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martedì 2 dicembre 2014

Il dibattito sul web: perché tanta animosità?

Il dibattito sul web: perché tanta animosità?

Traggo spunto da un articolo di un’amica giornalista che ho letto recentemente per fornire alcuni spunti sulla questione “provocatori” e “tuttologi” che si confrontano sul web, e non solo. Facendo il divulgatore rischi spesso di trovarti nei guai per una cosa ovvia, ossia chiamare in causa prevalentemente le voci della scienza ufficiale. Ma perché dovrei far finta che l’oroscopo e altre astrusità fuori da ogni crisma del metodo scientifico siano scienza? Sarei leale se intavolassi un dibattito tra un medico e un sostenitore della qualcosaterapia o tra un fisico particellare e un prete? Sarei onesto se contrapponessi a una pubblicazione scientifica un opuscolo pieno di voci, di si dice, del semprevalido è sotto gli occhi di tutti e di vaghezze di questo tipo? Non credo.
Eppure in Italia vige da tempo l’idea che, per ogni cosa, ci debbano essere due campane, una par condicio di ogni dibattito pubblico. Il problema è che la par condicio comporta la rinuncia alla competenza. E la rinuncia alla competenza è una falsa libertà perché chiede di far finta di credere che l’opinione di uno che di mestiere studia da anni, e magari con fondi pubblici, una cosa che è importante studiare, valga quanto l’opinione, magari carica di emotività e di preoccupazioni, di qualcuno che porta come prova il si vede benissimo e che come fonte ha Google, il vicino di casa o il best-seller di un venditore di fumo, basti pensare a chi propone l’esistenza di giganti piuttosto che di Atlantide.
Diventa in fretta anche il pensare che lo specialista che lavora con fondi pubblici debba essere messo a discutere con quello che lavora per il proprio interesse, per dire, perché (magari anche legittimamente) fa profitti con un business in qualche modo collegabile a quella ricerca e si colloca all’opposto dello scienziato ufficiale. A mio parere le tre voci (quella di chi studia per la collettività, quella di chi non studia ma ha voglia di parlare, e quella di chi studia per sé) non possono avere la stessa dignità. Non c’è par condicio che tenga, qui. Poi ci sono le situazioni in cui si trovano competenze da entrambe le parti.
Onestamente, non è mai 50% e 50%: il più delle volte è 80% a 20%, a essere generosi, e comunque nella scienza non ci sono mai guelfi e ghibellini, per fortuna, e le cose sono sempre più articolate e dialettiche di due percentuali. Ma per chi ti accusa di non chiamare le due campane questo non conta. Le campane sono due, devono essere due, e devono suonare in maniera diversa. Lì si fa più difficile: se fai il giornalista, e non sei anche botanico, non hai una posizione su un tema, appunto, botanico. E ti affidi al botanico per la ragione delle competenze di cui sopra. Ma se fai il giornalista scientifico sai anche che i botanici non sono tutti uguali. Ed è ovvio che devi fare una scelta. Sta alla tua professionalità e alla tua etica quella di fare questa scelta usando gli strumenti più adatti a un dibattito scientifico (strumenti che esistono e sono oggettivi). Infine ci sono le situazioni peggiori, in cui tu sei lì, a spiegare tutto questo, a difenderti dalle accuse mosse da personaggi faziosi, e ti trovi a ricevere una selva di insulti chiedendoti il perché di tanta animosità.



1 commento:

  1. Articolo magistrale. Peccato per la foto.... (anche se "illuminante" anch'essa - oppure "ottenebrante" di suo?).
    Francesco

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