dell'uomo. Le situazioni geografiche erano ben diverse da quelle attuali, infatti nelle fasi finali dell'ultima glaciazione, con una regressione del mare, si formò ponte fra la Sardegna e la Corsica e la Toscana, ma non un blocco unico, piuttosto un'area costituita da penisole e isolotti separati da corti bracci di mare e lagune. Il punto di maggiore vicinanza tra capo Corso, in Corsica, e Capraia, nell'arcipelago toscano, era di poche miglia marine. Quando si sono create queste situazioni favorevoli si verificarono migrazioni di animali dalla terraferma verso le isole. In Sardegna è ben documentata una fauna nana, che comprende una piccola antilope, una piccola scimmia, un maiale e un roditore simile al coniglio denominato prolagus. Non abbiamo dati sul paleolitico medio (100.000-40.000 anni fa), mentre abbiamo alcuni dati per il paleolitico superiore (40.000-10.000 anni fa). È stata individuata un'industria che lavorava le pietre all'interno dei depositi a sabbie eoliche al centro del Campidano, a Sardara. Nella grotta Corbeddu di Oliena è stata ritrovata una falange umana di 20.000 anni fa. Una prova indiretta della presenza umana nello stesso periodo è data dal recente inquadramento culturale della Venere di Macomer. Il profilo del viso sembra rappresentare un becco, mentre il corpo accentua le forme della femminilità e della maternità, come a esaltare gli aspetti della procreazione. Le caratteristiche animalesche della testa forse indicano il prolagus, ora estinto ma che ebbe tanta parte nell'alimentazione dell'uomo preistorico sardo. La statuina può essere inquadrata al 10.000 a.C. circa.
sabato 6 dicembre 2014
Archeologia. La nascita della Sardegna e il primo popolamento
La nascita della Sardegna e il primo popolamento
di Pierluigi Montalbano
Alcune rocce della Sardegna sono tra le più antiche
del mondo, ma 30 milioni di anni fa l'isola era parte della costa nord
orientale della penisola iberica. Il distacco dall'Europa avviene all'inizio
dell'era geologica dell'Olocene e dura circa 13 milioni di anni, con un
percorso di 300 km verso sud-est. Un milione di anni fa si crea la fossa del
Campidano e a est di Oristano si forma un imponente vulcano, il monte Arci, che
fornirà l'importante risorsa alle popolazioni neolitiche: l'ossidiana. Con il
termine paleolitico, ossia della pietra antica, si indica l'insieme delle
culture più antiche, nelle quali le industrie sono limitate alla lavorazione
della pietra, dell'osso, del legno e di altri materiali deperibili delle quali
naturalmente sono scomparse quasi del tutto le tracce. In questo periodo
le attività economiche sono costituite dalla caccia, dalla pesca e dalla
raccolta di prodotti spontanei come vegetali e molluschi. Il paleolitico
inferiore è caratterizzato da strumenti, su ciottolo e su scheggia, lavorati da
mano umana. Per il paleolitico medio si conoscono stanziamenti sia all'aperto,
sia in grotte e ripari sotto roccia. Nel paleolitico superiore appare la
lavorazione sistematica dell'osso, con i primi elementi ornamentali e numerose
manifestazioni artistiche. In Sardegna, per quanto riguarda il paleolitico
inferiore, i dati più significativi sono quelli emersi nel secolo scorso in due
località dell'Anglona: Laerru e Perfugas. Il primo sito si trova sulla sommità
di un rilievo posto sul versante destro del torrente Altana e presenta
manufatti in selce appena lavorati che hanno fatto pensare a un'officina per la
lavorazione preliminare della pietra. La selce veniva trasportata in blocchi e
lavorata per creare dei nuclei, poi da questi venivano staccate le schegge
destinate alla realizzazione di strumenti ritoccati e finiti. Il secondo sito,
tra il rio Altana e il rio Anzos, fu un luogo di approvvigionamento della selce
presente nel quale venivano fatte anche le operazioni di scheggiatura. È una miniera
a cielo aperto che sfruttava la selce affiorante. Per quanto riguarda gli
strumenti, denominati raschiatoi e denticolati, essi sono ricavati da grandi
schegge di selce con la tecnica della percussione diretta, ossia colpendo il blocco di materia prima con una serie di colpi precisi che consentono di realizzare
la forma più utile attraverso il distacco di piccole schegge.
Le industrie paleolitiche individuate nell'isola
testimoniano la presenza
dell'uomo. Le situazioni geografiche erano ben diverse da quelle attuali, infatti nelle fasi finali dell'ultima glaciazione, con una regressione del mare, si formò ponte fra la Sardegna e la Corsica e la Toscana, ma non un blocco unico, piuttosto un'area costituita da penisole e isolotti separati da corti bracci di mare e lagune. Il punto di maggiore vicinanza tra capo Corso, in Corsica, e Capraia, nell'arcipelago toscano, era di poche miglia marine. Quando si sono create queste situazioni favorevoli si verificarono migrazioni di animali dalla terraferma verso le isole. In Sardegna è ben documentata una fauna nana, che comprende una piccola antilope, una piccola scimmia, un maiale e un roditore simile al coniglio denominato prolagus. Non abbiamo dati sul paleolitico medio (100.000-40.000 anni fa), mentre abbiamo alcuni dati per il paleolitico superiore (40.000-10.000 anni fa). È stata individuata un'industria che lavorava le pietre all'interno dei depositi a sabbie eoliche al centro del Campidano, a Sardara. Nella grotta Corbeddu di Oliena è stata ritrovata una falange umana di 20.000 anni fa. Una prova indiretta della presenza umana nello stesso periodo è data dal recente inquadramento culturale della Venere di Macomer. Il profilo del viso sembra rappresentare un becco, mentre il corpo accentua le forme della femminilità e della maternità, come a esaltare gli aspetti della procreazione. Le caratteristiche animalesche della testa forse indicano il prolagus, ora estinto ma che ebbe tanta parte nell'alimentazione dell'uomo preistorico sardo. La statuina può essere inquadrata al 10.000 a.C. circa.
dell'uomo. Le situazioni geografiche erano ben diverse da quelle attuali, infatti nelle fasi finali dell'ultima glaciazione, con una regressione del mare, si formò ponte fra la Sardegna e la Corsica e la Toscana, ma non un blocco unico, piuttosto un'area costituita da penisole e isolotti separati da corti bracci di mare e lagune. Il punto di maggiore vicinanza tra capo Corso, in Corsica, e Capraia, nell'arcipelago toscano, era di poche miglia marine. Quando si sono create queste situazioni favorevoli si verificarono migrazioni di animali dalla terraferma verso le isole. In Sardegna è ben documentata una fauna nana, che comprende una piccola antilope, una piccola scimmia, un maiale e un roditore simile al coniglio denominato prolagus. Non abbiamo dati sul paleolitico medio (100.000-40.000 anni fa), mentre abbiamo alcuni dati per il paleolitico superiore (40.000-10.000 anni fa). È stata individuata un'industria che lavorava le pietre all'interno dei depositi a sabbie eoliche al centro del Campidano, a Sardara. Nella grotta Corbeddu di Oliena è stata ritrovata una falange umana di 20.000 anni fa. Una prova indiretta della presenza umana nello stesso periodo è data dal recente inquadramento culturale della Venere di Macomer. Il profilo del viso sembra rappresentare un becco, mentre il corpo accentua le forme della femminilità e della maternità, come a esaltare gli aspetti della procreazione. Le caratteristiche animalesche della testa forse indicano il prolagus, ora estinto ma che ebbe tanta parte nell'alimentazione dell'uomo preistorico sardo. La statuina può essere inquadrata al 10.000 a.C. circa.
Alla fine del paleolitico si pone per convenzione il
mesolitico, una fase che ha restituito testimonianze solo in quattro siti: la
Grotta Corbeddu di Oliena, il riparo Porto Leccio di Trinità d'Agultu, il sito
Sa Coa de sa multa di Perfugas e la grotta di Su Coloru a Laerru. Tutti gli
strumenti presenti in questi contesti sono realizzati in selce locale. Si è
pensato che i pochi ritrovamenti per questo periodo siano dovuti a
frequentazioni episodiche e stagionali da parte di gruppi umani si spostavano
sul mare, sfruttando le risorse delle zone costiere e abbandonandole quando
queste risorse tendevano a diminuire. Nel sesto millennio a.C. inizia il
neolitico, il periodo della pietra levigata. Si assiste a una trasformazione
delle abitudini di vita, una vera e propria rivoluzione nella storia dell'uomo.
C'è un cambiamento dei sistemi di acquisizione del fabbisogno alimentare.
L'uomo cessa di essere unicamente un predatore e inizia controllare le fonti
del cibo attraverso la domesticazione delle specie vegetali e animali, in modo
da poterle non solo raccogliere ma anche farle riprodurre. Si passa da
un'economia di sfruttamento a una di produzione introducendo tecniche nuove
come la lavorazione della ceramica, la levigatura della pietra e apportando cambiamenti
nei modi di occupazione dei luoghi e dei territori. Iniziano a formarsi nuclei abitativi permanenti, con il conseguente sviluppo delle relazioni umane. Questa rivoluzione
neolitica appare come un'improvvisa e simultanea introduzione dei cambiamenti
nelle diverse regioni, ma in realtà i processi sono differenti a seconda delle
diverse aree geografiche. La distinzione fondamentale è che nei luoghi dove
furono inventati diversi elementi del neolitico il processo di evoluzione è
stato più lento. Nelle regioni che non hanno partecipato a questo processo
formativo, il neolitico è stato introdotto tutto in una volta, già definito
nelle sue linee fondamentali.
Per quanto riguarda la Sardegna, nella grotta Corbeddu
appare significativa l'introduzione già dalle prime fasi del neolitico
dell'ossidiana al posto della materia prima locale. Anche nella grotta di Su
Coloru compare l'ossidiana negli strati più antichi, e ciò richiedeva una
conoscenza approfondita del territorio da parte delle comunità locali, con
relativa mobilità e capacità di interrelazione con altri gruppi umani. A
partire dal sesto millennio avanti Cristo, l'elemento caratterizzante è
costituito dalla decorazione sui vasi d'argilla ottenuta mediante pressione di
punzoni oppure imprimendo il margine dentellato di una conchiglia del genere
cardium sulla superficie ancora cruda del recipiente.
Il neolitico in Sardegna si sviluppa in tre fasi per
la durata di circa 1000 anni. Si assiste alla graduale scomparsa della
decorazione cardiale e a una intensa e diffusa utilizzazione dell'ossidiana per
realizzare strumenti utili alle attività domestiche e alla caccia, pur
continuando a utilizzare anche le materie prime presenti sul posto, ad esempio
la selce. Le tre fasi sono denominate: Su Carroppu, Filiestru-Grotta Verde e
epicardiale. Le nostre attuali conoscenze ci indicano una forte concentrazione di
siti lungo la costa occidentale della Sardegna, in particolare nel centro sud.
Si notano insediamenti all'aperto, mentre nella Sardegna centrale e in quella
settentrionale sono quasi esclusivi quelli in grotte. La scelta di luoghi
costieri è forse collegata alla copertura arborea della Sardegna, che ha la
macchia mediterranea sul litorale e le foreste nelle aree interne più elevate.
Queste caratteristiche ambientali possono avere rallentato l'introduzione
dell'agricoltura a favore di un maggiore sviluppo dell'allevamento, della
caccia, della pesca e della raccolta di molluschi marini le analisi condotte
sui resti della fauna mostrano una presenza maggioritaria di ovi-caprini e
suini nell'allevamento.
L'ossidiana è un vetro vulcanico che si può scheggiare
con facilità e che quindi è adatto per la produzione di utensili. I manufatti
costituiscono uno dei più validi elementi di valutazione dei rapporti
intercorsi tra diverse culture in epoca neolitica, grazie ad analisi
fisico-chimiche che permettono di determinare il giacimento di provenienza dei
singoli manufatti. Nel Mediterraneo occidentale l'ossidiana è presente a Lipari,
Pantelleria, Palmarola e Sardegna, sul Monte Arci, dove costituì il principale
richiamo economico per l'arrivo e lo stanziamento di consistenti comunità
umane nell'isola. Dalla Corsica, attraverso l'Elba, l'ossidiana raggiunse la
Toscana in momenti antichi, e di qui giunse nella pianura padana, in Liguria e
nel mezzogiorno francese, soprattutto nelle regioni alla sinistra del Rodano.
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