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sabato 18 aprile 2015

Archeologia e scrittura. I triangoli apicati nel Mediterraneo: una piccola indagine

Archeologia e scrittura. I triangoli apicati nel Mediterraneo: una piccola indagine
di Marcello Cabriolu



La presenza di un enigmatico segno[1] nel tofet di Sant’Antioco, inciso sulla roccia sacra fulcro del nucleo originario, costituisce tutt’oggi argomento di discussione e confronto relativo sia alla natura dell’incisione, ideologica o scientifica, sia all’inquadramento culturale[2]. L’incisione, ricavata su rocce riolitiche del Cenozoico[3], è costituita da un triangolo acutangolo i cui lati obliqui (cateti) si prolungano verso Ovest oltre il punto di incontro (angolo opposto all’ipotenusa). La tecnica incisoria sembrerebbe a martellina indiretta resa ad ottenere una figura geometrica[4] morfologicamente mista. Considerando lo stato di conservazione e la concentrazione dei colpi si osserva una buona qualità del segno (fitto e profondo) nonostante la qualità dell’esecuzione sia poco accurata. Il contorno della figura si presenta netto e definito mentre il contorno del tratto è poco definito. La figura si presenta posta sul piano orizzontale della sommità del pinnacolo riolitico la cui superficie parrebbe non trattata o deteriorata per fenomeni naturali. La sezione del solco pare semi-ellissoidale e continua mentre i margini si presentano da molto smussati ad arrotondati. La larghezza del tratto parrebbe
regolare media, la profondità del tratto ugualmente regolare media senza sbavature e una qualsivoglia traccia di contorno preparatoria. Attraverso lo studio dettagliato possiamo individuare una forma rotonda dei colpi incisori, con una profondità media da 0,6 cm a 1,0 cm, e una disposizione orizzontale degli stessi, ottenuta a percussione puntiforme tramite strumento di metallo, fianco a fianco con asse ortogonale alle superfici. Il confronto relativo alla natura dell’incisione contrappone chi ipotizza che il segno sia convenzionale e d’epoca recente[5] a chi invece ipotizza una natura mistica[6] fin dal momento del primo rinvenimento. L“auctoritas” accademica, attraverso la bibliografia specialistica, propende per una simbologia a carattere mistico ma si divide comunque in due orientamenti principali: uno per la definizione quale triangolo apicato l’altro per l’interpretazione del simbolo come la lettera semitica “daleth”. In questi due orientamenti si colgono due possibili prospettive di interpretazione: una incentrata sulla simbologia aniconica riferita ad una divinità e l’altra incentrata sul tentativo di riconoscervi un segno alfabetico greco - semitico[7]. Uno sguardo nel territorio più prossimo rispetto al segno descritto ha permesso, già negli anni ‘60[8], di individuarne un altro situato, nel comune di Sant’Antioco, a 280° di azimuth e circa 1600 mt di distanza dal tophet. In un’area archeologica ancora inedita denominata “Su Fattori[9]”, compresa tra una proprietà privata edificata e un terreno a macchia, emerge un pinnacolo riolitico[10] marcato da un triangolo apicato[11] i cui lati si prolungano verso Nord. Una piccola indagine, condotta da chi scrive, segnala ancora un numero discreto di tali simboli. Un esemplare di triangolo apicato, si segnala posto[12] sempre nel comune di Sant’Antioco (CI) e nella medesima area archeologica inedita, su una pietra affiorante[13] dal terreno, con azimuth di 282°, a circa 1484[14] mt dalla roccia del tophet, i cui lati si prolungano verso Sud. 

Ancora nel comune di Sant’Antioco (CI), in località[15] “ Monte La Noce”, si individua un triangolo apicato, i cui lati si protendono verso Nord-Ovest[16], posto sopra un ampio macigno lastriforme ignimbritico[17]. Un altro contesto di rinvenimento del simbolo, scaturito a seguito dell’indagine, è una cupola ignimbritica[18] posta sempre nel comune di Sant’Antioco (CI) in località “Sa Perda ‘e s’Omini”[19]. Il triangolo apicato è situato in un’area prossima al cromlech “Sa Corona ‘e marroccus”[20] e presenta i lati lunghi rivolti verso Nord. E’ possibile osservare il simbolo apicato, ancora nel comune di Sant’Antioco (CI), sulla faccia superiore di un concio del Nuraghe Pruna. Tale monumento, elevato tramite la sovrapposizione di macigni di andesite basaltica[21], residua scoperchiato nella sua camera principale costituita da numerosi conci lastriformi, uno dei quali appunto presenta il simbolo[22] i cui lati si prolungano verso Ovest[23]. Infine si segnala la presenza del triangolo apicato, ancora una volta nel comune di Sant’Antioco(CI), ai piedi del paramento meridionale del complesso nuragico di S’Acqua e sa canna[24]. Il simbolo[25] venne inciso sopra una roccia affiorante di andesite basaltica[26] con i lati lunghi rivolti a Nord-Ovest. Il simbolo apicato viene segnalato ancora[27] sopra un concio del Nuraghe Barcilis[28] posto nel comune di Tratalias (CI). In ambito regionale è stato possibile osservare la presenza di un triangolo apicato nelle grotte carsiche di Seulo[29], dove una serie di indizi sulla presenza umana ha portato ad individuare delle digitazioni – delle incisioni – tracce di pigmentazioni ancora inediti. Ancora la presenza del simbolo apicato venne evidenziata durante lo scavo archeologico condotto sulla Tomba di giganti “Moru” di Arzachena[30]. Il simbolo venne inciso sul chiusino della tomba, rinvenuto infisso davanti all’ingresso, e tuttora viene inquadrato nell’epoca punica esclusivamente per un accostamento simbolico[31] anziché per rinvenimento in contesto stratigrafico. Le testimonianze in ambito regionale ci indicano la presenza del triangolo apicato in uno scarabeo in diaspro verde proveniente dalla tomba 125 della necropoli punica di Predio Ibba a Sant’Avendrace - Cagliari[32]. L’inquadramento temporale e culturale come fenicio o cartaginese non venne fatto sulla base di un contesto stratigrafico certo ma sulla comparazione con le tipologie catalogate nell’archivio del Museo di Torino[33]. Nella penisola italiana il simbolo compare a Pithecusa-Ischia in un anfora da trasporto importata da Rodi. Il manufatto, ora custodito nel Museo Archeologico (inv. 168279), venne rinvenuto nella tomba 575 della Necropoli di San Montano a Ischia dove costituiva la sepoltura a enchytrismos per un neonato di una famiglia di origine levantina. L’anfora, datata al 740 a.C., presenta un triangolo apicato, apposto probabilmente al momento dell’utilizzo tombale, interpretato come simbolo religioso levantino e di pertinenza funeraria[34] nonostante alcuni studi[35] sottolineino la sostanziale difficoltà nell’accettare una tradizione simbolica levantina sopra un vaso di origine greca. Uno sguardo più amplio mostra invece come nell’Europa danubiana preistorica compaia frequentemente il simbolo indagato, inquadrato cronologicamente in una forbice temporale compresa tra il 5200 a.C. e il 4000 a.C.[36], e venga incluso in diversi cataloghi. Il catalogo creato dal Prof. Harold Haarmann[37] descrive il simbolo come ideogramma altamente stilizzato di possibile origine naturalistica classificandolo come OE57. Ancora il simbolo in esame compare nell’inventario scriptorio danubiano compilato da Shan M.M. Winn[38]con numero di catalogo DS183. Infine il simbolo in questione viene catalogato come DS065.0 nell’insieme dei segni pittografici/ideografici identificati nella cultura materiale danubiana e inseriti nel DasDat[39]. Si riscontra il medesimo simbolo scolpito ben due volte, con tecnica a martellina, nella stazione rupestre di Lo Xorenga[40] sita nella regione iberica delle Asturie (Grandas de Salime). Il complesso si sviluppa in prossimità dei Tumuli de Canadeiro – Xestoselo per i quali l’inquadramento cronologico elaborato in letteratura propone una creazione durante l’Età del Bronzo[41]. La figura analizzata compare varie volte nella cultura materiale e nell’insieme geroglifico dell’Antico Egitto.
La prima testimonianza si riscontra nella base di uno scarabeo[42] in steatite[43] inquadrato cronologicamente nel Medio Regno (1786-1569 BCE); un’altra testimonianza si osserva in uno scaraboide[44] e un vago di collana[45], i quali rovesci mostrano il simbolo in esame circondato da una singola linea, provenienti da Medinet Habu e riconducibili alla fine della XVIIIà Dinastia (1321 a.C circa)[46]. Il simbolo esaminato viene inventariato da Gardiner[47] come geroglifico e gli vengono attribuite le sigle V6 e V7 relativamente alla posizione, eretta o capovolta, in cui si mostra. Il collocamento cronologico per tale simbolo viene posto precedente alla reggenza della XVIIIà Dinastia[48]. La presenza del simbolo si può riscontrare ancora nell’Africa mediterranea, nel complesso scrittorio definibile come tifinagh[49] con la sigla di catalogo 2D33. Data l’ipotesi accreditata sinora di una eventuale influenza di pratiche scrittorie fenice-puniche nella nascita del tifinagh, di cui si è individuato gli elementi di accomunanza ma tra i quali non compare affatto il simbolo in esame, si considera la nascita, l’esistenza di questa scrittura come la rifunzionalizzazione di uno stock di vecchi segni autoctoni nordafricani[50].  Questo complesso limitato di ideogrammi, materiale grafico pre-protostorico che non esclude totalmente l’esistenza di una forma embrionale di scrittura alfabetica, pare primariamente incentrato nelle incisioni, nei segni identificativi, nelle decorazioni attraverso dei segni magico-religiosi. Il simbolo analizzato viene segnalato all’interno del complesso sacro di Ras il Wardija nell’isola di Gozo[51], in prossimità di un altare in pietra, dove viene considerato, in maniera ardita, un contrassegno dal significato sconosciuto e di origini orientali diffusosi sotto l’influenza culturale punica[52]. La prospettiva interpretativa indirizzata a descrivere un segno alfabetico greco – semitico pare, a parere personale in accordo con altri lavori[53], discutibile se confrontata con vari corpi scrittori inquadrati come semiti[54], dove il simbolo non compare affatto.


1 Gennaro PESCE, Sardegna punica, a cura di Raimondo Zucca, Edizioni ILISSO, Nuoro 2000, pag 120; reprints Gennaro Pesce, Sardegna punica, Edizioni Fratelli Fossataro, Cagliari 1961,
2 Si sottolinea che nelle prossimità della roccia è consolidato l’utilizzo di acque attraverso una cisterna a del tipo a “bagnarola” e di numerosi “catini” rocciosi dove nella stagione delle piogge si depositano ingenti quantità liquide (topon. “Su Concai ‘e is pirixeddus”)
3 L. MACCIONI-M.MARCHI-A.ASSORGIA, Carta geopetrografica dell’Isola di Sant’Antioco scala 1: 25.000, Ed. I.G.M. 1990
4 Giuseppa TANDA, Arte e religione della Sardegna preistorica nella necropoli di Sos Furrighesos, Anela (SS). Sassari 1984 Editrice Chiarella. V. 1, 134 p.
5 Le modalità di contrassegno dei punti geodetici tramite triangoli apicati non trova riscontro né tra architetti e geometri né in seno agli operatori delle Direzioni Demaniali.
6 Ferruccio BARRECA, La civiltà fenicio-punica in Sardegna, Carlo Delfino editore, Sassari 1986, pag. 121
7 Anna Chiara FARISELLI, Note di iconografia punica in Sardegna. Il triangolo apicato, a cura di Carla Del Vais
in EPI OINOPA PONTON Studi sul Mediterraneo antico in ricordo di Giovanni Tore, pag.540
8 Gennaro PESCE, Sardegna punica, a cura di Raimondo Zucca, Edizioni ILISSO, Nuoro 2000, nota 35; reprints Gennaro Pesce, Sardegna punica, Edizioni Fratelli Fossataro, Cagliari 1961
9 Area recentemente venuta alla ribalta per ripetuti attacchi incendiari, protrattisi per diverse stagioni, che hanno rivelato la presenza di un pozzo preistorico ancora inedito.
10 L. MACCIONI-M.MARCHI-A.ASSORGIA, Carta geopetrografica dell’Isola di Sant’Antioco scala 1: 25.000, Ed. I.G.M. 1990
11 http://www.panoramio.com/photo/6961857 ; 4325573,8N :1450910,11E GB
12 http://www.panoramio.com/photo/6961753 ; 4325833,06N:1451036,56E GB  regione  “Su Concai”
13 L. MACCIONI-M.MARCHI-A.ASSORGIA, Carta geopetrografica dell’Isola di Sant’Antioco scala 1: 25.000, Ed. I.G.M. 1990
14 Area dal toponimo “Su solu” interessata da numerosi pozzi, di epoca preistorica e storica, ancora inediti. Nelle immediatissime vicinanze transita parte dello speco che collega un castellum acquae all’antica fontana romana di “Is Solus” rimarcando ancora un probabile legame tra il simbolo inciso e la presenza di acqua.
15 http://www.panoramio.com/photo/6961544 ; 4322576,80N:1451675,17E GB
16 L’area non pare sinora interessata da emergenze archeologiche, si sottolinea comunque che il terreno appare intensamente scassato ad uso agricolo e in ultima fase ad uso rimboschimento. Nelle immediate vicinanze si segnala la presenza di un pozzo di cui tuttora è impossibile tracciare un riferimento temporale.
17 L. MACCIONI-M.MARCHI-A.ASSORGIA, Carta geopetrografica dell’Isola di Sant’Antioco scala 1: 25.000, Ed. I.G.M. 1990
18 L. MACCIONI-M.MARCHI-A.ASSORGIA, Carta geopetrografica dell’Isola di Sant’Antioco scala 1: 25.000, Ed. I.G.M. 1990
19 http://www.panoramio.com/photo/6961897 ; 4321435,53N:1449076,48E GB
20 Marcello CABRIOLU Megalitos,  in “Lacanas” 40 (2009), p.38
21 L. MACCIONI-M.MARCHI-A.ASSORGIA, Carta geopetrografica dell’Isola di Sant’Antioco scala 1: 25.000, Ed. I.G.M. 1990
22 Si segnala la presenza di un pozzo di origine preistorica addossato alla cortina meridionale della torre nuragica.
23 http://www.panoramio.com/photo/6961645 ; 4316532,08N:1448324,91E GB
24 Marcello CABRIOLU, Nuraghe polilobato in regione S’acqua e’ sa canna – impianto capannicolo, in Nota preliminare di rinvenimento aree varie isola di Sant’Antioco prot 4747 del 29 giugno 2006
25 http://www.panoramio.com/photo/6961690 ; 4313620,52N:1450318,92E GB
26 L. MACCIONI-M.MARCHI-A.ASSORGIA, Carta geopetrografica dell’Isola di Sant’Antioco scala 1: 25.000, Ed. I.G.M. 1990
27 Si ringrazia calorosamente il Sig. Stefano PINTUS per la precisa segnalazione e per il continuo supporto.
28 4330098,27N:462167,37E GB
29 GRADOLI Maria Giuseppina, DIMITRIADIS Georgios, DELOGU Giovanni , in Il binomio uomo – territorio nella Barbagia di Seulo (Sardegna centrale): prime segnalazioni di pitture parietali in grotte carsiche , Antonio Guerci, Stefania Consigliere, Simone Castagno (a cura di) Il processo di umanizzazione Atti del XVI Congresso degli Antropologi Italiani (Genova, 29-31 ottobre 2005) Edicolors Publishing, Milano 2006, p. 521-530, foto 1b
30 Angela ANTONA RUJU – Maria Luisa FERRARESE CERUTI, Il nuraghe Albucciu e i monumenti di Arzachena, Carlo Delfino Editore, Sassari 1992, pag. 81
31 Angela ANTONA, Tombe di giganti in Gallura. Nuove acquisisizioni (pp.713-728),   in  AA.VV., La civiltà nuragica. Nuove acquisizioni II,  Atti del convegno di Senorbì, 14-16/12/200, 2008 Grafiche di Parteolla, pag 217
32 Antonio TARAMELLI, La necropoli punica di Predio Ibba a Sant’Avendrace, Cagliari (scavi del 1908), in Scavi e Scoperte 1911-1917,Editore Carlo Delfino, Sassari 1983, pag 110, fig. 68
33 Antonio TARAMELLI, La necropoli punica di Predio Ibba a Sant’Avendrace, Cagliari (scavi del 1908), in Scavi e Scoperte 1911-1917,Editore Carlo Delfino, Sassari 1983, pag 108
34 Simone N. PORTA, Da Levante a Occidente considerazioni su un contesto funerario pithecusano, in Annali della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Milano, Volume LXV – Fasc. I – Gennaio-Aprile 2012, pag 4 nota 7
35 J. BOARDAMAN, Orientalia and orientals on Ischia, 1994, pp 95-100
36 http://www.prehistory.it/1.htm; G.LILLIU, Arte e religione della Sardegna prenuragica – Idoletti, ceramiche, oggetti d’ornamento, Carlo Delfino Editore, Sassari 1999, pag. 73
37 Haarmann H., Early Civilization and Literacy in Europe. An Inquiry Into Cultural Continuity in the Mediterranean World, Berlino, New York, 1995 - Tab. 32 OEW5
38 Shan M.M. Winn, The inventory of Danube Script, XIII Pictographs and Ideographs signs (observed in various script) DS 164-219; http://www.prehistory.it/ftp/inventory/danube_script/danube_script_05.htm
39 Marco MERLINI 2009, Neo-Eneolithic Literacy in Southeastern Europe: an Inquiry into the Danube, Biblioteca Brukenthal XXXIII, Ministery of Culture of Romania and Brukenthal National Museum, Editura Altip, Alba Iulia, pag. 461
40 Angel VILLA VALDES, Sobre el significado de algunos grabados rupestres asignados a l’edad del bronce in Asturias, c o n g r e s o i n t e r n a c i o n a l d e a r t e r u p e s t r e e u r o p e a, file:///E|/gal/parte_b/ponencia11/ponencia.htm (1 de 4)27/01/2006 9:52:18
41 http://www.parquehistorico.org/recorrido_pobladores.php?codigo=68
42 LACMA M.86.313.36
43 K.M. COONEY – J. TYRRELL, Scarabs in the Los Angeles County Museum of Art, part II, Catalogue ISSN 1567-214X, PalArch.nl, archaeology of Egypt/Egyptology, 4, 2 (2005), pag. 87
44 OIM 14948 registration number, Eye 52e
45 OIM 14938 registration number, Eye 51m
46 Emily TEETER, Scarabs, Scaraboids, Seals, and seal impressions from Medinet Habu, Oriental Institute Publication volume 118, The Oriental Institute of the University of Chicago, 2003 Chicago ILLINOIS, pag. 118
47 Alan GARDINER, Egyptian Grammar: Being an Introduction to the study of Hierogliphs, Griffith Institute, Oxford 1957, pag. 522, figg. 6/7
48 Cfr. Alan GARDINER, Egyptian Grammar: Being an Introduction to the study of Hierogliphs, Griffith Institute, Oxford 1957, pag. 522, fig. V8
49 The Unicode standard version 5.1, Range 2D30 – 2D7F
50  Salem CHAKER - Slimane HACHI,  A propos de l’origine et de l’age de l’ecriture Libyco-berbere, Etudes berbères et chamito-sémitiques, Mélanges offerts à Karl-G. Prasse, (S. Chaker, éd.), Paris/Louvain, Editions Peeters, 2000, p. 95-111.
51 Mario BUHAGIAR, Two archaeological sites – Ras ir Raheb, Malta, and  Ras il Wardija, Gozo, MelitaHist, 10, 1988, pp. 69-87
52 Cfr BUHAGIAR 1988, Preme sottolineare che pur rendendo onore alla indubbia levatura scientifica dell’elaboratore, gli altri simboli incisi nell’impianto vengono imputati ad altre culture ed altri periodi storici creando confusione tra le cronologie e conseguentemente lasciando parecchi dubbi sull’attendibilità dell’elaborazione del simbolo in esame.
53 Anna Chiara FARISELLI, Note di iconografia punica in Sardegna. Il triangolo apicato, a cura di Carla Del Vais
in EPI OINOPA PONTON Studi sul Mediterraneo antico in ricordo di Giovanni Tore, pag.539
54 Maria Giulia AMADASI GUZZO, Iscrizioni fenicie e puniche in Italia, Libreria dello Stato IPZS, Roma 1990, pag.29; Piero BARTOLONI, I fenici e i cartaginesi in Sardegna, Carlo Delfino Editore, Sassari 2009, pag. 214 fig. 119; Enrico ACQUARO, I fenici fra Oriente e Occidente, Edizioni Guidotti, Cinisello Balsamo 2003, pag.14


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