venerdì 31 ottobre 2014
Ritrovamento straordinario in Puglia: rinvenuto un villaggio di 7000 anni fa: ambienti, deposizioni rituali, statuine della Dea Madre
Ritrovamento straordinario in Puglia: rinvenuto un
villaggio di 7000 anni fa: ambienti, deposizioni rituali, statuine della Dea
Madre
L’area di Palese,
piccola frazione fra la costa e l’immediato entroterra alle porte di Bari non è nuova ai
ritrovamenti archeologici, ma questa volta pare che l’ultimo rinvenimento abbia
davvero dell’eccezionale. In un terreno privato, adiacente ad una antica villa
sita fra l’hotel La Baia e il lungomare è stato infatti rinvenuto un insediamento neolitico risalente a circa 7000
anni fa.Lo scavo ancora in corso è eseguito dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici della
Puglia, la quale ha reso noto che, oltre a tracce di strutture abitative
e produttive è emersa anche un’area funeraria che finora ha restituito almeno
otto scheletri, oltre a svariati altri reperti.
Dalle dichiarazioni di Donato Coppola, docente di
Archeologia della Preistoria al dipartimento di Scienze dell’antichità
dell’Ateneo di Bari, si è appreso che i resti di questo abitato Neolitico non
hanno eguali nel panorama della preistoria italiana per via dello stato di
conservazione del materiale rinvenuto. In particolare ha fatto riferimento alla
buona conservazione di pavimenti
abitativi e dialtre
testimonianze legate alla vita quotidiana degli agricoltori del
VI-V millennio a.C., fra cui delle ceramiche e
d una rarità costituita
da una statuina in pietra della
Dea Madre ritrovata accanto ad uno scheletro nel contesto di quella
che ha tutta l’aria di essere una deposizione rituale. In particolare la tomba
numerata come n. 6, risalente a 7500 anni fa, presenta l’unicità di un cadavere deposto in posizione
prona con accanto alla testa una statuina della Dea Madre.
giovedì 30 ottobre 2014
Un profondo conoscitore della lingua etrusca
“Un profondo conoscitore dei problemi della lingua Etrusca”
di
Massimo Pittau
In
un'opera dal titolo molto accattivante sul piano pubblicitario - però non
rispondente alla esatta realtà dei fatti - di Giulio M. Facchetti, L'enigma
svelato della lingua etrusca (Roma 2000), nel risvolto della sopraccoperta
l'Autore – che è laureato in giurisprudenza - si è presentato in questo modo
testuale: «Giulio M. Facchetti, studioso di diritto romano e di storia antica,
è attualmente dottorando di ricerca all'Università di Pavia e collabora presso
l'Università statale di Milano; cultore di linguistica storica e profondo
conoscitore dei problemi della lingua etrusca e delle scritture e lingue
dell'antica Creta, negli ultimi anni ha pubblicato, in sedi scientifiche, diversi
notevoli interventi sulla scrittura minoica Lineare A e, recentemente, il testo
specialistico Frammenti di diritto privato etrusco».
Ovviamente
in questi ultimi 15 anni egli ha fatto progressi nella sua carriera accademica,
diventando professore aggregato nell'Università dell'Insubria (Varese) ed
effettuando nuove acquisizioni nei suoi numerosi campi di interesse.
Ad
esaminare e discutere minutamente un'opera di 300 pagine, come questa del
Facchetti, sarebbe troppo lungo e dovrei scrivere una mia opera di almeno
uguale spessore. Perciò intendo limitarmi all'esame di una sua opera più
recente e assai più breve: Appunti di morfologia etrusca (Firenze 2002) con
l'intento di esaminare quale sia la sua competenza effettiva in una lingua dei
cui problemi egli si è presentato come “profondo conoscitore”.
mercoledì 29 ottobre 2014
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Seui - Su Prugadoriu. Archeologia Sperimentale. Bronzetti
Su Prugadoriu 2014 - Seui
di Pierluigi Montalbano
Sono lieto di comunicare che Sabato 1 Novembre, alle ore 18.30 circa, a Seui in occasione della "fusione del bronzo" a cura dell'Associazione "Sulle tracce di Dan", sarò relatore sul tema: "I processi di fusione del bronzo nel Mediterraneo antico".
Parlerò della ricerca dei metalli, del trasporto in Sardegna dello stagno, dei maestri fonditori e dei bronzetti.
Un ringraziamento agli organizzatori e un augurio di buon divertimento a tutti i partecipanti.
I maestri fonditori prepareranno con il metodo della cera persa il capo tribù di Serri, un bronzetto che misura quasi 30 cm, un pugnale e uno spadino, uguale a quelli portati sullo scudo dal guerriero di Padria.
Saranno predisposti 2 crogioli in un bel forno che certamente illuminerà la notte con la magia del fuoco.
di Pierluigi Montalbano
Sono lieto di comunicare che Sabato 1 Novembre, alle ore 18.30 circa, a Seui in occasione della "fusione del bronzo" a cura dell'Associazione "Sulle tracce di Dan", sarò relatore sul tema: "I processi di fusione del bronzo nel Mediterraneo antico".
Parlerò della ricerca dei metalli, del trasporto in Sardegna dello stagno, dei maestri fonditori e dei bronzetti.
Un ringraziamento agli organizzatori e un augurio di buon divertimento a tutti i partecipanti.
I maestri fonditori prepareranno con il metodo della cera persa il capo tribù di Serri, un bronzetto che misura quasi 30 cm, un pugnale e uno spadino, uguale a quelli portati sullo scudo dal guerriero di Padria.
Saranno predisposti 2 crogioli in un bel forno che certamente illuminerà la notte con la magia del fuoco.
martedì 28 ottobre 2014
La prima Età del Ferro nel Sulcis, di Paolo Bernardini
Testando i paesaggi del Ferro: il caso sulcitano
di Paolo Bernardini
La vasta concentrazione di insediamenti che distingue il territorio sulcitano nel Bronzo è il necessario palcoscenico sul quale introdurre un nuovo protagonista: il paesaggio della successiva Età del Ferro nella regione del Sulcis. Per quanto i processi interni di organizzazione del territorio e di gerarchizzazione degli insediamenti siano ancora privi di approfondimenti di tipo cronologico e diacronico, la distribuzione del popolamento, preso nel suo aspetto generale, indica immediatamente un fervido dinamismo e un sofisticato livello di appropriazione e di gestione del territorio e delle sue risorse da parte di quelle comunità di cultura nuragica che vivono, secondo la felice espressione di Giovanni Lilliu, nella «bella età dei nuraghi». Il medesimo studioso, dopo aver presentato, in un dettagliato studio del 1995, i quadri nuragici del Sulcis nel Bronzo, si scusava con i lettori per non aver potuto dare conto con altrettanta dovizia di dati della successiva Età del Ferro, per la quale venivano indicate linee estremamente generali di sviluppo culturale in linea con il divenire di quella “età delle aristocrazie” propugnata altrove dallo stesso autore. Oggi la situazione non è cambiata di molto; la comprensione dei quadri culturali e organizzativi dell’età nuragica è stata limitata in modo notevole dal prevalente orientamento della ricerca sui contesti di cultura fenicia e punica del territorio sulcitano, in qualche modo sollecitata dalla presenza in questa regione di importanti giacimenti legati alla problematica dell’irradiazione fenicia e del successivo dominio cartaginese. Vi è, in realtà, alla base della settorializzazione delle indagini e della prevalenza di una “specializzazione” sull’altra, una metodologia discutibile di impostazione della ricerca, la quale, fino a tempi recenti, ha avuto poco interesse, sia sul versante degli studi fenicio-punici che di quelli preistorici e protostorici, a indagare i punti sensibili dell’interrelazione e dell’osmosi tra culture ed etnie diverse e che ha frantumato in spesso aridi specialismi un fenomeno storico complesso e variegato, originato dall’incontro e dal confronto di tradizioni, esperienze e attitudini diversificate, ma tutte protagoniste nel forgiare il peculiare processo storico dell’isola.
di Paolo Bernardini
La vasta concentrazione di insediamenti che distingue il territorio sulcitano nel Bronzo è il necessario palcoscenico sul quale introdurre un nuovo protagonista: il paesaggio della successiva Età del Ferro nella regione del Sulcis. Per quanto i processi interni di organizzazione del territorio e di gerarchizzazione degli insediamenti siano ancora privi di approfondimenti di tipo cronologico e diacronico, la distribuzione del popolamento, preso nel suo aspetto generale, indica immediatamente un fervido dinamismo e un sofisticato livello di appropriazione e di gestione del territorio e delle sue risorse da parte di quelle comunità di cultura nuragica che vivono, secondo la felice espressione di Giovanni Lilliu, nella «bella età dei nuraghi». Il medesimo studioso, dopo aver presentato, in un dettagliato studio del 1995, i quadri nuragici del Sulcis nel Bronzo, si scusava con i lettori per non aver potuto dare conto con altrettanta dovizia di dati della successiva Età del Ferro, per la quale venivano indicate linee estremamente generali di sviluppo culturale in linea con il divenire di quella “età delle aristocrazie” propugnata altrove dallo stesso autore. Oggi la situazione non è cambiata di molto; la comprensione dei quadri culturali e organizzativi dell’età nuragica è stata limitata in modo notevole dal prevalente orientamento della ricerca sui contesti di cultura fenicia e punica del territorio sulcitano, in qualche modo sollecitata dalla presenza in questa regione di importanti giacimenti legati alla problematica dell’irradiazione fenicia e del successivo dominio cartaginese. Vi è, in realtà, alla base della settorializzazione delle indagini e della prevalenza di una “specializzazione” sull’altra, una metodologia discutibile di impostazione della ricerca, la quale, fino a tempi recenti, ha avuto poco interesse, sia sul versante degli studi fenicio-punici che di quelli preistorici e protostorici, a indagare i punti sensibili dell’interrelazione e dell’osmosi tra culture ed etnie diverse e che ha frantumato in spesso aridi specialismi un fenomeno storico complesso e variegato, originato dall’incontro e dal confronto di tradizioni, esperienze e attitudini diversificate, ma tutte protagoniste nel forgiare il peculiare processo storico dell’isola.
lunedì 27 ottobre 2014
Mummie, mummificazione e imbalsamazione
Mummie, mummificazione e
imbalsamazione
di Samantha Lombardi
L’imbalsamazione,
del cui impiego si perde il ricordo nei secoli, era un tempo ottenuta
soprattutto con l’uso di sostanze balsamiche, da cui il nome.
Durante
l’evolversi della storia dell’uomo, presso varie culture, si è fatto ricorso,
in modo più o meno ampio, a tecniche di mummificazione che potremo definire “mummificazione artificiale”.
Sappiamo
che la mummificazione esisteva in Assiria, in Media e in Persia. In Babilonia i
rituali funerari erano molto simili a quelli usati in Egitto, mentre i Persiani
avrebbero appreso dagli stessi Babilonesi l’uso di spalmare di cera il corpo
imbalsamato degli imperatori. La tradizione di imbalsamare il corpo dei morti
esisteva anche presso gli Sciti (tribù che vivevano nella Siberia meridionale),
anche se mummie scite non sono mai state ritrovate.
Ma
il paese “per eccellenza” dove veniva praticata l’imbalsamazione era l’Egitto.
In precedenza i morti venivano semplicemente deposti direttamente sotto la
sabbia, avvolti con stuoie o custoditi dentro casse di legno rosso, qui
l’aridità dell’ambiente provocava una rapida disidratazione del corpo
preservandolo da ulteriori decomposizioni. La più antica mummia egizia,
conservata al British Museum di Londra, risalente, più o meno, al XXXIV secolo
a.C. è proprio quella appartenente ad un cadavere sepolto nella sabbia del
deserto e che si è conservata grazie alle condizioni ambientali.
Già
nella I dinastia (3150-2925 a. C.), anche se è solo teoricamente attestata
l’imbalsamazione, è comunque indubbio lo sviluppo delle tecniche usate per
preservare l’integrità fisica e spirituale del corpo, poiché preservandolo
dalla putrefazione, gli Egizi, volevano consentire all’anima del defunto di raggiungere
il mondo sotterraneo per trascorrervi una seconda vita.
I
rituali e le prime rudimentali tecniche di imbalsamazione compaiono solo nel
corso dell’Antico Regno (2778-2220 a. C.), alla fine della III dinastia
(2700-2625) i morti venivano semplicemente avvolti in bende impregnate di
resina. In realtà i riti osiriaci della mummificazione non fanno che utilizzare
una credenza molto più antica, infatti ci sono tracce di bitume perfino su
qualche morto preistorico. La tecnica di imbalsamazione non era però ancora
tanto evoluta da permettere una lunga conservazione dei corpi, tanto che sotto
le fasciature, di alcune mummie rinvenute, sono rimaste soltanto ossa e
brandelli di pelle, che si sono disintegrate al primo contatto con l’aria. E’
solo a partire dalla IV dinastia (2625-2510 a. C.) che si iniziò ad asportare i
visceri quali: intestino, polmoni, fegato e stomaco che venivano collocati
dentro i vasi canopi, pratica che a partire dal Nuovo Regno (1552-1069 a. C.)
divenne abituale.
Nel
Medio Regno (2160-1785) furono adottate tecniche più complesse delle quali
usufruirono dapprima esclusivamente i faraoni e poi le persone più agiate. Fu
però sotto la XXI dinastia (1069-945 a. C.) che i processi di mummificazione
raggiunsero la perfezione grazie all’arrivo di prodotti asiatici e durò fino ai
tempi cristiani, infatti, la stessa pratica, era presente anche presso i monaci
copti sia pure in maniera diversa. Dopo la caduta del Regno Faraonico
domenica 26 ottobre 2014
Autonomia speciale e Lingua Sarda di Massimo Pittau
Autonomia speciale e
Lingua Sarda
di Massimo Pittau
Tutte le volte che incontro l'amico Diego Corraine provo un
senso di malinconia e pure di mortificazione: perché corro con la memoria agli
anni Settanta, quando fondammo la «Sotziedade pro sa Limba Sarda», io
presidente e lui segretario, e in questa veste organizzammo incontri e
manifestazioni in tutta la Sardegna per la salvaguardia e il recupero della
lingua sarda. Dopo però ci separammo e la Sotziedade scomparve, quando lui
credette di proporre per la Sardegna una “lingua unificata”, creata a tavolino
e scritta alla maniera della lingua spagnola, mentre io non ci credetti per
nulla. Sta però di fatto che il suo tentativo fallì per due volte per
l'ostilità dei Sardi, soprattutto dei Campidanesi - che sono i parlanti più
numerosi - quando si accorsero che avrebbero dovuto adoperare una “lingua
unificata”, che era una forma di logudorese annacquato. E da allora abbiamo
continuato ad assistere alla dissardizzazione linguistica dei Sardi, effettuato
in forma massiccia dalla scuola, dai mass media, dalle canzonette, dallo sport,
ecc.
E malinconia unita a mortificazione mi è venuta quando
qualche giorno fa Diego ha pubblicato un articolo, del quale condivido quasi
tutte le considerazioni: che la lingua costituisce il fattore primo e
principale di ogni etnia; che la Regione Sarda non si è impegnata al fine di
applicare e far applicare realmente una legge regionale e una statale, che pure
sono state promulgate, in difesa del sardo e delle altre lingue di minoranza;
che una politica in difesa della lingua sarda, mandata avanti con chiarezza e
con impegno avrebbe anche le sue ricadute positive di carattere occupazionale a
favore dei giovani sardi, ecc.
sabato 25 ottobre 2014
Festa del Quotidiano on line di storia e archeologia, oggi a Cagliari
Una festa a Cagliari per brindare al milione di visite: oggi, sabato 25 Ottobre, dalle ore 18.
A tre anni dalla pubblicazione del primo articolo, il nostro quotidiano di storia e archeologia ha superato un milione di ingressi, e viaggia a una media di 1500 visite giornaliere. Sono numeri importanti che mi invitano a fornire un servizio di qualità. Tutto l'impegno che metto a disposizione dei lettori è, tuttavia, condizionato da due problematiche: il tempo a disposizione e le competenze specifiche. Il ruolo che ho scelto nel settore culturale è quello della divulgazione e mi scontro quotidianamente con i due problemi che ho citato. Pur curando al meglio la scelta degli argomenti da proporre, non ho tempo sufficiente per filtrare selettivamente ogni frase degli articoli, pertanto possono esserci errori dovuti alla fretta. Per ciò che riguarda le competenze specifiche, essendo specializzato solo nella fase nuragica, devo spesso affidarmi alla "penna" di autori preparati che nella disciplina di cui scrivono offrono garanzia di qualità. Parlo di professionisti del calibro di Paolo Bernardini, Massimo Pittau, Giovanni Ugas, Alfonso Stiglitz, Mauro Perra, Momo Zucca, Piero Bartoloni, Marco Rendeli e tanti altri che colgo l'occasione per ringraziare e invitare a continuare a scrivere su questo quotidiano di divulgazione. Ho avuto l'onore di pubblicare articoli dei miei professori universitari, di coloro che mi hanno ispirato la strada che ho scelto di percorrere nel mondo culturale, primi fra tutti il compianto Roberto Coroneo e la professoressa Rossana Martorelli. Oggi vorrei ricordarli tutti, e mi scuso con quelli che non ho citato. L’indagine sul nostro passato ha portato alla luce anche argomenti di difficile lettura, ad esempio la cartografia nautica di Rolando Berretta e gli articoli tecnici scritti con un linguaggio accademico e destinati agli addetti ai lavori. Parlo di alcune tesi di laurea, di approfondimenti su scavi e stratigrafie e altri. Personalmente continuerò a scrivere di economia e traffici nel Mediterraneo antico, segmento storico/geografico che ho avuto la possibilità di studiare a fondo.
Non ho mai pensato alla durata di vita di questo blog e ho sempre cercato di farlo coincidere con gli impegni lavorativi estranei al mondo della cultura.
Questo pomeriggio vorrei avervi tutti vicini, in un momento delicato che segna il mio percorso lavorativo. Dopo dodici anni ho deciso di ritornare in quel mondo che mi ha formato professionalmente e alla passione che mi accompagna da quando, appena diciottenne, acquistai la prima auto mentre Niki Lauda trionfava nelle piste con il cavallino rampante, e Marku Alen e Hannu Mikkola sfrecciavano nei polverosi sentieri e nelle piste innevate del mondiale Rally. Inaugurerò un negozio a Cagliari per provare, nuovamente, alcune di quelle sensazioni che i nostri avi vivevano nel loro mercanteggiare. L'incontro fra i due attori dello scambio, venditore e compratore, è una danza che coinvolge l'emotività, l'intelligenza, l'abilità oratoria, la gestualità, la capacità di comprensione dei bisogni del compratore...insomma, un piccolo mondo racchiuso in una trattativa commerciale.
Ringraziandovi ancora per aver scelto questo quotidiano per trascorrere qualche momento della giornata, questo pomeriggio, a partire dalle 18.00, sarò lieto di brindare con voi nei locali di Cagliari (Pirri) in Via Fratelli Bandiera 100. Per l’occasione sarà esposta, in anteprima, una mostra di fotografie intitolata “Indonesia, vite parallele”. Sarà presente l’autore che racconterà la sua esperienza a Giakarta. Sarà allestita anche una suggestiva mostra di pietre a forma di uccelli diurni che, secondo la proposta dell’autore, Salvatore Craba di Bono, erano dei veri e propri messaggeri verso le divinità. Erano gli Angeli dell'antichità.
Il link facebook dell'evento https://www.facebook.com/events/699412303467667/?ref_dashboard_filter=upcoming
venerdì 24 ottobre 2014
Trovata una Bibbia di 1400 anni fa in cui ci sarebbe scritto che Gesù non è stato crocifisso. Fake o realtà?
Trovata una Bibbia di 1400 anni fa in cui ci sarebbe scritto che Gesù non è stato
crocifisso. Fake o realtà?
Con tutte le cautele del caso, e suggerendo che potrebbe trattarsi di una notizia costruita ad hoc da qualche organizzazione, o individuo, che vuole screditare il Vaticano, ho pensato di proporre questo breve articolo su un ritrovamento poco chiaro del Vangelo di Barnaba
Attualmente esposto nel Museo Etnografico di Ankara, il libro contiene il Vangelo di Barnaba, un discepolo
di Cristo, il quale afferma che Gesù, non è stato crocifisso e non è il figlio
di Dio, ma solo un profeta. Il libro, inoltre, apostrofa l’apostolo Paolo come
un impostore. Il libro sostiene anche che Gesù ascese al cielo vivo, e che
Giuda Iscariota fu crocifisso al suo posto. Un articolo del National Turk
riporta che la Bibbia è stata sequestrata ad una banda di contrabbandieri
durante un’operazione in un porto siriano. L’articolo afferma che la banda è
stata accusata di contrabbando di antichità, scavi illegali e possesso di
esplosivi. Il libro è valutato 40 milioni di lire turche, oltre 30.000 euro.
Secondo i rapporti,
le autorità religiose di Teheran insistono sul fatto che il libro sia originale.
È scritto con lettere d’oro in aramaico, la lingua di Gesù. Il testo mantiene
una visione simile a quella dell’Islam, contraddicendo gli insegnamenti del
Nuovo Testamento del cristianesimo. Gesù prevede anche la venuta del Profeta
Maometto, che avrebbe fondato l’Islam 7 secoli dopo. Si ritiene che durante il
Concilio di Nicea, la chiesa cattolica raccolse a mano i vangeli che formano la
Bibbia come la conosciamo oggi, omettendo il Vangelo di Barnaba e altri a
favore dei quattro vangeli canonici: Matteo, Marco, Luca e Giovanni. Vari testi biblici sono comparsi nel corso del tempo,
compresi quelli del Mar Morto e
i Vangeli Gnostici, ma questo
libro in particolare sembra preoccupare il Vaticano che ha chiesto alle
autorità turche di poterne esaminare il contenuto tramite una commissione di
esperti nominati dal Vaticano stesso.
Fonte:
http://gazzettinoweb.altervista.org/trovata-bibbia-1500-anni-in-ce-scritto-gesu-non-crocifisso/
giovedì 23 ottobre 2014
L’incontro tra i Fenici e gli indigeni nel golfo di Oristano, in Sardegna
L’incontro tra i Fenici e gli indigeni nel golfo di Oristano, in Sardegna
di Laura Napoli e Elisa Pompianu
Il presente intervento ha lo scopo di offrire un quadro aggiornato sulle modalità d’incontro sorte tra i Fenici e gli indigeni nell’attuale regione di Oristano, ubicata sul versante centro-occidentale della Sardegna. La scelta di focalizzare la nostra attenzione su una particolare area geografica dell’isola nasce dalla convinzione di una concreta specificità delle strategie insediative messe in atto dalla componente levantina in Occidente, fortemente influenzata dal contesto ambientale e dalle diverse comunità indigene con cui si dovette relazionare. Appare sempre più chiaro, infatti, come le forme di interrelazione e di integrazione sorte tra i Fenici e le civiltà autoctone presenti nel Mediterraneo antico dovettero seguire percorsi affatto lineari, bensì scanditi da processi microstorici distinti ed esclusivi anche all’interno di una stessa regione. Nello specifico, l’oristanese (fig. 1) si presenta particolarmente stimolante in quanto il progresso delle ricerche archeologiche ivi condotte, unitamente alla messa a punto di alcune cronologie su contesti già noti, permettono di effettuare una rilettura delle testimonianze materiali disponibili sull’argomento. L’evoluzione della civiltà nuragica nelle fasi finali dell’età del Bronzo appare una necessaria premessa per cogliere appieno le trasformazioni avvenute nella successiva Età del Ferro con il concretizzarsi della presenza levantina sull’isola. Dal punto di vista urbanistico, uno degli sviluppi più significativi è, a nostro avviso, la definitiva connotazione di alcuni spazi pubblici quali luoghi volti a raccordare la vita comunitaria e tutte le attività ad essa connesse. Le “capanne delle riunioni”, sorte all’interno di numerosi villaggi indigeni, riflettono la nascita e la definitiva affermazione di una società gerarchizzata il cui potere doveva risiedere nelle mani di una classe ristretta; i “templi a pozzo”, invece, sembrano divenire il punto d’incontro tra i differenti cantoni nuragici e l’epicentro dove più spesso si palesano i contatti con il mondo coloniale. Nel contempo le comunità nuragiche che popolavano la regione cominciano a realizzare un’accorta selezione delle sedi dei loro stanziamenti abbandonando i siti meno favorevoli ad un controllo del territorio e delle materie prime da esso offerte. Questo processo evolutivo trova il suo apice nel corso dell’età del Ferro e ha come naturale conseguenza una decisiva rarefazione delle testimonianze materiali riferibili alla cultura indigena sia all’interno della stessa regione di Oristano sia, più in generale, nell’intera isola di Sardegna. Contrariamente alla tendenza diffusa tra alcuni studiosi, tale situazione è a nostro avviso inquadrabile nell’ambito di una riorganizzazione territoriale funzionale a nuove esigenze piuttosto che a un presunto declino della civiltà nuragica.
di Laura Napoli e Elisa Pompianu
Il presente intervento ha lo scopo di offrire un quadro aggiornato sulle modalità d’incontro sorte tra i Fenici e gli indigeni nell’attuale regione di Oristano, ubicata sul versante centro-occidentale della Sardegna. La scelta di focalizzare la nostra attenzione su una particolare area geografica dell’isola nasce dalla convinzione di una concreta specificità delle strategie insediative messe in atto dalla componente levantina in Occidente, fortemente influenzata dal contesto ambientale e dalle diverse comunità indigene con cui si dovette relazionare. Appare sempre più chiaro, infatti, come le forme di interrelazione e di integrazione sorte tra i Fenici e le civiltà autoctone presenti nel Mediterraneo antico dovettero seguire percorsi affatto lineari, bensì scanditi da processi microstorici distinti ed esclusivi anche all’interno di una stessa regione. Nello specifico, l’oristanese (fig. 1) si presenta particolarmente stimolante in quanto il progresso delle ricerche archeologiche ivi condotte, unitamente alla messa a punto di alcune cronologie su contesti già noti, permettono di effettuare una rilettura delle testimonianze materiali disponibili sull’argomento. L’evoluzione della civiltà nuragica nelle fasi finali dell’età del Bronzo appare una necessaria premessa per cogliere appieno le trasformazioni avvenute nella successiva Età del Ferro con il concretizzarsi della presenza levantina sull’isola. Dal punto di vista urbanistico, uno degli sviluppi più significativi è, a nostro avviso, la definitiva connotazione di alcuni spazi pubblici quali luoghi volti a raccordare la vita comunitaria e tutte le attività ad essa connesse. Le “capanne delle riunioni”, sorte all’interno di numerosi villaggi indigeni, riflettono la nascita e la definitiva affermazione di una società gerarchizzata il cui potere doveva risiedere nelle mani di una classe ristretta; i “templi a pozzo”, invece, sembrano divenire il punto d’incontro tra i differenti cantoni nuragici e l’epicentro dove più spesso si palesano i contatti con il mondo coloniale. Nel contempo le comunità nuragiche che popolavano la regione cominciano a realizzare un’accorta selezione delle sedi dei loro stanziamenti abbandonando i siti meno favorevoli ad un controllo del territorio e delle materie prime da esso offerte. Questo processo evolutivo trova il suo apice nel corso dell’età del Ferro e ha come naturale conseguenza una decisiva rarefazione delle testimonianze materiali riferibili alla cultura indigena sia all’interno della stessa regione di Oristano sia, più in generale, nell’intera isola di Sardegna. Contrariamente alla tendenza diffusa tra alcuni studiosi, tale situazione è a nostro avviso inquadrabile nell’ambito di una riorganizzazione territoriale funzionale a nuove esigenze piuttosto che a un presunto declino della civiltà nuragica.
mercoledì 22 ottobre 2014
Perché le Chiese più antiche sono orientate astronomicamente verso est?
Perché le Chiese più antiche sono orientate astronomicamente verso est?
di Pierluigi Montalbano
Prima del XII d.C. le Chiese erano edificate secondo i canoni costruttivi e soprattutto di orientamento, stabiliti già nelle Costituzioni Apostoliche redatte nei primi secoli del cristianesimo. Sin dagli albori del cristianesimo era diffusa la tradizione di orientare i templi o più in generale i luoghi di culto verso la direzione cardinale est (Versus Solem Orientem) in quanto per i cristiani la salvezza era collegata alla generica direzione cardinale orientale.Infatti Gesù aveva come simbolo il Sole (Sol justitiae, Sol invictus, Sol salutis) e la direzione est era simbolizzata dalla croce, simbolo della vittoria.Nel Medioevo le chiese erano generalmente progettate a forma di croce, generalmente latina, con l'abside orientato ad est. L'ingresso principale era quindi posizionato sul lato occidentale, in corrispondenza dei piedi della croce in modo che i fedeli entrati nell'edificio camminassero verso oriente simboleggiando l'ascesa di Cristo. La direzione orientale corrisponde a quel segmento di orizzonte locale in cui i corpi celesti sorgono analogamente, dal punto di vista simbolico, alla stella della nascita di Cristo, nota come "la stella dell'est". Le chiese dovevano assolvere agli aspetti puramente liturgici quindi le istruzioni che venivano date agli architetti in fase di progettazione si basavano su tutta una serie di indicazioni tratti dalla simbologia liturgica della religione cristiana. Era poi l'architetto ad impiegare Matematica, Geometria e Astronomia al fine di esprimere simbolicamente la funzione liturgica del culto.
di Pierluigi Montalbano
Prima del XII d.C. le Chiese erano edificate secondo i canoni costruttivi e soprattutto di orientamento, stabiliti già nelle Costituzioni Apostoliche redatte nei primi secoli del cristianesimo. Sin dagli albori del cristianesimo era diffusa la tradizione di orientare i templi o più in generale i luoghi di culto verso la direzione cardinale est (Versus Solem Orientem) in quanto per i cristiani la salvezza era collegata alla generica direzione cardinale orientale.Infatti Gesù aveva come simbolo il Sole (Sol justitiae, Sol invictus, Sol salutis) e la direzione est era simbolizzata dalla croce, simbolo della vittoria.Nel Medioevo le chiese erano generalmente progettate a forma di croce, generalmente latina, con l'abside orientato ad est. L'ingresso principale era quindi posizionato sul lato occidentale, in corrispondenza dei piedi della croce in modo che i fedeli entrati nell'edificio camminassero verso oriente simboleggiando l'ascesa di Cristo. La direzione orientale corrisponde a quel segmento di orizzonte locale in cui i corpi celesti sorgono analogamente, dal punto di vista simbolico, alla stella della nascita di Cristo, nota come "la stella dell'est". Le chiese dovevano assolvere agli aspetti puramente liturgici quindi le istruzioni che venivano date agli architetti in fase di progettazione si basavano su tutta una serie di indicazioni tratti dalla simbologia liturgica della religione cristiana. Era poi l'architetto ad impiegare Matematica, Geometria e Astronomia al fine di esprimere simbolicamente la funzione liturgica del culto.
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martedì 21 ottobre 2014
I Pelasgi, di Pierluigi Montalbano
I
Pelasgi
di
Pierluigi Montalbano
Gli
antichi autori raccontano che i Pelasgi abitarono la Grecia e vari territori
mediterranei: Caria in Asia Minore, Creta, Sicilia, Italia meridionale, Etruria.
Prima di giungere in Grecia miscelandosi con le genti elleniche, li conosciamo attraverso
confuse notizie, ad esempio che un loro gruppo emigrò dalla Tessaglia in Atene
e da Atene in Lemno. Sono attribuiti ai Pelasgi i resti di mura megalitiche
presenti ad Atene, nelle coste tirreniche e in altri luoghi costieri mediterranei.
Gli storici dell’Ottocento (Cuoco,
Micali, Gioberti) hanno provato a fornire alcune interpretazioni sull'origine,
la stirpe, la lingua, la civiltà dei Pelasgi. La ricerca linguistica e gli
scavi archeologici, rivelando parzialmente la natura delle civiltà preelleniche,
cioè dimostrando per un lato l'esistenza delle civiltà minoica e micenea, per
un altro lato chiarendo origini e affinità etniche dei popoli dell'Italia
antica, hanno sminuito il mito pelasgico. Sul carattere leggendario delle
tradizioni sui Pelasgi occorre dire che i Greci avevano un vago ricordo di
genti di stirpe diversa preesistenti alla loro immigrazione, ma della storia,
lingua, religione, residenza precisa di queste popolazioni non avevano più
alcuna nozione, perciò deformarono i loro ricordi con costruzioni fantastiche.
La base di queste fantasie, l'esistenza dei Preelleni, ha dunque un nucleo di
verità, ma tutti i particolari sono privi di valore, a cominciare dal nome
stesso di Pelasgi. Infatti, il nome di una regione della Tessaglia, la
Pelasgiotide, ci dice che i Pelasgi erano gli abitanti di questa regione, e con
il termine si indicavano gli “abitanti della pianura", contrapposto a
Macedoni, che significa "abitante in montagna.
Una festa a Cagliari per brindare al nostro "Quotidiano di storia e archeologia": un milione di visite, superato il primo traguardo.
Una
festa a Cagliari per brindare al milione di visite: sabato 25 Ottobre, alle ore
18.
Oggi
sono felice, e ogni piccolo traguardo superato aumenta la consapevolezza di
aver fatto le scelte giuste. A tre anni dall’inizio, il nostro quotidiano di
storia e archeologia ha superato un milione di ingressi. Mi
ritrovo ad assistere a delle cifre esponenziali che fanno crescere la
soddisfazione per aver riservato qualche momento libero della giornata per
dedicarlo a una passione: l’indagine sul nostro passato. Inizialmente non mi
aspettavo tali cifre, ma la convinzione che l’archeologia fosse un argomento
elitario, ossia una disciplina per pochi, è scomparsa strada facendo. Tanti
lettori sono presenze abitudinarie nelle varie pagine, altri ci finiscono per
caso perché in cerca di argomenti specifici e altri tramite passaparola. Sta di
fatto che la maggior parte di essi ritornano e coinvolgono altre persone. Ci
sono argomenti a cui tengo tanto, come quelli sui traffici commerciali nel
Mediterraneo antico e quelli sulla civiltà nuragica, di cui parlo spesso, e so
che almeno in piccola parte sto dando il mio contributo per farli conoscere
sempre più al grande pubblico. Fra le tante mail che ricevo quotidianamente dai
lettori, una buona parte riguardano la scarsa visibilità che ha la storia della
Sardegna nei libri di scuola. Molti di voi auspicano l’inserimento delle
vicende sarde all’interno del programma istituzionale di storia, o comunque un approfondimento
mirato a cura degli insegnanti. A scuola apprendiamo tutto ciò che fece Carlo
Magno ma pochi sanno che la Sardegna era parte integrante dell’impero romano d’Oriente,
ed era governata da Bisanzio. Si studia a fondo l’epoca dei comuni e delle
signorie ma si ignorano le vicende dei Giudicati. Le ricche testimonianze
archeologiche costituiscono una traccia da seguire per la ricostruzione storica
del nostro passato, e ringrazio quanti, con scritti e suggerimenti, hanno dato
un contributo, e continuano a farlo, alla ricostruzione di quel mosaico di frammentari
tasselli che oggi formano la storia dell’isola. Non ho mai pensato alla durata
di vita di questo blog e ho sempre cercato di farlo coincidere con gli impegni
lavorativi che crescono sempre e rubano il tempo ad esso, ma la volontà di
mandarlo avanti c’è ancora e il numero di ospiti che ogni giorno mi tengono
compagnia mi spinge a portare avanti questo progetto. Ringraziandovi ancora per
la compagnia, vi invito a partecipare attivamente e a mantenere vivo questo
spazio culturale. Sabato pomeriggio, a partire dalle 18.00, sarò lieto di
brindare con voi nei locali di Cagliari (Pirri) in Via Fratelli Bandiera 100.
Per l’occasione sarà esposta, in anteprima, una mostra di fotografie intitolata
“Indonesia, vite parallele”, presente l’autore che racconterà la sua
esperienza. Sarà allestita anche una suggestiva mostra di pietre a forma di
uccelli che, secondo la proposta dell’autore, erano dei veri e propri
messaggeri verso le divinità.
Nell'immagine: il Re Pastore di Sorso
lunedì 20 ottobre 2014
Cartagine: una superpotenza in difficoltà
Cartagine: una superpotenza in
difficoltà
di Aldo Ferruggia
Ho letto nei giorni scorsi diversi interessanti post
imperniati su un'ipotesi di fondo che recita grossomodo: Cartagine non era una
superpotenza nel VI secolo ed anzi, le ha sempre buscate in giro per il
Mediterraneo; in una tale situazione era impossibile un trattato con Roma che
sancisse l'entrata della Sardegna nella sua sfera d'influenza.
Gli studiosi di storia sarda mi perdonino l'intromissione in
una discussione così approfondita ma spero che quanto da me rilevato nello
studio sulle Guerre Greco-Puniche possa servire per la comprensione del quadro
generale. Farò in questa sede appunti sul metodo e sul merito con cui si è
affrontata la questione.
Sul metodo innanzitutto, faccio notare che talora è
trapelata una certa insofferenza nei confronti di specialisti che sulla
questione hanno vedute più tradizionali. Io non ho titolo per giudicare
nessuno, facendo il medico, e quindi mi astengo da tale atteggiamento. Vorrei
poi sottolineare la differenza ontologica tra espansionismo fenicio ed
espansionismo greco. La semitica Cartagine non aveva nel DNA la guerra, tanto
naturale agli indoeuropei Greci, questi sì portatori di una visione che
esaltava il valore militare. Le conquiste puniche sono spesso creazioni di
empori, nuovi mercati, nuove possibilità di guadagno; sono covi di mercanti,
non sono città generatrici di schiere di “falangiti”. Naturale che un siffatto
popolo non avesse una grande fortuna militare in Sardegna. I Greci invece
“arpionarono” immediatamente l'entroterra siculo creando grandi chorai, i cui confini tendevano naturalmente a
dilatarsi all'infinito, se nessuno si fosse opposto. Della loro scarsa propensione al “corpo a
corpo” i Punici erano perfettamente coscienti e quindi, dando fondo alle loro
infinite riserve auree ed argentee si ersero a spauracchio della grecità grazie
ad eserciti mercenari.
Furono efficaci nel VI secolo? Veniamo al merito.
. Sul mare vennero battuti in una serie di scontri che
permisero ai Focei di attestarsi sulla sponda nord del Mediterraneo.
. In Sicilia i Cnidi di Pentatlo ed i Selinuntini furono
sconfitti da Phoinikes [1] alleati agli Elimi.
. Poi i Focei ci provarono al largo di Alalia, ma vennero
fermati da Punici e Tirrenoi. I Greci dovettero sloggiare; io la vedo
come una vittoria ai punti dei Cartaginesi.
. Poi gli spartani ci provarono in Cirenaica, ma qui il loro
insediamento fu spazzato via da una coalizione di locali e di Cartaginesi.
. Allora i Dori saltarono in Sicilia fondando Eraclea, città
distrutta da una coalizione capeggiata da Cartagine.
Circa poi la vexata quaestio del passo di
giustino/Orosio, lo stesso passo rileva che Malco infeliciter aveva
combattuto in Sicilia, ma aveva compiuto anche imprese fortunate sull'isola ed
in Africa, e che quindi in quegli anni non avvennero solo rovesci punici.
E allora? Superpotenza sì o no? Piena espansione coloniale
sì o no?
Cartagine era in difficoltà, non la vedo in espansione nel
IV secolo. Ciononostante, aggredito da diverse parti, il gigante fu in grado di
opporsi, con discreto successo, all'ondata colonizzatrice greca, secondo la
linea rodano-cirenaica: le battaglie della fase coloniale avvennero in gran
parte nei pressi di tale linea ideale, grossolanamente parallela all'asse
maggiore della penisola italica. Viste le dimensioni di questo impegno bellico
direi che l'etichetta di superpotenza(e così la pensa il prof. Pittau), l'unica
del VI secolo, è pienamente meritata. Il catenaccio punico insomma, se
escludiamo le sconfitte con i Focei, funzionò.
La mia idea infine, circa il 509, deriva dalla logica: il
prof. Pittau scrive: “E' da escludersi assolutamente che Roma, dopo
la gravissima crisi...fosse in grado di entrare in un rapporto bilaterale di
intese con Cartagine, che allora era la più grande potenza del Mediterraneo”.
Ora, Cartagine era una superpotenza sì, ma, come abbiamo visto, non proprio in
salute per colpa dei Greci! Se lo fosse stato Pittau avrebbe ragione e invece proprio la difficoltà di
Cartagine rende plausibile l'idea di un trattato tra una Cartagine in debito
d'ossigeno ed una Roma in difficoltà. Cartagine in pratica, voleva ritagliarsi
una sorta di esclusività sulla Sardegna, prima ancora di aver esteso su di essa
una vera eparchìa. Roma accettò di buon grado vista la sua situazione.
Insomma, due paure si sommarono e ne nacque un trattato.
Ringrazio Pierluigi per lo spazio concessomi.
Aldo Ferruggia (www.areablog.net)
[1] Non è difficile immaginare che il
termine possa estendersi ai Cartaginesi; in ogni caso pochi anni dopo Cartagine
insedia a Selinunte un tiranno filo-punico, e la città per mezzo secolo rimase
nell'orbita punica. Nella battaglia d'Imera la ritroviamo ancora a fianco dei
Cartaginesi.
domenica 19 ottobre 2014
Il Malocchio e i rimedi tradizionali per curarlo.
Il Malocchio e i rimedi tradizionali per curarlo.
di Fabrizio e Giovanna
Questo articolo, scritto il 18 Giugno 2011 dagli amici Fabrizio e Giovanna (redattori del Mulino del Tempo) è il più letto nel blog "Il Mulino del Tempo" e ritengo sia interessante proporlo nel quotidiano on line per richiamare l'attenzione dei lettori sulle pratiche legate a ideologie ancora in uso presso le nostre comunità, e diffuso a carattere internazionale con altre denominazioni.
Il Malocchio è una pratica malefica che affonda le sue radici nel passato più remoto; le modalità di trasmissione, come lascia intendere la parola, passa dallo sguardo, infatti si dice che gli occhi abbiano la capacità di trasmettere all’esterno le forze nascoste nel corpo.
Si parla di Malocchio anche nella mitologia dei popoli antichi, lo sguardo rabbioso delle donne dell'Illiria poteva uccidere, il gigante Balor delle leggende celtiche poteva addirittura trasformare il suo unico occhio in un'arma letale e Medusa aveva la capacità di tramutare in pietra chiunque incontrasse il suo sguardo.
Il potere degli occhi viene attribuito soprattutto agli esseri umani sospettati di stregoneria, in particolar modo alle donne.
Secondo la tradizione alcuni esercitano involontariamente con il semplice atto di posare lo sguardo su un'altra persona. I sintomi del malocchio sono, a livello fisico, mal di testa frequenti senza averne mai sofferto prima e senza una causa patologica, cattivo umore e sindrome depressiva; possono accadere degli eventi negativi spesso all'interno della famiglia, come ad esempio una immotivato abbandono da parte del partner, un guasto alla macchina o eventi di estrema gravità .
Il Rito Magico contro il Malocchio elimina tale influenza ripulendo l'Aura, riportando il soggetto nello stato psicofisico di prima, cessando immediatamente gli eventi nefasti di cui era vittima .
Esistono diversi modi per proteggersi dal malocchio, nella tradizione popolare troviamo un sistema che consiste nell'inviare un fiore per nove giorni consecutivi alla persona che ci ha fatto il maleficio. Il metodo funziona soltanto se i fiori sono inviati con un sentimento di sincera amicizia.
Il più delle volte il malocchio agisce sulla sfera sessuale: ecco perchè, secondo una vecchia usanza, toccandosi i genitali si viene protetti dal malocchio.
Nel caso in cui il malocchio sia stato trasmesso, esistono dei riti atti a debellarlo che variano a seconda della regione e della località.
di Fabrizio e Giovanna
Questo articolo, scritto il 18 Giugno 2011 dagli amici Fabrizio e Giovanna (redattori del Mulino del Tempo) è il più letto nel blog "Il Mulino del Tempo" e ritengo sia interessante proporlo nel quotidiano on line per richiamare l'attenzione dei lettori sulle pratiche legate a ideologie ancora in uso presso le nostre comunità, e diffuso a carattere internazionale con altre denominazioni.
Il Malocchio è una pratica malefica che affonda le sue radici nel passato più remoto; le modalità di trasmissione, come lascia intendere la parola, passa dallo sguardo, infatti si dice che gli occhi abbiano la capacità di trasmettere all’esterno le forze nascoste nel corpo.
Si parla di Malocchio anche nella mitologia dei popoli antichi, lo sguardo rabbioso delle donne dell'Illiria poteva uccidere, il gigante Balor delle leggende celtiche poteva addirittura trasformare il suo unico occhio in un'arma letale e Medusa aveva la capacità di tramutare in pietra chiunque incontrasse il suo sguardo.
Il potere degli occhi viene attribuito soprattutto agli esseri umani sospettati di stregoneria, in particolar modo alle donne.
Secondo la tradizione alcuni esercitano involontariamente con il semplice atto di posare lo sguardo su un'altra persona. I sintomi del malocchio sono, a livello fisico, mal di testa frequenti senza averne mai sofferto prima e senza una causa patologica, cattivo umore e sindrome depressiva; possono accadere degli eventi negativi spesso all'interno della famiglia, come ad esempio una immotivato abbandono da parte del partner, un guasto alla macchina o eventi di estrema gravità .
Il Rito Magico contro il Malocchio elimina tale influenza ripulendo l'Aura, riportando il soggetto nello stato psicofisico di prima, cessando immediatamente gli eventi nefasti di cui era vittima .
Esistono diversi modi per proteggersi dal malocchio, nella tradizione popolare troviamo un sistema che consiste nell'inviare un fiore per nove giorni consecutivi alla persona che ci ha fatto il maleficio. Il metodo funziona soltanto se i fiori sono inviati con un sentimento di sincera amicizia.
Il più delle volte il malocchio agisce sulla sfera sessuale: ecco perchè, secondo una vecchia usanza, toccandosi i genitali si viene protetti dal malocchio.
Nel caso in cui il malocchio sia stato trasmesso, esistono dei riti atti a debellarlo che variano a seconda della regione e della località.
Domus romane a Capoterra, incombe colata d'asfalto, un tesoro incustodito e in balia incuria
Domus
romane a Capoterra, incombe colata d'asfalto, un tesoro
incustodito e in balia incuria
ANSA
Resti di abitazioni di epoca
romana, mura antiche, pavimentazione di pietra di fiume, frammenti di anfore e
altro ancora. Tutto nascosto a Capoterra, in località Guardia Longa, tra i
cantieri per la realizzazione della attesissima nuova Sulcitana, la strada a
quattro corsie che collegherà Cagliari con Pula, passando accanto alla Saras. La
scoperta e il rischio che tutto ciò possa essere coperto da una colata
d'asfalto, è delle associazioni Sardegna Sotterranea, Aloe Felice e Cavità
cagliaritane.
"Ci sono - spiegano i responsabili - due siti archeologici di rilevante importanza in via Danubio e in località Azienda agricola Is Piscinas, a Capoterra, un vero e proprio tesoro incustodito e in balia dell'incuria e che rischia di essere coperto dall'asfalto. Infatti ci passa sopra la nuova strada".
Si tratta di due estesi complessi residenziali d'età romana abbandonati e, come riferiscono i cittadini di Capoterra, le ruspe ci passano accanto. Gli scavi vanno avanti da sei mesi, ma poi si sono fermati e queste vestigia del passato sono coperte da un telone strappato, le trincee di scavo sono ora invase dalle sterpaglie e dai rifiuti trasportati dal vento.
Le associazioni hanno già segnalato il caso al ministero per i Beni archeologici. Secondo gli addetti ai lavori, probabilmente questi siti furono usati anche nel Medioevo con ipotesi di frequentazioni bizantine e sottoterra, nei cantieri tra via Danubio e l'Azienda agricola Is Piscinas, potrebbe essere presente una vasta ed intera città, con strade e domus antiche, meritevoli di tutela. Questi beni potrebbero diventare un'attrattiva turistica, a due passai dalla nuova strada.
"Ci sono - spiegano i responsabili - due siti archeologici di rilevante importanza in via Danubio e in località Azienda agricola Is Piscinas, a Capoterra, un vero e proprio tesoro incustodito e in balia dell'incuria e che rischia di essere coperto dall'asfalto. Infatti ci passa sopra la nuova strada".
Si tratta di due estesi complessi residenziali d'età romana abbandonati e, come riferiscono i cittadini di Capoterra, le ruspe ci passano accanto. Gli scavi vanno avanti da sei mesi, ma poi si sono fermati e queste vestigia del passato sono coperte da un telone strappato, le trincee di scavo sono ora invase dalle sterpaglie e dai rifiuti trasportati dal vento.
Le associazioni hanno già segnalato il caso al ministero per i Beni archeologici. Secondo gli addetti ai lavori, probabilmente questi siti furono usati anche nel Medioevo con ipotesi di frequentazioni bizantine e sottoterra, nei cantieri tra via Danubio e l'Azienda agricola Is Piscinas, potrebbe essere presente una vasta ed intera città, con strade e domus antiche, meritevoli di tutela. Questi beni potrebbero diventare un'attrattiva turistica, a due passai dalla nuova strada.
sabato 18 ottobre 2014
I nuovi scavi a Monte Prama. I giganti nuragici osservano gli archeologi al lavoro, di Pierluigi Montalbano
I nuovi scavi a Monte Prama. I giganti nuragici osservano gli archeologi al lavoro
di Pierluigi Montalbano
Quaranta
anni fa, nell’oristanese, l'aratro di un contadino urtò contro una
pietra sotto la quale era sepolto l'esercito dei Giganti di Monte
Prama. Gli scavi portarono alla luce una trentina di statue di
guerrieri in pietra d'arenaria che, oggi, hanno cambiato le certezze degli
studiosi sull'arte e l’ideologia nuragica. Gli scavi nelle campagne di
Cabras, sono ripresi cinque mesi fa con gli archeologi della
Soprintendenza ai Beni archeologici per le province di
Cagliari e Oristano e dell'Università di Sassari, e alla fine di settembre
dal sito archeologico sono riemersi altri due guerrieri giganti, ma
non si è trovata l’ipotizzata terza statua interrata sotto le precedenti. Sono
più integri, e differenti per postura, rispetto ai precedenti. Proprio in
questi giorni è cominciata la delicata operazione di trasferimento
degli ultimi due al Museo di Cabras. Ci sono volute due
ore per inserire la prima statua in un telaio di legno, chiuderla in
una cassa e caricarla con una gru su un camion. Anche il secondo
gigante, l'unico finora trovato con la testa ancora attaccata al collo, è stato
prima chiuso in una gabbia di legno, poi imbragato con robuste fasce e quindi
sollevato dal braccio di una gru e deposto sul cassone del camion che lo ha
trasportato lentamente sino al museo distante 10 km. Il primo, quasi integro,
privo di piedi e testa, potrebbe essere assemblato con i piedi posti
su un basamento recuperato qualche settimana prima. A differenza dei
precedenti guerrieri con guanto armato e scudo sulla testa, questo ha la mano
destra e lo scudo stretti sul petto e sul fianco, come il celebre
bronzetto nuragico dell’850 a.C. ritrovato nella tomba
etrusca di Vulci, a Viterbo, epoca in cui la grande statuaria
greca era ancora da venire. Questo ritrovamento di eccezionale valore
storico e culturale ha richiamato in Sardegna studiosi da tutto
il mondo perché cambia notevolmente l’immagine dei sardi nuragici
ipotizzata fino a oggi. Verosimilmente sarà riscritta parte dell'epopea umana
nel Mediterraneo, nella quale i nuragici occupano una posizione
privilegiata sotto vari punti di vista: la centralità dell’isola lungo le rotte
mediterranee, la perizia artistica e architettonica, l’ideologia religiosa
legata al mondo dei defunti, all’acqua, al sole e alla luna.
venerdì 17 ottobre 2014
Il Sardus Pater e i guerrieri di Monte Prama, di Massimo Pittau
Il Sardus Pater e i guerrieri di
Monte Prama
di Massimo Pittau
Un libro di Pittau, professore emerito dell'Università di Sassari, che già in passato si era accostato all'archeologia isolana partendo da discipline 'altre', quali la linguistica e la storia. In questo caso espone le sue scoperte in merito alle statue dei guerrieri nuragici scoperte nel Sinis, e sul grande tempio in cui erano raccolte. In appendice saggi sull'eroe sardo Ampsicora, la scrittura dei nuragici e il toponimo Tertenia.
giovedì 16 ottobre 2014
Archeologia in Sardegna. Il Giardino delle Esperidi a Cagliari?
Archeologia in Sardegna. Il Giardino delle Esperidi a Cagliari?
di Giuseppe Mura
Questa argomentazione è tratta da “Sardegna l’isola
felice di Nausicaa”, volume che illustra la potenza nuragica nel Mediterraneo
attraverso la rilettura delle fonti antiche paragonate con altre discipline
scientifiche come l’archeologia, l’antropologia e la morfologia del territorio.
La ricostruzione dello scenario politico-economico
del Mediterraneo esistente nell’Età del Bronzo, comprendente anche la Sardegna
nuragica, proietta gli antichi Sardi in Egitto e nel Vicino Oriente (conosciuti
come SRDN), nell’isola di Creta e in Anatolia (conosciuti come Cari-Fenici) e
nella Grecia continentale (conosciuti come Pelasgi-Tirreni). Ora, accettando
l’esistenza, nel versante occidentale del Mediterraneo, di una cultura nuragica
capace di competere con le maggiori potenze orientali nella navigazione, nelle
costruzioni, nella produzione di manufatti in bronzo e nelle arti, è del tutto
verosimile che tali potenze conoscessero la Sardegna e i Sardi in modo diretto
o indiretto.
Mi riferisco in particolare ai Greci della cultura
micenea, i quali testimoniano, tramite la tradizione orale messa per iscritto
ad iniziare da Omero, dell’esistenza di una lontanissima isola felice che, a
dispetto dei differenti nomi, risulta sempre collocata ai confini del loro
mondo conosciuto, nel mare Oceano e al tramonto del sole. Tutte le narrazioni
riferite a quest’isola felice la descrivono con ammirazione e con punte di
struggente nostalgia, tanto è vero che il luogo diventa una delle mète favorite
per i grandi eroi e per alcune divinità. Le caratteristiche geografiche e
ambientali di quest’isola felice corrispondono sempre a quelle della Sardegna.
In tal caso, ammettendo che la conoscessero direttamente o indirettamente, con
quali nomi gli antichissimi Greci indicavano l’isola dei nuraghi?
Tempo fa il prof. Massimo Pittau, sempre in questo
spazio dedicato alla discussione, ha presentato un articolo dal titolo: “Il mitico Giardino
delle Esperidi era localizzato in Sardegna?”. Ebbene, uno dei tanti
nomi utilizzati dai Greci per riferirsi all’isola felice è proprio quello del
Giardino delle sorelle Ninfe. Tuttavia il prof. Pittau, nell’occasione, ha
considerato questo mito “esclusivamente e totalmente una leggenda”, pertanto si
è limitato a “tentare di ricostruire la sua localizzazione geografica” in
Sardegna basandosi su considerazioni storico-geografiche, ovvero quelle che
vedevano l’Occidente degli antichi Greci rappresentato dalla nostra isola, e su
considerazioni di carattere geo-naturalistiche legate anche al mito di Eracle.
Riprendo questo argomento formulando un’ipotesi che non solo colloca in
Sardegna la residenza del Giardino delle Esperidi, ma lo identifica con una
località ben precisa.
Ferme restando le considerazioni di carattere
linguistico che riconducono il termine “Esperidi” alle Ninfe della sera e della
Notte, e quindi alla generica collocazione del Giardino che le ospitava
all’Occidente e al tramonto del sole dei Greci, va anche detto che Esiodo
conferma ulteriormente questa collocazione quando recita:
Atlante il cielo ampio
sostiene, a ciò costretto da forte necessità,
ai confini della terra, di fronte alle Esperidi dal canto sonoro,
con la testa facendo forza e con le infaticabili braccia;
tale destino assegnò a lui Zeus accorto.1
ai confini della terra, di fronte alle Esperidi dal canto sonoro,
con la testa facendo forza e con le infaticabili braccia;
tale destino assegnò a lui Zeus accorto.1
Non a caso Atlante e le sorelle Ninfe si trovano
“di fronte”: entrambi presidiano il tramonto del sole dei Greci. Infatti,
mentre il dio evita che il cielo crolli sulla terra, le Esperidi della tarda
sera devono custodire i pomi d’oro del loro stupendo Giardino. Siamo di fronte
a personaggi considerati come occidentali per eccellenza dai commentatori
antichi e moderni. Lo stesso Esiodo chiarisce che la sede delle Esperidi era
“al di là dell’inclito Oceano”.2 È
noto che l’Oceano, per la sua enormità e forse, nel ricordo del primordiale
diluvio, nel pensiero degli antichi rappresentava una perenne minaccia per
l’esistenza umana: tutto poteva scomparire improvvisamente nell’immane distesa
d’acqua, compreso lo spazio vitale rappresentato dal territorio.
mercoledì 15 ottobre 2014
Archeologia: Cappellacci, revocare impresa emiliana e affidare lavori Mont'e Prama a sardi
Archeologia:
Cappellacci, revocare impresa emiliana e affidare lavori Monte Prama a sardi
"Intervenire in base al
protocollo siglato nel 2011 per la valorizzazione del complesso scultoreo e del
sito archeologico di Mont'e Prama, difendere il ruolo delle Università sarde,
chiedere che il Ministero revochi, almeno per ragioni di opportunità, la
procedura negoziata che ha assegnato ad un'impresa emiliana il recupero,
l'indagine scientifica e la valorizzazione dell'area archeologica", sono
le richieste dell'interpellanza presentata da Ugo Cappellacci (Fi), ex
presidente della Regione, e dall'intero gruppo azzurro.
"Come indica l'intesa siglata tre anni fa, si prevede la valorizzazione del sito archeologico e la fruibilità per il pubblico, per narrare ai visitatori anche la cronaca dei ritrovamenti. Ora il Ministero - spiega Cappellacci - non può comportarsi come un concitato buttafuori, imponendo silenzi, cacciando gli archeologi sardi e assegnando tutto ad una ditta emiliana, attraverso una procedura negoziata senza la pubblicazione di un bando. A chi, come il sottosegretario Barracciu, ci accusa di non conoscere il codice degli appalti rispondiamo che proprio quel codice prevede altri procedimenti.
Ci spieghino allora perché di fronte ad una situazione che avrebbe meritato il massimo livello di pubblicità e di trasparenza hanno, invece, scelto proprio un iter che non prevede la pubblicazione di un bando e che limita la partecipazione, individuando a priori gli operatori economici invitati alla gara. Piuttosto che la pretesa che non vengano sollevati dubbi o addirittura di imporre dall'alto il silenzio, attendiamo risposte sia dal punto di vista politico che da quello amministrativo".
"Come indica l'intesa siglata tre anni fa, si prevede la valorizzazione del sito archeologico e la fruibilità per il pubblico, per narrare ai visitatori anche la cronaca dei ritrovamenti. Ora il Ministero - spiega Cappellacci - non può comportarsi come un concitato buttafuori, imponendo silenzi, cacciando gli archeologi sardi e assegnando tutto ad una ditta emiliana, attraverso una procedura negoziata senza la pubblicazione di un bando. A chi, come il sottosegretario Barracciu, ci accusa di non conoscere il codice degli appalti rispondiamo che proprio quel codice prevede altri procedimenti.
Ci spieghino allora perché di fronte ad una situazione che avrebbe meritato il massimo livello di pubblicità e di trasparenza hanno, invece, scelto proprio un iter che non prevede la pubblicazione di un bando e che limita la partecipazione, individuando a priori gli operatori economici invitati alla gara. Piuttosto che la pretesa che non vengano sollevati dubbi o addirittura di imporre dall'alto il silenzio, attendiamo risposte sia dal punto di vista politico che da quello amministrativo".
Fonte: ANSA.
Nell'immagine: ceramiche rinvenute a Monte Prama
Personalmente ritengo che i lavori siano da affidare a chi offre garanzie di qualità e trasparenza, siano sardi o emiliani piuttosto che vietnamiti o canadesi. Le università di tutto il mondo mandano gli esperti in ogni dove, e non capisco perché in questo caso ci debbano essere dei vincoli che vietino agli emiliani di lavorare a Monte Prama. Se la ditta incaricata di eseguire i lavori ha le competenze e gli strumenti per svolgere a regola d'arte l'incarico, e l'affidamento dell'appalto avviene seguendo le regole d'ingaggio, nulla osta che i ricercatori giungano da lontano. Mi pare di leggere nella richiesta di Cappellacci la consueta strumentalizzazione per portare acqua al proprio mulino. Detto ciò...auguro buon lavoro a chi si sporcherà le mani.
martedì 14 ottobre 2014
Quadro cronologico di popoli e avvenimenti della Sardegna Preistorica, di Massimo Pittau
Quadro
cronologico di popoli e avvenimenti della Sardegna Preistorica
di
Massimo Pittau, Professore Emerito dell'Università di Sassari
XVI a.C. Costruzione dei primi
protonuraghi.
1500-1300 Primi approdi prospettivi e
precoloniali in Sardegna degli abitanti della Lidia (Asia Minore).
1500-1100 Civiltà micenea.
1300/1275 I Sardiani della Lidia mercenari del
faraone Ramesses II in battaglia a Qadesh contro gli Ittiti.
XIII a.C. Grande migrazione dei
Sardiani dalla Lidia in Sardegna.
1230-1170 I Sardiani della Lidia e i Tirseni
Nuragici della Sardegna fra i “Popoli del Mare” all’assalto dell'Egitto.
1200 Incendio di Pilo nel
Peloponneso.
1191 I Sardiani della Lidia mercenari del faraone
Ramesses III combattono contro i Filistei della Palestina.
1184 Attacco di Tirreni al
Peloponneso - Distruzione di Troia da parte dei Greci.
1175-1083 Talassocrazia o dominio del mare dei
Lidi.
1110 I Fenici fondano Gadir (Cadice)
nell'Iberia meridionale.
1101 I Fenici fondano Utica
nell'Africa settentrionale.
1100 I Sardiani della Lidia stanziati
fra l'Egitto e la Palestina.
sec.
XII-XI I Greci si insediano nelle
coste dell'Asia Minore (Ionia).
968 Primi sbarchi dei Tirseni
Protosardi nelle coste della futura Etruria. Inizio dell'”era
etrusca”.
814/813 I Fenici fondano Cartagine
nell'Africa settentrionale.
776 Inizio della cronologia greca
secondo le Olimpiadi.
770 I Greci si insediano nell'isola
d'Ischia (Pithekoũsai).
754/753
(o 747) Mitica fondazione di Roma da
parte di Romolo.
750 I Greci passano da Pithekoũsai a Cuma, in
Campania.
750 Probabile riferimento di Esiodo
alla Sardegna.
721/720 I Greci fondano Sibari sulla costa
ionica della Calabria.
709-664 Talassocrazia o dominio del mare
dei Fenici.
685-657 Gige re della Lidia.
668
(28ªOlimpiade) Manticlo propone ai Messeni del Peloponneso di emigrare in
Sardegna.
660/640 I Cartaginesi impediscono ai
Tirreni-Protosardi di occupare un'isola nell'Atlantico.
654/653 I Cartaginesi conquistano Ibiza
nelle Baleari probabilmente strappandola ai Protosardi.
630 Coleo di Samo arriva a Tartesso
nelle coste meridionali dell'Iberia.
616-510 Dominio degli Etruschi su Roma con
la dinastia dei Tarquini.
600 I Greci di Focea fondano Marsiglia nella
Gallia meridionale.
600/550 Gli Etruschi conquistano Capua in
Campania.
580/576 Coloni greci occupano l'isola di
Lipari, probabilmente ne cacciano i Protosardi e combattono a lungo contro i
Tirreni.
577-533 Talassocrazia o dominio del mare
dei Focei.
575 I Marsigliesi fondano Olbia nella costa della Gallia ed Empórhia (= Ampurias) nella costa orientale dell'Iberia.
565 I Greci di Focea fondano Alalia (= Aleria) sulla costa
orientale della Corsica.
560/550 I Greci (di Marsiglia?) fondano Olbia e Neapolis in Sardegna.
561-547 Creso ultimo re della Lidia
indipendente.
548-546 La Lidia e la sua capitale Sardis
conquistate da Ciro, re dei Persiani. Invito di Biante ai Greci della Ionia a
trasferirsi in Sardegna.
545 La città greca di Focea nella
Ionia conquistata dai Persiani. Molti Focei emigrano ad Alalia in Corsica.
540/535 Battaglia
del Mare Sardonio fra Etruschi e Cartaginesi alleati e i Focei di Alalia.
Questi abbandonano la Corsica e fondano Elea sulla costa tirrenica della
Lucania.
540/533 Trattato di amicizia dei Serdáioi o Sardi con Sibari.
539/534 Primo tentativo fallito di
conquista della Sardegna da parte dei Cartaginesi guidati da Malco.
534-474 Monetazione dei Protosardi in
alfabeto greco.
515-505 Probabile costruzione del tempio di
Monti Prama.
510 Sibari, alleata dei Sardi,
gravemente sconfitta da Crotone.
510/509 Cacciata dei Tarquini da Roma e
inizio della repubblica romana.
498 Sardis, capitale della Lidia, conquistata e incendiata dai Greci
della Ionia. Invito fatto a questi da Aristagora a trasferirsi in Sardegna e
fondarvi una grande colonia.
493/492 Pirati Tirreni nelle acque di
Lipari e nello stretto di Messina.
493/490 Scontro navale fra Marsigliesi e
Cartaginesi presso il Cabo de Nao, nella costa orientale dell'Iberia.
480 I Siracusani sconfiggono i
Cartaginesi a Imera (Sicilia). Mercenari Sardi nell'esercito cartaginese.
Qualche anno dopo i
Cartaginesi iniziano con Asdrubale e Amilcare la conquista della Sardegna delle
coste e delle pianure.
477 Gli Etruschi di Veio
sconfiggono i Romani presso il fiume Crèmera.
474/473 Gli Etrusci sconfitti da Ierone di
Siracusa di fronte a Cuma.
453/452 Navi siracusane vanno contro i
Tirreni dell'Etruria e della Corsica e si insediano nel Porto Siracusano
(Bonifacio?).
409-405 Cartagine contro i Greci di
Sicilia; probabile presenza di mercenari Sardi nell'esercito cartaginese.
406-396 Guerra dei Romani contro l'etrusca
Veio e presa della città. L'origine della locuzione “Sardi Venales”.
397-392 Mercenari Sardi nell'esercito
cartaginese guidato da Magone in una nuova guerra contro i Greci della Sicilia.
384/383 Incursione di Dionisio di Siracusa
contro Pyrgi, porto dell'etrusca Caere nel Lazio.
382-347 Ancora Cartagine contro i Greci di
Sicilia. Probabile presenza di reparti di Sardi nell'esercito cartaginese.
378/377 Feronia, colonia di 500 Falisci
romanizzati, fondata a Posada o nella foce del suo fiume.
348/347 1° trattato fra Cartagine e Roma,
che esclude totalmente la seconda dalla Sardegna.
310 I Romani sconfiggono gli
Etruschi presso il lago Vadimone.
307 Gli Etruschi portano aiuto a
Siracusa assediata dai Cartaginesi.
306 2° trattato fra Cartagine e
Roma.
278 3° trattato fra Roma e
Cartagine contro Pirro.
264-241 1ª guerra punica.
259-258 Attacchi dei Romani contro i
Cartaginesi e i Sardi alleati.
240-239 Ribellione contro Cartagine dei
mercenari stanziati in Sardegna.
238/237 Inizio nominale del dominio dei
Romani sulla Sardegna.
236-225 Attacchi dei Sardi contro i Romani
insediati nell'Isola.
218-201 2ª guerra punica.
216 Grave sconfitta subita dai
Romani a Canne.
215 Vittoria dei Romani contro i
Sardi e i Cartaginesi alleati (Ampsicora e Iosto).
202 Vittoria dei Romani sui
Cartaginesi a Zama.
201 Inizio effettivo della dominazione romana
sulla Sardegna.
*Estratta
dalle opere di Massimo Pittau, Storia dei Sardi Nuragici, Domus de Janas edit., Selargius (CA)
2007, pg. 120; Gli antichi Sardi fra i
“Popoli del mare”, Domus de Janas edit. 2011; Il Sardus Pater e i Guerrieri
di Monte Prama, I ediz. 2008, II ediz. 2009, Sassari (EDES); nuova edizione
digitale aggiornata e migliorata, di imminente pubblicazione con Ipazia
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