sabato 6 settembre 2014
Per i romani era Bacco, per i greci Dioniso: il dio del vino e dell'ebbrezza
Per i romani era
Bacco, per i greci Dioniso: il
dio del vino e dell'ebbrezza
di Pierluigi
Montalbano
Bacco (il greco
Dioniso) è la divinità legata al vino e ai misteri. È il simbolo dell'ebbrezza,
della sensualità e della vita sfrenata, e si manifesta nei riti orgiastici in
suo onore. E’ considerato colui che assicura ai puri (i fedeli iniziati al suo
culto segreto) una sorte beata nell'aldilà. Questa divinità dell'ambiguità fu
per gli antichi anche il dio del teatro.
Dio della natura
feconda e dell'agricoltura, Bacco avrebbe per primo fatto conoscere il vino gli
uomini. Figlio di Zeus e di una mortale, Semele, che morì prima del parto folgorata
per aver voluto vedere Zeus nel suo aspetto reale. Zeus salvò il feto cucendolo
nella sua coscia.
Allevato dalle
ninfe e dai satiri, Dioniso attraversò l'Oriente per giungere in Grecia, portando
in dono la conoscenza del vino. Per gli effetti inebrianti della bevanda e del
carattere sfrenato dei riti che celebravano il dio, il suo culto incontrò forti
resistenze, ma Bacco punì duramente l'opposizione dei suoi nemici. Ad esempio,
il re tracio Licurgo, reso folle dal vino, uccise moglie e figlio credendo di
potare tralci di vite, e al re di Tebe Penteo la madre Agave, scambiandolo per
un leone, recidese il capo durante un selvaggio baccanale sul monte Citerone.
Rapito in
gioventù dai pirati, riuscì a liberarsi miracolosamente: le corde che gli
legavano mani e piedi si erano sciolte da sole. Sulla nave iniziò a gorgogliare
il vino e lungo la vela si aprirono tralci di vite. L’albero fu avvolto dall’edera,
e, quando Bacco mutò le sue sembianze in quelle di un leone, i pirati
spaventati si buttarono in mare e furono trasformati in delfini. Nelle
raffigurazioni sui vasi il dio è spesso rappresentato con fattezze giovanili e
con i capelli fluenti, indossa una veste lunga e colorata, e intorno a sé ha un
corteo festante di satiri e di ninfe.
L’atmosfera di
allegria e sfrenatezza caratterizza i riti a lui dedicati, le orge, dove i fedeli si sentono posseduti dal dio e,
in uno stato di esaltazione che li priva di qualsiasi forma di autocontrollo,
si abbandonano a danze convulse e a lunghe corse sui monti.
Euripide, nelle
Baccanti, dipinge poeticamente il comportamento delle seguaci di Dioniso, le
menadi: indossano una pelle di cerbiatto e scuotono il tirso, una canna
sormontata da una pigna intorno alla quale è avvolto un tralcio d'edera.
Muovono violentemente il capo e gridano inneggiando al dio animate da un
violento furore. Si scagliano contro vitelli, giovenche e tori, li dilaniano e
si cibano delle loro carni crude. La fantasia poetica trasfigura nel testo concreti
elementi del rito reale, il quale prevedeva il sacrificio di un toro o di un
capretto, le cui carni non venivano arrostite, come era di norma nel
sacrificio, ma consumate crude dai fedeli. Si trattava di un pasto sacro:
Dioniso stesso aveva assunto la forma dell'animale sacrificato, e ingerendo le
carni della vittima i fedeli entravano in comunione con il dio.
Dall'epoca del
tiranno Pisistrato, nel VI a.C., Dioniso fu il dio del teatro di Atene. Durante
le feste a lui dedicate (le Dionisie cittadine e rurali e le Lenee) erano
eseguiti canti in suo onore (ditirambi) e rappresentate le tragedie e le
commedie. Dioniso fu anche la divinità di culti misterici, cioè di culti che
prevedevano l'iniziazione dei seguaci e la segretezza dei riti. Agli iniziati
era promessa la beatitudine eterna nell'aldilà. A Roma la degenerazione dei
riti in pratiche scandalose portò il Senato nel 186 a.C. a vietare le
associazioni che avevano per oggetto il culto di Bacco.
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Meno male che non cera ancora l'etilometro
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