Archeologia della Sardegna. Le Tombe di Giganti, i templi dell’età del Bronzo
Riflessioni di Pierluigi Montalbano.
Durante tutta l’età del Bronzo, in Sardegna è evidente
l'importanza cultuale delle Tombe di Giganti, luoghi nei quali si esprimeva una
religiosità legata al culto dei defunti, deposti fra le accoglienti braccia
della Madre Terra. Questi templi anticipano i santuari dell'acqua (dedicati
alla stessa divinità) che compaiono nel Bronzo finale e proliferano nei periodi
successivi. Sono monumenti funerari realizzati in pietra nel corso del II Millennio a.C.
Si tratta di sepolture collettive che differiscono profondamente dalle domus de
janas utilizzate in precedenza. Questi santuari
sono localizzabili in aree ben precise di competenza delle comunità nuragiche.
Come i nuraghi, queste particolari costruzioni
megalitiche non hanno nessuna equivalenza nell'Europa continentale e sono
costruiti con una particolare forma realizzata mediante grandi lastre di pietra
conficcate nella terra. Presenti in tutto il territorio sardo,
questi grandi sepolcri presentano
una pianta rettangolare con abside e sono
edificati sovrapponendo grandi blocchi di pietra fino a formare l’intera
struttura. La camera funeraria può arrivare a superare i 20 metri di lunghezza
e 2 metri di altezza ed era ricoperta da un tumulo di terra. Differentemente
dal corpo funerario, che arriva ad anticipare i primi nuraghi a corridoio del
XVIII a.C., la parte frontale della struttura, la facciata, è realizzata
all’inizio dell’epoca delle torri nuragiche, intorno al XV a.C., e presenta un
portello d’ingresso e un temenos a esedra, ossia una piazza delimitata da un
semicerchio realizzato con pietre di varia dimensione che potrebbe
simboleggiare un “abbraccio alla comunità” o, più semplicemente, la
raffigurazione delle corna bovine. Sopra il portello d’ingresso, al centro
dell’esedra, si nota spesso una grande stele funeraria che rende monumentale
l’intero sepolcro. Questa grande pietra lavorata può raggiungere fino a 4 metri
d’altezza ed è lavorata con particolare cura.
Nei
secoli la struttura, pur con qualche eccezione realizzata senza esedra,
mantiene inalterata la pianta a protome taurina con l’interno a nave capovolta,
ma per la sua costruzione furono progressivamente applicate le tecniche
architettoniche impiegate nella costruzione dei nuraghi a torre. La tipologia
più antica mostra un prospetto a dolmen, con il corridoio funerario coperto da
grandi lastre piatte che formano il soffitto. Progressivamente, le pareti
interne sono posizionate ad aggetto, fino a formare un profilo tronco-ogivale
al pari dei nuraghi del Bronzo Recente. La facciata può essere di due tipologie
principali: a filari di pietre sovrapposte oppure formata da grandi lastre
infilate verticalmente nel terreno. La versione finale dei sepolcri vede la
regolarizzazione isodoma dei conci, come nei pozzi sacri e in qualche nuraghe
evoluto, così da ottenere uno spettacolare valore estetico. Le genti del
villaggio rendevano omaggio ai defunti senza distinzione di rango, come se
davanti alla morte tutti i membri della comunità fossero uguali. Ciò indica un
credo religioso che potrebbe testimoniare una società egualitaria anche in
vita, ma non abbiamo sufficienti strumenti e indizi per poterlo dimostrare.
Quando i sepolti diventavano numerosi e non c’era più spazio, si provvedeva a
un riordino degli scheletri e all’utilizzo del sepolcro come ossario. In quell’epoca il Dio toro (riferito al sole e alla
forza) e la Dea madre natura (assimilata alla luna, all’acqua e con capacità di
generare la vita) formavano la coppia divina, e costituivano il pantheon
principale delle divinità sarde. In questi templi, Toro e Ventre Materno erano
uniti indissolubilmente, e la struttura muraria costituiva essa stessa la
simbologia ricercata, Quando nella comunità avveniva un decesso, il luogo più
agognato per la sepoltura era proprio l’area sacra nella quale era eretto il tempio
della comunità, quello che noi oggi chiamiamo Tomba di Giganti. Era il luogo
più desiderato per compiere il viaggio verso l'aldilà.
Ancora oggi nei templi più importanti della
cristianità (San Pietro e tante altre chiese che sorgono sopra cimiteri) i personaggi
importanti si fanno seppellire nei sotterranei e nelle cripte. Un’altra
delle funzioni primarie di questi templi era di segnalare in maniera
inequivocabile il possesso di un territorio, di una vallata, di una giara, da
parte di una comunità che aveva messo radici in quell’area. Nelle vicinanze
dell'ingresso venivano poste una o più pietre, conficcate verticalmente,
(betili e menhir) a simboleggiare gli dei che vegliavano sui defunti. E’
interessante segnalare che sotto la crosta terrestre scorrono energie
telluriche e forze magnetiche che fanno del nostro pianeta un organismo
vivente. L’uomo, creatura generata dalla Madre Terra, ha facoltà di interagire
con queste energie e di assorbirle inconsciamente. Gli studi hanno rilevato che
queste energie sono più intense in certi luoghi e una serie di tombe di giganti
furono costruite proprio lungo questi canali energetici. Le architetture
antiche sono diverse dalle odierne, e si preferiva edificare non sopra la
natura ma all’interno della natura stessa, come in un abbraccio vitale e
benefico. I luoghi erano scelti con sistemi a volte cruenti come nel caso dei
romani che, dopo aver fatto pascolare alcuni capi di bestiame in un campo, li
uccidevano per controllare il fegato e “interpretarne il responso”. Altre
volte, si sceglieva in base al riposo degli animali perché questi erano in
stretto legame con la natura, più dell’uomo stesso. Qualche volta entravano in
scena persone con capacità sensoriali che percepivano queste energie: i druidi
e i santoni del villaggio. I templi, già intrisi di forze naturali, si
arricchivano a loro volta dell’energia degli abitanti che lì si recavano a
pregare. Spesso vi era anche la vicinanza di una fonte d’acqua, elemento
fondamentale per i rituali.
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