lunedì 20 ottobre 2014
Cartagine: una superpotenza in difficoltà
Cartagine: una superpotenza in
difficoltà
di Aldo Ferruggia
Ho letto nei giorni scorsi diversi interessanti post
imperniati su un'ipotesi di fondo che recita grossomodo: Cartagine non era una
superpotenza nel VI secolo ed anzi, le ha sempre buscate in giro per il
Mediterraneo; in una tale situazione era impossibile un trattato con Roma che
sancisse l'entrata della Sardegna nella sua sfera d'influenza.
Gli studiosi di storia sarda mi perdonino l'intromissione in
una discussione così approfondita ma spero che quanto da me rilevato nello
studio sulle Guerre Greco-Puniche possa servire per la comprensione del quadro
generale. Farò in questa sede appunti sul metodo e sul merito con cui si è
affrontata la questione.
Sul metodo innanzitutto, faccio notare che talora è
trapelata una certa insofferenza nei confronti di specialisti che sulla
questione hanno vedute più tradizionali. Io non ho titolo per giudicare
nessuno, facendo il medico, e quindi mi astengo da tale atteggiamento. Vorrei
poi sottolineare la differenza ontologica tra espansionismo fenicio ed
espansionismo greco. La semitica Cartagine non aveva nel DNA la guerra, tanto
naturale agli indoeuropei Greci, questi sì portatori di una visione che
esaltava il valore militare. Le conquiste puniche sono spesso creazioni di
empori, nuovi mercati, nuove possibilità di guadagno; sono covi di mercanti,
non sono città generatrici di schiere di “falangiti”. Naturale che un siffatto
popolo non avesse una grande fortuna militare in Sardegna. I Greci invece
“arpionarono” immediatamente l'entroterra siculo creando grandi chorai, i cui confini tendevano naturalmente a
dilatarsi all'infinito, se nessuno si fosse opposto. Della loro scarsa propensione al “corpo a
corpo” i Punici erano perfettamente coscienti e quindi, dando fondo alle loro
infinite riserve auree ed argentee si ersero a spauracchio della grecità grazie
ad eserciti mercenari.
Furono efficaci nel VI secolo? Veniamo al merito.
. Sul mare vennero battuti in una serie di scontri che
permisero ai Focei di attestarsi sulla sponda nord del Mediterraneo.
. In Sicilia i Cnidi di Pentatlo ed i Selinuntini furono
sconfitti da Phoinikes [1] alleati agli Elimi.
. Poi i Focei ci provarono al largo di Alalia, ma vennero
fermati da Punici e Tirrenoi. I Greci dovettero sloggiare; io la vedo
come una vittoria ai punti dei Cartaginesi.
. Poi gli spartani ci provarono in Cirenaica, ma qui il loro
insediamento fu spazzato via da una coalizione di locali e di Cartaginesi.
. Allora i Dori saltarono in Sicilia fondando Eraclea, città
distrutta da una coalizione capeggiata da Cartagine.
Circa poi la vexata quaestio del passo di
giustino/Orosio, lo stesso passo rileva che Malco infeliciter aveva
combattuto in Sicilia, ma aveva compiuto anche imprese fortunate sull'isola ed
in Africa, e che quindi in quegli anni non avvennero solo rovesci punici.
E allora? Superpotenza sì o no? Piena espansione coloniale
sì o no?
Cartagine era in difficoltà, non la vedo in espansione nel
IV secolo. Ciononostante, aggredito da diverse parti, il gigante fu in grado di
opporsi, con discreto successo, all'ondata colonizzatrice greca, secondo la
linea rodano-cirenaica: le battaglie della fase coloniale avvennero in gran
parte nei pressi di tale linea ideale, grossolanamente parallela all'asse
maggiore della penisola italica. Viste le dimensioni di questo impegno bellico
direi che l'etichetta di superpotenza(e così la pensa il prof. Pittau), l'unica
del VI secolo, è pienamente meritata. Il catenaccio punico insomma, se
escludiamo le sconfitte con i Focei, funzionò.
La mia idea infine, circa il 509, deriva dalla logica: il
prof. Pittau scrive: “E' da escludersi assolutamente che Roma, dopo
la gravissima crisi...fosse in grado di entrare in un rapporto bilaterale di
intese con Cartagine, che allora era la più grande potenza del Mediterraneo”.
Ora, Cartagine era una superpotenza sì, ma, come abbiamo visto, non proprio in
salute per colpa dei Greci! Se lo fosse stato Pittau avrebbe ragione e invece proprio la difficoltà di
Cartagine rende plausibile l'idea di un trattato tra una Cartagine in debito
d'ossigeno ed una Roma in difficoltà. Cartagine in pratica, voleva ritagliarsi
una sorta di esclusività sulla Sardegna, prima ancora di aver esteso su di essa
una vera eparchìa. Roma accettò di buon grado vista la sua situazione.
Insomma, due paure si sommarono e ne nacque un trattato.
Ringrazio Pierluigi per lo spazio concessomi.
Aldo Ferruggia (www.areablog.net)
[1] Non è difficile immaginare che il
termine possa estendersi ai Cartaginesi; in ogni caso pochi anni dopo Cartagine
insedia a Selinunte un tiranno filo-punico, e la città per mezzo secolo rimase
nell'orbita punica. Nella battaglia d'Imera la ritroviamo ancora a fianco dei
Cartaginesi.
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Interessante punto di vista, rafforza la tesi di Beretta.
RispondiEliminaChiedo scusa, intendevo Rolando Berretta.
RispondiEliminaNon so di chi rafforzo la tesi, mi pare che ognuno abbia prodotto delle idee rispettabili. Ho maturato anche un'altra idea rafforzativa rispetto la mia tesi sul 509(il trattato è esistito veramente in quell'anno) che tiene conto del cambio di politica estera di Roma. Ma non vorrei stressare l'argomento, anche perchè mi pare che alla maggior parte dei partecipanti alla discussione interessi sottolineare soprattutto la relativa indipendenza della Sardegna al 509, cosa che mi trova sostanzialmente d'accordo.
RispondiEliminaIo, da profano, interessato, percepisco (magari sbaglio) la coerenza della sua tesi con quella del Berretta.
RispondiEliminaLa differenza, secondo il mio punto di vista, stà nell'analizzare diversi aspetti delle vicende in esame.
Tuttavia il mio interesse (o desiderio) principale, è quello di conoscere una ricostruzione della storia dell'isola, più attendibile e veritiera, fondata su basi analittiche induttive e non deduttive.