domenica 12 agosto 2018
Archeologia, le materie prime dell'antichità. La storia dell'avorio, il pregiato materiale bianco che faraoni, regine e sovrani desiderarono per mostrare la loro ricchezza. Riflessioni di Pierluigi Montalbano
Archeologia, le materie prime dell'antichità. La storia dell'avorio, il pregiato materiale bianco che faraoni, regine e sovrani desiderarono per mostrare la loro ricchezza.
Riflessioni di Pierluigi Montalbano
Già in epoca
preistorica, l'avorio delle zanne di mammuth era utilizzato per creare piccoli
oggetti scolpiti, raffiguranti animali o figure umane, come le celebri
statuette della Dea Madre trovate dagli archeologi negli scavi in grotta. Non si sa se l'uomo
preistorico usasse gli strumenti musicali a fini ricreativi o religiosi, ma di
certo sappiamo che la musica esisteva già più di 30.000 anni fa. In una
caverna, vicino a Ulm, nella Germania meridionale è stato, infatti, ritrovato
un flauto in avorio di circa 18 centimetri. Fra gli oggetti
preziosi più antichi, conosciamo alcuni bracciali databili al Neolitico medio,
utilizzati come ornamento di individui che si distinguevano nella comunità di
appartenenza, forse sovrani o personaggi legati al sacro. In epoche più
recenti, l’avorio è stato portato alla luce a Creta, negli scavi del Palazzo di
Cnosso, e in un’imbarcazione affondata alla fine del XIV a.C. a Uluburun, nel
sud della Turchia, dove gli archeologi, a circa 40 metri di profondità, fra le
tonnellate di materiali trasportati nel carico, hanno recuperato due libri
realizzati unendo due tavole di ebano con cerniere d’avorio. La tecnica prevalente è rappresentata dall'intaglio realizzato con
bulino, cesello, trapano e, successivamente, tornio
La produzione di oggetti in avorio fu riservata,
per il costo della materia prima, che spesso doveva essere importata, e l'alto
grado di perfezionamento della tecnica di lavorazione, a soddisfare le esigenze
di lusso e ricchezza delle corti e degli ambienti religiosi. In Egitto, fin
dall'età predinastica, la lavorazione dell'avorio raggiunse un notevole livello
artistico, come testimoniato, ad esempio, dall’impugnatura del coltello da
Gebel-el-ʽAraq, ora al Louvre. A Megiddo in
Palestina sono stati trovati pissidi per
unguenti e profumi, placchette per la decorazione di mobili e porte. Nel I
millennio a. C. l'artigianato dell'avorio raggiunge livelli di alta perfezione
artistica. Le botteghe della Siria furono fra le più celebri del passato,
insieme a quelle anatoliche e quelle assire. Rilievi in avorio citati nei testi
storici assiri come parte di tributo, sono stati rinvenuti in gran numero nei
palazzi del periodo neoassiro nelle antiche capitali di Assur e Dūr-Šarrukīn. Altre collezioni importanti provengono dalla residenza
assira di Hadatu, dalla capitale palestinese di Samaria, dal centro cipriota di
Salamina e da centri siro-anatolici, come Zincirli e Karkemis. Con la
fine del VII a.C. l'artigianato dell'avorio del Vicino Oriente decadde. Fra le civiltà
extra-europee, l'avorio, in Africa, ha sempre avuto un grande valore, superiore
a quello dell’oro. I centri principali furono il Benin, in Costa d'Avorio, e il
Congo, dove le zanne erano lavorate con minuziosi intagli di motivi geometrici
e figure umane su piccole scatole, gioielli, scettri, e altro. Notevole è anche
la produzione degli Eschimesi, che intagliavano l'avorio dalle zanne di tricheco
e da corna di renna. Nella produzione indiana si nota un alto livello artistico
e tecnico, con gli avori trovati nel tesoro di Begram, in Afghanistan risalente
a oltre 2000 anni fa, e quelli eseguiti nell’epoca gupta, pochi secoli dopo, in
cui spicca la presenza della figura umana di personaggi femminili conservati
oggi al British Museum. Nell'area indiana la lavorazione dell'avorio fiorì più
tardi, intorno al XII secolo in Ceylon, con gli splendidi rilievi decorativi di
templi e palazzi, che si arricchiscono talvolta dei colori delle lacche usate
per gli sfondi. In Cina la lavorazione dell'avorio inizia fin dall'epoca
neolitica con materiale locale, data la presenza di elefanti nella valle del
Fiume Giallo. Dopo il 1300 gli elefanti scompaiono dal suolo cinese, quindi da
tale epoca l'avorio è importato dal Sud-Est asiatico, dall'India e dall'Africa.
Le opere molto elaborate che con i T’Ang, nel VII-X d.C., diventano raffinatissime e colorate, mostrano
paesaggi, figure umane, fiori e uccelli. In epoca moderna sono da citare anche
i lavori di intaglio durante la dinastia Ch’ing e la produzione di avorio
giapponese con gli inro e i netsuke, veri capolavori di abilità tecnica e
fantasia creativa.
In Pakistan a Taxila, un fiorente centro commerciale sorto lungo la Via della
Seta, nel punto di giunzione di tre importanti rotte
commerciali, in Grecia, dove
Fidia, il famoso scultore, realizzò magnifiche statue di divinità come
quella di Zeus. Le donne greche e romane utilizzavano l’avorio per collane,
bracciali, pettini, spille e fermacapelli. Anche in ambito etrusco si conoscono
esempi di produzioni di statuette e tavolette in avorio. L’Africa, che godeva
dell’uso diretto di questo materiale, ne faceva oggetti di pregio con funzioni
religiose e sociali, a volte sotto forma di doni cerimoniali. A Londra, nelle
sale del British Museum, sono esposte un paio di zanne gigantesche provenienti
dal Kenya: lunghe 3,5 metri, con un diametro di 47 cm e del peso di circa
un quintale. Insieme all’argento e all’oro,
l’avorio era una delle materie più preziose delle antiche civiltà, per questo motivo,
i sovrani lo affidavano agli artigiani più abili, capaci di realizzare
raffinati oggetti preziosi. I faraoni egizi, i più ricchi personaggi del mondo
antico, per procurarsi l’avorio organizzarono costose spedizioni in Nubia, e
stabilirono relazioni commerciali floride e continuative con i sovrani dei
paesi produttori. Questo pregiato materiale si ricava in vari modi: cercando e
raccogliendo i denti di ippopotamo, visto che questi animali li perdono e
sostituiscono regolarmente; cacciando gli elefanti e i rinoceronti perché le
loro zanne sono di alta qualità. La lavorazione dell’avorio richiedeva artigiani
abili e precisi perciò era destinato solo ai lavoratori di corte, gli unici ad
avere il privilegio di intagliarlo e fabbricare oggetti artistici preziosi. Per
il suo colore bianco, l’avorio era considerato un dono degli Dei, un simbolo di
purezza assoluta, ed era associato alla religiosità per le sue virtù magiche. Con
l’avorio, gli artigiani realizzavano rifiniti cofanetti per la conservazione
dei piccoli oggetti, anch’essi in avorio, per la toeletta personale, come
accessori per il trucco, pettini, spatole per creme e pomate, contenitori per
unguenti e sostanze balsamiche, che spesso vengono ritrovati nelle tombe dei
personaggi di rango elevato, deposti accanto al defunto per l’utilizzo
nell’aldilà. Questi manufatti erano spesso finemente intagliati con motivi
geometrici o figure di animali.
L’avorio arrivava sul banco di
lavoro degli artisti allo stato grezzo. Le lunghe zanne venivano tagliate in
piccoli cilindri, per cogliere al meglio le caratteristiche dei singoli pezzi e
scegliere la destinazione finale dell’avorio, in base agli oggetti da produrre:
statuette, portagioie, placche per decorare i letti o altro. L’artigiano si serviva del suo estro per scolpire
la forma finale dell’oggetto eliminando il materiale in eccesso da un blocco di
materia. Con pazienza, scheggia dopo scheggia, si avvicinava alla forma pensata
e, con gli utensili adeguati, definiva i dettagli e la decorazione. L’ultima
fase di lavorazione era la lucidatura con una polvere abrasiva che conferiva all’oggetto
finito il suo caratteristico bagliore color latte. Gli scarti di lavorazione
venivano riutilizzati per i lavori di intarsio. Nelle varie operazioni, l’artista
doveva tenere conto che l’avorio è friabile, e per non sbriciolarlo era necessaria
una grande esperienza e la capacità di sapere istintivamente fino a dove ci si
poteva spingere senza compromettere il risultato finale.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento