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martedì 31 dicembre 2013

Sardi nuragici, Pelasgi ed etruschi, di Massimo Pittau

Sardi nuragici, Pelasgi ed etruschi
di Massimo Pittau


Da più di trenta autori antichi, greci e latini, vengono chiamati Pelasgi/Pelasgói “naviganti e pirati” che risultavano segnalati in quasi tutta la Penisola italiana e poi in quella greca e infine in molte località del Mar Egeo.
Nel mondo antico correva un’etimologia di questo vocabolo: Pelasgós = pelargós «cicogna» (uccello migratore); ma in realtà questa non era altro che una paretimologia o “etimologia popolare” (cioè errata), conseguente al fatto che i Pelasgi si spostavano spesso dal Mar Tirreno a quelli Ionio, Adriatico ed Egeo. E come dimostra soprattutto il fatto che i Pelasgi o Pelasgói sono citati dagli autori antichi, greci e latini, quasi sempre e soltanto in questo esatto modo.
A mio avviso, invece, Pelasgus/Pelasgós significava anch’esso «costruttore e abitante delle torri, torrigiano, turritano», derivando dalla glossa latino-etrusca fala «torre di legno, torre d'assedio» (DELL). E c’è da precisare che dell’appellativo fala i Glossari latini riportano pure la variante phala e inoltre che le alternanze delle vocali A/E e delle consonanti F/PH/P sono ampiamente accertate nella lingua etrusca (DICLE 13; LIOE, LLE Norme).
A mio giudizio dunque ha un elevato grado di probabilità e di verosimiglianza il fatto che anche l’etnico lat. Pelasgus e greco Pelasgós corrispondesse esattamente all’altro etnico Tyrsenós, Tyrrhenós = «costruttore e abitante delle torri», ma avendo come base la glossa latino-etrusca fala, phala «torre» invece dell’altra greco-etrusca tyrsis, tyrrhis «torre». Anzi, prendendo in esame la forma dell’etnico Tuscus «Etrusco, Toscano» (che deriva da Tur-sc-us), si vede chiaramente che Tuscus e Pelasgus sono due perfetti sinonimi, dato che hanno la stessa identica struttura: Turr-scus, Pela-sgus.
E come i veri e propri e originari Tyrsenói, Tyrrhenói erano i Sardi Nuragici, costruttori delle «torri nuragiche», così pure i Pelasgi in origine indicavano anch’essi i «Sardi Nuragici».
Nella lingua etrusca il nostro appellativo potrebbe aver avuto la forma di *PELASXA e di fatto forse potrebbe corrispondere all’antroponimo femm. FELSCIA, da interpretarsi come FEL(A)SC-IA (CIE, Per. 4513), con accertate e ben conosciute alternanze fonetiche etrusco/latine P/F, X/G, A/E (DICLE 13; LIOE, LLE Norme).
Preciso e sottolineo che a favore di questa mia etimologia di Pelasgus/Pelasgós interviene una notevole prova di carattere metodologico: questa etimologia in effetti ha il grande pregio di costituire la principale “chiave di lettura e di soluzione” della intricatissima questione degli antichi Pelasgi, la quale diversamente continuerebbe a rimanere senza alcuna soluzione.
Proprio su questo argomento è da citare una ampia e importante opera dello studioso francese Domenique Briquel, Les Pélasges en Italie - Recerches sur l’histoire de la légende\1\. Si tratta di un’opera che da un lato è degna di grande lode, dall’altro è da respingersi con decisione per le analisi e le conclusioni che l’Autore ha ritenuto di doverne trarre. È degna di lode poiché l’Autore vi presenta e discute minutamente tutte le numerosissime citazioni antiche dei Pelasgi, invece è da respingersi per questi che a me sembrano i suoi difetti fondamentali: I) Il Briquel, dalla prima all’ultima pagina, anzi dallo stesso titolo della sua opera definisce quella dei Pelasgi una “légende”. Ed io obietto: come è possibile che quella dei Pelasgi citati da più di trenta autori antichi sia solamente una «leggenda»? II) Il Briquel dedica numerosissime e minutissime analisi e interpretazioni ai testi studiati, finendo però col restarvi come impaniato o irretito nelle stesse e col non prospettare nessuna soluzione del problema. Ne deriva pertanto l’impressione che egli abbia agito come la famosa volpe rispetto all’uva del pergolato: ha definito il problema dei Pelasgi una “leggenda”, per il motivo che non è riuscito a prospettarne la benché minima soluzione.
In effetti il Briquel ha ignorato del tutto quella che poteva essere ed era la vera ed esatta “chiave di lettura” di tutta la questione: che il vocabolo Pelasgus/Pelasgós era un etnico, che indicava un popolo specifico, caratterizzato da una particolarità specifica: la “costruzione di torri”. E siccome la presenza dei Pelasgi nella Penisola italiana era segnalata soprattutto in località rivierasche del Mar Tirreno, Pisa, Regisvilla, Tarquinia, Falerii, Pyrgi, Caere, Alsium, Roma, Ercolano, Pompei, era facile dedurne che i “naviganti e pirati” che devastavano quelle località partivano dalla Sardegna e dalla Corsica meridionale, con la sua appendice della “civiltà torreana”, cioè ancora delle “torri nuragiche”.
Abbiamo infatti una importante notizia di Strabone, nel passo già citato (V, 2, 7 [225]), che dice che i Tirreni della Sardegna effettuavano azioni di pirateria nelle coste dell’Etruria, soprattutto in quelle di Pisa. Questa notizia di Strabone di certo è molto più recente di quella relativa ai Pelasgi segnalati a Pisa, ma è probabile che in realtà non si riferisse ai tempi del geografo greco (vissuto nel 63 a.C.-19 d.C.), ma si riferisse al passato, di cui pertanto costituirebbe il lontano ricordo.
A questo proposito si deve considerare che per tutta l’antichità, fino alla seconda metà dell’Ottocento, quando fu inventata, costruita e adoperata in larga misura la ferrovia, “viaggiare” significava e consisteva nel “navigare”, come dimostra anche il fatto che il verbo italiano e romanzo arrivare in origine significava “attraccare”, derivando dalla espressione marinara ad ripam venire «arrivare alla riva». Pertanto, anche in virtù della presenza delle isole dell’Arcipelago Toscano, era immensamente più comodo, più sicuro e più veloce andare dalla Sardegna in Toscana, nel Lazio e in Campania che non andare per via terrestre dalla costa tirrenica a quella adriatica della Penisola italiana.
D’altra parte è un fatto che la presenza dei Pelasgi nelle coste occidentali dell’Italia centrale non è indicata dagli antichi autori soltanto a titolo di “incursioni piratesche”, ma è indicata pure a titolo di “stanziamenti” più o meno stabili. Lo scrittore greco Philisto (in Dionigi di Alicarnasso I, 22, 4 = FGH 556 F 46) divulga la notizia che i Pelasgi, assieme con gli Umbri, costrinsero i Siculi ad abbandonare il Lazio ed emigrare in Sicilia.
Addirittura i Pelasgi sono citati da Plutarco (Rom., 1, 2) come quelli che diedero il nome alla città di Roma; notizia che viene confermata in maniera clamorosa da quella di Dionigi di Alicarnasso (I, 29, 2), secondo cui «molti degli scrittori sostennero che la stessa Roma era un città Tirrena» (cioè Etrusca).


Pelasgi e Tirreni

A questo punto è importante precisare che la presenza dei Pelasgi risulta segnalata dagli autori antichi non solamente nelle aree del Tirreno e dell’Adriatico, ma risulta segnalata anche in quasi tutte le località del Mare Egeo. Anche in quest’area i Pelasgi risultano segnalati assieme coi Tirreni/Tirseni ed inoltre quasi sempre identificati fra loro. Qualche rara volta Pelasgi e Tirreni/Tirseni sono citati come distinti o differenti e addirittura come avversari.
Ma questo fatto non deve stupire più di tanto, quando si consideri che in effetti il nome di Tirreni/Tirseni e quello di Pelasgi erano riferiti non ad un popolo strettamente unitario, bensì a suoi differenti rami un po’ sparsi in tutte le coste settentrionali del Mediterraneo, cioè nei Mari Tirreno, Adriatico, Ionio ed Egeo. ***


\1\ École Française de Rome 1984, pgg. LI – 657.


*** Estratto dall'opera di Massimo Pittau, Il dominio sui mari dei Popoli Tirreni – Sardi Nuragici Pelasgi Etruschi, che è di recente è stata pubblicata in edizione digitale dalla editrice Ipazia Books e si può acquistare da Amazon.it al prezzo di € 5,47.

Massimo Pittau è un linguista e glottologo italiano, studioso della lingua etrusca, della lingua sarda e protosarda. Ha pubblicato numerosi studi sulla civiltà nuragica e sulla Sardegna storica.

Nell'immagine: Navicella bronzea nuragica da Padria, denominata del "Re Sole".

10 commenti:

  1. Un libro dalle premesse interessanti, che comprerò senz'altro. Vorrei anche chiedere se sa qualcosa a proposito delle identità trovate tra il DNA della popolazione sarda attuale e Ötzi, il famoso "uomo delle nevi" visibile nel bellissimo museo della mia città, Bolzano. È questa un'informazione che ho trovato per caso facendo ricerche sugli antichi Enetoi (la mia famiglia è di origine veneta) in un sito anglofono che si occupa di analisi del Dna in una prospettiva storica. La ringrazio per la Sua eventuale risposta e Le auguro un bellissimo 2014, con nuovi articoli interessanti sul meraviglioso popolo sardo.

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  2. Tempo fa pubblicai un articolo a riguardo, con un approfondimento sui prospector che si avventuravano in cerca di metalli. Certamente Otzi apparteneva a genti che non si ponevano problemi nell'attraversare grandi distanze, e ritengo probabile che la Sardegna, con le sue miniere di rame, costituisse un polo di attrazione per chi si cimentava in questa difficile attività del passato. Conosciamo le tracce dei commercianti di ossidiana (dalla Sardegna verso le coste liguri e toscane, e poi fino all'arco alpino), e sappiamo che la fine del Neolitico segna un passo decisivo nella evoluzione culturale dei popoli (con l'introduzione dei primi metalli). Con queste premesse mi pare verosimile che qualche traccia di Sardegna fosse presente nel DNA dei "viaggiatori preistorici italici", senza per questo avventurarmi in proclami (purtroppo cavalcati da alcuni autori) che vedono una parentela stretta da Otzi e i sardi.

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    1. La ringrazio moltissimo per la Sua immediata risposta. Sono un'appassionata di civiltà pre- e proto-storiche, pur non essendo specializzata in questi studi (il mio campo d'indagine all'università era la paleografia greca..). Per questa ragione leggo tutto il possibile, ma a volte è difficile mettere insieme idee e ipotesi talmente diverse/divergenti per chi non è un esperto. D'altronde le analisi del contenuto dello stomaco, indicano che Ötzi veniva dall'area del lago di Garda, zona di insediamenti diffusi già nel mesolitico e importante via d'accesso ai valichi alpini. Il suo riferimento ai prospector (professione viva ancora in epoca moderna) mi apre nuovi orizzonti di lettura! Grazie ancora per il suo bellissimo blog.

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  3. Bellissimo articolo del prof. Pittau.
    Io vorrei chiedere al professore se si possa fare un ulteriore passo in avanti: Tirreni-> Pelasgi (Phelasgi) -> Feaci.
    Tempo fa il prof. ha scritto un articolo proprio su isola dei Feaci e Sardegna, per cui mi chiedevo se il nome Pelasgi si possa essere ulteriormente evoluto in Feaci o esserne sinonimo (sono ignorante in materia ma i nomi sembrano riconducibili l'uno all'altro).
    Grazie. Davide

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  4. Da Massimo Pittau.
    "Sul momento non sono in grado di controllare, in termini di filologia, il testo dell'Odissea. Però mi sembra molto difficile che Feaci sia uguale a Pelasgi.
    Comunque grazie dell'attenzione dimostratami.

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  5. Tuttavia, professore, l'assonanza fra i due termini esiste ed entrambi inquadrano genti di mare. E' una comparazione interessante che potrebbe celare risvolti intriganti.

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  6. Esatto dott. Montalbano!
    Mi riferivo proprio a questo: entrambi erano popoli famosi per le elevate capacità di navigazione ed in più il nome appare simile, soprattutto riflettendo su quanto scritto dal prof. Pittau circa l'origine del termine da Fala/ Phala e che "le alternanze delle vocali A/E e delle consonanti F/PH/P sono ampiamente accertate nella lingua etrusca" frase che mi fa presuporre (nella mia ignoranza) una singolare assonanza..chissà che non si sia trovata l'isola dei Pelasgi/Feaci!
    Sono sicuro il prof. Pittau ci darà qualche sua riflessione più avanti ;)
    Grazie, Davide

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  7. Salve ed auguri a tutti...
    estremamente interessante questo articolo che mi suscitato dei quesiti: io sono di Arpino (Cicerone, Gaio Mario, etc.) paesino dotato, al pari di altri paesi della ciociaria, di mura poligonali molto antiche (datate da alcuni autori al IV-V secolo).
    queste mura sono dette anche "pelasgiche", nella vulgata, o "ciclopiche".
    C'è qualche relazione con i Pelasgi "facitori di torri" ?
    Vi ringrazio in anticipo per la pazienza che mi dedicherete e vi saluto

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  8. Si tratta di mura pelasgiche, ben anteriori al V a.C.

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  9. Da Massimo Pittau per Giulio:
    Sì, come dico nel mio studio sui Pelasgi, esistono testimonianze antiche circa la presenza dei Pelasgi (= Tirrreni, Tirseni = Nuragici «costruttori di torri») anche nel Lazio. E per questo le "mura pelasgiche" di Arpino possono realmente fare riferimento ai Nuragici.

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