sabato 31 ottobre 2015
Recensione e riflessioni di Massimo Pittau su un’opera storica di Maria Antonietta Piga Martini: Quando eravamo Indios – I Sardi e la nuova evangelizzazione dell'isola nel XVI secolo, al tempo di Carlo V e Filippo II di Spagna
Recensione e
riflessioni di Massimo Pittau su un’opera storica di Maria Antonietta Piga
Martini:
Quando eravamo
Indios – I Sardi e la nuova evangelizzazione dell'isola nel XVI secolo, al
tempo di Carlo V e Filippo II di Spagna
(Cagliari 2014,
www.Arkadiaeditore.it)
Secondo
il mio modesto parere, si tratta di un'opera importante, molto originale, che
si legge tutta di un fiato. L'Autrice, laureata in Lettere classiche, ha
insegnato negli Istituti Superiori di Nùoro, dove è nata e vive. Attiva nei
circoli culturali della propria città, ha organizzato e tenuto conferenze e
letture pubbliche della Divina Commedia. È autrice di articoli, collaboratrice
di riviste di critica letteraria. Ha pubblicato il saggio “Il mondo lirico
di Lucia Pinna” e l'altro “Grazia Deledda. Un singolare romanzo (quasi)
d'amore”.
Io
la conoscevo per l'appunto come studiosa e critica di letteratura, mentre non
sapevo nulla dei suoi interessi per la storia della Sardegna e tanto meno per
la sua storia moderna. Mi piace presentare quest'opera di M. Antonietta Piga
iniziando col mettere in risalto il suo modo e stile di scrivere: è quello di
una
valente laureata in lettere e valente professoressa di Istituti Superiori:
stile piano, ordinato, chiarissimo, con una certa modalità didascalica soprattutto
nelle note delucidative. Ma soprattutto l'Autrice si fa apprezzare e perfino
stupisce per la acribia storica che ha messo in atto nello stendere la sua
opera: è questa una dote che si ritrova molto di rado tra le donne che si
interessano di storiografia. L'opera risulta fondata su una abbastanza vasta e
soprattutto sufficiente bibliografia specialistica. Come dice il lungo titolo
dell'opera, questa tratta il periodo immediatamente post-tridentino, del secolo
XVI, al tempo dei potentissimi sovrani Carlo V e Filippo II di Spagna. Molto
probabilmente questo è il periodo della storia della nostra Isola che noi Sardi
conosciamo molto meno degli altri. Ciò dipende – a mio avviso – dal fatto che
noi Sardi proviamo una forte ritrosia ad interessarci di un periodo della
nostra terra, nel quale essa ha subìto il peso di regimi tirannici forestieri,
un periodo nel quale noi Sardi abbiamo svolto solamente la parte degli
“oggetti” della nostra storia, mai la parte di “soggetti”, cioè di creatori e
conduttori del nostro vivere e operare.
Nell'opera
di M. A. Piga sono presenti tutti gli aspetti e momenti della vita della
Sardegna totalmente asservita a uno stato straniero e tirannico, la Spagna.
Ecco l'elenco dei vari capitoli ed argomenti: 1) Clero e società sardi alla
vigilia del Concilio di Trento; 3) Ferdinando il Cattolico e la Sardegna; 4) e
6) Carlo V e Filippo II; 5) I Vescovi “sardi” al Concilio di Trento; 9) Il
primo Sinodo sardo dopo il Concilio di Trento; 11) Repressione del concubinato
del clero e sue resistenze; 12) Il Sinodo di Alghero; 13) L'Inquisizione
spagnola in Sardegna.
Di
questi capitoli e aspetti della situazione religiosa della Sardegna
particolarmente impressionanti sono quelli relativi al frequentissimo
concubinato dei preti, agli abusi sulle donne da parte dei loro confessori,
alle terribili pratiche di coercizione e di tortura seguite sistematicamente
dagli Inquisitori, alla condanna al rogo per gli eretici e i sospetti tali,
alle minacce e alle punizioni per i fedeli che non pagassero regolarmente la
decime ai Vescovi. A
proposito del mancato pagamento delle decime, son venuto in possesso, qualche
anno fa, di un documento, che mi permetto di trascrivere integralmente, dato
che si adatta perfettamente al quadro generale descritto da M. A. Piga. Si
tratta di un editto di un vescovo di Sassari che comminava la scomunica ai
fedeli che omettevano di versare a lui le decime sui loro beni e prodotti: «Siano maledetti da Dio e dalla Madre
benedetta, siano orfani i figli, il sole e la luna gli si oscurino, senza che i
loro occhi vedano nascere l’Aurora, vadano chiedendo di porta in porta senza
che nessuno gli faccia del bene, Dio mandi sopra di loro le Piaghe che
sopravvennero in Egitto e le maledizioni di Sodoma e Gomorra, e vadano come
Datan e Abiron, i quali per i loro peccati vivi se li trascinò la terra; così
sia. Le loro aziende gli si distruggano e il loro bestiame sia dissipato, venga
sopra di essi fuoco dal Cielo e le più numerose maledizioni del Salmo “Dio la
mia lode non taccia”; così sia. Dio dia loro fame, sete e nudità; così sia. Tutti
gli elementi siano loro contrari, la terra non dia loro frutti e maledetti
siano i loro possessi; così sia. Schiavi si vedano e in perpetua schiavitù e in
potere dei loro nemici e vengano sopra di loro quante disgrazie Dio ne ha
mandato sopra gli altri»; così sia.
E di fronte a questo quasi incredibile documento, c'è da chiedersi se esso non
sia uscito dalle mani di Satana e non dalle mani di un Vescovo della chiesa
cristiana e cattolica!
E
c'è da precisare che tutti i Vescovi di tutte le diocesi della Sardegna erano
esclusivamente spagnoli, scelti e imposti dal Sovrano spagnolo; ed essi erano
sistematicamente assenti dalle diocesi sarde di cui erano titolari, ma dalle
quali pretendevano le decime come avvoltoi affamati, mentre affamati erano
veramente i loro fedeli!
C'è
da precisare che l'Autrice espone e denunzia con coraggio tutte queste angherie
fatte sul popolo sardo, ma insieme mantiene un atteggiamento di attento
distacco e di grande imparzialità. Anche quando Vescovi e funzionari spagnoli
non esitavano ad affermare che i Sardi erano più renitenti a farsi convertire e
a mutare le loro ataviche usanze e abitudini di quanto lo fossero gli Indios
delle nuove colonie americane.
Inoltre
l'Autrice non si limita a narrare la storia minuta della Sardegna post-tridentina,
ma la inserisce, con attento senso storico, nel quadro più generale dell'intera
Europa contemporanea. Su questo piano particolarmente riuscita mi sembra la
sintesi generale del complicatissimo quadro storico del Concilio di Trento,
redatta in una apposita appendice. Insomma, abbiamo a che fare con un’importante
e bella opera relativa ad un periodo cruciale della nostra Isola, che tutti i
Sardi di cultura dovrebbero leggere e meditare.
Massimo
Pittau
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