi più agiate, divennero ‘molli’, il vizio e la
decadenza dei costumi presero il sopravvento, e l’antica grandezza
villanoviano-etrusca divenne ‘mollezza’ greco-romana. Coloro, i quali non
accettarono questo ‘staus-quo’ furono uccisi, o imprigionati e resi schiavi dai
greco-romani.
Altri per
sopravvivere dovettero arruolarsi nell’esercito romano, che estese il suo
Impero anche sugli Etruschi. Questi ultimi conobbero un ulteriore decadimento
sotto i romani, i quali occuparono le loro città, le trasformarono a loro
piacere, imposero le loro leggi e la loro religione. I Romani fecero piazza
pulita di essi e della nascente comunità dei Cristiani: bruciarono tutte le
loro cose, compresi libri, leggi e oggetti di culto (damnatio-memoriae).
Fortunatamente greci e romani non riuscirono a eliminare del tutto un popolo
così civile, laborioso e intelligente. Dalla loro terra, negli ultimi secoli,
gli archeologi riportano in vita beni di ogni genere, nascosti nelle loro tombe.
Si tratta di oggetti di straordinaria bellezza artistica che hanno riempito i
musei d’Italia e di tutto il mondo. Ovviamente, la lingua è un condensato di un
ceppo originale di provenienza orientale (Mesopotamia, Asia), contaminato da
apporti linguistici provenienti da tutto il mare Mediterraneo, dal Mar Egeo,
dalla zona di influenza greca, dall’Africa che si affaccia sul Mediterraneo e
dalla zona egiziana. La lingua è di origini semitiche, ossia ‘parente’ della
lingua ebraica e aramaica, ma che in sostanza appartiene al ceppo delle nazioni
culle di civiltà che si trovavano nella Mesopotamia (letteralmente: in mezzo a
due fiumi, il Tigri e l’Eufrate) e nei territori nord-orientali del fiume Indo
(Valle dell’Indo). Oggi gli Etruschi siamo noi, quelli che pronunciano la
stessa C gutturale (gorgia toscana, proprio come pronunciavano loro), che abbiamo
le stesse abitudini (originarie), che abbiamo gli stessi costumi, e dai quali
abbiamo ereditato uno stile di vita caratteristico, compresa la loro lingua.
Fonte: www.culturamugellana.com
Mail: culturamugellana1@gmail.it
Villanova di Castenaso è una frazione del comune di Castenaso che si trova al confine del comune di Bologna, altri insediamenti simili vennero trovati nel quartiere San Vitale a BOLOGNA e presso la Certosa vicino al fiume Reno, ma è possibile che quei geni di archeologi abbiano pensato un nome così generico di un quartiere recente come Villanova, che se ne trovano a centinaia, per indicare un popolo antico le cui caratteristiche peculiari erano quelle di stanziare presso i corsi d'acqua e di incenerire i morti che interravano nelle urne, il resto.. fantasie..
RispondiEliminai reperti trovati a Villanova di Castenaso sono del 900 a.c. e quei popoli vivevano in baracche, un museo all'aperto in via Bentivogli a Bologna mostra il loro stile di vita.. ci vuole molta immaginazione a pensare che quelle genti si arruolassero nelle file dell'esercito romano...
RispondiEliminaNon è assolutamente corretto distinguere i villanoviani dagli Etruschi. I villanoviani non sono altro che gli Etruschi del periodo villanoviano.
RispondiElimina