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sabato 6 dicembre 2014

Archeologia. La nascita della Sardegna e il primo popolamento

La nascita della Sardegna e il primo popolamento
di Pierluigi Montalbano

Alcune rocce della Sardegna sono tra le più antiche del mondo, ma 30 milioni di anni fa l'isola era parte della costa nord orientale della penisola iberica. Il distacco dall'Europa avviene all'inizio dell'era geologica dell'Olocene e dura circa 13 milioni di anni, con un percorso di 300 km verso sud-est. Un milione di anni fa si crea la fossa del Campidano e a est di Oristano si forma un imponente vulcano, il monte Arci, che fornirà l'importante risorsa alle popolazioni neolitiche: l'ossidiana. Con il termine paleolitico, ossia della pietra antica, si indica l'insieme delle culture più antiche, nelle quali le industrie sono limitate alla lavorazione della pietra, dell'osso, del legno e di altri materiali deperibili delle quali naturalmente sono scomparse quasi del tutto le tracce. In questo periodo le attività economiche sono costituite dalla caccia, dalla pesca e dalla raccolta di prodotti spontanei come vegetali e molluschi. Il paleolitico inferiore è caratterizzato da strumenti, su ciottolo e su scheggia, lavorati da mano umana. Per il paleolitico medio si conoscono stanziamenti sia all'aperto, sia in grotte e ripari sotto roccia. Nel paleolitico superiore appare la lavorazione sistematica dell'osso, con i primi elementi ornamentali e numerose manifestazioni artistiche. In Sardegna, per quanto riguarda il paleolitico inferiore, i dati più significativi sono quelli emersi nel secolo scorso in due località dell'Anglona: Laerru e Perfugas. Il primo sito si trova sulla sommità di un rilievo posto sul versante destro del torrente Altana e presenta manufatti in selce appena lavorati che hanno fatto pensare a un'officina per la lavorazione preliminare della pietra. La selce veniva trasportata in blocchi e lavorata per creare dei nuclei, poi da questi venivano staccate le schegge destinate alla realizzazione di strumenti ritoccati e finiti. Il secondo sito, tra il rio Altana e il rio Anzos, fu un luogo di approvvigionamento della selce presente nel quale venivano fatte anche le operazioni di scheggiatura. È una miniera a cielo aperto che sfruttava la selce affiorante. Per quanto riguarda gli strumenti, denominati raschiatoi e denticolati, essi sono ricavati da grandi schegge di selce con la tecnica della percussione diretta, ossia colpendo il blocco di materia prima con una serie di colpi precisi che consentono di realizzare la forma più utile attraverso il distacco di piccole schegge.
Le industrie paleolitiche individuate nell'isola testimoniano la presenza
dell'uomo. Le situazioni geografiche erano ben diverse da quelle attuali, infatti nelle fasi finali dell'ultima glaciazione, con una regressione del mare, si formò ponte fra la Sardegna e la Corsica e la Toscana, ma non un blocco unico, piuttosto un'area costituita da penisole e isolotti separati da corti bracci di mare e lagune. Il punto di maggiore vicinanza tra capo Corso, in Corsica, e Capraia, nell'arcipelago toscano, era di poche miglia marine. Quando si sono create queste situazioni favorevoli si verificarono migrazioni di animali dalla terraferma verso le isole. In Sardegna è ben documentata una fauna nana, che comprende una piccola antilope, una piccola scimmia, un maiale e un roditore simile al coniglio denominato prolagus. Non abbiamo dati sul paleolitico medio (100.000-40.000 anni fa), mentre abbiamo alcuni dati per il paleolitico superiore (40.000-10.000 anni fa). È stata individuata un'industria che lavorava le pietre all'interno dei depositi a sabbie eoliche al centro del Campidano, a Sardara. Nella grotta Corbeddu di Oliena è stata ritrovata una falange umana di 20.000 anni fa. Una prova indiretta della presenza umana nello stesso periodo è data dal recente inquadramento culturale della Venere di Macomer. Il profilo del viso sembra rappresentare un becco, mentre il corpo accentua le forme della femminilità e della maternità, come a esaltare gli aspetti della procreazione. Le caratteristiche animalesche della testa forse indicano il prolagus, ora estinto ma che ebbe tanta parte nell'alimentazione dell'uomo preistorico sardo. La statuina può essere inquadrata al 10.000 a.C. circa.
Alla fine del paleolitico si pone per convenzione il mesolitico, una fase che ha restituito testimonianze solo in quattro siti: la Grotta Corbeddu di Oliena, il riparo Porto Leccio di Trinità d'Agultu, il sito Sa Coa de sa multa di Perfugas e la grotta di Su Coloru a Laerru. Tutti gli strumenti presenti in questi contesti sono realizzati in selce locale. Si è pensato che i pochi ritrovamenti per questo periodo siano dovuti a frequentazioni episodiche e stagionali da parte di gruppi umani si spostavano sul mare, sfruttando le risorse delle zone costiere e abbandonandole quando queste risorse tendevano a diminuire. Nel sesto millennio a.C. inizia il neolitico, il periodo della pietra levigata. Si assiste a una trasformazione delle abitudini di vita, una vera e propria rivoluzione nella storia dell'uomo. C'è un cambiamento dei sistemi di acquisizione del fabbisogno alimentare. L'uomo cessa di essere unicamente un predatore e inizia controllare le fonti del cibo attraverso la domesticazione delle specie vegetali e animali, in modo da poterle non solo raccogliere ma anche farle riprodurre. Si passa da un'economia di sfruttamento a una di produzione introducendo tecniche nuove come la lavorazione della ceramica, la levigatura della pietra e apportando cambiamenti nei modi di occupazione dei luoghi e dei territori. Iniziano a formarsi nuclei abitativi permanenti, con il conseguente sviluppo delle relazioni umane. Questa rivoluzione neolitica appare come un'improvvisa e simultanea introduzione dei cambiamenti nelle diverse regioni, ma in realtà i processi sono differenti a seconda delle diverse aree geografiche. La distinzione fondamentale è che nei luoghi dove furono inventati diversi elementi del neolitico il processo di evoluzione è stato più lento. Nelle regioni che non hanno partecipato a questo processo formativo, il neolitico è stato introdotto tutto in una volta, già definito nelle sue linee fondamentali.
Per quanto riguarda la Sardegna, nella grotta Corbeddu appare significativa l'introduzione già dalle prime fasi del neolitico dell'ossidiana al posto della materia prima locale. Anche nella grotta di Su Coloru compare l'ossidiana negli strati più antichi, e ciò richiedeva una conoscenza approfondita del territorio da parte delle comunità locali, con relativa mobilità e capacità di interrelazione con altri gruppi umani. A partire dal sesto millennio avanti Cristo, l'elemento caratterizzante è costituito dalla decorazione sui vasi d'argilla ottenuta mediante pressione di punzoni oppure imprimendo il margine dentellato di una conchiglia del genere cardium sulla superficie ancora cruda del recipiente.
Il neolitico in Sardegna si sviluppa in tre fasi per la durata di circa 1000 anni. Si assiste alla graduale scomparsa della decorazione cardiale e a una intensa e diffusa utilizzazione dell'ossidiana per realizzare strumenti utili alle attività domestiche e alla caccia, pur continuando a utilizzare anche le materie prime presenti sul posto, ad esempio la selce. Le tre fasi sono denominate: Su Carroppu, Filiestru-Grotta Verde e epicardiale. Le nostre attuali conoscenze ci indicano una forte concentrazione di siti lungo la costa occidentale della Sardegna, in particolare nel centro sud. Si notano insediamenti all'aperto, mentre nella Sardegna centrale e in quella settentrionale sono quasi esclusivi quelli in grotte. La scelta di luoghi costieri è forse collegata alla copertura arborea della Sardegna, che ha la macchia mediterranea sul litorale e le foreste nelle aree interne più elevate. Queste caratteristiche ambientali possono avere rallentato l'introduzione dell'agricoltura a favore di un maggiore sviluppo dell'allevamento, della caccia, della pesca e della raccolta di molluschi marini le analisi condotte sui resti della fauna mostrano una presenza maggioritaria di ovi-caprini e suini nell'allevamento.
L'ossidiana è un vetro vulcanico che si può scheggiare con facilità e che quindi è adatto per la produzione di utensili. I manufatti costituiscono uno dei più validi elementi di valutazione dei rapporti intercorsi tra diverse culture in epoca neolitica, grazie ad analisi fisico-chimiche che permettono di determinare il giacimento di provenienza dei singoli manufatti. Nel Mediterraneo occidentale l'ossidiana è presente a Lipari, Pantelleria, Palmarola e Sardegna, sul Monte Arci, dove costituì il principale richiamo economico per l'arrivo e lo stanziamento di consistenti comunità umane nell'isola. Dalla Corsica, attraverso l'Elba, l'ossidiana raggiunse la Toscana in momenti antichi, e di qui giunse nella pianura padana, in Liguria e nel mezzogiorno francese, soprattutto nelle regioni alla sinistra del Rodano.




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