Attività e risorse nella Sardegna nuragica del periodo di Monte Prama
di Pierluigi Montalbano
Nella lettura del contributo di Giovanni Ugas intitolato "la stagione delle artistocrazie", all'interno del libro "I giganti di pietra", ho rilevato una minuziosa descrizione del modo di vivere dei sardi del Primo Ferro e ho deciso di pubblicare un articolo che riassume le tante notizie fornite dall'archeologo su vari aspetti della vita quotidiana dei nuragici.
Intorno al X a.C., abbandonati i nuraghi, gli abitati si ridussero
di numero ma aumentarono in dimensioni, alcuni a spese di altri che rimasero
piccoli villaggi rurali. Le case furono realizzate direttamente a ridosso delle
torri, trasformate in luoghi di culto, e sopra le rovine della precedente cinta
muraria. Le capanne erano a isolati circolari, con più ambienti disposti
intorno a una piazzetta centrale. Erano case dotate di laboratori, magazzini e
altre infrastrutture. Il sistema urbanistico vede un miglioramento delle
architetture dei pozzi, con canali di raccolta dell'acqua, forni per la
ceramica e per il pane, fornaci per le fonderie e piccoli ambienti circolari
con sedili a giro destinati a uso termale. Si notano le prime vie in vari
villaggi, e la circolazione dei carri a buoi è testimoniata nella ceramica e
nella bronzistica. Una larga strada lastricata per carri è stata individuata a
San Sperate mentre tre ponti costruiti con grandi massi sono presenti a Monte
Baranta, Birori e Desulo. Fra le strade principali è da segnalare quella che
coincide con l'attuale strada provinciale che da Tharros arriva fino a Riola,
transitando per il sito di Monte Prama, e raggiunge le fertili vallate al Nord
del Tirso. Nei villaggi compaiono case allineate lungo percorsi rettilinei e
grandi sale del consiglio, le nuove sedi del potere politico delle comunità. Si
tratta di edifici circolari con copertura conica in legno, provvisti di sedili
in pietra addossati alle pareti, all'interno dei quali sono presenti anche alcuni
elementi di tradizione nuragica come vasche per l'acqua e altari a forma di
nuraghi posti al centro. I templi a pozzo esistenti vengono abbelliti con
pietre perfettamente squadrate, e inseriti in grandi aree santuariali. Nascono
anche grandi case con cortile centrale munite di laboratori e altre sale con
vario utilizzo. Nei villaggi più importanti si predispongono dei recinti
destinati ai mercati e ad altre manifestazioni festive. Insieme ai porti e ai
santuari, questi sono i luoghi preferiti per gli scambi e consentono di
accumulare le ricchezze della comunità, soprattutto in metalli. Le ricorrenze
festive erano momenti d’incontro fra comunità vicine. Durante le feste, musica,
canti e danze erano accompagnati da banchetti e bevande inebrianti come il vino,
la birra e l'acquavite. In questo periodo nasce il culto di una divinità della
luna nuova, legata anche con l'acqua sotterranea, venerata come dea celeste con
valenza fertilistica, a volte simboleggiata da una colomba.
Dal IX a.C., l'isola godeva di uno straordinario benessere
economico e sociale con abbondanza di cibo, abbigliamento, materie prime e
manufatti in surplus per gli scambi. Inoltre, l’isola contava su notevoli
riserve agricole e dall'allevamento del bestiame si ottenevano carne, latte e
derivati. Olio di lentischio e di ulivo insaporivano i cibi e il vino è
documentato dalle numerose brocche e coppette in terracotta nonché dai
vinaccioli e da torchi per la spremitura. Sono documentate macine in pietra,
vasche e, attraverso la lettura dei bronzetti, è testimoniata la quotidiana
presenza del pane e la coltivazione del grano e dell'orzo. L'agricoltura era
favorita da un clima più fresco e umido di quello odierno, con falde freatiche
superficiali che alimentavano i pozzi. Nella fertile piana del Campidano, celebrata
dagli antichi autori per le granaglie, si coltivavano anche altri cereali e
legumi come fave, ceci, piselli, lenticchie e cicerchie. Oltre al latte e
all'olio tra i prodotti alimentari c'erano il miele, i frutti e le bacche, con
le tavole imbandite di fichi, mele, pere, mandorle, melagrane, nocciole,
castagne, noci, more di rovo, corbezzoli, mirto, funghi e tante altre erbe.
Anticamente la ricchezza di bestiame dell'isola era proverbiale, e ancora al
tempo della Roma imperiale nei prati pascolavano greggi di capre, pecore e
mandrie bovine che fornivano latte, carni e pellame. Altre proteine animali e
pelli provenivano dagli animali selvatici, quali cervi, cinghiali, mufloni,
daini, volpi e lepri, come testimoniato dai resti di pasto e dai numerosi
bronzi zoomorfi.
Dalle lagune, dai fiumi e dal mare, i sardi ottenevano grandi
quantità di sale, pesci e molluschi che giungevano anche nelle terre più
interne. La natura forniva il necessario anche agli uccelli selvatici e
domestici che proliferavano in tutta l'isola, testimoniati nei bronzetti per il
loro simbolismo religioso: colombe, anatrelle, gabbiani e galli. Oltre alle
carni saporite i volatili fornivano piume e penne. Le esigenze della vita
quotidiana richiedevano che parte della popolazione si dedicasse all’agricoltura,
all'allevamento del bestiame, alla raccolta di specie vegetali e animali
selvatiche, alla caccia e alla pesca, ai lavori di cava e di miniera e alle
attività artigianali e commerciali. La caccia grossa al cervo, al muflone e al
cinghiale doveva essere praticata da specialisti ben armati, probabilmente
aiutati dai cani. I rivestimenti di sughero, arbusti ed erbe palustri, oltre
alle canne, rendevano più confortevoli le abitazioni. Certamente nelle capanne
si trovavano cassapanche e stipetti in legno, recipienti in sughero, cestini,
tende per le pareti e tappeti per i pavimenti. Tra gli oggetti in bronzo
figurano coppe e scodelle finemente ornati, fibule, spilloni e aghi, specchi
impreziositi da cornici, collane di perle in ambra, cristallo di rocca, pasta
vitrea. La Sardegna era celebre per le sue risorse minerarie e contava su
importanti giacimenti di galena che fornivano argento e piombo. Era presente
anche il rame, lo zinco e il ferro che favorivano l'artigianato metallurgico,
come testimoniato dai numerosi ripostigli. L'enorme ricchezza di piombo
consentiva l'impiego di questo metallo per fissare i bronzetti che coronavano
gli altari e per saldare tra loro i massi squadrati per gli edifici pubblici.
Tra gli attrezzi di lavoro sono diffusi asce di vario genere, scalpelli, seghe,
trapani e altri attrezzi strumentali che documentano una grande perizia nella
carpenteria e nella lavorazione del legno e della pietra. Sono molto diffuse armi
come spade, pugnali e lance. Intorno all'800 a.C. si registrano distruzioni nei
villaggi, comprese le sale del consiglio e altri edifici, e nello stesso
periodo compaiono tombe a fossa con le armi dei guerrieri sepolti. Nel campo
dell'edilizia, pietre di varia consistenza e colore, dal granito al calcare,
dall'arenaria a trachiti e basalti, oltre a foreste e boschi, assicuravano
materiali abbondanti e a portata di mano. Nel Campidano vi erano marne e ottime
argille per i mattoni di fango, oltre a canne in abbondanza per i muri e per le
coperture delle case. Di grande rilievo è l'artigianato in pietra, con grandi
statue, altari a forma di nuraghi e betili. Nell'isola vi era grande
disponibilità dei prodotti di base per l'abbigliamento, in primo luogo lana di
capre e pecore, lino, pelle, cuoio, cui si aggiungevano i pregiati bisso e la
porpora. I sardi inviavano a Roma, oltre al grano, migliaia di tuniche e
mantelli di lana.
Nelle immagini: bronzetti al Museo Archeologico di Cagliari
Ciao Pierluigi, scusa, ma del primo dei tre ponti che citi, quello da Monte Baranta, non mi sembra si parli nel capitolo del Prof. Ugas. Dobbiamo considerare altre referenze?
RispondiEliminaIo, per inciso, a Monte Baranta non l’ho visto, ma potrei averlo mancato 👋
C'è Francesco, probabilmente ci sei passato sopra senza badarci. È piccolo, più un attraversamento che un ponte.
RispondiEliminaPotrebbe ben essere accaduto (questo e anche di peggio), ma puoi indicarne (nel tempo che ti ci volesse) un riferimento, o potresti mostrarne (in alternativa) una foto?
RispondiEliminaE' poco più di un passaggio in pietra che attraversa un ruscello, si trova ai piedi del promontorio, lungo il sentiero che conduce verso il villaggio. Se trovo un'immagine te la invio.
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