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venerdì 14 luglio 2017

Archeologia della Sardegna. Le Domus de Janas, sepolcri millenari che custodivano il mistero della morte e resurrezione. Riflessioni di Pierluigi Montalbano

Archeologia della Sardegna. Le Domus de Janas, sepolcri millenari che custodivano il mistero della morte e resurrezione.
Riflessioni di Pierluigi Montalbano

Verso la fine del V Millennio a.C., in Sardegna, inizia la fase delle sepolture scavate nella roccia, ipogeiche o in grotticelle realizzate su colline. Sono denominate domus de janas, un termine che si presta a due interpretazioni: casa delle fate o casa delle porte, riferendosi alle porte che dividono il mondo dei vivi da quello dei morti. A volte si trovano isolate ma più spesso sono concentrate in necropoli comunitarie, veri e propri cimiteri di età Neolitica. A oggi se ne conoscono quasi tremila, di varia tipologia che va dalle cellette singole fino alle spettacolari tombe a camera che mostrano elementi architettonici utilizzati anche nelle case dei vivi: pilastri, travi scolpite nel
soffitto, decorazioni e incisioni. Qualcuna ha il corridoio di accesso e un’anticella davanti all’ingresso. Furono realizzate dalle ultime genti della cultura Bonu Ighinu e proseguirono lungo tutta la fase San Ciriaco e quella Ozieri, fino a giungere ai sepolcri Monte Claro, sempre seguendo precise regole costruttive legate alla religiosità e idonee a ospitare al meglio i defunti e il loro corredo funerario. Durante il Neolitico, in Sardegna si praticavano l’agricoltura e l’allevamento, e verosimilmente la religiosità era legata alle tradizionali divinità dei popoli a base economica agricola, simboleggiati da sole e luna. Non mancava il riferimento ai bovini, tradizionalmente simboleggiati da una testa di toro. Come tutte le civiltà agricole, anche quella sarda dedicava alla fertilità della donna, degli animali e dei campi la massima attenzione, e frequenti sono i riferimenti simbolici attraverso segni scolpiti nei sepolcri, soprattutto nel frontale dell’ingresso: cerchi concentrici, spirali e altre decorazioni. Inoltre, statuine stilizzate della Dea Madre sono state ritrovate in varie sepolture e nei luoghi di culto.


Le grotticelle funerarie successive, quelle del IV Millennio a.C., sono state scavate su costoni rocciosi e hanno formato, nei secoli, delle necropoli straordinarie e uniche, grazie all'accurata lavorazione e ai caratteristici aspetti architettonici che fanno dei sepolcri sardi un rilevante campione da studiare con riguardo. Costruite da una o più stanze circolari e quadrangolari, comunicanti fra loro con la sala centrale, a cui vi si entrava tramite un androne, hanno spesso ambienti piccoli ma altre volte vasti e monumentali, dotati di elementi architettonici, quali porte e travature che, riproducendo le dimore dei vivi, testimoniano la fede in una vita ultraterrena. Fra le varie tipologie, abbiamo grotticelle a forma di capanna rotonda con il tetto a forma di cono, altre con spazi rettangolari e a tetto spiovente, provviste di porte e di finestre. Le pareti venivano decorate con simboli magici in rilievo, ad esempio corna bovine stilizzate e altri disegni geometrici. 

Queste tombe erano arricchite da armadietti, tavoli, sedili, focolari e nicchie ricavate nello spessore delle pareti, pilastri e colonne, porte rettangolari e false porte scolpite sempre nella roccia. Un piccolo portello in pietra consentiva l’accesso. Nelle tombe sono state rinvenute anche statuette in marmo, alabastro o calcare raffiguranti la divinità femminile, simbolo della fertilità, ceramiche, punte di freccia e utensili in ossidiana e selce, collane di denti di cinghiale e di volpe, pendenti in quarzo, bracciali e anelli di rame. Seguendo particolari riti, il defunto veniva trasferito da quella che durante la sua vita fu la sua casa abituale, all’interno di quella che avrebbe dovuto agevolare il suo viaggio verso l’aldilà, un rito funerario che presupponeva la continuità eterna dell'essere umano. I corpi venivano deposti in posizione fetale su un letto di bianchi cumuli di valve di molluschi, e poi ricoperti di ocra rossa, usata anche per rivestire il fondo e le pareti interne del sepolcro. Accanto alle spoglie si deponeva il corredo e l’occorrente per cibarsi durante il viaggio dell’anima. 

Immagini da internet.

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