di Pierluigi Montalbano
L’economia levantina si basava sul commercio, sull’intermediazione e sull’artigianato sfarzoso di metalli e avorio, ricavato da zanne di elefante e denti di ippopotamo, animali africani. L’avorio era ritenuto più pregiato dell’oro ed era impreziosito ulteriormente dalla lavorazione. Gli artigiani dell’avorio si trovavano anche in Siria.
Nelle aree vicine non vi erano dei Re in grado di acquisire questi manufatti, per cui la grande produzione di avori è concentrata in zone diverse da quelle di produzione. I principali luoghi di rinvenimento sono le grandi corti assire, in particolare Nimrud dove i prodotti erano acquisiti come tributi. Anche Sammaria in Israele è luogo di rinvenimenti. In sintesi si tratta sempre di manufatti decontestualizzati, cioè ritrovati lontani dai luoghi di produzione, pertanto il loro studio può essere
approfondito solo su base stilistica e iconografica. Le principali scuole di produzione degli avori sono tre:
1) Nord-siriana, ben attestata dal XI all'VIII a.C.
2) Sud-siriana, intermedia.
3) Fenicia, influenzata soprattutto dalla tradizione egizia.
Gli avori presentavano spesso la faccia a vista rivestita in oro e il principale utilizzo riguardava due tipologie di manufatti: mobili cerimoniali (troni e letti) che avevano incastonate le placchette in avorio nella struttura lignea, e oggetti prestigiosi per la cura della persona (pissidi, manici di specchio, scatolette per il trucco).
I manufatti di tradizione nord-siriana sono soprattutto oggetti tridimensionali con tendenza all’esasperazione della plasticita e alla decorazione dettagliata. Gli animali sono muscolosi, le sfingi guardano dritto verso l’osservatore, le vesti degli uomini sono impreziosite da lamine in oro, e i pettorali sono raffinate miniature calligrafiche. Applicazioni auree e riempimenti degli spazi non hanno simmetrie. Il gusto volumetrico, realizzato con rilievi, e le muscolature in evidenza non
appartengono alla scuola mediterranea. Inoltre, nelle sfingi nord-siriane il volto mostra la parte anteriore, mentre in quelle di scuola fenicia orientale la vista è laterale.
Gli avori della civiltà fenicia orientale, i cosiddetti “avori fenici”, sono caratterizzati dalla placchetta a bassorilievo con lavorazione a giorno, nata per decorare i mobili di pregio. I legni non si sono conservati, ma sappiamo del loro utilizzo perchè alla base e alla sommità delle placchette vi
sono delle linguette che venivano inserite nei mobili. I temi di tradizione siriana sono orientali mentre quelli fenici sono ripresi da quella egiziana ma, ovviamente, con alcune eccezioni, come ad esempio i manufatti di gusto siro-palestinese. Lo stile egizio si nota dall’allungamento e dall’eleganza delle figure rappresentate: i muscoli sono solo accennati e gli animali sono slanciati, al contrario delle figure siriane che sono tozze e muscolose. Le sfingi guardano davanti, quasi a mostrare un distacco con l’osservatore. Anche la tecnica è diversa: gli avori siriani prediligono il rilievo alto sullo sfondo, quelli fenici preferiscono la lavorazione a giorno con l’eliminazione dello sfondo, che indebolisce la struttura e necessita di elementi, come fiori di loto o altro, che la rinforzano. Un’altra tecnica degli artigiani del mediterraneo orientale è il cloisonne: vengono lasciati spazi vuoti fra bordi a rilievo (alveoli) mentre all’interno c’e un riempimento con vetri policromi o pietre preziose. L’iconografia egizia negli avori si nota dalla presenza di vari elementi: la corona dell’Alto Egitto (di colore rosso) e del Basso Egitto (di colore bianco), il klaft, il pettorale, il grembiule, i paesaggi nilotici con elementi vegetali, sfingi con corpo da leone e volto con attributi faraonici. Il grifone, invece, è ripreso dalla tradizione orientale ed è un animale fantastico con corpo da leone e testa da uccello predatore. Viene spesso rappresentato con stile egiziano, elegante, allungato. Anche l’albero della vita, di tradizione mediorientale, è trattato con un linguaggio elegante e slanciato, ma a volte è rappresentato con iconografia egiziana (cartigli e corone) trattata con il cloisonne.
La terza tradizione è quella sud-siriana, con Damasco che costituisce il centro di maggiore produzione. Situata a est del Libano, è una città importante che blocca il passaggio dei cosiddetti fenici verso le zone nord-orientali. Gli avori rappresentano il punto d’incontro fra le due tradizioni precedenti: nord-siriana e fenicia orientale. In un manufatto che sintetizza questa scuola, si nota la lotta di un eroe giovane faraone contro un grifone (schema orientale con eroe egizio) con la testa giù e le zampe all’aria, ma la rappresentazione globale non è coerente perchè le vesti e la corona non sono tipici egizi. Sempre in questo manufatto, si nota un altro elemento contrastante con le due altre tradizioni: la rappresentazione di animali possenti con lo sguardo distaccato, e le sfingi con ali slanciate inquadrate con difficoltà all’interno del bordo, a dimostrazione di una scarsa padronanza di quel tipo di prospettiva.
Un avorio di Nimrud, importante città dell’Assiria, riprende una scena del mondo egiziano: una leonessa che azzanna e uccide un etiope. L’uomo ha tratti del volto di tipo negroide, e lamine auree che definiscono la capigliatura a riccioli e il gonnellino. Lo sfondo è vegetale con tecnica a cloisonne. Un altro manufatto presenta un grifone con corpo da leone e testa di uccello rapace. Una differenza è data dall’iconografia in quanto il grifone è tipico dell’area Assiro-Palestinese. In un altro avorio abbiamo esclusivamente una decorazione vegetale con due palmette sovrapposte (di tradizione cananeo-cipriota) associate a fiori di loto. In un’altra placchetta abbiamo un bassorilievo abbinato a cloisonné, con due personaggi con scettro posti di fronte a un cartiglio sormontato da una corona (schema egiziano) abbinati simmetricamente. In Libano i committenti non erano abbastanza ricchi per potersi permettere botteghe per la produzione di questi manufatti e, quindi, gli avori venivano importati, arricchendosi di caratteristiche proprie. Un’altra sfinge, attribuita erroneamente alla scuola fenicia, ha parrucca e corona faraoniche, e serpente ureo (cobra), simbolo reale egiziano. La tecnica è a giorno, e c’è la presenza di palmette di rinforzo. Ci sono, però, elementi nord-siriani: la resa della muscolatura accentuata, la testa rivolta verso lo spettatore e l’ala costretta all’interno della cornice. Quindi è sicuramente intermedia (sud-siriana). Nella tradizione fenicia orientale abbiamo anche la “donna alla finestra”, con cornici rientranti, con parrucca e con volto di tipo egiziano. Inoltre ha orecchie accentuate e finestra con balaustra e pilastrini. E’ attribuita al culto di Astarte, forse si tratta di una sacerdotessa. Si notano elementi sud-siriani. In occidente manca la classe committente per cui i manufatti in avorio sono rari; sono sostituiti da lavori in osso (come a Monte Sirai), meno raffinato ma più facilmente reperibile. Il livello stilistico è meno alto e la lavorazione più semplice.
Arte e manufatti metallici
Un’altra categoria importante nell’artigianato artistico è quella delle coppe metalliche. Hanno due forme: emisferica o a tazza larga (con ombelico centrale in rilievo). Sono realizzate martellando una placca fino a darle una forma arrotondata. La decorazione è realizzata a sbalzo e le figure sono poi rifinite a cesello. Anche questa produzione non è solo da attribuire alla civiltà fenicia orientale (abbiamo anche manufatti nord-siriani e sud-siriani), pertanto lo studio iconografico è obbligatorio anche in questi casi.
I fenici avevano necessità di reperire stagno e rame per ottenere il bronzo, e cercavano anche di procurarsi l’argento, scambiando merci con altri popoli, pertanto anche le coppe sono attestate solo fuori dal Libano, come gli avori. La produzione è divisa in due fasi: una più antica (X a.C.) che attesta coppe in bronzo in Grecia e Oriente, in contesti tombali e santuariali: una più recente (VII a.C.), soprattutto a Cipro e in Etruria, con una produzione in argento e argento-dorato. I luoghi di produzione non sono conosciuti e, anche in questo caso, classifichiamo i manufatti col metodo della lettura iconografica. Le botteghe sono siriane (dalla fine del X a.C. a tutto l’VIII a.C.) e fenicie (dagli inizi del VII alla metà del VI a.C.). Queste due fasi sono differenti per materiali e per iconografia.
Quella più antica è suddivisa in tre sottogruppi principali ed è geograficamente inserita in area orientale. E’ costituita da coppe in bronzo caratterizzate da una rosetta centrale. La decorazione si sviluppa in fasce concentriche disposte attorno al centro e generalmente non è figurata: presenta un motivo floreale o geometrico e attorno si sviluppano le fasce. La scuola è nord-siriana e i temi sono quelli che potevano essere apprezzati nelle corti reali orientali: banchetti, cacce e un gruppo particolare e quello con tori o vacche che allattano, denominato “coppe dei tori”.
L’iconografia non è egizia perché le figure sono poco slanciate, si nota l’impronta siriana.
Un altro sottogruppo è costituito da coppe che hanno al centro una stella, sono definite Star Bowl, e sono riferite a scuola fenicia orientale o sud-siriana. Il motivo si svolge dalla stella al centro, con decorazione figurata organizzata simmetricamente. Si notano scene di danza o di lotta fra l’eroe e il grifone. Fra le scene si possono ammirare spicchi di coppa decorati con divinità fra colonne. Il terzo sottogruppo è di scuola fenicia orientale ed è caratterizzato dalla presenza al centro di una decorazione calligrafica con fasce continue di elementi vegetali come palmette o altro: sono le Marsh Pattern. Si notano tori o sfingi alate o urei (cobra, serpente sacro agli egizi) di tradizione egiziana.
Le coppe del secondo gruppo (700 a.C.), sono molto diverse sia come materiali (argento e argento dorato) sia come collocazione, nel senso che sono state ritrovati in area cipriota e in area occidentale (Etruria). La critica tende a identificare il luogo di produzione a Cipro. Si differenziano per la presenza di un medaglione figurato che presenta un motivo principale di tradizione egiziana o orientale. Si nota un’evoluzione perché nelle fasce concentriche si nota un affastellamento di elementi orientali molto diversi che si susseguono senza ordine. In alcune si nota il genio assiro quadrialato (simbolo benigno) che combatte contro il leone (simbolo della forza e del male). Sopra l’eroe è generalmente presente il falcone Orus (divinità egiziana) che porta protezione al faraone o all’eroe giovane che combattono contro grifoni, animali e mostri vari. Sono rappresentati anche altri elementi: alberi della vita realizzati con palmette, sfingi, grifoni e capridi in posizione araldica. Quindi tutta una serie di simboli orientali commisti con simboli egizi. A volte troviamo rappresentato uno sfondo di papiro con la nutrice Iside che sta allattando il giovinetto Orus. Spesso gli artigiani non conoscevano le interpretazioni e rappresentavano secondo il proprio gusto.
In una fase più tarda scompare l’affastellamento e le coppe sono più ordinate, meglio organizzate.
Assistiamo a esempi narrativi o decorazioni di fasce che continuano in quella successiva. Troviamo palmette, barche sacre egizie, sfondi di papireti, Iside che allatta Orus, tutti elementi ripresi dalla tradizione egiziana. Spesso troviamo decorazioni eseguite dagli artigiani con simboli geroglifici senza significato, a solo scopo decorativo. Una delle iconografie più diffuse presenta il faraone con la mazza in mano che abbatte il nemico mentre questi implora la salvezza. La
rappresentazione del faraone è enfatizzata, grande, mentre il nemico è piccolo, e ridotto a strisciare come un animale.
Nell’ultima fase troviamo coppe come quella di Preneste, in Etruria, nella quale è rappresentata la giornata del cacciatore. La scena narrativa è racchiusa entro un bordo nel quale si nota un serpente. Al centro c’è il faraone che con una lancia sta per uccidere il nemico, raffigurato disteso in terra vicino a un cane, a simboleggiare l’umiliazione. In una fascia più centrale ci sono cavalli ma la fascia più importante è quella esterna: il giovane principe esce dalla città fortificata per
andare a caccia. E’ su un carro insieme a un attendente che regge un ombrellino per riparare dal sole il suo sovrano. La scena al fianco mostra una montagna (rappresentata con le pelte di tipo assiro) con un cervo che viene cacciato dal principe, viene ucciso e appeso a un albero per essere scuoiato. Poi c’è il riposo con un momento di adorazione alla divinità con il sole alato che sovrasta la scena e il fumo che sale dall’altare. Da una grotta della montagna esce un mostro (uno
scimmione) ma il re protetto dal falcone Orus ingaggia una lotta, lo uccide e rientra in città. In quest’arte confluiscono elementi di tradizione egiziana, orientale, greca e assira. Un’altra classe di grande interesse è quella dei bronzetti figurati. Inizia nel Bronzo Medio e continua fino al Ferro. Non possiamo ricostruire la storia dei bronzetti su base stratigrafica perché non abbiamo dati e quindi ci si basa su iconografia e stile. Gli autori hanno grosse difficoltà nell’attribuzione della cronologia. Li si ritrova in ambito templare, come dediche in depositi votivi o in cappelle secondarie. Abbiamo divinità maschili e femminili, o antenati divinizzati. Nella tradizione siro-palestinese del Bronzo abbiamo due iconografie: divinità maschili che tengono nella mano destra una mazza per percuotere le nubi (Dio Adad e Baal). Vengono denominati Smiting God (Dio battente). Si nota l’influenza egiziana per il corto gonnellino e la figura slanciata, ma la cintura e la
tiara conica sono siriane. Il rivestimento in lamina aurea impreziosiva l’oggetto. I bronzetti possono essere anche seduti sul trono. Anche in Palestina troviamo gli Smiting God e i bronzetti sul trono.
Nel Ferro, in Fenicia troviamo più frequenti le rappresentazioni femminili con veste lunga, corona egiziana e un braccio rivolto verso l’alto che forse brandisce un’arma (ma i frammenti sono andati perduti e non siamo certi). Continua lo Smiting God maschile ma questi ritrovamenti sono più frequenti in Occidente. Uno di questi è stato ritrovato in mare presso Selinunte, e datato intorno al VIII a.C. I bronzetti sono realizzati con il metodo della cera persa e misurano fra i 20 e i 40 centimetri. Un’altra iconografia occidentale è quella dei benedicenti, sia stanti che in trono, sia maschili che femminili, con le mani rivolte verso chi guarda. Alcuni hanno una corona di tipo Athorico (dalla dea vacca Athor) con il disco solare fra le corna. I personaggi maschili hanno a volte una tiara conica, come quello ritrovato ad Alghero e a volte sono incedenti, cioè hanno una gamba avanzata come se stessero camminando, un iconografia di tradizione egizia. Qualcuno di questi ha le braccia distese lungo i fianchi. Un altro gesto è quello di ripiegare un braccio al petto.
Altre iconografie isolate sono quelle della divinità che allatta (a Tharros), della dea nuda con le mani sui seni e del suonatore di lira (a Monte Sirai).
L’economia era dunque fiorente, con commerci di metalli, oggetti lavorati, gioielli e avori con un’irradiazione da oriente verso occidente, a partire da Cipro per poi proseguire nell’Egeo, Creta ed Eubea. I levantini arrivavano nelle terre controllate dai capi locali e svolgevano i loro commerci.
Se avevano il consenso delle comunità indigene, potevano anche fondare dei punti d’appoggio e non si verificavano conflitti. I mercanti erano divisi in piccoli gruppi, e non sarebbero riusciti a imporsi con le armi. Il loro interesse era scambiare proficuamente e mantenere buoni rapporti per mantenere attivi e duraturi i commerci.
Nell’VIII a.C. attraversarono tutto il Mediterraneo e arrivarono in Spagna, a Cadice e nell’Atlantico. Attraversare lo Stretto di Gibilterra non era semplice a causa dei venti e delle correnti marine. Poteva accadere che prima di proseguire il viaggio, si doveva rimanere sotto costa per mesi in attesa del bel tempo estivo. Le navi da trasporto erano soprattutto a vela, quelle da guerra erano a remi per essere più veloci e agili nelle manovre. La navigazione invernale è un’attività più recente, in antichità si viaggiava da Maggio fino all’Autunno, e se ci si trovava a metà strada si doveva attendere l’arrivo della nuova stagione.
Gli assiri dal IX a.C. esigono da tutti i popoli della fascia costiera libanese, siriani compresi, pesanti tributi con la minaccia di un’invasione armata. Nonostante ciò Tiro rimane indipendente fino alla fine dell’VIII a.C. Il motivo di questa autonomia deriva dalla capacità di reperire argento (e altri metalli) da consegnare agli assiri, che non avevano le competenze per varcare il mare. Quando i fenici portano in oriente una quantità tale di argento da provocare un’inflazione rilevante, gli assiri li conquistano perchè non erano più utili alle loro mire di dominio economico. Una concausa che contribuisce allo spostamento dei levantini verso occidente è la nascita di un’attività mercantile di tipo privato. Fino ad allora erano il re, il palazzo o il tempio a decidere i commerci, ma dal IX a.C. sono i mercanti a prendere le redini di questa attività. Le derrate alimentari, i manufatti e i metalli iniziano a viaggiare senza controllo statale.
Anche il clima mutò: dal Bronzo Medio si ha un processo di inaridimento e desertificazione progressivo che porta le steppe dell’interno ad avanzare verso il mare. La popolazione che si dedicava alle attività agrarie fu costretta a spostarsi verso il mare. La pressione demografica sulle coste fu eccessiva e diventò difficile sfamare tutta questa gente con le risorse esistenti.
Aumentò l’esigenza di nuovi sbocchi marittimi e alcuni gruppi di abitanti delle Città Stato si avventurano nel Mediterraneo per smerciare, fra gli altri, gli oggetti di lusso. Le cause dell’irradiazione fenicia sono insite nell’organizzazione economica dell’area, basata su artigianato e produzione di manufatti di lusso in cambio dei quali ricevevano derrate alimentari e materie prime. Dal X a.C. queste erano procurate dal Re Hiram in oriente, a Ophir e Cipro e nel IX a.C. nei grandi giacimenti minerari dell’area settentrionale in Cilicia. La situazione cambia intorno al VIII a.C. in seguito ai cambiamenti politici, quando l’alleanza dei regni della Siria blocca il passaggio a nord. Le carovaniere sono bloccate anche a est dal consolidarsi del regno arameo di Damasco e a sud c’è Israele. Tiro e altre città Stato sono costrette a trovare risorse metalliche altrove, e attraversano
tutto il Mediterraneo fino a giungere a Cadice, nell’area atlantica della Spagna, ricca di argento. Per la datazione dell’irradiazione le fonti archeologiche parlano di Kition come prima tappa commerciale importante, seguìta da Cartagine e Cadice.
Nelle immagini, dall'alto:
Pettorale con tecnica cloisonnè - Biblo - 1700 a.C.
Ornamento letto in avorio - IX a.C.
Biblo - Pugnale e fodero - Oro e avorio - 1750 a.C
Ugarit - Scena di caccia - 1450 a.C,
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