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domenica 18 giugno 2017

Archeologia della Sardegna. La Civiltà Nuragica: torri, miniere e organizzazione sociale dell'età del Bronzo. Riflessioni di Pierluigi Montalbano

Archeologia della Sardegna. La Civiltà Nuragica: torri, miniere e organizzazione sociale dell'età del Bronzo.
Riflessioni di Pierluigi Montalbano

Nell'età del Bronzo si sviluppò in Sardegna la Civiltà più importante del Mediterraneo Occidentale. Fu frutto della trasformazione di società preesistenti nell'isola, quelle delle fasi finali Monte Claro e del vaso Campaniforme nel periodo in cui la metallurgia iniziò a praticare complicate fusioni di più elementi per ottenere delle leghe. La più importante tecnologia fu l’ottenimento del bronzo mescolando 9 parti di rame e una di stagno. Proprio la mancanza di stagno nel bacino Mediterraneo convinse le genti più intraprendenti ad allestire flotte navali e compiere viaggi in terre lontane per l’approvvigionamento di questo raro metallo. I giacimenti più ricchi si trovano in Cornovaglia e Bretagna, pertanto i viaggiatori entrarono in contatto con tutti i popoli costieri che incontrarono lungo le rotte marittime e con tutte le genti residenti nei villaggi lungo i fiumi navigabili, ad esempio nella valle del Rodano.
La Civiltà Nuragica deve il nome alle celebri torri in pietra che costellano il paesaggio dell’isola, circa 8000, realizzate con finalità differenti che dipendevano dalle necessità di ogni singola comunità. C’è da precisare che i primi nuraghi, quelli orizzontali a corridoio, sono privi di torri, e furono costruiti nel corso di due secoli dal 1700 a.C. al 1500 a.C. circa. Solo dopo questa fase iniziò l’elaborazione di strutture verticali che consentivano, attraverso l’evoluzione di varie
tecniche edili, di elevarsi ad altezze di oltre 10 metri e portare all'estrema abilità di sovrapporne fino a tre raggiungendo i 28 metri del poderoso complesso di Orroli, il nuraghe Arrubiu. Nel mondo esistono altre torri simili ai nuraghi, ma solo i sardi riuscivano a sovrapporle e realizzarono gli edifici vivibili più alti del pianeta fino all'avvento dei primi grattacieli in cemento armato costruiti due secoli fa. Le piramidi, decisamente più alte dei nuraghi, non sono vivibili e sono realizzate con tecniche alquanto semplici. Si trattava di trasportare grandi blocchi di pietra, regolarizzarne la forma e sovrapporli seguendo geometrie facilmente calcolabili. Ben differenti sono i problemi di statica che i nuragici dovettero affrontare.
Tralasciando i racconti mitici e bugiardi degli antichi autori greci che attribuirono ai loro eroi la costruzione delle torri sarde, c’è da capire perché, come e quando le genti dell’isola dedicarono energie, tempo e risorse per sollevare tutte quelle pietre. Naturalmente, tutti sanno che la tradizione sarda è ricca di grandi imprese edili preistoriche, basti pensare alle domus de janas, alle muraglie megalitiche e alle tombe di giganti, i sepolcri collettivi frutto dell’evoluzione delle gallerie dolmeniche dell’età del Rame. Avendo varie tipologie di rocce disponibili, realizzavano strutture con pietra locale, a volte sbozzata per regolarizzare il posizionamento, e sceglievano siti strategici secondo ciò che serviva: sepolcri, capanne, edifici sacri, pozzi, palazzi. Tutta la comunità partecipava in vario modo alla costruzione e si svilupparono attività supplementari per provvedere al fabbisogno alimentare, e non solo a quello, dei costruttori. La diversificazione lavorativa accentuò il processo evolutivo dei sardi nuragici e creò le condizioni di benessere che portarono all'organizzazione certosina della loro società. La tecnologia del bronzo portò notevoli miglioramenti in ogni campo, da quello agricolo, con la realizzazione di attrezzi più efficaci, a quello della difesa/offesa, testimoniato da armi di vario tipo utilizzabili anche per la caccia e la pesca, fino alla creazione di tesoretti costituiti da lingotti di varie forme, comprese le asce. La Sardegna, con le sue miniere di rame, argento e altri metalli, era la terra ideale per sviluppare le tecnologie più richieste in quell'epoca, e la filiera metallurgica andava dall'individuazione dei minerali alla loro estrazione e lavorazione, fino a ottenere i prodotti finiti. Il passo successivo fu quello di commerciare questi beni preziosi rendendoli la moneta più utilizzata del periodo. 

Nella foto: l'immenso Nuraghe Losa di Abbasanta.

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