regolare media, la profondità del tratto ugualmente regolare media senza sbavature e una qualsivoglia traccia di contorno preparatoria. Attraverso lo studio dettagliato possiamo individuare una forma rotonda dei colpi incisori, con una profondità media da 0,6 cm a 1,0 cm, e una disposizione orizzontale degli stessi, ottenuta a percussione puntiforme tramite strumento di metallo, fianco a fianco con asse ortogonale alle superfici. Il confronto relativo alla natura dell’incisione contrappone chi ipotizza che il segno sia convenzionale e d’epoca recente[5] a chi invece ipotizza una natura mistica[6] fin dal momento del primo rinvenimento. L“auctoritas” accademica, attraverso la bibliografia specialistica, propende per una simbologia a carattere mistico ma si divide comunque in due orientamenti principali: uno per la definizione quale triangolo apicato l’altro per l’interpretazione del simbolo come la lettera semitica “daleth”. In questi due orientamenti si colgono due possibili prospettive di interpretazione: una incentrata sulla simbologia aniconica riferita ad una divinità e l’altra incentrata sul tentativo di riconoscervi un segno alfabetico greco - semitico[7]. Uno sguardo nel territorio più prossimo rispetto al segno descritto ha permesso, già negli anni ‘60[8], di individuarne un altro situato, nel comune di Sant’Antioco, a 280° di azimuth e circa 1600 mt di distanza dal tophet. In un’area archeologica ancora inedita denominata “Su Fattori[9]”, compresa tra una proprietà privata edificata e un terreno a macchia, emerge un pinnacolo riolitico[10] marcato da un triangolo apicato[11] i cui lati si prolungano verso Nord. Una piccola indagine, condotta da chi scrive, segnala ancora un numero discreto di tali simboli. Un esemplare di triangolo apicato, si segnala posto[12] sempre nel comune di Sant’Antioco (CI) e nella medesima area archeologica inedita, su una pietra affiorante[13] dal terreno, con azimuth di 282°, a circa 1484[14] mt dalla roccia del tophet, i cui lati si prolungano verso Sud.
Ancora nel comune di Sant’Antioco (CI), in località[15] “ Monte La Noce”, si individua un triangolo apicato, i cui lati si protendono verso Nord-Ovest[16], posto sopra un ampio macigno lastriforme ignimbritico[17]. Un altro contesto di rinvenimento del simbolo, scaturito a seguito dell’indagine, è una cupola ignimbritica[18] posta sempre nel comune di Sant’Antioco (CI) in località “Sa Perda ‘e s’Omini”[19]. Il triangolo apicato è situato in un’area prossima al cromlech “Sa Corona ‘e marroccus”[20] e presenta i lati lunghi rivolti verso Nord. E’ possibile osservare il simbolo apicato, ancora nel comune di Sant’Antioco (CI), sulla faccia superiore di un concio del Nuraghe Pruna. Tale monumento, elevato tramite la sovrapposizione di macigni di andesite basaltica[21], residua scoperchiato nella sua camera principale costituita da numerosi conci lastriformi, uno dei quali appunto presenta il simbolo[22] i cui lati si prolungano verso Ovest[23]. Infine si segnala la presenza del triangolo apicato, ancora una volta nel comune di Sant’Antioco(CI), ai piedi del paramento meridionale del complesso nuragico di S’Acqua e sa canna[24]. Il simbolo[25] venne inciso sopra una roccia affiorante di andesite basaltica[26] con i lati lunghi rivolti a Nord-Ovest. Il simbolo apicato viene segnalato ancora[27] sopra un concio del Nuraghe Barcilis[28] posto nel comune di Tratalias (CI). In ambito regionale è stato possibile osservare la presenza di un triangolo apicato nelle grotte carsiche di Seulo[29], dove una serie di indizi sulla presenza umana ha portato ad individuare delle digitazioni – delle incisioni – tracce di pigmentazioni ancora inediti. Ancora la presenza del simbolo apicato venne evidenziata durante lo scavo archeologico condotto sulla Tomba di giganti “Moru” di Arzachena[30]. Il simbolo venne inciso sul chiusino della tomba, rinvenuto infisso davanti all’ingresso, e tuttora viene inquadrato nell’epoca punica esclusivamente per un accostamento simbolico[31] anziché per rinvenimento in contesto stratigrafico. Le testimonianze in ambito regionale ci indicano la presenza del triangolo apicato in uno scarabeo in diaspro verde proveniente dalla tomba 125 della necropoli punica di Predio Ibba a Sant’Avendrace - Cagliari[32]. L’inquadramento temporale e culturale come fenicio o cartaginese non venne fatto sulla base di un contesto stratigrafico certo ma sulla comparazione con le tipologie catalogate nell’archivio del Museo di Torino[33]. Nella penisola italiana il simbolo compare a Pithecusa-Ischia in un anfora da trasporto importata da Rodi. Il manufatto, ora custodito nel Museo Archeologico (inv. 168279), venne rinvenuto nella tomba 575 della Necropoli di San Montano a Ischia dove costituiva la sepoltura a enchytrismos per un neonato di una famiglia di origine levantina. L’anfora, datata al 740 a.C., presenta un triangolo apicato, apposto probabilmente al momento dell’utilizzo tombale, interpretato come simbolo religioso levantino e di pertinenza funeraria[34] nonostante alcuni studi[35] sottolineino la sostanziale difficoltà nell’accettare una tradizione simbolica levantina sopra un vaso di origine greca. Uno sguardo più amplio mostra invece come nell’Europa danubiana preistorica compaia frequentemente il simbolo indagato, inquadrato cronologicamente in una forbice temporale compresa tra il 5200 a.C. e il 4000 a.C.[36], e venga incluso in diversi cataloghi. Il catalogo creato dal Prof. Harold Haarmann[37] descrive il simbolo come ideogramma altamente stilizzato di possibile origine naturalistica classificandolo come OE57. Ancora il simbolo in esame compare nell’inventario scriptorio danubiano compilato da Shan M.M. Winn[38]con numero di catalogo DS183. Infine il simbolo in questione viene catalogato come DS065.0 nell’insieme dei segni pittografici/ideografici identificati nella cultura materiale danubiana e inseriti nel DasDat[39]. Si riscontra il medesimo simbolo scolpito ben due volte, con tecnica a martellina, nella stazione rupestre di Lo Xorenga[40] sita nella regione iberica delle Asturie (Grandas de Salime). Il complesso si sviluppa in prossimità dei Tumuli de Canadeiro – Xestoselo per i quali l’inquadramento cronologico elaborato in letteratura propone una creazione durante l’Età del Bronzo[41]. La figura analizzata compare varie volte nella cultura materiale e nell’insieme geroglifico dell’Antico Egitto.
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