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lunedì 6 agosto 2018

Archeologia. Economia, commercio e relazioni internazionali al tempo dell’impero romano (parte settima). Riflessioni di Pierluigi Montalbano

Archeologia.  Economia, commercio e relazioni internazionali al tempo dell’impero romano (parte settima)

Riflessioni di Pierluigi Montalbano

Seconda parte: Il sistema dei traffici commerciali in Europa, Mediterraneo e Vicino Oriente. (Clicca sul titolo per aprire)
Terza parte: Economia e traffici commerciali nell'antichità: la questione greca. (clicca sul titolo per aprire)
Quarta parte: Vie commerciali e strumenti di scambio in Europa nel Neolitico e nelle età dei metalli. (clicca sul titolo per aprire)
Quinta parte: L’economia e i commerci al tempo dei greci di Alessandro Magno (clicca sul titolo per aprire)
Sesta parte: Le relazioni commerciali al tempo dell’impero cartaginese e degli etruschi (clicca sul titolo per aprire)

L’ascesa commerciale di Roma iniziò con la coniazione degli assi di bronzo alla metà del IV a.C. e con i denari d'argento nel 269 a.C. Le vittorie contro i Cartaginesi nelle guerre puniche diedero a Roma il dominio del Mediterraneo Occidentale, e l’intervento in Grecia seguito dalla conquista dell'Ellade, con le vittorie su Antioco, Mitridate e Cleopatra d’Egitto, eressero Roma dominatrice del Mediterraneo orientale. Con la conquista delle Gallie, dei paesi sulla riva destra del Danubio sino al Mar Nero, l'annessione di buona parte della Britannia, degli Agri decumati, della riva sinistra del Reno, e della destra dell'alto Danubio, della Dacia, della Mesopotamia e dell'Arabia, l'Impero romano avvia una globalizzazione economica che estende i suoi commerci sino all'India, alla Cina e all'Africa centrale. Roma diventa il centro del mondo antico e assume il carattere di città cosmopolita.
In età repubblicana, la popolazione disponeva di immense risorse agricole che provenivano da Sicilia e Sardegna, poi si aggiunsero Cartagine e l'Asia Minore e, infine, l'Egitto e l'Africa, quindi in Italia si
abbandonò progressivamente la coltura granaria, sostituita dai frutteti e dagli ortaggi nei territori più fertili, dalla pastorizia negli altri. Lo sviluppo industriale delle città dell'Etruria e della Campania fu favorito dall'importazione dei minerali da Sicilia, Spagna e Macedonia, e successivamente dalle Gallie e dal Norico. Queste industrie romane, inizialmente esercitate da artigiani costituiti in corporazioni, col diffondersi della mano d'opera servile finiscono nelle mani degli schiavi, per poi ritornare in mano di liberi col declinare dell'istituto della schiavitù. Roma e l'Italia importavano materie prime, derrate alimentari, oggetti fabbricati, prodotti di lusso e opere d'arte. Le Gallie e la Spagna fornivano prevalentemente materie prime: rame, piombo, argento, stagno, lane grezze, pelli da cuoio, l'Asia, il Ponto e la Siria legname, l'Arabia spezie e aromi, la Sicilia cereali, il Ponto e la Spagna pesce salato, le Gallie carne salata e formaggi, il Vicino Oriente oggetti di lusso e tessili. Il commercio degli schiavi era alimentato dall'Oriente, dalle Gallie, dalla Germania. In età repubblicana il porto principale era Pozzuoli, al quale poi Ostia fece una vittoriosa concorrenza. La contropartita delle importazioni era costituita da oggetti di bronzo, ferro e vasi di terra dalla Campania, legno e lana dalla valle del Po. Le importazioni erano massicce e Roma, per far fronte alla spesa, decise di esportare l’oro e l’argento accumulati dalle conquiste delle provincie, rifornendosi continuamente coi tributi provinciali. Il commercio romano avveniva prevalentemente nel Mediterraneo, i cui traffici fiorirono grazie alla politica di ricostruzione della fine della repubblica, con il ripristino di Cartagine e di Corinto e con la concessione di Delo ad Atene nel 166 a.C. a condizione che il porto fosse aperto a tutti gli stati. La politica liberale dei Romani verso Utica e Marsiglia favorì lo sviluppo dei mercati portuali e il grande retroterra dell'Impero romano, che ha i suoi sbocchi nel Mediterraneo, era adeguatamente sfruttato attraverso le celebri vie di comunicazione come le vie Appia, Latina, Valeria, Flaminia, Cassia, Aurelia in Italia, e, fuori dell'Italia, nella Gallia meridionale la via Domizia, in Grecia la via Egnazia, in Oriente le antiche vie carovaniere. Sotto l'Impero romano, le attività economiche del mondo antico erano coordinate meglio che durante le monarchie ellenistiche, poiché ai paesi dell'Oriente, riorganizzati dai Greci, si aggiunsero le regioni dell'Occidente: Gallie, Iberia, Provincia d'Africa e Mauritania, la Germania coi Campi decumati fra il Reno e il Danubio, una gran parte della Britannia, la Dacia a nord del Danubio inferiore, e in Oriente una parte dell'Armenia. C’è da osservare che questa globalizzazione economica non significò automaticamente la fusione economica e politica delle varie regioni, differenti per carattere geografico, etnico, morale, storico.
L'Impero romano si presentò, specie nei primi secoli, come una federazione di stati sottomessi a un dominio assicurato con l'occupazione militare. Ciò permise il loro sviluppo economico e un rapidissimo progresso civile e sociale, con la diffusione del diritto romano e l'adozione di un sistema metrico e monetario unico. Anche i rapporti fra l'Impero e i paesi stranieri si avvantaggiano dalla nuova organizzazione perché si ampliarono le conoscenze geografiche e i commerci si estesero a regioni ignote nell'età ellenistica. Tolomeo descrive l'Indocina e giunge alla costa meridionale della Cina, conosce in Africa le regioni delle sorgenti del Nilo e all'ovest il Niger. Durante l'Impero, gli esploratori giunsero nell'Africa equatoriale, e nell'Europa del nord i romani si spinsero sino alle coste scandinave e alla Livonia. Nonostante il sistema fiscale di sfruttamento, i vantaggi della differenziazione della produzione nelle singole provincie portarono a un progresso dovuto alla specializzazione dell'agricoltura e dell'industria nei vari territori. I progressi più sensibili si ebbero nelle Gallie e nella Germania, nel Norico, nell'interno dell'Illiria, nella Pannonia, dove, specie per opera delle legioni, furono messi in valore terreni paludosi, e in paesi dell'Africa del Nord dove l'irrigazione rese fertili territori prima desertici. Le merci più scambiate furono il grano della Sicilia, dell'Africa e dell'Egitto; l'olio della Spagna e dell'Africa; il vino delle Gallie, della Dalmazia, dell'Asia Minore e della Siria; le carni salate delle Gallie e della Britannia; i pesci salati della Spagna, del Ponto, del Bosforo Cimmerio e dell'Egitto. L'Egitto e l'Africa producevano lino; l'Asia Minore e l'Africa, lana; l'Illirico e l'Asia Minore, pelli; la Spagna, le Gallie e la Britannia sono nominate per il cuoio. La Grecia, l'Asia Minore e l'Africa danno marmi; la Spagna, la Britannia, l'Illirico, Cipro, il paese dei Calibi, metalli lavorati e grezzi; l'Africa e la Siria, legnami; la Spagna, le Gallie, l'Asia Minore, la Siria, il Libano, l'Egitto, stoffe; le Gallie, l'Asia Minore, ceramiche; le Gallie, il Libano, l'Egitto, vetrerie; l'Oriente, anche gioiellerie; l'Asia Minore, la Siria, il Libano, l'Egitto, profumi; la Cirenaica esporta il silfio; l'Egitto, il papiro; Pergamo, la pergamena; l'Africa, bestie feroci; l'Asia Minore, la Siria, l'Egitto, l'Africa, schiavi; la Germania di là dai confini, ambra e schiavi; la Scozia, grano, pelli, pellicce e pietre preziose. Fuori dei confini dell'Impero il regno dei Parti esporta schiavi e bestie feroci; l'Arabia, pelli e ferro; l'Iran, alabastro, incenso, spezie, pietre preziose e cotone; l'India, spezie, profumi, avorio, ebano, bestie feroci, schiavi, pietre preziose; la Cina, seta; l'Africa orientale, tartaruga, avorio, legni preziosi; l'Africa equatoriale, polvere d'oro, pelli, avorio e schiavi. Le popolazioni incivilite mutarono di abitudini, e l'urbanesimo nelle provincie d'occidente creò nuovi bisogni e nuovi commerci.
Le cave di pietra furono sfruttate intensamente, e l'ingrandirsi di Roma vi fa convergere in maggior misura i marmi della Grecia, di Carrara, i porfidi verdi della penisola del Tenaro, quelli rossi del Mons Claudianus, i graniti di Siene, l'alabastro del Mons Berenicides. Le Gallie fornivano marmi e graniti, le regioni dell'Africa marmi e calcari colorati. Nell'insieme, le miniere di metalli preziosi nei paesi d'oriente avevano diminuito la loro produttività; le miniere dell'occidente avevano ormai ben maggiore importanza. L'oro proveniva sempre più dalla Spagna, dalle Gallie, dalla Britannia, dalla Dalmazia, dalla Mesia, dalla Dacia dopo la conquista di Traiano. Piombo argentifero proveniva dalla Sardegna, Spagna, Gallia centrale e meridionale, Dalmazia, Pannonia, Epiro; il ferro dall'Elba, dall'Etruria, dalle regioni dei Pirenei e del Norico; il rame dalla Betica e Lusitania, dall'Aquitania, dalla Provincia Narbonese, e dalla Britannia; il piombo dalla Penisola Iberica, dall'Africa del Nord e dalla Britannia. Le saline erano sparse dappertutto: in Italia a Ostia, Volterra, Taranto, Gela; in Africa ad Utica e ai confini orientali dell'Egitto; nella Spagna Citeriore, in Linguadoca, presso i Tarbelli lungo l'Atlantico fino alle Fiandre, presso i Sequani e i Mediomatrici; in Epiro, in Illiria e in Tessalia, nella Frigia e Cappadocia, a Cipro e in varie regioni dell'Egitto. Gran parte delle miniere erano di proprietà dell'imperatore. La conquista romana non modificò la produzione industriale nell'Oriente, mentre fece sorgere in Occidente nuove industrie connesse sia allo sviluppo delle provincie, sia alla produzione delle materie prime: metallurgia, ceramica e industrie tessili.
I giacimenti minerari della Spagna fecero fiorire l'industria di oggetti di ferro e di bronzo a Bilbilis e a Cordova. Nelle Gallie, le industrie metallurgiche, già tradizionalmente efficienti con i locali, si svilupparono ulteriormente dopo la conquista romana. Il ferro del Norico era lavorato a Lauriacum, Caractum, Aquincum, Sirmium. In Italia, in Etruria e in Campania la produzione di ceramiche aveva i suoi centri principali a Modena, Cales, Cuma, Arezzo. Questa industria fiorì nelle Gallie e in Spagna, specialmente a Sagunto. Nelle industrie tessili, la conquista romana fece aumentare la produzione e la concentrò. In Italia sono note le lane di Pollentia, Parma, Modena, Luceria, Canusia e Taranto dove si lavorava la lana dell'Apulia. Padova produceva stoffe, tappeti e vesti. Nelle Gallie, la grande produzione di tessuti, lane, lino e canapa ebbe come centro i territori degli Atrebati, Nervi, Santoni, Lingoni, Cadurci. Importanti città manifatturiere di tessuti furono: Rouen, Amiens, Reims, Bourges, Nîmes. Assai diffusi furono i tessuti di lana dell'Africa del Nord, gli othonia di Malta, i carbasi di Tarragona e le tele di Emporie e Setabis.
Il centro del commercio romano verso il II d.C. si spostò da Oriente a Occidente, poiché la Gallia, la Britannia, la Spagna e le regioni alpine acquistarono maggiore importanza nell'economia imperiale. Treviri, Arelate, Narbona e Lione diventarono grandi centri commerciali. I mercanti italiani, attirati verso l'Occidente, abbandonarono sempre più i grandi empori dell'Oriente ai mercanti del Vicino Oriente, e successivamente i Romani lasciarono sempre più agli Orientali anche i mercati d'Occidente.
L'Impero romano non giunse a una solida unità doganale. Era diviso in 10 circoscrizioni, oltre l'Italia, per cui per passare dall'una all'altra le merci pagavano dazi (dal 2% al 6%) secondo i territori e la tipologia merceologica. Le circoscrizioni erano: Sicilia, Spagna, Gallie, Britannia, Illirico, Asia (Bitinia, Ponto e Paflagonia), Siria, Egitto, Africa del Nord. Il commercio era esercitato nelle botteghe delle città e nel mercato pubblico: il macellum. C’erano anche mercati straordinari (nundinae) nelle città e nelle campagne in periodi fissi, un paio di volte al mese. Il commercio all'ingrosso si svolgeva principalmente nei porti, dove si accentravano le mercanzie del retroterra. I commercianti si raggruppavano in corporazioni di appartenenti a industrie e commerci e di mercanti. Il commercio romano era agevolato dalle banche, e in Oriente il sistema bancario, più antico, era assai più progredito che in Occidente. Il commercio si serviva di monete d'oro, d'argento e altri metalli preziosi che venivano pesati. Le città delle provincie continuarono a emettere monete di bronzo sino al III d.C. Alcune regioni utilizzavano ancora una circolazione locale di biglione, fra cui l'Egitto, ma le monetazioni locali cessano ovunque alla fine del III secolo.
Successivamente, l'Impero romano inizia una rapida decadenza della quale la vita commerciale risente profondamente. L'inflazione monetaria, dovuta all'emissione di monete di biglione sempre peggiori con un cambio in oro sempre più sfavorevole, produce una rivoluzione nel commercio, nel periodo che va dall'età di Gallieno a quella di Costantino. Per fermare il rapido aumento dei prezzi delle merci Diocleziano emette l'editto de pretiis rerum venalium, nel quale fissa i prezzi di tutte le merci e di tutti i salari dopo aver fissato il corso del denario a 1/50.000 di libbra d'oro, ma sappiamo che questo editto, il cui scopo era quello di fissare il corso del denario in oro, pur rimanendo senza effetti di sorta, fu uno dei sintomi di un sistema politico-economico che caratterizzò la decadenza dell'Impero romano. Il processo di decomposizione dell'Impero fu rallentato dalla burocratizzazione di tutte le funzioni sociali, con fenomeni di concentrazione in tutti i campi della produzione. Nell'agricoltura si costituì sempre più il latifondo, coltivato da coloni legati alla gleba. Nella produzione industriale e nel commercio divennero coattive ed ereditarie tutte le professioni d'interesse pubblico, prima organizzate in corporazioni libere: tali quelle dei piccoli armatori, dei fabbri, dei pompieri, degli armaioli e monetari, dei pescatori di porpora, dei tessitori imperiali, dei minatori, dei mugnai e fornai, dei macellai. Gli artigiani e gli industriali diventarono funzionari pubblici che s’inserirono sull'organizzazione politica della città. Questa nuova organizzazione non favorì lo sviluppo del commercio, e questo si concentrò ancor più nelle mani dei Siri e degli Ebrei.

Immagine di https://www.romanoimpero.com/2011/12/la-taberna-romana.html

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