di Pierluigi Montalbano
Domenica 21 dicembre 2014, in occasione del solstizio d'inverno, ho visitato un sito archeologico a pochi km da Dorgali e Oliena. Si tratta del villaggio di Serra Orrios, nell’altopiano del Gollei, un luogo ideale per capire il grado di organizzazione delle genti nuragiche. L’abitato, che contava qualche centinaio di abitanti, ci regala un agglomerato urbano con oltre 70 capanne in basalto, costruite con muri irregolari realizzati a secco, raggruppate in isolati serviti da stradine e piazzette dove trovano sistemazione anche una serie di pozzi e cisterne per la comunità. Sono presenti anche due aree sacre caratterizzate, ciascuna, dalla presenza di un tempietto rettangolare a megaron con cella longitudinale. La prima area sacra è separata dall'abitato da un recinto circolare, nel quale si apre l'ingresso dell'abitato, mentre la seconda si trova all'interno del villaggio, separata dalle abitazioni da un temenos (recinto sacro) rettangolare.
Il villaggio fu scavato da Doro Levi nel 1936-1939, ma i diari di scavo sono andati persi e con loro, forse, qualche reperto di pregio finito nelle mani di collezionisti senza scrupoli. Gli isolati di capanne gravitano su un cortile nel quale si conservano i resti di pozzi e cisterne. Questo piano urbanistico, attestato intorno al 1000 a.C. è documentato in altri villaggi nuragici, e costituisce la fase di evoluzione architettonica quando i nuragici decisero di non costruire più le alte torri che caratterizzavano il periodo precedente. A suggerire
il cambiamento del piano urbanistico (dai nuraghi ai villaggi urbani) è la presenza costante di genti che vogliono ampliare i commerci in scala industriale. Le miniere e la vicinanza del mare fanno da catalizzatori che spingono a mantenere e strutturare i rapporti fra sardi nuragici e mercanti esterni, senza trascurare l’apporto delle comunità sarde che vivevano a una certa distanza dalla costa ma volevano partecipare agli scambi. I villaggi si adeguano alla presenza costante di questi commercianti che arrivano con ceramiche raffinate, conoscono l'oblio del vino e parlano lingue diverse.
L'economia del villaggio-mercato si trasforma: dalla sussistenza si passa a un sistema strutturato che deve creare eccedenze necessarie per lo scambio di prodotti. L’organizzazione del villaggio stesso si deve necessariamente modificare, per questo viene costruita la piazza, e le capanne circostanti vengono ingrandite e divise in settori. Viene creato il cuore commerciale del villaggio che fa da calamita di tutte le risorse del territorio. La particolarità è che i sardi che realizzano questi nuovi villaggi-mercato non guardarono a modelli esterni per modificare la loro struttura urbanistica, e risposero alle trasformazioni economiche e sociali realizzando modifiche strutturali nel tessuto architettonico dei villaggi, alienando parte delle capanne private a favore di zone pubbliche idonee a scambiare in sicurezza. Si notano, infatti, degli ingressi obbligati facilmente controllabili, così da impedire eventuali bardane da parte di gruppi esterni, o azioni isolate mirate ad appropriarsi del tesoretto che andava formandosi grazie ai traffici.
La capanna delle riunioni mostra massi di dimensioni più grandi di quelli impiegati per la costruzione del resto del villaggio. Le ceramiche suggeriscono un inquadramento cronologico a partire da Bronzo Medio (1600 – 1400 a.C.), con da vasetti di cultura Bonnannaro e da tegami decorati a pettine. I materiali del bronzo recente e finale mostrano una grande quantità di olle a colletto cilindrico con anse a gomito rovesciato, ciotole carenate ed emisferiche, brocche askoidi con scanalature e motivi geometrici a spina di pesce. L'industria metallurgica è testimoniata da una matrice di fusione in pietra grigia utilizzata per forgiare punte di lancia, scalpelli, molle, pugnaletti, asce a margini rialzati, uno scalpello e gioielli come un bracciale d’argento. Oltre a spilloni con testa cilindrica, decorati con costolature sul collo, grani di bronzo, bracciali incisi con motivi geometrici a cerchielli e puntini, a spina di pesce, scanalature e reticoli romboidali.
Alla lavorazione delle pelli si devono mettere in relazione tre eleganti lisciatoi di steatite, mentre l'agricoltura e l'industria molitoria sono indicate da pestelli, macine e macinelli di pietra e da grano conservato in una giara.
Le attività domestiche sono attestate da fornelli in terracotta, lucerne, vasi per la distillazione, recipienti per impastare il pane, grandi ziri per conservare le provviste, pintadere (timbri in terracotta usati per decorare pane e tessuti) con decorazione geometrica e un gran numero di stoviglie: ciotole, tazze, tegami con o senza anse, pentole, vasi con beccucci a falso colatoio, attingitoi, mestoli, coperchi, vasi a fruttiera. Vi sono anche strumenti per la lavorazione dei tessuti, come rocchetti, pesi da telaio e fusaiole che documentano la filatura e la tessitura della lana. Le decorazioni a linee verticali incise o a spina di pesce, a falsa cordicella e a cerchietti, che appaiono su alcune anse di brocche askoidi, indicano che la vita del villaggio si prolungò almeno sino al VIII-VI a.C. Ai culti legati alla fertilità è da attribuirsi un piccolo betile fallico di pietra, lavorato a martellina, alto cm 21, con diametro di cm 8.5, rastremato alla sommità dove si nota una solcatura profonda mm 2 che evidenzia il glande. Un'altra solcatura sulla sommità indica l'apertura uretrale.
Su Iacu, sulla sponda sinistra del Cedrino, dista in linea d'aria 500 m dal nuraghe Purgatoriu a est e 600 m dal villaggio Serra Orrios a ovest. Inoltre, 500 m verso nord-ovest c’è il nuraghe Oveni. Sullo stesso altopiano, spostato di 200 metri, c’è il nuraghe Noriolo con ingresso a sud. Sempre in zona, 6oo metri ancora più a sud, il nuraghe monotorre Muristene è stato modificato dai pastori che hanno aggiunto al centro della camera un muro divisorio. L'ingresso è rivolto a Sud-Est e presenta scala d'andito a sinistra. Sempre in direzione sud, sul promontorio che oggi domina l'incrocio della S.P. 38 con la strada per Oliena, numerose grandi pietre in basalto affioranti sul terreno,indicano la presenza di un abitato. Su un fertile altopiano di origine alluvionale quasi interamente coltivato a vigneti, sono situati altri quattro nuraghi, forse un tempo circondati da villaggi di cui oggi s'è persa ogni traccia. Abba Noa, Lottoniddo, Su Casteddu, San Nicola.
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Il presidio, in occasione della mia visita, era curato da Anna Deiana.
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