lunedì 15 settembre 2014
Gli uccelli: strumenti di navigazione nel mondo antico
Gli uccelli: strumenti di navigazione nel mondo antico
di Pierluigi Montalbano
Secondo gli specialisti dei
sistemi occasionali di navigazione nel mondo antico, i comandanti delle navi
minoiche e micenee imbarcavano nei lunghi viaggi per mare, qualche uccello che
servisse al preciso scopo di fornire un aiuto durante la navigazione. Una
reminescenza sicura di questa pratica la possiamo trovare ritrovare nel mito di
Giasone. Il viaggio degli Argonauti segnava un itinerario che rendeva
percorribile la rotta verso la Colchide e, nel contempo, fondava misticamente
la possibilità di seguire una via marittima mai tracciata prima di allora.
Tutto il complesso del mito di
Giasone parrebbe confermare l'ipotesi relativa all'uso degli uccelli come
elemento per favorire la navigazione. Significativo, a questo proposito, è
l'episodio delle rocce Simplegadi. Gli Argonauti avevano superato
quell'ostacolo lasciando volare un non precisato uccello davanti alla nave,
vogando poi a gran forza riuscirono a passare tra le rocce, nello stretto
indicato dal volatile.
E' difficile pensare che tale
stratagemma costituisca soltanto un espediente narrativo. Trattando del tema
relativo all'uso degli uccelli come sistema occasionale di navigazione, lo
studioso R. W. Hutchinson - pur ammettendo che "sarebbe interessante sapere
se i comandanti dei mercantili minoici si valessero di un simile mezzo, poco
necessario quando navigavano verso le Cicladi, ma non disprezzabile nel caso di
viaggi più lunghi, senza terre in vista, dato che le stelle non erano sempre
visibili neppure nelle acque del Mediterraneo" - ritiene che "nei
poemi omerici non se ne trova traccia". Ma le cose non stanno in questo
modo, si possono ritrovare inequivocabili elementi di questa pratica nei testi
omerici ed esiste in proposito una lunghissima tradizione che arriva fino alla
letteratura cristiana medioevale.
L'uso degli uccelli come aiuto
alla navigazione è citato nel mito di Utnapishtim (il Noè dei sumeri),
contenuto nell'epopea dell'eroe sumerico Gilgamesh. In quest'importante racconto
troviamo la ben nota narrazione dalla quale venne in seguito tratto l'episodio
biblico del diluvio universale. La famosa vicenda lascia pochi dubbi sull'uso
effettivo che nel mondo antico si faceva della pratica in argomento.
Per approfondimenti sul poema:
http://www.homolaicus.com/storia/antica/gilgamesh/sintesi.htm
Utnapishitim aveva fatto
costruire un'arca, "aveva navigato per sette giorni e sette notti, mentre
le acque salivano e al settimo giorno l'arca aveva fatto approdo su una
montagna "agli estremi limiti della terra", ed egli aveva aperto una
finestra dell'arca, e ne aveva fatto uscire una colomba per vedere se il
livello delle acque fosse sceso ma la colomba era tornata perché non aveva
trovato un luogo dove posarsi poi aveva fatto uscire un corvo, e il corvo non
aveva fatto ritorno. Il particolare del corvo che non ritorna al luogo della
sua partenza indica chiaramente che il volatile ricopre la funzione di segnare
una direzione, precisamente quella nella quale si sarebbe potuta trovare una terra
emersa.
Nel mito di Utnapishtim, così
come nell'espediente di Noè nel racconto biblico, l'uso di mandare in volo
degli uccelli è la derivazione di una precisa consuetudine: quella di
utilizzare dei volatili come "animale guida" con il preciso compito
di "aprire nuove e più sicure vie". E' facile supporre che una tale
abitudine "marinaresca" non sia stata inventata dai sumeri ma che
venisse praticata già da epoche precedenti.
Nell'immagine, una navicella nuragica al Museo Archeologico di Cagliari. Notare l'abbondanza di volatili sul bordo.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento