Già 7.000 anni fa, quindi, i pastori neolitici che abitavano il Sahara libico avevano raggiunto un'elevata complessità sociale ed economica. Non solo allevavano e pascolavano i loro animali, ma come spiega Savino di Lernia, direttore della missione, “erano pienamente in grado di sfruttare tutti prodotti secondari della pastorizia. Questa scoperta testimonia che praticavano un allevamento stabile ed evoluto che sfruttava tutte le risorse animali, latte compreso”.
Le analisi chimiche, condotte da Julie Dunne e Richard Evershed dell’Università di Bristol, e da Savino di Lernia e Stefano Biagetti, che dirigono la missione archeologica della Sapienza di Roma in Libia, hanno rivelato sui frammenti ceramici trovati a Takarkori la presenza di grassi interpretabili con certezza come latte bovino trasformato. I ricercatori sono giunti a questa conclusione grazie al confronto con una collezione di riferimento ottenuta dal latte di capre e bovini africani attuali.
Questo lavoro permette così di stabilire la più antica evidenza africana dell’uso e della lavorazione del latte da parte dei pastori neolitici del Tadrart Acacus, uso già documentato nell’arte rupestre sahariana che include anche rare scene di mungitura. Finora però la difficoltà nella datazione di queste scene pastorali aveva impedito di datare con certezza l’inizio della lavorazione del latte in Africa.
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