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venerdì 30 giugno 2017

Archeologia. Le statue dei giganti di Monte Prama, un unicum artistico del panorama mediterraneo occidentale inquadrabile nella Prima età del Ferro, circa 3000 anni fa. Decine di guerrieri che vegliavano sul sonno dei defunti in una necropoli nuragica straordinaria. Riflessioni di Pierluigi Montalbano

Archeologia. Le statue dei giganti di Monte Prama, un unicum artistico del panorama mediterraneo occidentale inquadrabile nella Prima età del Ferro, circa 3000 anni fa. Decine di guerrieri che vegliavano sul sonno dei defunti in una necropoli nuragica straordinaria.
Riflessioni di Pierluigi Montalbano

Le sculture dei guerrieri di Monte Prama sono opere in pietra realizzate a tutto tondo a grandezza naturale. Furono trovate casualmente nel Marzo 1974 in un terreno del Sinis (OR) durante i lavori di aratura. Le migliaia di frammenti rinvenuti sono stati assemblati nel Centro di Restauro a Li Punti, nei pressi di Sassari, e oggi possiamo ammirare i personaggi in tutta la loro maestosità nei musei archeologici di Cagliari e Cabras. Nello stesso sito sono stati portati alla luce una serie di piccoli nuraghi in pietra e betili che contribuivano a monumentalizzare l’area funeraria. A oggi le statue sono distinguibili in arcieri, spadaccini, pugilatori e modelli di nuraghe. La cronologia è quella del Primo Ferro, intorno al 900 a.C., e ciò le qualifica come le sculture a tutto tondo più antiche di tutto l’Occidente Mediterraneo. I frammenti furono rinvenuti sopra un antico cimitero di tombe a pozzetto alle pendici del Monte Prama, a poca distanza da un nuraghe che controlla il territorio circostante. sovrastata da un nuraghe complesso ubicato sulla sommità dell'altura. Nei piccoli sepolcri sono stati rinvenuti scheletri di giovani fra i 14 e i 20 anni e qualche individuo in
età più avanzata. Oggi sono studiati per ricavarne abitudini alimentari, età e altri dati sensibili. La necropoli si presenta come un lungo viale funerario diviso in settori e delimitato da lastre infilate verticalmente ad ottenere un terrazzamento. E’ affiancato da una strada lastricata che essendo posta mezzo metro sotto il terrazzamento offriva un punto di vista ribassato rispetto alle statue. Ciò dava la sensazione di trovarsi al cospetto di giganti. Il primo scavo, a cura di Bedini, portò alla luce un'area con 33 tombe a cista litica senza lastra di copertura e realizzate con roccia diversa da quella del viale funerario. La seconda fase di scavo, curata da Tronchetti, si estende da una lastra in pietra infissa a coltello giustapposta alla prima tomba del lato Sud. Il lato Nord mostra le tombe più recenti ed è anch'esso delimitato da una pietra verticale. Gli archeologi non sono concordi sul reale aspetto della necropoli ma l’estensione è notevole e le campagne di scavo sono ancora a una fase acerba. Il volto delle statue segue lo stesso schema a T rilevabile nei bronzetti e nelle statue-stele della Corsica, con arcata sopracciliare e naso marcati, occhi incavati nel volto e simbolicamente evidenziati con un doppio cerchio concentrico, tali da compararli con quelli della civetta, l’animale notturno legato alla morte. La bocca è resa con un’incisione. La decorazione geometrica a chevron dei dettagli suggerisce i due limiti, massimo e minimo, della realizzazione: tra il 900 a.C. e il 750 a.C. La somiglianza tra bronzetti e statue pone una questione rilevante: quale fra le due tipologie artistiche fu realizzata prima? Sappiamo che i bronzetti sono inquadrabili dal 900 a.C. circa, quindi dovrebbero essere contemporanei, ma la cronologia dei bronzetti potrebbe essere più antica, soprattutto per il fatto che quelli che conosciamo sono già in una fase stilistica evoluta e dobbiamo ipotizzare che le “prove di fusione” precedenti furono convertite in nuovi bronzetti. Pur essendo poco rilevante per questo lavoro stabilire il ruolo dei personaggi rappresentati, e la funzione simbolica dei nuraghe miniaturizzati, lo studio iconografico indica con precisione chi furono i committenti di queste sculture e chiarisce, senza alcun dubbio, che la civiltà nuragica era capace di organizzare tecnicamente e ideologicamente la rappresentazione della propria cultura. È chiaro l’intento di autocelebrarsi da parte di una o più comunità che si riconoscevano nei nuraghi e nei guerrieri rappresentati anche nei bronzetti, alcuni dei quali coevi. Considerato che nessun ricercatore registra per quel periodo dati archeologici che mostrano tracce di guerre importanti, si tratta dunque della rappresentazione di eroi di guerre del passato scolpiti in posa da parata. Per evitare di instradarmi verso una classificazione che sarebbe più soggettiva che scientifica, preferisco concentrare l’attenzione sulle torri, non perché i primi siano meno importanti ma solo per focalizzare al meglio la cronologia. Mi preme, tuttavia, sottolineare l’atipicità di voler ingigantire gli eroi e rimpicciolire gli edifici, a suggerire forse che in quel periodo ci fu un’evoluzione o un cambiamento dei rapporti sociali e delle gerarchie. Chi si era distinto in operazioni militari o aveva ricoperto incarichi prestigiosi, era posto quasi allo stesso livello delle divinità e veniva simbolicamente rappresentato nella statuaria in pietra. I piccoli nuraghi ricomposti dai tecnici del Centro di restauro di Li Punti sono ben conosciuti in ambito sardo nuragico. Si tratta di quei caratteristici manufatti ritrovati al centro di alcune grandi capanne dotate di banconi per sedersi in circolo, denominate “capanne delle riunioni”, ubicate nei siti di maggiore interesse archeologico, e sempre cronologicamente attestate a partire dal X a.C. Possiamo già, dunque, eliminare senza indugio alcuno, per la nostra ricerca sulla cronologia delle statue giganti di Monte Prama, tutti i riferimenti cronologici anteriori a questo X secoloNei siti nuragici gli archeologi hanno, infatti, portato alla luce differenti tipologie di manufatti che indicano, per i periodi precedenti, facies culturali che si avvalgono di rappresentazioni che non corrispondono a quelle da noi analizzate. Altro elemento da scartare con veemenza è la possibilità che i committenti siano esterni all’isola. Chi mai potrebbe amplificare la gloria di un popolo dopo averlo assoggettato militarmente, o comunque conquistato? Le statue sono sarde nuragiche, come chi le ha commissionate. Su questo punto non si possono accettare, né ci sono al momento, altre ipotesi concrete. La bottega artigianale che le ha riprodotte era locale, e il materiale da costruzione proviene dalle cave oristanesi. A mio avviso, la statua (uno spadaccino) che presenta un rilievo bassissimo nella parte frontale, una sorta di stola posta verticalmente lungo il busto e fino al ventre, è da attribuire a un maestro scultore che fu capostipite degli artigiani dell’epoca. C'è da pensare a qualche potente clan nuragico che convinse un artista straordinario ad aprire bottega nel Sinis per insegnare ai sardi la lavorazione a tutto tondo della pietra. Il luogo di ritrovamento delle statue non deve sorprendere perché la vicinanza del mare favoriva i collegamenti con l’esterno e la zona era frequentata da chi giungeva nell’isola per avviare i commerci. Le popolazioni nuragiche erano ben coscienti di vivere circondati dal mare e avevano individuato nelle coste quei luoghi nei quali poter svolgere favorevoli intermediazioni con le popolazioni d’oltremare. Quale miglior luogo avrebbero potuto scegliere per posizionare delle statue tanto imponenti e rappresentative della propria civiltà?
Ritorniamo ai piccoli nuraghe rappresentati con precisione calligrafica. I ritrovamenti significativi di questi manufatti sono stati fatti ad Alghero, nella capanna delle riunioni del nuraghe Palmavera, nella grande capanna circolare del nuraghe di Punta Unossi, a Su Nuraxi di Barumini nel vano 80, nella capanna 1 del Losa, nel Santuario nuragico di Santa Vittoria di Serri, e possiamo certamente inserire in questa tipologia, pur se di poco successivi, anche quello scolpito nell’altare-vasca scavata da Ugas all’interno del vano E del nuraghe Su Mulinu a Villanovafranca, e quello scolpito nell’altare-vasca di Su Monte di Sorradile. Tutti questi ritrovamenti sono inquadrabili in contesti che vanno dall’IX fino all’VIII a.C. Già da solo questo fatto sgombrerebbe il campo da ipotesi cronologiche differenti. I giganti di Monte Prama furono rappresentati da una civiltà che cambiava e fondeva la propria cultura con gli apporti dei nuovi arrivati. Mantenne l’identità precedente e si arricchì delle esperienze dei navigatori, senza con ciò voler affermare che i nuovi arrivati erano estranei al mondo sardo. Le società che si affacciano sul mare sono da sempre pronte a cogliere ogni innovazione arrivi dall’esterno, e la Sardegna, essendo un’isola con posizione strategica impareggiabile e risorse minerarie abbondanti, fu il centro di raccolta e smistamento di tutto ciò che transitava fra le sponde del Mediterraneo. La data della distruzione del sito è determinata dalla presenza di frammenti ceramici punici sotto il busto di un arciere, e si può ragionevolmente supporre che il periodo fu il 300 a.C., all’alba degli scontri contro Roma. 

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