venerdì 4 giugno 2010
Sea People - il popolo degli Haou-Nebout
In questo 2° post proseguono le vicende dei neolitici: l'Haou-Nebout
Nell'immagine è rtaffigurato il pittogramma del termine con il quale gli egizi rappresentavano il popolo di Haou-Nebout
Nella fase più antica il termine Haou-Nebout è espresso con formule archetipiche dall'aura mitico ancestrale ripetuta con ossessione che lasciano ipotizzare contatti remoti, dove l'Haou-Nebout diventa un luogo più che reale. Dall'estremo Occidente avviene infatti la colonizzazione delle coste asiatiche, per cui gli egizi raccontano dei popoli Haou-Nebout delle rive dell'Asia, e ne parlano come di nemici. Viene quindi coniata una nuova espressione per indicare la remota patria oceanica: le isole del cuore del Grande Verde. Quest'ultima fase avrà il suo apice con la grande trasmigrazione dell'epoca di Ramesse III, che pose fine all'età del Bronzo. Sono i popoli del mare, provenienti dalle coste Atlantiche, sono i popoli pelasgici. Giunsero dai confini occidentali del mondo, lungo il corso della corrente vitale del fiume oceano. Dipinto dagli egizi come un paese favoloso per le ricchezze minerarie, l'abbondante presenza di avorio e zanne, l’Haou-Nebout suggerisce la presenza di elefanti e quindi un habitat idoneo, peraltro confermato dall'abbondanza di uccelli esotici le cui piume preziose erano sia fonte di commercio che di quotidiana utilità, come testimoniato dai copricapi filistei. Non è azzardato affermare che gli egizi esprimessero nei confronti dell'Haou-Nebout, che ritenevano abitato da molti popoli se non da diverse razze, una valenza continentale. Uno spazio però sottoposto alla collera del Dio che ciclicamente si abbatte sulle isole. Gli egizi testimoniano che a governare l'Haou Nebout sono gli stessi dei de l'Egitto. È in questo spazio che si svolge la mitica battaglia tra Horus e Seth, che dopo la sconfitta sarà costretto a confinarvi il proprio potere. Seth, Poseidone, Baal, il dio della tempesta. E' dall'Haou-Nebout che sono giunte tutte le genti che consideriamo indoeuropee e riteniamo che l'origine dei progenitori indoeuropeei e dei portatori della civiltà neolitica sia del tutto sovrapponibile. È evidente una grande eterogeneità della popolazione sin dalle prime fasi della neolitizzazione, che risulterebbe quindi la prima diffusione migratoria di genti provenienti da una civiltà già millenaria. Solo così è possibile spiegare i misteri che circondano le ragioni così sorprendentemente lontane dallo scenario mesolitico, come dimostrano le complesse acquisizioni astronomiche emergenti dai siti neolitici. Una realtà incancellabile. E difficile non riflettere sul fatto che i primi coloni americani portarono dall'Europa la stessa economia fatta di cereali e ovini nata miracolosamente 11.000 anni prima nella mezzaluna fertile. A tutt'oggi non si sono fatti che piccolissimi passi nel tentativo di allargare il numero di animali domestici, sono tantissimi i tentativi anche recenti con risultati inutili. Fondamentalmente possediamo lo stesso tipo di allevamento di 10.000 anni fa, la cui origine affonda in un passato ben più remoto di quello che abbiamo sempre considerato. Secondo un'opinione condivisa dagli scienziati, il livello del mare prima del 10.000 a.C. era mediamente 150 m più basso dell'attuale, con una profonda modificazione delle linee di costa. Gli egizi certo non erano gli unici a parlare del Nebout, lo testimonia l'intera tradizione letteraria dei greci, considerati l'Haou-Nebout per eccellenza nel periodo tolemaico. Per i greci il Nebout è contenuto nel concetto di pelago a cui si unisce quello di caos. La dispersione e la frammentazione del sapere fu inevitabile e la sopravvivenza fu favorita con tutta probabilità dalla navigazione che doveva caratterizzare questa civiltà. Popoli e razze diverse che condividevano le stesse idee e la stessa conoscenza, come dimostrano gli archetipi comuni che confluiscono nel credo della dea madre. L'evento che creò il Nebout mise in serio pericolo la sopravvivenza dell'umanità e, come viene raccontato dalla Bibbia e da tutti i miti, questa si salvò grazie alla navigazione che la civiltà neolitica cui apparteneva aveva ampiamente sviluppato. La storia del primo neolitico è colma di soluzioni tecnologiche, impensabili per individui che compivano i primi passi verso un tale rivoluzionario evento.
Gerico, Cayonu, Kiro Kitia e altri siti lo dimostrano inequivocabilmente. Perché l'eterogenea e composita società Haou-Nebout scelse il Mediterraneo orientale come seconda patria? Indubbiamente nell'area fertile siro-palestinese crescevano le varietà selvatiche dei cereali utilizzati nelle prime coltivazioni, quindi un prezioso serbatoio da cui attingere. Non vi è da stupirsi se fra aree desertificate e allagate, movimenti tellurici ed esplosioni vulcaniche, la nuova umanità trovò nelle oasi del Medio Oriente le condizioni migliori per insediarsi. Si trattava peraltro di territori scarsamente abitati dagli indifesi mesolitici, che la scienza chiamerà natufiani, costretti a vivere predando il territorio in gruppi familiari di una trentina di individui al massimo. La scomparsa di molte razze di mammiferi e il generale impoverimento delle risorse non permetteva più di vivere in gruppi numerosi. L'iconografia confluisce in un unico credo: sia nelle arti maggiori che nelle espressioni del quotidiano come la tessitura, si rivelano un'unica origine e patrimonio simbolico, cui è possibile far corrispondere il linguaggio originario "nostratico" che non può essere frutto del caso né di un collettivo inconscio che si anima all'improvviso. Si sottolinea quindi un'unica civiltà madre, espressione di una civiltà complessa sopravvissuta al rischio dell'estinzione. La presenza di animali domestici come pecore e capre in epoca tanto remota lascia stupefatti: il passaggio dalla varietà selvatica a quella domestica prevede un lunghissimo cammino evolutivo che non è stato possibile dimostrare. Riassumendo il quadro che l'archeologia ci restituisce abbiamo:
-9500 a.C. presenza di agricoltori lungo le zone costiere dell'area siro palestinese.
-9000 a.C. La colonizzazione procede attraverso i bacini fluviali verso l'alta Mesopotamia e si nota la presenza di neolitici a Cipro.
-8000 a.C. a Gerico si costruiscono fortificazioni straordinarie.
-7800 a.C. dopo alcuni insediamenti per le montane sulle coste della Cilicia, una nuova popolazione entra in Anatolia e crea Catal Hoyuk, la prima città della storia con più di 5000 abitanti. Si tratta di un popolo che reca con sé un bagaglio culturale e tecnologico immenso. A Cipro vengono costruiti enormi recinti per animali domestici, soprattutto bovini.
-7000-6000 a.C. i bovini approdano anche a Creta e si sviluppano siti neolitici costieri in Grecia. Vengono colonizzati i Balcani e l'area del Mar Nero. È evidente un progressivo avanzamento lungo di bacini fluviali e il Danubio sarà percorso a ritroso sino alle grandi pianure centrali europee.
Tuttavia, pur sotto l'egida della Dea Madre, i balcanici non provenivano e non avevano condiviso le esperienze né dell'Anatolia, né della mezzaluna fertile. Siro-palestinesi, anatolici, balcanici: tre diversi gruppi, ma un'unica origine. I primi colonizzarono i bacini fluviali dell'Alta Mesopotamia e l'entroterra siro-palestinese. Infatti è dimostrato che le culture Mesopotamiche (Al Ubaid, Tel Alaf), cronologicamente successive, discesero dal Kurdistan. Gli anatolici si diffusero verso l'Iran e l'Afghanistan: sono infatti testimoniati in queste regioni siti del tipo Catal Hoyuk datati al VI millennio a.C. I balcanici popolavano i bacini fluviali e iniziavano un lento ma progressivo cammino verso il centro dell'Europa, come i danubiani che a ogni generazione avanzavano di 20 km costruendo un nuovo villaggio.
-6000 a.C. in un lasso di tempo relativamente breve, l'archeologia testimonia di un'intensa colonizzazione neolitica dell'intero bacino mediterraneo occidentale con localizzazioni costiere. Questi popoli che giunsero dal mare, nell'arco di qualche secolo si allontanarono dalle coste dimenticando gli antichi costumi marittimi. Alcuni fra questi divennero nomadi, ma le tende erano annodate con nodi da marinaio e posizionate con allineamenti stellari, eredità di una precedente conoscenza astronomica indispensabile alla navigazione, ma non di meno nelle steppe e nei deserti. L'antico legame col mare lo manifestavano anche i danubiani, che non rinunciavano a indossare collane di conchiglie marine (Spondilus), neppure quando da molti secoli vivevano al centro dell'Europa. Conclusasi la colonizzazione mediterranea, le genti progredirono all'interno dei continenti, diventando quegli gli autoctoni su cui interverranno più tardi le migrazioni verso il 3300 a.C.
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