defunti.
venerdì 16 ottobre 2015
Archeologia in Sardegna. Monte Prama, esposto al museo di Cabras un altro gigante. Guerriero o sacerdote?
Archeologia in Sardegna. Monte Prama, esposto al Museo di Cabras un altro gigante. Guerriero o sacerdote?
di Pierluigi Montalbano.
Sono passati 41 anni da quando, nel Marzo del 1974, il sito
di Monte Prama fu interessato dalle prime ricerche archeologiche. In questi
decenni sono stati versati fiumi d’inchiostro sulla questione, a firma di
archeologi, studiosi, politici e appassionati. Alte figure professionali si
sono alternate in giudizi su come, quando e perché quella collina dell’oristanese,
a metà strada fra l’antico insediamento portuale di Tharros e l’immenso nuraghe
S’Uraki di San Vero Milis, un edificio poderoso che conta circa 15 torri fra
cinta esterna e strutture interne, fu interessata quasi 3000 anni fa da una
serie di interventi architettonici, durati vari secoli, mirati alla
monumentalizzazione di un’area sacra dedicata ai
defunti.
defunti.
Già il Lilliu, nei primi Anni ’80, dedicò la copertina del
suo “La Civiltà Nuragica” al sito di Monte Prama inserendo a tutta pagina l’immagine
della testa di un guerriero in pietra. Mostre e articoli si susseguirono negli
anni, nel tentativo di portare alla ribalta questo sito funerario corredato di
personaggi in pietra simili ai ben noti bronzetti guerrieri della tradizione
nuragica. Nel 2007, dieci tonnellate di frammenti in arenaria locale, per un
totale di quasi 5200 pezzi, fra i quali spiccano 15 teste, 27 busti, 176 frammenti di braccia, 143 frammenti di
gambe, 784 frammenti di scudo, raccolti negli scavi a cura di Alessandro Bedini
e Carlo Tronchetti, dove si formarono giovani archeologi del calibro di
Raimondo Zucca e Emina Usai, furono interessati da una campagna di restauro
presso il centro di Li Punti, a pochi km da Sassari. Nel Novembre 2011, i “giganti”,
in realtà una serie di statue in pietra a tutto tondo a grandezza naturale, furono
esposti al pubblico in tutta la loro maestosità, un corpo unico di guerrieri allineati,
circondati da nuraghi miniaturizzati di varie tipologie e betili, elementi
legati al mondo funerario nuragico.
Il dibattito sull’assegnazione museale delle sculture non si
è ancora concluso, e attualmente la collezione è stata smembrata in due
esposizioni, a Cagliari e Cabras, nei musei archeologici. Una serie di
finanziamenti negli ultimi anni, ha consentito di proseguire le indagini nel
sito, anche con l’ausilio di sofisticate apparecchiature che consentono il
rilevamento di anomalie sotterranee, utili per individuare le zone più ricche
di reperti. Grazie a questi rilievi, gli scavi hanno consentito di portare alla
luce altri manufatti appartenenti al corpo scultoreo, fra i quali una statua di
guerriero quasi intatta, appena restaurata ed esposta in questi giorni in una
vetrina del museo di Cabras, visibile in questa foto di Giovanni Romano.
Si tratta di una nuova tipologia, la quarta, sconosciuta
fino a questo ritrovamento. In precedenza si pensava che le rappresentazioni
riguardassero guerrieri armati con l’arco, con la spada e con un guanto provvisto
di guglie, questi ultimi due forniti di scudo, ma da oggi dovremo interpretare
questa nuova iconografia, da alcuni specialisti paragonabile a un bronzetto (vedi
foto) trovato in ambito etrusco, in una tomba a Cavalupo di Vulci, risalente
all’VIII a.C., periodo allineato con la statuaria di Monte Prama. Ebbene,
ritengo doveroso suggerire una riflessione profonda su questa comparazione
perché le due figure si assomigliano ben poco. Copricapo e vestiario, elementi
determinanti per il raffronto, sono differenti, come diverso è l’atteggiamento
corporeo. Il metodo archeologico utilizzato nelle indagini, e insegnato all’Università,
comporta un’analisi approfondita dei molteplici elementi costituenti la figura
rappresentata, e nel nostro caso le diversità saltano prepotentemente all’occhio.
La figura in pietra è inequivocabilmente un guerriero a riposo, tipo
logicamente simile ai personaggi armati di guanto con guglie e scudo sulla
testa ma, in questo, non in posizione di guerra. Una sorta di guardiano del
sepolcro, come gli altri armato ma privo dell’atteggiamento “in azione” che
caratterizza gli altri guerrieri. Nuovi scavi arricchiranno i dati in nostro
possesso, e solo allora, forse, riusciremo a capire fino in fondo cosa si cela ancora
dietro questo enigmatico sito funerario monumentalizzato 2800 anni fa da quella
grande civiltà occidentale, la nuragica, che fu in grado, nel corso di quasi un
millennio, di edificare migliaia di edifici fra torri, pozzi, tombe e templi,
caratterizzando il paesaggio dell’isola e mostrando i requisiti per suggerire
agli studiosi che è ancora lontano il giorno in cui questo pezzo di storia
sarda sarà compreso. Intanto, sui libri scolastici di storia, si continua a
scrivere di punici e romani, di vandali e bizantini, di Comuni e Signorie, trascurando
l’epoca d’oro della storia dell’isola, quella in cui nel Mare Mediterraneo si
sviluppava la koinè culturale che diffuse la scrittura alfabetica, la
globalizzazione delle merci, l’uniformità di armamenti, l’organizzazione
urbanistica e andò a formare il substrato dal quale, oggi, residuano una serie
di usi e tradizioni di cui si è quasi persa la memoria, il significato e il
senso profondo della propria identità culturale.
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