Riflessioni di Rolando Berretta
Un piccolo evento si era svolto ai tempi di Ciro il Grande (559-530).
Paolo Orosio Historiarum adversus paganos libri septem IV 6 6/7:
“Itaque Carthaginienses...sicut Pompeius Trogus et Iustinus fatentur... cum in Sicilia diu infeliciter dimicassent , traslato in Sardiniam bello iterum infelicius victi sunt. Propter quod ducem suum Mazeum et paucos qui superfluerant milites exulare iusserunt ».
Senza perderci in discorsi dotti, possiamo dire che i Cartaginesi, comandati da Mazeo, provarono a
sbarcare in quel di Mozia, dove erano state edificate delle mura che risalgono alla metà del VI a.C. Gli abitanti si aspettavano un attacco da parte di Cartagine?
In seguito, Mazeo provò nuovamente con la Sardegna ma fu di nuovo sconfitto. Escludiamo subito che fosse il padre di Cartalone perché, dopo due sconfitte, non aveva nessun bottino da mandare a Tiro. Evitiamo di confonderlo con quel Malco che sottomise parte della Sicilia. Giustino ci ha ricordato dei tentativi inutili dei Cartaginesi fino alla sconfitta di Amilcare, a Imera nel 480 a.C. e del lungo periodo di pace che seguì.
Cari lettori, vogliamo prendere in considerazione la possibilità che Mazeo combattè contro Mozia? Se le fonti greche non ricordano l’episodio significa che il fatto è rimasto circoscritto al mondo fenicio.
Vogliamo considerare, in modo più serio, la segnalazione di Giustino?
E’ infondato proporre una grande Cartagine solo ricorrendo a Malco nel VI a.C.
Ora sentiamo Tucidide (VI 33-5):
La segnalazione riguarda l’imminente arrivo, in Sicilia, dell’esercito ateniese nel 418/7 a.C.
Il Siracusano Ermocrate ricorda che raramente ha arriso il successo a una spedizione di Greci o di Barbari che si sia avventurata lontana dalla propria terra. Gli assalitori non potranno mai superare per numero gli indigeni. Soccomberanno sempre per la difficoltà del vettovagliamento, lasciando ai popoli minacciati un retaggio di gloria. E Cartagine, in Sicilia, ai tempi di Ermocrate, non aveva ancora conquistato nulla.
Adesso un altro piccolo episodio ricordato da Giustino: XLIII 3 4:
I mercanti di Focea sbarcarono alla foce del Tevere e strinsero amicizia con il re Tarquinio Prisco. Alleanza ben documentata da svariati eventi successivi. Servio Tullio (44 anni di regno dal 577 a.C. secondo Varrone) ha combattuto per venti anni contro gli Etruschi. Ha tolto a Caere, Veio e Tarquinia parte dei loro territori. Siamo alla fine del suo regno secondo Dionisio di Alicarnasso.
Se si confrontassero le date si scoprirebbe che i porti di Caere erano il luogo meno indicato per radunare le flotte alleate. Se i Ceretani avevano dei naufraghi Focei dovevano semplicemente consegnarli ai loro alleati Romani.
Veniamo alle cause della Battaglia del Mare Sardo, come la racconta Erodoto, 166-1:
I Focesi giunti a Cyrno, per cinque anni abitarono in comune con i primi arrivati e vi fondarono santuari. Per le rapine e i saccheggi a danno di tutti i vicini, i Tirreni e i Cartaginesi si accordarono e, fornite 60 navi a testa, mossero contro i Focesi. Questi ultimi armarono 60 navi e mossero loro incontro nel mare detto di Sardegna.
Giustino la racconta così: XLIII 5 2
I Marsigliesi spesso sbaragliarono gli eserciti dei Cartaginesi poiché era scoppiata la guerra tra loro a causa della cattura di navi da pesca e, dopo averli vinti, concessero loro la pace.
Pace vuol dire trattati, e gli studiosi non hanno fornito, mai, una spiegazione logica per l’inizio delle ostilità. Tenterò io con poche righe dedicate a Tonni e Tonnare.
Immaginiamo chi prepara la Tonnara, fino alla camera della morte. Pensiamo ai pescherecci che si mettano a pescare i Tonni al largo. L’escalation successiva non è difficile da immaginare. Dalla cattura degli incauti pescatori e alla loro lapidazione. Il successivo intervento armato è scontato. La lapidazione dei prigionieri, o l’uccisione degli ambasciatori, sono inquadrabili agli inizi delle ostilità e non alla fine; in quel periodo il popolo è galvanizzato da quanti predicano la guerra.
Giungiamo ora alla città di Olbia.
C’è una nuova corrente di pensiero che collega l’abbondanza di reperti attici, quindi focesi, con l’occupazione della città di Olbia da parte dei Focesi. Addirittura si arriva a ipotizzare che i Focesi e i fenici/sardi si allearono per sconfiggere il cartaginese Malco. La spedizione del Sardo Macherato, a Delfi, ne sarebbe un’ulteriore prova.
Perché mai a Delfi?
In questa città stavano arrivando tutti i Trofei delle vittorie dei Focesi sui Cartaginesi, quindi Olbia, nel VI a.C. era in mano dei Focesi sicuramente.
Passiamo a quel poco informato di Biante di Priene. E’ il periodo in cui Ciro sta occupando la Ionia. Erodoto (170 2 )...Biante di Priene (nel congresso Panionio) espresse un consiglio utilissimo che, se fosse stato seguito, avrebbe dato loro IL MAGGIOR BENESSERE tra gli Elleni. Li esortava a partire per la Sardegna con una flotta comune e fondarvi una sola città per tutti gli Ioni. Così, liberati da ogni servitù, avrebbero prosperato occupando la più vasta delle isole e comandando sulle altre popolazioni.
Ma, se gli Ioni c’erano già da una cinquantina anni (in Sardegna), poteva il fatto essere ignorato da Biante di Priene? Il vasellame attico è solo indice di un fiorente commercio. Pausania, è vero, ci ha ricordato che i Tespiadi fondarono Olbia e Ogrille. Diodoro ci ha ricordato che dopo un paio di generazioni furono cacciati, verso Cuma, dai Tirreni che erano in Sardegna. Se, poi, vediamo Cartaginesi e Tirreni affrontare i Focesi, non è detto che fossero, per forza, Etruschi.
Un fatto curioso che merita di essere segnalato riguarda il siracusano Dionisio.
Sappiamo che Roma fu incendiata dai Galli. I Ceretani salvarono prima gli oggetti sacri di Roma e poi, ricorda Diodoro, piombarono sui Galli ubriachi per la vittoria recuperando tutto il bottino. Immaginiamo tutte la serie di benemerenze che i Romani riconobbero ai Ceretani. Mentre i Romani frugavano, ancora, tra le macerie dell’incendio, arriva in zona Dionisio da Siracusa. Dionisio aveva fatto quella spedizione per stroncare la pirateria degli Agilliani. Ne devastò tutto il territorio. Gli Agilliani che intervennero furono sgominati e Dionisio ripartì con un enorme bottino. A Roma non si sono accorti di nulla nonostante avessero lo stesso territorio.
A questo punto viene spontanea una domanda: non ci sarà un’altra Agilla? Magari in Sardegna?
Mi viene in mente l’antica Igia e l’odierna santa Gilla. E il pensiero corre a Virgilio che chiama Caere la città agillina, che starebbe per figlia di Agilla. Per nostra fortuna Dionisio si è dimenticato di togliere le famose lamine trovate nel 1964 a Pyrgi sebbene fossero in oro. In due di queste lamine c’è un messaggio riguardante la consacrazione, da parte di Thefario Velianio, lucumone di Cere, di un piccolo edificio religioso in onore della dea Giunone-Astarte.
Il testo fenico e quello etrusco, per sommi capi, dicono la stessa cosa. Affermare poi che dietro l’erezione del Tempio ci sia la vittoria degli Agilliani e dei Cartaginesi sui Focesi non mi convince affatto. Come non mi convincono quelli che tirano in ballo le lamine di Pyrgi per ricordarci dei trattati tra Etruschi e Cartaginesi.
C'è da osservare che il Lucumone Thefario Velianio ebbe due figli durante il suo mandato triennale e, riconoscente verso Giunone, eresse templi e statue. Forse la moglie Cluvenia era punica.
Nelle immagini:
Carta della battaglia, fonte www.mediaframe.it
Le lamine di Pyrgi
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