tombe a circolo megalitico, i primi dolmen e menhir. L’economia è ancora basata su cerealicoltura, allevamento, caccia e attività di pesca, soprattutto la raccolta di molluschi. Le genti di san Ciriaco vivono prevalentemente vicino a stagni e zone con abbondanza d’acqua dolce, e i loro insediamenti sono caratterizzati da capanne parzialmente interrate realizzate con pali di legno e coperte con frasche ed erbe palustri. L’argilla veniva utilizzata per intonacare le pareti. Gli utensili e le armi sono realizzati in pietra locale, selce e ossidiana, quest’ultima reperibile in abbondanza a pochi km di distanza nel Monte Arci. La produzione di ciotole carenate, scodelle, tazze e olle accompagna i rari bicchieri e i tegami di forma bassa e larga. La lavorazione è grossolana ma in alcuni casi si notano raffinate pissidi a pareti sottili e vasi con superfici perfettamente lucidate con colorazioni che vanno dal rosso scuro al grigio, al color cuoio e al nero. Le incisioni sono semplici, con cerchi concentrici, linee e piccoli punti racchiusi entro triangoli. E’ attribuibile alla fase San Ciriaco una splendida coppetta in steatite verde dotata di anse a rocchetto, trovata nel circolo funerario di Li Muri ad Arzachena. Nelle domus de Janas sono presenti delle affascinanti dee madri opulente, tenute in mano dai defunti secondo un rituale che vedeva nella sepoltura un’idea di rinascita, ossia un ciclo di morte e resurrezione agevolato della Dea della fertilità. L'insieme di queste statuine mostra le braccia conserte, ripiegate sotto i seni e la rappresentazione accuratissima dei dettagli anatomici. Nel 1939 ad Arzachena fu portata alla luce una necropoli con circoli funerari realizzati su una serie di collinette. Al centro avevano una piccola cassetta realizzata con lastre di pietra infilate verticalmente nel terreno, una sorta di sarcofago. Il diametro dei circoli varia fra i 5 e gli 8 metri e accanto sono presenti dei menhir e delle urne votive per le offerte alle divinità dei defunti. E’ attestata la presenza di ocra rossa, probabilmente utilizzata sui corpi a scopo rituale. Per questa fase del Neolitico, abbiamo anche connessioni con le culture dell'Europa occidentale, testimoni dell'esistenza di una notevole rete di scambi nel Mediterraneo, anche per il ruolo centrale che la Sardegna aveva nel commercio dell’ossidiana. Si conoscono anche numerosi esempi di fusaiole e pesi da telaio, a volte decorate con motivi geometrici. Sono testimoni di una pratica notevole della tessitura.
domenica 4 giugno 2017
Archeologia. Il Neolitico Medio in Sardegna: la cultura di San Ciriaco (4000 a.C.). Riflessioni di Pierluigi Montalbano
Archeologia. Il Neolitico Medio in Sardegna: la cultura di San Ciriaco (4000 a.C.).
Riflessioni di Pierluigi Montalbano
Nel Neolitico medio,
intorno al 4000 a.C., la produzione ceramica in Sardegna mostra una fase nella
quale si notano caratteristiche forme non presenti nella precedente facies Bonu
Ighinu. E’ il periodo della cultura di San Ciriaco, che prende il nome dalla
chiesa di un quartiere di Terralba, in provincia di Oristano, dove è stato
scavato un villaggio preistorico. È in questa fase che
proliferano le domus de janas, le tipiche tombe a grotticella artificiale, e
vengono realizzati, oltre alle
tombe a circolo megalitico, i primi dolmen e menhir. L’economia è ancora basata su cerealicoltura, allevamento, caccia e attività di pesca, soprattutto la raccolta di molluschi. Le genti di san Ciriaco vivono prevalentemente vicino a stagni e zone con abbondanza d’acqua dolce, e i loro insediamenti sono caratterizzati da capanne parzialmente interrate realizzate con pali di legno e coperte con frasche ed erbe palustri. L’argilla veniva utilizzata per intonacare le pareti. Gli utensili e le armi sono realizzati in pietra locale, selce e ossidiana, quest’ultima reperibile in abbondanza a pochi km di distanza nel Monte Arci. La produzione di ciotole carenate, scodelle, tazze e olle accompagna i rari bicchieri e i tegami di forma bassa e larga. La lavorazione è grossolana ma in alcuni casi si notano raffinate pissidi a pareti sottili e vasi con superfici perfettamente lucidate con colorazioni che vanno dal rosso scuro al grigio, al color cuoio e al nero. Le incisioni sono semplici, con cerchi concentrici, linee e piccoli punti racchiusi entro triangoli. E’ attribuibile alla fase San Ciriaco una splendida coppetta in steatite verde dotata di anse a rocchetto, trovata nel circolo funerario di Li Muri ad Arzachena. Nelle domus de Janas sono presenti delle affascinanti dee madri opulente, tenute in mano dai defunti secondo un rituale che vedeva nella sepoltura un’idea di rinascita, ossia un ciclo di morte e resurrezione agevolato della Dea della fertilità. L'insieme di queste statuine mostra le braccia conserte, ripiegate sotto i seni e la rappresentazione accuratissima dei dettagli anatomici. Nel 1939 ad Arzachena fu portata alla luce una necropoli con circoli funerari realizzati su una serie di collinette. Al centro avevano una piccola cassetta realizzata con lastre di pietra infilate verticalmente nel terreno, una sorta di sarcofago. Il diametro dei circoli varia fra i 5 e gli 8 metri e accanto sono presenti dei menhir e delle urne votive per le offerte alle divinità dei defunti. E’ attestata la presenza di ocra rossa, probabilmente utilizzata sui corpi a scopo rituale. Per questa fase del Neolitico, abbiamo anche connessioni con le culture dell'Europa occidentale, testimoni dell'esistenza di una notevole rete di scambi nel Mediterraneo, anche per il ruolo centrale che la Sardegna aveva nel commercio dell’ossidiana. Si conoscono anche numerosi esempi di fusaiole e pesi da telaio, a volte decorate con motivi geometrici. Sono testimoni di una pratica notevole della tessitura.
tombe a circolo megalitico, i primi dolmen e menhir. L’economia è ancora basata su cerealicoltura, allevamento, caccia e attività di pesca, soprattutto la raccolta di molluschi. Le genti di san Ciriaco vivono prevalentemente vicino a stagni e zone con abbondanza d’acqua dolce, e i loro insediamenti sono caratterizzati da capanne parzialmente interrate realizzate con pali di legno e coperte con frasche ed erbe palustri. L’argilla veniva utilizzata per intonacare le pareti. Gli utensili e le armi sono realizzati in pietra locale, selce e ossidiana, quest’ultima reperibile in abbondanza a pochi km di distanza nel Monte Arci. La produzione di ciotole carenate, scodelle, tazze e olle accompagna i rari bicchieri e i tegami di forma bassa e larga. La lavorazione è grossolana ma in alcuni casi si notano raffinate pissidi a pareti sottili e vasi con superfici perfettamente lucidate con colorazioni che vanno dal rosso scuro al grigio, al color cuoio e al nero. Le incisioni sono semplici, con cerchi concentrici, linee e piccoli punti racchiusi entro triangoli. E’ attribuibile alla fase San Ciriaco una splendida coppetta in steatite verde dotata di anse a rocchetto, trovata nel circolo funerario di Li Muri ad Arzachena. Nelle domus de Janas sono presenti delle affascinanti dee madri opulente, tenute in mano dai defunti secondo un rituale che vedeva nella sepoltura un’idea di rinascita, ossia un ciclo di morte e resurrezione agevolato della Dea della fertilità. L'insieme di queste statuine mostra le braccia conserte, ripiegate sotto i seni e la rappresentazione accuratissima dei dettagli anatomici. Nel 1939 ad Arzachena fu portata alla luce una necropoli con circoli funerari realizzati su una serie di collinette. Al centro avevano una piccola cassetta realizzata con lastre di pietra infilate verticalmente nel terreno, una sorta di sarcofago. Il diametro dei circoli varia fra i 5 e gli 8 metri e accanto sono presenti dei menhir e delle urne votive per le offerte alle divinità dei defunti. E’ attestata la presenza di ocra rossa, probabilmente utilizzata sui corpi a scopo rituale. Per questa fase del Neolitico, abbiamo anche connessioni con le culture dell'Europa occidentale, testimoni dell'esistenza di una notevole rete di scambi nel Mediterraneo, anche per il ruolo centrale che la Sardegna aveva nel commercio dell’ossidiana. Si conoscono anche numerosi esempi di fusaiole e pesi da telaio, a volte decorate con motivi geometrici. Sono testimoni di una pratica notevole della tessitura.
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Si fa un gran parlare della cultura di San Ciriaco ma, non solo a mio parere, occorrono ulteriori studi per capirla meglio e magari risistemare e spostare culturalmente qualche ritrovamento frettolosamente inserito in questa facies. Ci sono alcune situazioni che indicano una cultura
RispondiEliminaraffinata, altre all'opposto mostrano rozze ceramiche; come si collega questa cultura ad ambienti non lacustri o in assenza di stagni? Non è facile districarsi ancora oggi in questo melting pot.
Mario Galasso