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giovedì 23 aprile 2015

Videocorso di archeologia, diciannovesima lezione: Le Navicelle Bronzee

Videocorso di archeologia, diciannovesima  lezione: Le Navicelle Bronzee


Università di Quartu Sant'Elena
Riprese di Fabrizio Cannas
Relatore Pierluigi Montalbano


Già nel 1840 il Lamarmora  classificava le navicelle nuragiche come “oggetti votivi d'origine orientale con una colomba in cima all'albero, animale dedicato a Venere”. Poiché, secondo Tacito, Iside era adorata attraverso il simbolo della barchetta (per la sua forma lunata), il Lamarmora avanzò l'ipotesi che le navicelle fossero dedicate ad Astarte, che riuniva in sé i caratteri di Iside e di Artemide. Nel 1884 il Crespi rifiutò l'opinione di coloro che vedono in questi bronzi delle lucerne. La protome, comune a tutte le navi antiche, rappresenta per il Crespi una "divinità tutelare, sotto la cui protezione si mettevano le navi. Le barchette erano per il Crespi modelli di navi reali, e a suo avviso potevano essere appese, in qualità di ex voto, nell’ambiente domestico della casa per la scampata avventura o per il felice arrivo nella nuova terra. 
Nel 1884 il Pais si sofferma sull'uso, comune tra le popolazioni antiche, di ornare la prora e la poppa delle navi con un'immagine animale. In quelle sarde, il toro sostituisce nella decorazione prodiera il cavallo, animale che caratterizza la protome della hippos fenicia. La protome ritenuta di antilope dimostrerebbe per il Pais e il Crespi che queste navicelle appartenevano a un popolo che aveva navigato fuori dalle coste di Sardegna. Poteva anche trattarsi di ex-voti dei soldati sardi che militavano presso potenze d’oltremare. L'idea che le barchette nuragiche fossero un oggetto in qualche modo legato all'uso funerario e votivo, accreditato dai luoghi e dal contesto dei rinvenimenti (tombe o templi), nonché dall'immediato confronto con le navicelle dell'antichità orientale ed egizia, è condiviso anche dal Taramelli nel 1913. Lo Zervos considera non diversamente le navicelle come barche simbolico-funerarie. Nel 1962 Lilliu, propone un uso non solo votivo, ma anche quotidiano di questi oggetti, nei quali riconosce delle lucerne. Egli distingue tra un tipo lungo esplicitamente paragonato alla hippos fenicia e un tipo corto simile alla gôlah. Sostenendo l'uso sia pratico, come lampada, che votivo funerario dell'oggetto, Lilliu vede nelle barchette sarde una prova dell'esistenza di una marineria nuragica di cabotaggio e d'alto mare. 
La cronologia delle navicelle viene fatta concordare con quella degli altri bronzi, con inizio nel IX a.C. Lo scafo può assumere svariate forme stabilite dalle leggi dell'idrodinamica e dalle diverse esigenze di navigazione o di carico. Scafi di foggia circolare erano in uso presso le antiche civiltà fluviali della Mesopotamia. Scafi allungati sono comuni a tutte le marinerie antiche, da quella egizia fino all'etrusca e alla fenicia. Le tecniche di costruzione di uno scafo variano secondo i materiali utilizzati: si va dai fasci di papiro legati tra loro, a zattere di tavole sovrapposte fino alle strutture con chiglia, coste e bagli. 
Quest'ultima è la più perfezionata perché consente la realizzazione di scafi di grandi dimensioni con ottime caratteristiche di resistenza e leggerezza. Le navicelle nuragiche mostrano generalmente uno scafo aperto, privo di ponte di coperta, e il fondo a volte piatto. Lo scafo aperto è sinonimo di navi non superiori a 8 metri di lunghezza in quanto la mancanza di elementi trasversali di rinforzo comprometterebbe, in strutture di maggiori dimensioni, le necessarie doti di resistenza alle sollecitazioni laterali, longitudinali e torsionali. Barche più grandi dovrebbero mostrare, anche nel modello, efficaci strutture trasversali di rinforzo delle quali sono rarissimi gli esempi offerti sulle navicelle sarde. La maggior parte delle navicelle sarde mostra uno scafo ellittico-convesso con il fondo più o meno appiattito. Abbiamo due possibilità: 
a) lo scafo delle navicelle, convesso nelle barche reali di cui esse sono il modello, è stato volutamente appiattito al fine di posare meglio in piano l'oggetto, per usarlo come lucerna;
b) lo scafo delle navicelle è la non fedele riproduzione di quello di imbarcazioni osservate in fase di navigazione, quando la chiglia (opera viva) è sommersa e la parte emersa (opera morta) è la sola che appaia chiara alla vista.

Il corso dell'anno accademico 2014/2015 si svolge nell'aula magna dell'Università di Quartu Sant'Elena, ogni martedì alle ore 17.00, in Viale Colombo 169.
Con la collaborazione dell'istituto, del videomaker Fabrizio Cannas e del docente, Pierluigi Montalbano, saranno offerte sul canale Youtube tutte le lezioni di archeologia previste nel programma. L'accesso è libero e gratuito.
I lettori sono invitati a proporre suggerimenti per migliorare la fruibilità o altre caratteristiche.
Se qualcuno fosse interessato a collaborare, ad esempio inserendo i sottotitoli in inglese, sarebbe il benvenuto. Per visionare le lezioni è sufficiente cliccare sui link sotto.
Buon ascolto e buona visione.

19° Lezione: Le Navicelle Bronzee

18° Lezione: I Bronzetti Nuragici

17° Lezione: L'antica metallurgia in Sardegna

16° Lezione: I Pozzi Sacri 

15° Lezione: Le Capanne delle Riunioni

14° Lezione: Dai Nuraghi a Tholos all'urbanizzazione

13° Lezione: Le guerre dei Popoli del mare

12° Lezione: I micenei nel Mediterraneo

11° Lezione: La Civiltà Minoica e la talassocrazia

10° Lezione: Le antiche ceramiche sarde

9° Lezione: I Nuraghi a Tholos

8° Lezione: Architetture funerarie, le Tombe di Giganti


7° Lezione: I nuraghi a corridoio e il Sistema Onnis


6° Lezione: L'alba della Civiltà Nuragica

5° Lezione: Le Domus de Janas e il culto dei defunti


4° Lezione: Dall'età della pietra all'età dei metalli

3° Lezione: Le prime civiltà del Mediterraneo


2° Lezione: scavo, stratigrafia, fonti e materiali

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