sabato 31 ottobre 2015
Recensione e riflessioni di Massimo Pittau su un’opera storica di Maria Antonietta Piga Martini: Quando eravamo Indios – I Sardi e la nuova evangelizzazione dell'isola nel XVI secolo, al tempo di Carlo V e Filippo II di Spagna
Recensione e
riflessioni di Massimo Pittau su un’opera storica di Maria Antonietta Piga
Martini:
Quando eravamo
Indios – I Sardi e la nuova evangelizzazione dell'isola nel XVI secolo, al
tempo di Carlo V e Filippo II di Spagna
(Cagliari 2014,
www.Arkadiaeditore.it)
Secondo
il mio modesto parere, si tratta di un'opera importante, molto originale, che
si legge tutta di un fiato. L'Autrice, laureata in Lettere classiche, ha
insegnato negli Istituti Superiori di Nùoro, dove è nata e vive. Attiva nei
circoli culturali della propria città, ha organizzato e tenuto conferenze e
letture pubbliche della Divina Commedia. È autrice di articoli, collaboratrice
di riviste di critica letteraria. Ha pubblicato il saggio “Il mondo lirico
di Lucia Pinna” e l'altro “Grazia Deledda. Un singolare romanzo (quasi)
d'amore”.
Io
la conoscevo per l'appunto come studiosa e critica di letteratura, mentre non
sapevo nulla dei suoi interessi per la storia della Sardegna e tanto meno per
la sua storia moderna. Mi piace presentare quest'opera di M. Antonietta Piga
iniziando col mettere in risalto il suo modo e stile di scrivere: è quello di
una
venerdì 30 ottobre 2015
Archeologia. Scoperta la tomba di un guerriero miceneo sepolto col suo tesoro 3500 anni fa
Archeologia. Scoperta la
tomba di un guerriero miceneo sepolto col suo tesoro 3500 anni fa
di Andrew Lawler
A Pilo gli archeologi hanno
portato alla luce una tomba rimasta intatta per 3.500 anni con un corredo
funerario composto da oltre 1.400 manufatti e gioielli. È forse la scoperta più
importante avvenuta in Grecia negli ultimi decenni.
Il
messaggio inviato agli archeologi Jack Davis e Sharon Stocker dall'addetto allo scavo era succinto: "Venite subito. C'è del
bronzo". Quella scoperta durante lo scavo di un piccolo passaggio in
pietra su un promontorio roccioso in Grecia è la tomba di un antico guerriero.
La sepoltura, risalente a circa 3.500 anni fa e per molti versi insolita,
potrebbe rivelare indizi importanti sull'origine della civiltà greca. Assieme
allo scheletro ben conservato di un uomo attorno alla trentina, la tomba
contiene oltre 1.400 manufatti disposti attorno al corpo, tra cui anelli d'oro,
coppe d'argento, e un'elaborata spada in bronzo dall'elsa in avorio. Ma la vera
sorpresa è rappresentata da una cinquantina di sigilli in pietra incisa con
figure di divinità, leoni e tori, oltre a sei pettini in avorio, uno specchio
in bronzo e un migliaio fra perle di ametista, diaspro e corniola che un tempo componevano delle
giovedì 29 ottobre 2015
Honebu, il salotto della cultura. Calendario appuntamenti di Novembre
Appuntamenti culturali da Honebu
Honebu, il salotto della cultura, Via Fratelli Bandiera 100 a Cagliari - Pirri è lieto di invitarvi alle serate organizzate in collaborazione con il quotidiano on line di storia e archeologia.
Per il mese di Novembre abbiamo stabilito questo calendario:
Honebu, il salotto della cultura, Via Fratelli Bandiera 100 a Cagliari - Pirri è lieto di invitarvi alle serate organizzate in collaborazione con il quotidiano on line di storia e archeologia.
Per il mese di Novembre abbiamo stabilito questo calendario:
Venerdì 30
Ottobre, Ruben Fais: Cristo e Buddah,
vite parallele
Martedì 3 Novembre, Alberto Mua: Micologia, riconoscere i
Funghi
Venerdì 6 Novembre, Massimo Rassu: Torri costiere in Sardegna
Venerdì 13 Novembre, Dante Olianas: Storia delle Launeddas
Venerdì 20 Novembre, Massimo Rassu: Rifugi antiaerei della II
Guerra mondiale
Venerdì 27 Novembre, Ruben Fais: La Via della Seta
Martedì 1 Dicembre, Carmen Salis e Ivan Murgana: Sa
Levadora
Venerdì 11 Dicembre, Sandro Mezzolani: Il sale, dall'antichità ai nostri giorni
Tutti gli incontri si svolgeranno nella sala conferenze alle ore 19.
L'ingresso è libero e sono gradite le condivisioni.
mercoledì 28 ottobre 2015
Grotta di Chauvet: Inaugurata una mostra con le pitture preistoriche più nuove del mondo
Le pitture preistoriche più
nuove del mondo
di Walter Chip
E' stata inaugurata nell'aprile
del 2015 la copia della grotta di Chauvet, nel sud della Francia: una
ricostruzione perfetta per permettere ai visitatori di ammirare le meravigliose
pitture rupestri di 36 mila anni fa senza rovinare gli originali.
Un pomeriggio di settembre del 2013, Gilles Tosello, bevendo
una tazza di caffè americano nel suo studio di Tolosa, meditava sul talento
degli artisti che, circa 36.000 anni fa, dipinsero le pareti della grotta di
Chauvet, nel sud della Francia. Tosello, con quegli uomini, aveva un
legame speciale, perché era stato scelto dal Ministero della Cultura e della
Comunicazione francese per riprodurre le loro opere più famose, testimonianza
di arte rupestre tra le più antiche e più belle, oltre che meglio conservate al
mondo: le pitture rupestri di Chauvet-Pont-d'Arc. Nel famosissimo Gruppo dei
Cavalli di questa grotta (nella foto) spiccano splendide teste di questi
animali, ruggenti leoni e rinoceronti lanuginosi che si fronteggiano,
disegnati a carboncino su 44 metri quadrati di parete rocciosa irregolare.
Forse ancor più popolare è un altra scena che Tosello era stato chiamato a
ricreare: lo spettacolare Gruppo dei Leoni, vale a dire 70 metri quadrati di
leoni a caccia, cuccioli di mammut e rinoceronti alla carica. Tosello si era
lasciato andare a un sospiro. Sulle sue spalle la responsabilità pesante
di quell'incarico. Il suo studio era affollato di
martedì 27 ottobre 2015
La fusione al tempo dei nuraghi
La fusione al tempo dei
nuraghi
di Pierluigi Montalbano e
Andrea Loddo (loddoandrea@msn.com)
Sarà
proposto a Seui, in occasione di Su Prugadoriu, un fantastico viaggio alla
scoperta delle tecnologie che le popolazione preistoriche dovevano utilizzare per
realizzare i loro lavori artistici. L’appuntamento è per Sabato 31 Ottobre,
alle 18.00, lungo il viale che attraversa il paese. Un giovane di Lanusei,
Andrea Loddo, proporrà, rispettando le tecniche arcaiche, questo tipo di
lavorazioni. I progetti Archeo–Sperimentali sono rivolti a sostegno di attività
scolastiche e di spettacolarizzazione e divulgazione al grande pubblico e sono
di supporto per allestimenti museali. Le tecniche arcaiche di lavorazione dell’argilla
e del bronzo, e la realizzazione di fedeli riproduzioni di manufatti presenti
in vari Musei della Sardegna, sono il nucleo delle ricerche sperimentali dello
staff guidato da Andrea Loddo.
L’archeologia Sperimentale,
come branca particolare delle scienze archeologiche, si caratterizza su
protocolli di studio e verifiche volte a rispondere a particolari quesiti
scientifici, così da scoprire le radici della realtà locale, comprendere i
nessi tra ambiente, risorse e attività umane mediante attività laboratoriali.
Costituisce un momento di ricerca storica che supera i confini
dell’insegnamento trasmissivo e valorizza le risorse formative della
disciplina.
lunedì 26 ottobre 2015
Archeologia. Scoperta in Etruria una piccola agorà che univa il mondo dei vivi con quello dei morti: il tumulo della regina
Archeologia. Scoperta in Etruria una piccola agorà che univa il mondo dei vivi con quello dei morti: il tumulo della regina
di Marco Gasperetti
Una sala delle assemblee univa il mondo dei vivi a quello dei morti. Ci si arrivava, 2700 anni fa, da dodici scaloni scavati nella roccia calcarea. Spesso servivano anche come sedili per assistere a riunioni di decisiva importanza per la città e l'oligarchia etrusca che la guidava. Uomini vivi e potenti che si univano idealmente ai defunti sepolti nelle tre camere a est, nord e sud. La scalinata c'è ancora, oggi, ma è invisibile, sepolta dalla terra. Gli scavi dell'Università di Torino hanno portato alla luce uno spazio dell'enorme necropoli di Tarquinia, paesaggio incantato tra mare e colline, vento di maestrale che non manca mai. Fra i ritrovamenti: un altro frammento, il più grande, della Sfinge, una statua di due metri collocata sul punto più alto del tumulo, ultimo guardiano per i vivi e per i morti e addirittura un'altra tomba completamente da scavare e da
di Marco Gasperetti
Una sala delle assemblee univa il mondo dei vivi a quello dei morti. Ci si arrivava, 2700 anni fa, da dodici scaloni scavati nella roccia calcarea. Spesso servivano anche come sedili per assistere a riunioni di decisiva importanza per la città e l'oligarchia etrusca che la guidava. Uomini vivi e potenti che si univano idealmente ai defunti sepolti nelle tre camere a est, nord e sud. La scalinata c'è ancora, oggi, ma è invisibile, sepolta dalla terra. Gli scavi dell'Università di Torino hanno portato alla luce uno spazio dell'enorme necropoli di Tarquinia, paesaggio incantato tra mare e colline, vento di maestrale che non manca mai. Fra i ritrovamenti: un altro frammento, il più grande, della Sfinge, una statua di due metri collocata sul punto più alto del tumulo, ultimo guardiano per i vivi e per i morti e addirittura un'altra tomba completamente da scavare e da
domenica 25 ottobre 2015
Una Stonehenge in Sardegna. Un titolo inflazionato per un monumento finora unico nell'isola
Una Stonehenge in Sardegna. Un titolo inflazionato per un monumento finora unico nell'isola
di Marcello Cabriolu
Nel cuore dell’Isola di Sant’Antioco è possibile visitare un cromlech, un antichissimo osservatorio astronomico, finora rinvenuto solo in Gran Bretagna, segnale di come l’uomo preistorico sardo osservava attentamente la volta celeste e teneva il computo del tempo.
Che la Sardegna fosse la culla di un’antica civiltà, quella nuragica, è risaputo. Che il territorio pulluli letteralmente di strutture preistoriche lo si può facilmente intuire osservando qualsiasi scorcio o paesaggio di quella che anticamente veniva definita “Argyrofleps nesos”. Nonostante molti sardi “inciampino” uscendo di casa in un monumento, le ricerche archeologiche in Sardegna sono ben lungi dalla piena consapevolezza storica dei processi che hanno caratterizzato l’era moderna. Tali processi, di cui si ha testimonianza fin da epoca remota, hanno regalato e continuano a regalare, agli appassionati della cultura sarda, emozioni e stralci di un passato dove l’ingegno umano cercava di imporsi sulla natura o meglio cercava di misurarla e coglierne i benefici. Nell’Isola di Sant’Antioco, nel sud ovest sardo, dove la presenza umana neolitica può vantare le più antiche frequentazioni, alcuni gruppi umani ebbero delle intuizioni sulla periodicità delle
di Marcello Cabriolu
Nel cuore dell’Isola di Sant’Antioco è possibile visitare un cromlech, un antichissimo osservatorio astronomico, finora rinvenuto solo in Gran Bretagna, segnale di come l’uomo preistorico sardo osservava attentamente la volta celeste e teneva il computo del tempo.
Che la Sardegna fosse la culla di un’antica civiltà, quella nuragica, è risaputo. Che il territorio pulluli letteralmente di strutture preistoriche lo si può facilmente intuire osservando qualsiasi scorcio o paesaggio di quella che anticamente veniva definita “Argyrofleps nesos”. Nonostante molti sardi “inciampino” uscendo di casa in un monumento, le ricerche archeologiche in Sardegna sono ben lungi dalla piena consapevolezza storica dei processi che hanno caratterizzato l’era moderna. Tali processi, di cui si ha testimonianza fin da epoca remota, hanno regalato e continuano a regalare, agli appassionati della cultura sarda, emozioni e stralci di un passato dove l’ingegno umano cercava di imporsi sulla natura o meglio cercava di misurarla e coglierne i benefici. Nell’Isola di Sant’Antioco, nel sud ovest sardo, dove la presenza umana neolitica può vantare le più antiche frequentazioni, alcuni gruppi umani ebbero delle intuizioni sulla periodicità delle
sabato 24 ottobre 2015
Curiosa scoperta nei pressi di Stonehenge: il barbecue esiste da 5 mila anni. Gli archeologi hanno trovato tracce di grandi grigliate risalenti alla notte dei tempi
Curiosa scoperta nei pressi di Stonehenge: il barbecue
esiste da 5 mila anni. Gli archeologi hanno trovato tracce di grandi grigliate
risalenti alla notte dei tempi
di Monia Sangermano
La
pratica del barbecue, tradizionalmente associato all’Australia dove è
stato “inventato” nella sua forma moderna, si potrebbe addirittura far risalire
a 5 mila anni fa e non in territorio Australiano, bensì nell’odierna
Inghilterra. Alla curiosa scoperta sono giunti gli archeologi delle
Università di York e di Sheffield, che si sono occupati degli scavi nell’area
neolitica di Durrington Walls, non lontano dal famoso sito megalitico di
Stonehenge. Le ricerche effettuate, infatti, dimostrano come il passatempo
preferito dell’antiche comunità che abitavano nella zona fosse quello di
radunarsi all’aria aperta, festeggiando con enormi grigliate. A questa
conclusione si è arrivati basandosi sui
venerdì 23 ottobre 2015
Questa sera, 23 Ottobre, imperdibile appuntamento con lo scrittore Giulio Angioni, da Honebu.
Oggi, imperdibile appuntamento con lo scrittore Giulio Angioni, da Honebu.
Questa
sera, Venerdì 23 Ottobre, alle ore 19, nella sala conferenze dell’Associazione
Culturale Honebu, in Via Fratelli Bandiera 100 Cagliari-Pirri, Giulio Angioni,
antropologo e scrittore sardo, presenterà il suo nuovo romanzo: “Sulla faccia della
terra”, pubblicato quest’anno per Feltrinelli e Il Maestrale.
Ingresso
libero.
Una
notte di luglio del 1258, Mannai Murenu, giovane garzone di vinaio, si ritrova
morto e sepolto nella presa e distruzione della città di Santa Gia da parte dei
pisani. Settant’anni dopo invece racconta di come si salva e poi con altri si
rifugia in un’isoletta dello Stagno di Cagliari, già lebbrosario e adesso
sgombra, dopo che i lebbrosi sono stati catapultati a infettare la città
assediata. Inizia così la narrazione delle molte avventure di un gruppo di
rifugiati nell’Isola Nostra: oltre a Mannai, due sediari, Paulinu servo allo
scriptorium di un convento, Vera donzella nobile, Akì schiava persiana, il
vecchio ebreo Baruch, tre soldati tedeschi di ventura, Tidoreddu pescatore
dello Stagno, il cane Dolceacqua, poi il fabbro bizantino Teraponto e altri fino
a oltre un centinaio. Nei guai della guerra si fingono lebbrosi, così protetti
dal
giovedì 22 ottobre 2015
Archeologia in Sardegna: le origini di Cagliari
Archeologia in Sardegna: le origini di Cagliari
di Pierluigi Montalbano
I primi insediamenti nella zona sud della Sardegna risalgono al VI Millennio a.C. a Capo Sant'Elia, nella Sella del Diavolo ma restringiamo il campo al I Millennio a.C. per ottenere un quadro sintetico delle vicende più significative dello sviluppo urbano della città.
Quando parliamo di golfi con storia millenaria, dobbiamo tenere presente la percezione antica. Oggi abbiamo un occhio diverso, inoltre la linea di costa si è modificata. Ragionare con le tecniche di navigazione attuali ci porterebbe a fare macroscopici errori di valutazione.
I confini medievali del Golfo di Cagliari sono descritti nel più antico portolano conosciuto, il “compasso da navigare” del XIII secolo d.C., e vanno da Capo Carbonara a Capoterra, ma oggi giungono fino a Capo Spartivento. Tolomeo, autore di epoca romana, nella sua “Geografia” pone il Golfo dopo il promontorio di Cagliari, ossia da Capo Sant’Elia a Capo Carbonara. In ogni epoca, dunque, si ha una percezione del golfo differente.
Cagliari si affaccia sul Canale di Sardegna, una sorta di gigantesco fiume che attraversa
di Pierluigi Montalbano
I primi insediamenti nella zona sud della Sardegna risalgono al VI Millennio a.C. a Capo Sant'Elia, nella Sella del Diavolo ma restringiamo il campo al I Millennio a.C. per ottenere un quadro sintetico delle vicende più significative dello sviluppo urbano della città.
Quando parliamo di golfi con storia millenaria, dobbiamo tenere presente la percezione antica. Oggi abbiamo un occhio diverso, inoltre la linea di costa si è modificata. Ragionare con le tecniche di navigazione attuali ci porterebbe a fare macroscopici errori di valutazione.
I confini medievali del Golfo di Cagliari sono descritti nel più antico portolano conosciuto, il “compasso da navigare” del XIII secolo d.C., e vanno da Capo Carbonara a Capoterra, ma oggi giungono fino a Capo Spartivento. Tolomeo, autore di epoca romana, nella sua “Geografia” pone il Golfo dopo il promontorio di Cagliari, ossia da Capo Sant’Elia a Capo Carbonara. In ogni epoca, dunque, si ha una percezione del golfo differente.
Cagliari si affaccia sul Canale di Sardegna, una sorta di gigantesco fiume che attraversa
mercoledì 21 ottobre 2015
Giornata di lutto.
Operazione Trident: guerra simulata.
Oggi la Sardegna sarà violentata da un'operazione di guerra. Per me è motivo di lutto. Non posterò nulla. Non inserirò l'articolo sul quotidiano di archeologia. Sono profondamente indignato con la classe politica sarda che nulla ha fatto per ostacolare questo stupro.
A domani.
Oggi la Sardegna sarà violentata da un'operazione di guerra. Per me è motivo di lutto. Non posterò nulla. Non inserirò l'articolo sul quotidiano di archeologia. Sono profondamente indignato con la classe politica sarda che nulla ha fatto per ostacolare questo stupro.
Il poligono di Teulada, per
terra e per mare, sarà invaso dalla Trident Juncture, la più imponente e
scenografica esercitazione militare in Occidente degli ultimi trent'anni. Sul campo
e in mare oltre 230 unità terrestri, aeree e navali e forze per le operazioni speciali di 28 paesi alleati e 7
partner, con 36 mila uomini impegnati in un grande gioco
alla guerra tecnologica. L’operazione Trident scaricherà in Sardegna una
miriade
di veleni bellici: piombo, mercurio, fosforo, tnt, rdx, octol, criolite,
difenilammina, etilcentralite, solo
per citarne alcuni. Le conseguenze di 60 anni di addestramenti le conosciamo: devastazione
ambientale, casi di leucemie, tumori e malformazioni genetiche.
A domani.
martedì 20 ottobre 2015
Archeologia. Haghia Triada, l’insediamento a Creta dei minoici, legato a Festos, che ha fornito le prime tavolette in Lineare A, un sistema di scrittura dell’inizio del II Millennio a.C. non ancora decifrato.
Archeologia. Haghia Triada, l’insediamento a
Creta dei minoici, legato a Festos, che ha fornito le prime tavolette in Lineare
A, un sistema di scrittura dell’inizio del II Millennio a.C. non ancora decifrato.
L'altura di Haghia Triada è
situata nei pressi del corso dello Ieropotamos (antico Leteo), a non molta
distanza dal mare, a 1,5 km in linea d’aria da Festòs. La prima ricognizione
del sito fu nel giugno del 1900 da Pernier e Gerola, guidati dal primo
responsabile delle antichità nell’isola appena liberata dal giogo ottomano, il
medico Chatzidakis. Nel sito, ad una distanza di poco più di 200 m l’una
dall’altra, erano presenti due chiesette: quella di Haghios Gheorghios,
risultata poi proprio a ridosso dell’edificio minoico più importante, e quella
di Haghia Triada (la Santa Trinità), che aveva dato il nome al villaggio
moderno e alla contrada. Halbherr, considerando completata l’esplorazione del
palazzo di Festòs, decise di intraprendere dei saggi preliminari nel 1902, che
fruttarono dei rinvenimenti eccezionali: tavolette in lineare A (la scrittura
tipica dei palazzi minoici, non ancora decifrata), impronte di sigilli su
cretule di argilla, resti di affreschi figurati, vasi in pietra con fregio di
figure a rilievo, vasi di bronzo etc. (una suppellettile, cioè, assai più ricca
di quella restituita dagli scavi di Festòs). Paribeni portò a termine quasi per
l’intero lo scavo della c.d. Villa Reale, e identificò l’area della necropoli
(portando alla luce la tholos B e la tomba del celeberrimo sarcofago dipinto).
La pubblicazione dello scavo andò avanti, con difficoltà sempre crescenti, e l’ultimo
appunto nei taccuini risale al 1925. Poi, più niente fino alla morte (nel
luglio del 1930). I vecchi scavi rimasero sostanzialmente inediti fin oltre la
metà degli anni ’70, quando L. Banti consegnò il manoscritto della prima parte
dell’opera (relativa soltanto al periodo neopalaziale), apparsa postuma nel
1978, con i nomi anche di F. Halbherr ed E. Stefani. Proprio a seguito della
consegna del manoscritto, la Scuola Archeologica Italiana di Aten e, che aveva
ereditato dalla Missione cretese la concessione di scavo, decise di
intraprendere un nuovo ciclo di saggi. Il Direttore della Scuola A. Di Vita, ne
affidò la responsabilità scientifica, nel 1977, a V. La Rosa, che ha continuato
l’esplorazione del
lunedì 19 ottobre 2015
Archeologia. Gli altari a terrazza del santuario di Monte d’Accoddi, di Alberto Moravetti
Archeologia. Gli altari a terrazza del santuario di Monte d’Accoddi
di Alberto Moravetti
Il complesso di età
prenuragica ospitava un santuario e un villaggio che non trova riscontri in
Europa e nell’intera area del Mediterraneo.
La scoperta di Monte d’Accoddi risale ai primi anni Cinquanta del secolo scorso e avvenne nell’ambito di un più ampio programma di interventi promossi dalla ancor giovane Regione Autonoma della Sardegna, mirati sia alla ripresa delle attività di ricerca interrotte a causa delle vicende belliche sia per favorire l’occupazione in quei giorni difficili del dopoguerra che nell’isola tardava a concludersi. Il progetto prevedeva l’apertura di alcuni importanti cantieri archeologici: due erano previsti nel meridione dell’isola e almeno uno nel nord. Per i primi la scelta era caduta sul complesso nuragico di Barumini, ora patrimonio dell’umanità nella lista dell’Unesco, e quindi sulla città punico-romana di Nora, mentre per il terzo sito archeologico l’intervento fu voluto dal “palazzo” e in particolare dall’allora ministro della Pubblica Istruzione, un sardo che sarebbe divenuto poi presidente della Repubblica. Infatti, il professor Antonio Segni, insigne studioso di diritto ma anche appassionato di archeologia, si era persuaso che una misteriosa collinetta che sorgeva in un terreno adiacente a una sua proprietà, a una decina di chilometri da Sassari, altro non fosse che un tumulo etrusco o qualcosa di simile, e per questo ne aveva caldeggiato lo scavo e facilitato il finanziamento. Per realizzare questa impresa occorreva tuttavia un archeologo, cosa non semplice in quegli anni in quanto per la tutela di un territorio vastissimo la Sardegna poteva contare su un’unica Soprintendenza alle Antichità, con sede a Cagliari, e su due funzionari archeologi.
La scoperta di Monte d’Accoddi risale ai primi anni Cinquanta del secolo scorso e avvenne nell’ambito di un più ampio programma di interventi promossi dalla ancor giovane Regione Autonoma della Sardegna, mirati sia alla ripresa delle attività di ricerca interrotte a causa delle vicende belliche sia per favorire l’occupazione in quei giorni difficili del dopoguerra che nell’isola tardava a concludersi. Il progetto prevedeva l’apertura di alcuni importanti cantieri archeologici: due erano previsti nel meridione dell’isola e almeno uno nel nord. Per i primi la scelta era caduta sul complesso nuragico di Barumini, ora patrimonio dell’umanità nella lista dell’Unesco, e quindi sulla città punico-romana di Nora, mentre per il terzo sito archeologico l’intervento fu voluto dal “palazzo” e in particolare dall’allora ministro della Pubblica Istruzione, un sardo che sarebbe divenuto poi presidente della Repubblica. Infatti, il professor Antonio Segni, insigne studioso di diritto ma anche appassionato di archeologia, si era persuaso che una misteriosa collinetta che sorgeva in un terreno adiacente a una sua proprietà, a una decina di chilometri da Sassari, altro non fosse che un tumulo etrusco o qualcosa di simile, e per questo ne aveva caldeggiato lo scavo e facilitato il finanziamento. Per realizzare questa impresa occorreva tuttavia un archeologo, cosa non semplice in quegli anni in quanto per la tutela di un territorio vastissimo la Sardegna poteva contare su un’unica Soprintendenza alle Antichità, con sede a Cagliari, e su due funzionari archeologi.
Fu pertanto necessario richiamare
domenica 18 ottobre 2015
Archeologia. Trasporti marittimi nel Mediterraneo antico, di Attilio Mastino
Archeologia. Trasporti marittimi nel Mediterraneo antico
di Attilio Mastino
Atti del Convegno su “La continuità territoriale della Sardegna: passeggeri e merci, low cost e turismo", svoltosi a Sassari il 28 novembre 2014
Cari
amici,
ho
accettato la sfida propostami da Michele Comenale di ribaltare e trasferire il
tema del vostro incontro nel mondo antico, trattando il tema dei trasporti e
dell’insularità della Sardegna, con i suoi svantaggi e la sua specifica
identità, quella di una terra trans marina collocata al di là di un grande
mare.
Erroneamente
Franco Cassano ne Il pensiero
meridiano considera
<<l'espressione latina mare
nostrum, odiosa per il suo senso proprietario>> e sostiene che essa
<<oggi può essere pronunziata solo se si accetta uno slittamento del suo
significato. Il soggetto proprietario di quell'aggettivo non è, non deve
essere, un popolo imperiale che si espande risucchiando l'altro al suo
sabato 17 ottobre 2015
Archeologia. Navi fenicie e puniche, di Marco Bonino
Archeologia. Navi fenicie e puniche
di Marco Bonino
Sono stati rinvenuti alcuni relitti, che permettono di inquadrare alcuni aspetti tecnici delle imbarcazioni mediterranee orientali e puniche. Gli scafi arcaici, fin dal Bronzo, erano costruiti a partire dal guscio di fasciame, che era realizzato mediante tavole sagomate e piegate, cucite con legature. Solo dopo avere ottenuto la forma del guscio, si inserivano le strutture interne per garantire la forma e la consistenza dello scafo. A partire dal XIV a.C. le legature fatte di funicelle cominciarono ad essere sostituite da linguette di legno fermate da cavicchi: un miglioramento del sistema di fissaggio, che non cambiava la concezione del guscio portante, ma ne migliorava la robustezza. Nel passaggio dalle legature ai fermi, che diverranno comuni nel periodo classico e romano, sta uno degli argomenti maggiormente dibattuti e studiati dall’archeologia navale. Abbiamo citazioni da parte di Omero, che nell’Iliade ricorda le cuciture (II, 139) e nell’Odissea le biette (V, 240): siamo attorno al IX a.C.; la documentazione archeologica conferma che il cambiamento della tecnica fu un processo lento, che si protrasse fino a tutto il V a.C. con soluzioni
di Marco Bonino
Sono stati rinvenuti alcuni relitti, che permettono di inquadrare alcuni aspetti tecnici delle imbarcazioni mediterranee orientali e puniche. Gli scafi arcaici, fin dal Bronzo, erano costruiti a partire dal guscio di fasciame, che era realizzato mediante tavole sagomate e piegate, cucite con legature. Solo dopo avere ottenuto la forma del guscio, si inserivano le strutture interne per garantire la forma e la consistenza dello scafo. A partire dal XIV a.C. le legature fatte di funicelle cominciarono ad essere sostituite da linguette di legno fermate da cavicchi: un miglioramento del sistema di fissaggio, che non cambiava la concezione del guscio portante, ma ne migliorava la robustezza. Nel passaggio dalle legature ai fermi, che diverranno comuni nel periodo classico e romano, sta uno degli argomenti maggiormente dibattuti e studiati dall’archeologia navale. Abbiamo citazioni da parte di Omero, che nell’Iliade ricorda le cuciture (II, 139) e nell’Odissea le biette (V, 240): siamo attorno al IX a.C.; la documentazione archeologica conferma che il cambiamento della tecnica fu un processo lento, che si protrasse fino a tutto il V a.C. con soluzioni
venerdì 16 ottobre 2015
Archeologia in Sardegna. Monte Prama, esposto al museo di Cabras un altro gigante. Guerriero o sacerdote?
Archeologia in Sardegna. Monte Prama, esposto al Museo di Cabras un altro gigante. Guerriero o sacerdote?
di Pierluigi Montalbano.
Sono passati 41 anni da quando, nel Marzo del 1974, il sito
di Monte Prama fu interessato dalle prime ricerche archeologiche. In questi
decenni sono stati versati fiumi d’inchiostro sulla questione, a firma di
archeologi, studiosi, politici e appassionati. Alte figure professionali si
sono alternate in giudizi su come, quando e perché quella collina dell’oristanese,
a metà strada fra l’antico insediamento portuale di Tharros e l’immenso nuraghe
S’Uraki di San Vero Milis, un edificio poderoso che conta circa 15 torri fra
cinta esterna e strutture interne, fu interessata quasi 3000 anni fa da una
serie di interventi architettonici, durati vari secoli, mirati alla
monumentalizzazione di un’area sacra dedicata ai
giovedì 15 ottobre 2015
Ossidiana, l’oro nero del neolitico.
Ossidiana, l’oro nero
del neolitico.
di Alberto Massazza
Già chiamata così dagli antichi latini che ne facevano
derivare il nome da un certo Ossidio, il primo a scoprire e sfruttare non
meglio precisati giacimenti etiopici, l’ossidiana è una roccia vulcanica a
rapido raffreddamento . La mancata cristallizzazione dovuta alla rapida
solidificazione e la composizione silicea le donano una particolare lucentezza
per cui è conosciuta anche come vetro vulcanico. Le masse, dette noduli,
assumono comunemente una colorazione nerastra a luce riflessa, ma esistono
delle tipologie che variano la tonalità, a luce trasmessa, dal verde, al
grigio, al blu e al rossastro. La facilità di estrazione e di lavorazione
(scheggiatura), la resistenza e l’affilatezza ne fecero, unitamente a
un’oggettiva qualità estetica, la materia prima per una gran quantità di armi e
arnesi da lavoro, soppiantando nel corso del neolitico minerali come la selce,
inferiori per prestazioni e lavorabilità. L’ossidiana, in realtà, era già conosciuta
prima della neolitizzazione nell’occidente mediterraneo (5000 a.C. ca.), come
dimostrerebbero sporadici ritrovamenti nel
mercoledì 14 ottobre 2015
Forestale scopre sito archeologico nell'oristanese.
Forestale scopre sito archeologico nell'oristanese.
Una pintadera nuragica, decorata con 5 cerchi concentrici e una bordatura esterna a frangia, è stata trovata domenica nelle campagne del Barigadu da una pattuglia di Neoneli del Corpo Forestale. Il rinvenimento, avvenuto per caso durante un controllo del territorio, reso possibile dalle piogge abbondanti delle ultime settimane. Il fatto è stato segnalato al Servizio di Oristano del Corpo e alla Soprintendenza. Assieme alla pintadera sono stati trovati anche altri frammenti di terracotta.
Fonte: ANSA
Una pintadera nuragica, decorata con 5 cerchi concentrici e una bordatura esterna a frangia, è stata trovata domenica nelle campagne del Barigadu da una pattuglia di Neoneli del Corpo Forestale. Il rinvenimento, avvenuto per caso durante un controllo del territorio, reso possibile dalle piogge abbondanti delle ultime settimane. Il fatto è stato segnalato al Servizio di Oristano del Corpo e alla Soprintendenza. Assieme alla pintadera sono stati trovati anche altri frammenti di terracotta.
Fonte: ANSA
Archeologia. Aristotele e la natura del tempo: la pratica del sonno terapeutico davanti agli eroi della Sardegna, di Attilio Mastino
Archeologia. Aristotele e la natura del tempo: la pratica del sonno
terapeutico davanti agli eroi della Sardegna
di Attilio Mastino
Geografia, storia, mito.
In contemporanea con la
presentazione all’Accademia dei Lincei dei risultati davvero sorprendenti della
campagna 2014 nel vasto spazio santuariale di Mont’e Prama (dal quale
provengono altri giganti in pietra), i tre volumi su Le sculture di
Mont’e Prama pubblicati in questi giorni da Gangemi hanno notevolmente
arricchito l’orizzonte interpretativo, aprendo nuove questioni e nuovi
interrogativi sull’heroon che cambia la storia della Sardegna e del
Mediterraneo[1]. Proprio in
occasione dell’incontro di Roma, Mario Torelli ci aveva ricondotto alla
geografia e ci aveva fatto notare come l’orizzonte geografico e culturale del
ritrovamento dei misteriosi “giganti” sia rappresentato dal Montiferru
incombente sul Sinis e dal ruolo che le risorse del territorio debbono aver
rappresentato nella fase tardo nuragica, nella prima età del ferro, in un
momento che precede immediatamente quella che Alessandro Usai chiama la crisi e
la degenerazione-dissoluzione (Primo Ferro) della civiltà nuragica[2]. Come è noto
fin qui si è supposto che il Montiferru prenda il nome da miniere di ferro
dell’area vasta Sinis-Montiferru, in particolare dalla possibile presenza sul
Rio Siris, sul versante sud occidentale del monte, di miniere di galena
argentifera e soprattutto di ferro[3], il cui
sfruttamento da parte delle officine metallurgiche tharrensi rimonterebbe
almeno ad epoca punica[4], ma che si
immaginava avviato già durante il Bronzo Finale, in collegamento alle
intraprese mediterranee dei prospectors levantini, Ciprioti e
Filistei[5]. Tali
miniere sarebbero state
martedì 13 ottobre 2015
Archeologia. Scoperto un grosso villaggio di 3500 anni fa nello stato di Morelos, in Messico.
Archeologia. Scoperto un grosso villaggio di 3500 anni fa nello stato di Morelos, in Messico.
Ceramiche precolombiane, scheletri umani e resti di dimore e aree cerimoniali sono parte di quanto gli archeologi hanno riportato alla luce in dieci lunghi anni di esplorazioni e di ricerche a Tepoztlan, nello stato del Morelos. Questi ritrovamenti testimoniano un insediamento più antico rispetto a quelli scoperti fino ad ora, che si può far risalire al 1.500 a.C. Questa data è antecedente a quello che
Ceramiche precolombiane, scheletri umani e resti di dimore e aree cerimoniali sono parte di quanto gli archeologi hanno riportato alla luce in dieci lunghi anni di esplorazioni e di ricerche a Tepoztlan, nello stato del Morelos. Questi ritrovamenti testimoniano un insediamento più antico rispetto a quelli scoperti fino ad ora, che si può far risalire al 1.500 a.C. Questa data è antecedente a quello che
lunedì 12 ottobre 2015
Archeologia fenicio punica. Il consumo di maiale nelle comunità sarde antiche: leggi, tabù e consuetudini.
Il maiale presso le comunità fenicie e puniche di Sardegna: leggi, tabù e
consuetudini alimentari tra culture a contatto
di Lorenza Campanella e José Á. Zamora
Premessa
“Eat not this flesh”. “Non mangerai di questa carne”. Con queste parole Frederick J. Simoons, nel lontano 1961, affrontava, in un volume di grande successo, il tema dei divieti alimentari.
L’interesse di alcune scuole antropologiche per il tema delle abitudini alimentari ha arricchito l’influsso antropologico sulle scienze storiche interessate agli studi sull'alimentazione.
Fino a poco tempo fa il convincimento dell’esistenza tra i Fenici di una proibizione gravante sul consumo dei suini era talmente radicata negli studi da condizionare persino la ricerca stessa. Un esempio lampante è rappresentato dallo scavo dei relitti punici individuati a largo di Marsala, a bordo dei quali furono rinvenuti consistenti resti faunistici tra cui alcuni maiali. Non ammettendo che i Fenici potessero cibarsi di carne di maiale, da parte di alcuni vennero avanzate
consuetudini alimentari tra culture a contatto
di Lorenza Campanella e José Á. Zamora
Premessa
“Eat not this flesh”. “Non mangerai di questa carne”. Con queste parole Frederick J. Simoons, nel lontano 1961, affrontava, in un volume di grande successo, il tema dei divieti alimentari.
L’interesse di alcune scuole antropologiche per il tema delle abitudini alimentari ha arricchito l’influsso antropologico sulle scienze storiche interessate agli studi sull'alimentazione.
Fino a poco tempo fa il convincimento dell’esistenza tra i Fenici di una proibizione gravante sul consumo dei suini era talmente radicata negli studi da condizionare persino la ricerca stessa. Un esempio lampante è rappresentato dallo scavo dei relitti punici individuati a largo di Marsala, a bordo dei quali furono rinvenuti consistenti resti faunistici tra cui alcuni maiali. Non ammettendo che i Fenici potessero cibarsi di carne di maiale, da parte di alcuni vennero avanzate
domenica 11 ottobre 2015
Lo scheletro di una strega bambina trovato sepolto a faccia in giù dagli archeologi del Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana
Lo scheletro di una strega bambina trovato sepolto a faccia in giù dagli archeologi del Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana
La paura dei morti che ritornano fa nuovamente
capolino sulla collina alle spalle di Albenga, capace di raccontare storie che
fanno venire la pelle d’oca. È qui, sul monte San Martino, che gli scavi
ripresi da un paio di anni nell'area di San Calocero parlano di presenze
inquietanti su cui si arrovellano gli archeologi, anche a livello
internazionale. Dopo la scoperta dei resti della “strega
bambina” – di cui parliamo sotto - la ragazzina tumulata a faccia in
giù, come si faceva con le persone odiate o temute, gli esperti del Pontificio
Istituto di Archeologia Cristiana di Roma si sono ritrovati davanti a una nuova
sepoltura anomala che ha ancora tanto da raccontare.
Si tratta dello
scheletro, forse di una donna, che presenta
segni di bruciature profonde sul
sabato 10 ottobre 2015
Buddha tra i talebani. In Afghanistan una squadra di archeologi scava per portare alla luce un complesso buddhista prima che venga distrutto per far posto a una miniera di rame.
Buddha tra i talebani
di Hannah Bloch
In Afghanistan una squadra di archeologi scava per
portare alla luce un complesso buddhista prima che venga distrutto per far
posto a una miniera di rame.
A circa un’ora d’auto da Kabul, sull’autostrada per Gardez,
dopo aver superato i negozi affollati, i gas di scarico dei camion e il
fracasso dei carri trainati dagli asini, c’è una strada sterrata che svolta
bruscamente a sinistra. Ci troviamo in uno dei distretti della provincia di
Logar, dove la popolazione locale simpatizza per i talebani, in una regione
sconvolta da esplosioni di ordigni, attacchi occasionali di missili, rapimenti
e omicidi. La strada prosegue sul letto asciutto di un fiume, si lascia dietro
piccoli villaggi, blocchi stradali di paramilitari, torri di guardia, e arriva
a costeggiare un complesso di capannoni deserto e recintato dal filo spinato.
Poco più avanti si apre una
venerdì 9 ottobre 2015
Inca, il più importante impero antico dell'America precolombiana
Inca, il più importante impero antico dell'America
precolombiana
di Marina Bucchi
Pur non possedendo sistemi di scrittura (calcoli e
altri tipi di annotazioni venivano elaborati grazie a strumenti costituiti da
gruppi di cordicelle annodate, detti quipu), né disponendo di animali da tiro e di veicoli a ruota,
gli Inca riuscirono a creare in un arco di tempo molto breve un impero
efficientissimo, che gli Spagnoli conquistarono e distrussero approfittando
delle discordie interne.
Il vastissimo impero fondato
dagli Inca nell'America Meridionale si estendeva, al momento dell'arrivo degli
Spagnoli nel 1526, lungo la Cordigliera delle Ande dall'Ecuador all'Argentina,
avendo come capitale la città di Cuzco, in Perù. Come gli Aztechi del
Messico, anche gli Inca consolidarono la loro supremazia molto rapidamente. Giunti
a Cuzco nel 1200, erano una delle piccole tribù in conflitto per il controllo
di una regione favorevole all'insediamento. Nel giro di due secoli controllavano
un territorio sei volte più vasto dell'Italia e abitato da
giovedì 8 ottobre 2015
Archeologia. Scoperta sotto il mare una città greca dell’età del Bronzo.
Archeologia. Scoperta sotto il mare una
città greca dell’età del Bronzo.
Un’importante
scoperta archeologica rinvenuta sott’acqua è stata annunciata in Grecia, nella
baia di Kiladha, penisola del Peloponneso. Rimasti lì per millenni i resti di
un antico villaggio greco del 3° millennio a.C. sono stati trovati dai
sommozzatori appena sotto la superficie della baia che fa parte del Golfo
Argolico a sud della Grecia. Un team di archeologi greci e svizzeri hanno
scoperto quello che sembra essere un significativo insediamento costiero ora
ricoperto dal Mar Mediterraneo, a due passi dalla vicina spiaggia di
Lambayanna.
Sulla scoperta
il Professor Julien Beck, dell’Università di Ginevra, ha detto: “L’importanza
della nostra scoperta è dovuta alle grandi dimensioni dell’area, almeno 1,2
ettari, e alla quantità e qualità dei manufatti che sono stati ritrovati. Il
villaggio sommerso risale all’Età del Bronzo, a prima del 2000 a.C.”. Collegate
alle fortificazioni esterne erano tre importanti edifici di pietra,
probabilmente delle torri. Le strutture trovate da Beck e colleghi sono
caratteristiche della Grecia dell’Età del Bronzo: tendono ad essere costruite
su un piano rettilineo e circolare oppure in forma ellittica. Presenti anche
delle superfici pavimentate, strade o resti base di strutture difensive. Il
team ha anche trovato manufatti associati con
mercoledì 7 ottobre 2015
Possidio, scrittore della storia di Agostino d'Ippona, venne a Cagliari?
Possidio, scrittore
della storia di Agostino d'Ippona, venne a Cagliari?
di Rolando Berretta
Ricordate
Papa Innocenzo VIII? (CYBO). Quello
dell’isola di CYBA (sulle carte CVBA). Sotto
il suo Pontificato ci fu la scoperta del Nuovo Mondo. (1491 per Piri Reis - Guicciardini. Per Sebastian
Munster, invece, Colombo e Vespucci furono mandati insieme verso l’anno 1492). Fra
l'autunno e l'inverno del 1490-1491 ci fu il crollo delle condizioni di salute
di Innocenzo VIII, in più di un'occasione fu dato per spacciato. Nella seconda metà del 1491 furono rovesciate le coordinate
della politica fin lì seguita. Il
Pontefice trovò un'intesa diretta con Ferrante (Ferdinando) d'Aragona; marito
di Isabella di Castiglia. (Treccani). Nel clima
torrido dell'estate romana, il sessantenne pontefice si spense il
martedì 6 ottobre 2015
Traffico internazionale di reperti archeologici, 19 arresti e sequestro di preziosi reperti archeologici a Molfetta e in Campania.
Traffico
internazionale di reperti archeologici, 19 arresti e sequestro di preziosi reperti archeologici a Molfetta e in Campania.
In due distinte operazioni contro il traffico illegale di
reperti, i carabinieri hanno recuperato 1500 oggetti pronti per la vendita sul
mercato illegale. Secondo le stime, avrebbero fruttato oltre due milioni di
euro.
In Campania, diciannove persone che facevano parte di
un'associazione per delinquere finalizzata allo scavo e al traffico
internazionale di reperti archeologici sono stati arrestati dai carabinieri
nelle province di Caserta, Napoli, Salerno, Frosinone e Latina. I militari
hanno recuperato reperti archeologici di diversa natura e datazione,
provenienti da importanti giacimenti archeologici campani. Nell’operazione sono
stati individuati anche numerosi falsi di ottima qualità.
A Molfetta, invece, due coniugi sono stati denunciati dalla
Guardia di Finanza perché nascondevano in casa numerosi reperti archeologici
destinati alla vendita sul mercato illegale. I militari hanno sequestrato un
vero e proprio "tesoro di in famiglia dal valore inestimabile. Si tratta
di una olla ad imbuto dell'epoca dauna risalente alla fine sec. IV a.C., coppe
e vasi tra il IV e il VI secolo a.C., monete di età romana e due ancore in
pietra per barche di età pre-romana.
Fonte: ANSA
lunedì 5 ottobre 2015
Archeologia. Bulgaria: scoperta la città più antica d'Europa
Bulgaria: scoperta la città più antica d'Europa
Una squadra di archeologi bulgari assicura avere trovato, nella parte orientale del paese, i resti di una città di 6.700 anni che qualificano come l'urbe più antica d'Europa. Così afferma oggi a Efe il capo della squadra, il professor Vassil Nikolov, che inquadra cronologicamente la città tra il 4.700 e il 4.200 A.C.
Si tratta delle fortificazioni preistoriche di pietra più vecchie e massicce in Europa, dichiara il professore. La spedizione archeologica ha dissotterrato muraglie di 2/3 metri di spessore e 3 di altezza che Nikolov afferma servivano per evitare attacchi armati alla ricerca delle materie prime più pregiate dell'epoca, fra le quali il sale.
"Il sale aveva allora il valore che ha oggi l'industria moderna del petrolio", racconta il
Una squadra di archeologi bulgari assicura avere trovato, nella parte orientale del paese, i resti di una città di 6.700 anni che qualificano come l'urbe più antica d'Europa. Così afferma oggi a Efe il capo della squadra, il professor Vassil Nikolov, che inquadra cronologicamente la città tra il 4.700 e il 4.200 A.C.
Si tratta delle fortificazioni preistoriche di pietra più vecchie e massicce in Europa, dichiara il professore. La spedizione archeologica ha dissotterrato muraglie di 2/3 metri di spessore e 3 di altezza che Nikolov afferma servivano per evitare attacchi armati alla ricerca delle materie prime più pregiate dell'epoca, fra le quali il sale.
"Il sale aveva allora il valore che ha oggi l'industria moderna del petrolio", racconta il
Honebu. Conferenza di Salvatore Dedola sul tema: "Identità nominale fra costellazioni babilonesi e nuragiche".
sono lieto di invitarvi Venerdì 9 Ottobre, alle 19, nella sala conferenze
dell’*Associazione Honebu, in Via Fratelli Bandiera 100 a Cagliari – Pirri,
per una conferenza del glottologo e linguista Salvatore Dedola, che terrà
una conferenza sul tema: "Identità nominale fra costellazioni babilonesi e
costellazioni nuragiche".
Da tempo Dr. Salvatore Dedola indaga su tali identità, e voleva discuterne
pubblicamente, di fronte a intenditori e appassionati, prima che la materia
sia pubblicata nella sua “Enciclopedia della Civiltà Nuragica”.
Fino a oggi, i ricercatori (astronomi e affini) si sono soffermati sugli
“allineamenti” che legherebbero un monumento antico a una certa
costellazione, e – ammessa la dimostrazione della corrispondenza delle
misurazioni attuali con le coordinate (sfalsate) dei tempi nuragici – i
ricercatori hanno peccato nell'obbligo di dimostrare scientificamente le
cause profonde di tali “allineamenti”. Perché proprio quella costellazione?
Era proprio quella, visto che, da quei tempi, nomi, sagome, coordinate
delle costellazioni sono cambiati? A cosa servivano gli allineamenti? E
altre questioni.
Dedola ha approfondito le etimologie delle parole, ricavando una lunga
serie di identità che non possono essere casuali. Oltre alle ottime
ricerche astronomiche condotte da raffinati cultori, Dedola sostiene che
oramai non si possa più fare a meno di sostanziare e consolidare il
“paniere” delle identità tra Nuragici e Babilonesi con le nuove scoperte
etimologiche.Vi attendo numerosi. E’ gradita la condivisione dell’evento. Ingresso
libero.
sabato 3 ottobre 2015
Circe, Ulisse ed Enea in Adriatico?
Circe, Ulisse ed Enea in Adriatico?
di Giuseppe Sgubbi
Questo articolo si fonda su alcune considerazioni:
(I)che al seguito dei noti sconvolgimenti avvenuti nei secoli XIII° e XII° a.C., che interessarono tutte le nazioni che si affacciano sul Mediterraneo, siano arrivati in Italia popoli di diversa provenienza e che questi arrivi possono essere ricordati da alcuni miti, con questo articolo saranno presi in considerazione quelli ricordati dai miti di Ulisse ed Enea;
II) che indipendentemente dalla provenienza o dai tragitti (marittimi o terrestri) (I) codesti popoli sono stati costretti a passare dall'alto golfo Adriatico, arrivati poi alla foce padana potevano proseguire lungo le coste adriatiche, oppure se intenzionati ad andare nel Tirreno, scegliere fra due tragitti transappenninici: valle del Senio per valle Arno (2) oppure valle del Savio per valle Tevere;
III) che conseguentemente le tracce di Ulisse e di Enea in Adriatico possono testimoniare presenze di popoli in questo mare;
IV) che le tracce di Enea, alcune tracce troiane e la totalità delle tracce Dardaniche possano testimoniare la presenza Micenea in Adriatico.
"Omero 3OOO anni dopo" ; questo è il suggestivo titolo del convegno svoltesi a Genova che ha visto la partecipazione di oltre 2OO studiosi provenienti da ogni parte del mondo.
Merito di questo convegno è quello di aver riaperto la "questione Omerica", un tema che nonostante i suoi 3OOO anni è sempre di grande attualità. Scopo di questo articolo è di entrare nel
di Giuseppe Sgubbi
Questo articolo si fonda su alcune considerazioni:
(I)che al seguito dei noti sconvolgimenti avvenuti nei secoli XIII° e XII° a.C., che interessarono tutte le nazioni che si affacciano sul Mediterraneo, siano arrivati in Italia popoli di diversa provenienza e che questi arrivi possono essere ricordati da alcuni miti, con questo articolo saranno presi in considerazione quelli ricordati dai miti di Ulisse ed Enea;
II) che indipendentemente dalla provenienza o dai tragitti (marittimi o terrestri) (I) codesti popoli sono stati costretti a passare dall'alto golfo Adriatico, arrivati poi alla foce padana potevano proseguire lungo le coste adriatiche, oppure se intenzionati ad andare nel Tirreno, scegliere fra due tragitti transappenninici: valle del Senio per valle Arno (2) oppure valle del Savio per valle Tevere;
III) che conseguentemente le tracce di Ulisse e di Enea in Adriatico possono testimoniare presenze di popoli in questo mare;
IV) che le tracce di Enea, alcune tracce troiane e la totalità delle tracce Dardaniche possano testimoniare la presenza Micenea in Adriatico.
"Omero 3OOO anni dopo" ; questo è il suggestivo titolo del convegno svoltesi a Genova che ha visto la partecipazione di oltre 2OO studiosi provenienti da ogni parte del mondo.
Merito di questo convegno è quello di aver riaperto la "questione Omerica", un tema che nonostante i suoi 3OOO anni è sempre di grande attualità. Scopo di questo articolo è di entrare nel
venerdì 2 ottobre 2015
Laerru (Comune di L., SS). L’abitante Laerresu, di Massimo Pittau
Laerru (Comune di L., SS). L’abitante Laerresu
di Massimo Pittau
Le più antiche documentazioni del toponimo si trovano nel Condaghe di Silki come Lauerru e Lauirru (ovviamente da pronunziarsi Laverru e Lavirru) (CSPS 82,
140). Di queste due forme la seconda è di epoca successiva come dimostra la
forma Layrru documentata nell'atto
di pace fra Eleonora d'Arborea e Giovanni di Aragona del 1388 (CDS I 837/1)
ed è effetto di un influsso linguistico del dialetto gallurese, come ha detto
giustamente M. Maxia (AnglM 243, 430) e risulta tuttora vitale fra gli anziani
della Gallura come Lairru (NLAC 208). Questa forma Lavirru poi compare come cognome in documenti
successivi. Inoltre è notevole che un toponimo Laerru esista anche nel cuore della Sardegna
centrale, ad Onanì, tra Bitti e Lula.- Tutto ciò premesso, non esito a
prospettare che il toponimo Laverru,
Laerru derivi
da un originario *Lavernu(m) col
significato di “villaggio dedicato e sotto la protezione della lat. Laverna, dea del guadagno (lecito ed illecito)
e quindi anche dei razziatori e dei ladri, di origine etrusca (cfr. antroponimo
etr. Lavelna (ThLE, DELL;suffisso
-ern-; LLE, Norme 9). Si deve tenere
ben presente che mai i popoli razziatori o dediti alla pirateria hanno
accettato di considerare quella loro una attività illecita e inoltre che i
Tirreni (Nuragici ed Etruschi insieme) erano largamente famosi e famigerati
come “pirati” che esercitavano le loro razzie piratesche in tutto il
Mediterraneo. Inoltre si deve tenere presente che nella Sardegna attuale i
pastori della Barbagia non considerano affatto le loro bardanas «grassazioni» o razzie di bestiame come
un'attività illecita, anzi tutt'altro. Tanto è vero che i Barbaricini
considerano tuttora San Francesco - titolare di un famoso santuario vicino a
Lula, ma gestito dai Nuoresi - il loro protettore, al quale offrivano pure una
parte del bestiame razziato (corrige NPC,
TSSO).
Il villaggio di Laerru è citato pure nella Chorographia Sardiniae (176.7)
di G. F. Fara (anni
1580-1589) come oppidum Laerri della
diocesi di Ampurias.
giovedì 1 ottobre 2015
Evento da Honebu, a Cagliari. Il Museo Cardu e la collezione d'arte siamese. Venerdì 2 Ottobre, ore 19.
Il Museo Cardu e la collezione d'arte siamese.
Venerdì 2 Ottobre, alle 19, nella sala conferenze dell'Associazione Culturale Honebu, in Via Fratelli Bandiera 100, Cagliari – Pirri, si svolgerà una serata dedicata all'arte orientale. Ci immergeremo in una magica atmosfera d'oriente ammirando opere lontane dalla nostra visione occidentalizzata del mondo.
Relatore d’eccezione sarà Ruben Fais, già curatore emerito del Museo Cardu e profondo conoscitore dell’arte siamese.
Sarà illustrato lo scrigno dei ricordi di una vita fantastica e avventurosa, composta da una raccolta di opere birmane, giunte a Cagliari grazie ad Antonio Gallo, già Console vicario in Myanmar, oggi Console dell’Ambasciata Italiana di Gedda. Cinquanta sculture in legno, bronzo, lacca e pietra, numerose immagini di Buddha, rappresentato assiso o stante, due coppie di Nat, una teoria di monaci in legno di teak stuccato e dipinto, una rara scultura che raffigura la nascita di Rāhula, il figlio della principessa Yasodharā, nato lo stesso giorno in cui suo padre, Siddharta, abbandonò il palazzo per dedicarsi alla vita ascetica e diventare Buddha.
Il corpus comprende, inoltre, due ventagli cerimoniali, preziose monete cinesi, punzoni in bronzo per tatuaggi, grandi vasi che spiccano per la pregevole lavorazione della lacca dorata ed intarsiata con pasta vitrea di vari colori. A completare la raccolta cinque libri manoscritti, alcuni dei quali decorati con elementi vegetali, floreali e geometrici, opere che dialogano amabilmente con i libri miniati della Collezione Cardu.
Gli antichi libri birmani, conservati dentro un sacchetto di seta o di velluto venivano riposti entro librerie, simili a basse casse, di cui la mostra offre un pregevole esempio.
Gli antichi libri birmani, conservati dentro un sacchetto di seta o di velluto venivano riposti entro librerie, simili a basse casse, di cui la mostra offre un pregevole esempio.
Magia e poesia d’Oriente, racchiuse in un Museo che costituisce un unicum in Europa per la ricchezza della opere esposte, una vetrina per l’arte orientale nel Mediterraneo.
Un approfondimento sul museo si trova a questo link:
http://pierluigimontalbano.blogspot.it/2014/07/la-collezione-canese-arte-buddhista.html
http://pierluigimontalbano.blogspot.it/2014/07/la-collezione-canese-arte-buddhista.html
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