Dato che la comunità dei Cappuccini a Palermo stava crescendo, per motivi di salubrità e questioni di spazio c’era bisogno di un cimitero più grande. Così qualche anno prima del 1599 vennero avviati degli scavi per costruire un luogo di sepoltura sotterraneo, dove per prima cosa sarebbero stati spostati i resti umani contenuti nella vecchia “carnaia” ormai stracolma. Ma, una volta aperta la pietra che sigillava la fossa comune, ecco la sorpresa: quarantacinque cadaveri, buttati là sotto – senza casse e sovrapposti gli uni agli altri – furono ritrovati praticamente intatti. Il fatto aveva senza dubbio un che di prodigioso, e si decise pertanto di esporre quaranta di queste salme nel nuovo vano scavato nella terra, collocandole tutte attorno alle pareti, e ponendo un'effigie della Madonna in una nicchia al centro. Le cinque salme incorrotte che non trovarono spazio lì dentro probabilmente ritornarono nella fossa comune. La notizia dei corpi ritrovati intatti portò una certa fama al convento: a poco a poco, i Cappuccini cominciarono ad accogliere un numero sempre maggiore di salme di “secolari” finché, nel 1783, decisero di concedere la sepoltura a chiunque ne facesse richiesta. Da allora il cimitero conventuale divenne una specie di zona franca, sempre esplicitamente escluso da tutte le leggi civili emanate in materia di sepolcri, finché venne chiuso nel 1880, salvo accettare in via eccezionale ancora due salme nei primi anni del XX Secolo; la prima, nel 1911, fu quella di Giovanni Paterniti, viceconsole degli Stati Uniti. La seconda fu quella di Rosalia Lombardo, una bambina di due anni morta nel 1920 e oggi nota come “la mummia più bella del mondo”.
giovedì 11 settembre 2014
Le mummie e le catacombe di Palermo in un libro.
La mummificazione e le catacombe di Palermo in un libro di Ivan Cenzi e Carlo Vannini (Editore Logos)
Il
lettore viene accompagnato a scendere i gradini che conducono alle catacombe e,
oltrepassato il cancello, eccole: le mummie. Riposano in piedi nelle nicchie
bianche, nei loro antichi abiti, e assomigliano a una versione macabra delle
vecchie foto in bianco e nero, in cui uomini con grandi baffi e donne con
grandi sottane se ne stavano in posa, impalati come manichini. Tra queste
spicca la piccola Rosalia, dolcemente adagiata nella sua minuscola bara: il suo
volto è sereno, la pelle appare morbida e distesa, e le lunghe ciocche di
capelli biondi raccolte in un fiocco giallo le donano un’incredibile sensazione
di vita. Se Rosalia Lombardo è stata imbalsamata, come altri corpi presenti
nelle Catacombe, la maggior parte delle salme ha invece subìto un processo di
mummificazione naturale – vale a dire senza che fossero eliminati viscere e
cervello oppure iniettati particolari liquidi conservanti. La mummificazione è
una tradizione antichissima in Europa, che in Sicilia ha preso particolarmente
piede, e le Catacombe di Palermo rimangono l'espressione più straordinaria di
questa tradizione, in ragione del numero di corpi conservati al loro interno
(1252 corpi e 600 bare in legno, alcune delle quali vuote, secondo un
censimento del 2011).
Pagina dopo pagina, il libro si offre come una guida
storica e storico-artistica alla più grande collezione di mummie spontanee e
artificiali al mondo.
I
Frati Cappuccini si stabilirono a Palermo, presso la chiesa di Santa Maria
della Pace, nel 1534. Inizialmente furono gli unici a essere sepolti in loco
anche se, più che una vera e propria sepoltura, si trattava piuttosto di una
fossa comune, o “carnaia”, com'era chiamata al tempo: i corpi venivano calati
dall'alto avvolti in un lenzuolo, e adagiati in questa fossa sotterranea che si
apriva, come una grossa cisterna, sotto l'altare di Sant'Anna.
Dato che la comunità dei Cappuccini a Palermo stava crescendo, per motivi di salubrità e questioni di spazio c’era bisogno di un cimitero più grande. Così qualche anno prima del 1599 vennero avviati degli scavi per costruire un luogo di sepoltura sotterraneo, dove per prima cosa sarebbero stati spostati i resti umani contenuti nella vecchia “carnaia” ormai stracolma. Ma, una volta aperta la pietra che sigillava la fossa comune, ecco la sorpresa: quarantacinque cadaveri, buttati là sotto – senza casse e sovrapposti gli uni agli altri – furono ritrovati praticamente intatti. Il fatto aveva senza dubbio un che di prodigioso, e si decise pertanto di esporre quaranta di queste salme nel nuovo vano scavato nella terra, collocandole tutte attorno alle pareti, e ponendo un'effigie della Madonna in una nicchia al centro. Le cinque salme incorrotte che non trovarono spazio lì dentro probabilmente ritornarono nella fossa comune. La notizia dei corpi ritrovati intatti portò una certa fama al convento: a poco a poco, i Cappuccini cominciarono ad accogliere un numero sempre maggiore di salme di “secolari” finché, nel 1783, decisero di concedere la sepoltura a chiunque ne facesse richiesta. Da allora il cimitero conventuale divenne una specie di zona franca, sempre esplicitamente escluso da tutte le leggi civili emanate in materia di sepolcri, finché venne chiuso nel 1880, salvo accettare in via eccezionale ancora due salme nei primi anni del XX Secolo; la prima, nel 1911, fu quella di Giovanni Paterniti, viceconsole degli Stati Uniti. La seconda fu quella di Rosalia Lombardo, una bambina di due anni morta nel 1920 e oggi nota come “la mummia più bella del mondo”.
Dato che la comunità dei Cappuccini a Palermo stava crescendo, per motivi di salubrità e questioni di spazio c’era bisogno di un cimitero più grande. Così qualche anno prima del 1599 vennero avviati degli scavi per costruire un luogo di sepoltura sotterraneo, dove per prima cosa sarebbero stati spostati i resti umani contenuti nella vecchia “carnaia” ormai stracolma. Ma, una volta aperta la pietra che sigillava la fossa comune, ecco la sorpresa: quarantacinque cadaveri, buttati là sotto – senza casse e sovrapposti gli uni agli altri – furono ritrovati praticamente intatti. Il fatto aveva senza dubbio un che di prodigioso, e si decise pertanto di esporre quaranta di queste salme nel nuovo vano scavato nella terra, collocandole tutte attorno alle pareti, e ponendo un'effigie della Madonna in una nicchia al centro. Le cinque salme incorrotte che non trovarono spazio lì dentro probabilmente ritornarono nella fossa comune. La notizia dei corpi ritrovati intatti portò una certa fama al convento: a poco a poco, i Cappuccini cominciarono ad accogliere un numero sempre maggiore di salme di “secolari” finché, nel 1783, decisero di concedere la sepoltura a chiunque ne facesse richiesta. Da allora il cimitero conventuale divenne una specie di zona franca, sempre esplicitamente escluso da tutte le leggi civili emanate in materia di sepolcri, finché venne chiuso nel 1880, salvo accettare in via eccezionale ancora due salme nei primi anni del XX Secolo; la prima, nel 1911, fu quella di Giovanni Paterniti, viceconsole degli Stati Uniti. La seconda fu quella di Rosalia Lombardo, una bambina di due anni morta nel 1920 e oggi nota come “la mummia più bella del mondo”.
Questo
libro dedicato alle Catacombe di Palermo inaugura la collana Bizzarro Bazar,
curata da Ivan Cenzi. La serie, che comprende testi bilingue italiano-inglese,
ha l’obiettivo di valorizzare ed esplorare alcune meraviglie nascoste della
nostra penisola e stimolare la riflessione sul suo patrimonio artistico e culturale
donando al lettore quel senso di stupore e di incanto che si prova a entrare in
una Wunderkammer. Protagoniste
assolute sono le splendide fotografie di Carlo Vannini, uno dei fotografi
d’arte più apprezzati del nostro paese, che si offrono al lettore come vera e
propria guida alla visione.
Ivan Cenzi è nato nel 1978 ad Asiago
(VI). Dopo la laurea in Scienze della Comunicazione a Siena e la
specializzazione in Regia Cinematografica presso gli stabilimenti di Cinecittà,
lavora come regista e produttore per Interzone Visions, società indipendente di
cui è fondatore. Esploratore del perturbante e collezionista di curiosità, dal
2009 è curatore di Bizzarro Bazar, blog dedicato a tutto ciò che è strano,
macabro e meraviglioso, diventato nel giro di breve tempo il punto di
riferimento italiano per questo genere di tematiche. Nel corso degli anni
Bizzarro Bazar si è occupato di wunderkammer, musei e collezioni anatomiche,
storia del circo e delle fiere itineranti, scienza degli albori, fotografia,
arte classica e moderna, musica, letteratura ma anche antropologia,
tanatologia, psicologia, cinema, sessualità, humor ecc. La scrupolosa linea
editoriale del blog cerca di evitare le fangose paccottiglie delle meraviglie
da supermercato, così come i “misteri” televisivi (UFO, fantasmi, e via
dicendo) dando invece risalto alla storia poco conosciuta di un’umanità che ha
sempre fatto della diversità una forza creativa.
Carlo Vannini è il fotografo di tutti gli oggetti che fanno cultura: opere
d’arte, reperti archeologici, restauri, strutture architettoniche, scorci
urbanistici, ma anche manufatti senza nobiltà, però abitati da un forte senso
della storia. Nasce a Reggio Emilia nel 1956, dove uno zio pittore e il padre
decoratore lo avviano alla confidenza con i materiali artistici. Dopo una breve
esperienza amatoriale, Carlo matura una forte passione per la riproduzione
professionale di opere d’arte, che lo accompagna in coinvolgenti avventure di
documentazione del restauro, con la progressiva acquisizione di tecniche fotografiche,
quali ultravioletti, infrarossi, luce radente, luce trasmessa e luce a
specchio. Dal 1983 realizza illustrazioni per cataloghi e fotografie
pubblicitarie still-life ed è riconosciuto come uno dei maggiori fotografi
d’arte in Italia.
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