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sabato 26 giugno 2010

Phoenike - Fenici - Biblo


Biblo
È una città antichissima, nel territorio ci sono tracce di frequentazione già nel settimo Millennio a.C. L’urbanizzazione recente ha cancellato gran parte dell’insediamento antico e solo in un’area su un promontorio si è conservato qualcosa. Si è potuto scavare agli inizi del 1900 e i ritrovamenti si riferiscono quasi esclusivamente al Bronzo, dall’antico al recente, mentre quelli del Ferro devono essere da un’altra parte, forse vicino al porto. Le strutture del Bronzo si concentrano intorno ad una fonte sacra. Tutto è circondato da un’imponente fortificazione in pietra con bastioni addossati sul lato interno per rinforzare le strutture. La cinta muraria ha origine nel Bronzo Antico e fu utilizzata fino all’età ellenistica attraverso varie ristrutturazioni. Fra XI e VIII a.C. c’è una ristrutturazione e viene costruito un terrapieno, come a Sarèpta.
Nella stessa area troviamo tre edifici sacri, due del Bronzo Antico e uno del Bronzo Medio, utilizzati fino a buona parte del Ferro. Il tempio più importante è quello dedicato alla divinità della città: Baalat Gubal (gbl significa montagna) che è la denominazione arcaica con la quale è identificata Biblo, nome dato dai greci. Baal è una divinità maschile che significa “signore”, il suffisso “at” è l’attribuzione del genere femminile, quindi “signora di Biblo”.

Questo tempio, come la maggior parte degli altri templi dell’area Siro-palestinese, è costituito da una grande corte con una serie di installazioni e di vani.
Un altro tempio è quello denominato a “L” per la sua forma. Fu smontato agli inizi del 1900 e ricostruito più a lato per consentire di proseguire gli scavi. Era dedicato ad una divinità maschile ed è costituito da una cella affiancata a due grandi corti. Abbiamo dunque una divinità femminile principale alla quale si affianca quella maschile, secondaria ma altrettanto importante. In una fase successiva, nel Bronzo Medio, fu eretto il tempio degli obelischi, costituito da una grande corte al cui centro si trova l’edificio sacro formato da una cella quadrata e da un portico. Il tutto adiacente ad un grande obelisco egiziano e nella corte sono presenti altri obelischi.
Il legame con l’Egitto è caratterizzante per la città di Biblo, infatti nel Bronzo proprio questa città fu la più importante fra quelle fenicie. Biblo era il tramite privilegiato con il faraone egizio e le relazioni politiche e commerciali erano dirette.
Sotto il pavimento del tempio sono state trovate centinaia di offerte votive costituite da bronzetti maschili rivestiti in lamina d’oro e altri bronzi di varia fattura.
La necropoli “reale” fu scavata nel 1922. Risulta costituita da 9 tombe ad inumazione delle quali solo 3 sono state ritrovate intatte, non violate. Sono costituite da un pozzo verticale dal quale si accede ad una camera dove erano posti dei sarcofagi destinati ai re. Dopo la deposizione la camera veniva chiusa con dei muretti che ostruivano l’ingresso e il pozzo era riempito da detriti, una tecnica che ritroviamo documentata spesso in occidente. Il sarcofago mostra la qualità del lavoro degli artigiani di Biblo durante il Bronzo Medio. I manufatti artistici sono particolarmente accurati: gli elementi iconografici sono presi dall’esterno ma vengono elaborati e si fondono insieme creando quello stile che contraddistingue gli artigiani orafi del mediterraneo orientale, gli avori ne sono un esempio.
Una delle tecniche più importanti è il cloisonnè: consiste nel ricavare nel manufatto delle cellette che vengono riempite con pietre preziose e paste vitree colorate.
Una delle tombe più importanti è quella che ospita il re Ahiram di Biblo, un sovrano del XIII a.C. o forse del X a.C. Nel pozzo quadrato che da accesso alla camera si trovano tre sarcofagi. Due di questi sono del Bronzo, mentre quello di Ahiram è contraddittorio perché è attribuito al Ferro ma in Libano non ce ne sono altri per questo periodo. La forma è parallelepipeda e alla base ci sono 4 protomi di leone. La decorazione che scorre su tutti i lati è delimitata inferiormente da un listello a rilievo e superiormente da una serie di fiori di loto alternativamente chiusi a bocciolo e aperti ma tutti rivolti verso il basso, a simboleggiare la discesa nel mondo dei morti. Fra i fiori e la decorazione centrale c’è un elemento a corda che percorre tutto il sarcofago. La base è sostenuta da 4 leoni accosciati con la testa e la parte anteriore delle zampe che sporgono dal sarcofago. Il pannello è costituito da una processione di fedeli che vanno verso il sovrano, assiso su un trono con braccioli a forma di sfinge alata e con i piedi su un piedistallo. I fedeli sono rappresentati col tradizionale gesto di saluto e benedizione.
Si tratta di una tipica iconografia orientale. Il re ha in mano un fiore appassito, simbolo di morte. La fila è capeggiata dal figlio del sovrano, colui che ha posto la scritta sul sarcofago. Fra il re e gli altri c’è un tavolino su cui sono deposte le offerte. Anche l’altro lato lungo mostra una processione, con un personaggio che si distingue perché porta una capra per il sacrificio. Sui lati brevi ci sono 4 donne che si strappano i capelli e le vesti per il dolore che provano per la morte del re. Il coperchio presenta al centro due leoni in bassorilievo, le cui teste sporgono dal sarcofago, forse per costituire un punto di presa per sollevare il coperchio stesso su cui sono rappresentati anche il re e suo figlio in bassorilievo.
La datazione pone problemi perché i materiali della fossa e gli altri sarcofagi sono del XIII a.C. ma l’iscrizione funeraria che corre sul bordo del sarcofago del re, posta dal figlio e che contiene una serie di maledizioni contro coloro che avrebbero violato il sarcofago, è una scrittura che i paleografi (coloro che si occupano dello studio delle iscrizioni e studiano l’evoluzione della forma dei caratteri nei vari periodi) hanno datato al X a.C.
Le ipotesi oscillano quindi fra XIII e X a.C. e propongono che la tomba del Bronzo possa essere stata riaperta per seppellire il re Ahiram e in quel momento fu eseguita l’iscrizione, con la possibilità che il sarcofago stesso sia stato rilavorato dagli scultori perché ci sono tracce di schegge.
L’ultimo manufatto a essere ricordato è la stele centinata del re Jehaumilk del 500 a.C. nella quale il sovrano viene celebrato per le sue azioni, fra le quali il restauro del tempio della Baalat Gubal. La cornice è a rilievo, come d’uso in quei tempi e in quei luoghi, e nell’incisione si nota il re che saluta la divinità, la Baalat Gubal, seduta su uno sgabello di tipo egiziano. Il copricapo del re è cilindrico, tipicamente persiano, mentre in precedenza avevamo le tiare coniche allungate. La divinità ha in mano uno scettro e con l’altra mano risponde al saluto del re. L’acconciatura presenta una corona formata da corna con al centro il disco solare, lo stesso simbolo di Hathor (Iside), la Dea Vacca del mondo egiziano. Questa divinità è spesso associata alla Baalat Gubal di Biblo ma in occidente si accompagna ad Astàrte e Iside. Possiamo dunque notare che in Libano abbiamo elementi tardi di tradizione greca che vanno a sostituire elementi di tradizione egiziana.

Nelle immagini: Tempio a L, Tempio degli obelischi, Pettorale realizzato con la tecnica Cloisonnè e Sarcofago di Ahiram, tutte tratte da Parrot, Chèhab, Moscati, 2005, modificate.

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